TERZA DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO B


Vangelo Commentato dai Padri

TERZA DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO B

Vangelo di Giovanni 2, 13-25

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di merca-to». I discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divora».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli infatti sapeva quello che c’è in ogni uomo.

VERSETTI 12-13

Dopo questo fatto, discese a Cafarnao insieme con sua madre, i fratelli e i suoi discepoli, e si fermarono colà solo per pochi giorni. Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei, e Gesù salì a Gerusalemme.

CRISOSTOMO: Poiché poco dopo il Signore sarebbe salito a Gerusalemme, egli si recò a Cafarnao per non portare con sé ovunque i fratelli e la madre. Perciò si dice: Dopo questo fatto, discese a Cafarnao insieme con sua madre, i fratelli e i suoi discepoli, e si fermarono colà per pochi giorni.

AGOSTINO: Ora, questi è il nostro Dio: eccelso per poterci creare; umile per poterci rifare; che cammina in mezzo a noi uomini, sopportando le cose umane e nascondendo quelle divine. Ecco, egli ha una madre, ha dei fratelli, ha anche dei discepoli. Là dove ci sono fratelli, ivi c’è la madre. La Scrittura suole chiamare fratelli non solo coloro che nascono dallo stesso seno o dallo stesso padre, ma tutti coloro che sono della stessa generazione, cioè i cugini da parte del padre o della madre. Perciò da dove provengono i fratelli di Gesù? Forse Maria partorì una seconda volta? Non sia mai: da lei ha inizio la dignità delle vergini. Abramo era lo zio di Lot e Giacobbe era nipote rispetto a Labano il Siro; ed entrambi vengono detti fratelli.

ALCUNO: Perciò vengono chiamati fratelli del Signore i parenti di Maria e di Giuseppe, non i figli di Maria e di Giuseppe, perché non solo Maria, ma anche Giuseppe, custode della sua castità, rimase immune da ogni atto coniugale.

AGOSTINO: Quando dice: i suoi discepoli è incerto se allora gli si erano uniti anche Pietro e Andrea e i figli di Zebedeo. Infatti Matteo narra che il Signore anzitutto si recò e abitò a Cafarnao, e più tardi chiamò costoro dalle navi mentre pescavano. Forse Matteo riassume quanto aveva tralasciato? Poiché senza alcuna interruzione di tempo dice (4,18): «Camminando Gesù lungo il mare di Galilea, vide due fratelli», oppure c’erano anche altri discepoli? Infatti la Scrittura Evangelica e Apostolica chiama discepoli non solo i dodici, ma tutti coloro che credendo in Dio venivano preparati per il regno dei cieli dall’insegnamento del Signore. Bisogna anche chiedersi perché qui dice, prima che Giovanni Battista fosse messo in carcere, che Gesù andò in Galilea, quando Matteo dice (4,12): «Udito che Giovanni era stato messo in prigione, si ritirò nella Galilea»; lo stesso dice anche Marco. Anche Luca non dice nulla della consegna di Giovanni: ma, come gli altri due Evangelisti, dice che dopo il battesimo e la tentazione di Cristo, egli si recò in Galilea. Perciò non dovremmo pensare che i tre Evangelisti siano contrari a Giovanni, ma che trascurano la prima andata di Cristo in Galilea dopo che fu battezzato, quando vi convertì l’acqua in vino.

EUSEBIO: Quando la notizia dei tre Evangelisti giunse a Giovanni Evangelista, si dice che egli provò la fede e la verità delle cose dette; tuttavia vide che mancavano alcune cose, e soprattutto quelle che il Signore aveva compiuto nel primo tempo della sua predicazione: è certo infatti che nei tre precedenti Evangelisti sembrano essere contenute solo le cose che furono compiute in quell’anno in cui Giovanni Battista venne rinchiuso in carcere o punito. E perciò si dice che l’Apostolo Giovanni fu richiesto di riportare le cose compiute dal Salvatore che i precedenti evangelisti avevano omesso. Per cui, se ben si considera, si troverà che i Vangeli non discordano fra di loro; ma Giovanni scrive le cose che appartengono a un tempo, gli altri invece quelle che appartengono a un altro tempo.

CRISOSTOMO: Infatti in Cafarnao allora non operò nessun miracolo; poiché quelli che abitavano in quella città non erano in buoni rapporti con il Cristo, essendo assai corrotti; tuttavia ci andò e vi si fermò qualche tempo per rispetto verso sua madre.

BEDA: Ma non rimase là per molti giorni anche a causa della festa della Pasqua che era vicina; onde segue aggiunge: Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei.

ORIGENE: Ma perché aggiunge: dei Giudei? Infatti non c’è la solennità della Pasqua in nessun’altra nazione. Forse perché esistono due Pasque, una umana che viene celebrata in un modo molto diverso dal disegno della Scrittura, e un’altra vera e divina, che viene celebrata in spirito e verità. Per distinguere quella divina si dice dei Giudei. Continua: e salì a Gerusalemme.

ALCUINO: Nei Vangeli si legge che sali due volte a Gerusalemme: una volta durante il primo anno della predicazione, allorché Giovanni non era ancora stato messo in prigione; e ora si parla di questa salita; poi, la seconda volta, nell’anno della sua passione. Ora il Signore ci insegnò con l’esempio con quanta cura dobbiamo essere soggetti ai divini comandi. Infatti se il Figlio di Dio adempiva i decreti della Legge che egli stesso aveva stabilito, celebrando le solennità con gli altri uomini, con quale santo zelo noi servi dovremmo prepararci alla loro celebrazione?

ORIGENE: In senso mistico, dopo la celebrazione delle nozze a Cana di Galilea, egli discese con la madre, i fratelli e i discepoli a Cafarnao, che significa “campo della consolazione”. Infatti era necessario che dopo l’ardore del vino salisse assieme alla madre e ai discepoli al campo della consolazione il Salvatore, che avrebbe consolato con i frutti futuri coloro che avessero accolto nella moltitudine dei campi la sua disciplina e l’anima che l’avesse concepito con lo Spirito Santo, e coloro che erano là per essere aiutati. Infatti ci sono alcuni che portano frutto, ai quali il Signore stesso discende con i ministri della sua parola e i suoi discepoli, aiutandoli alla presenza di sua madre. Senonché sembra che quanti sono stati condotti a Cafarnao non accolgano per lungo tempo la presenza di Gesù; poiché un campicello di basse consolazioni, essendo capace di poche cose, non accoglie l’illuminazione che riguarda molte dottrine.

ALCUINO: Oppure Cafarnao è una città bellissima e significa il mondo in cui il Verbo del Padre è disceso.

BEDA: Egli non rimase là per molti giorni perché visse in questo mondo con gli uomini per poco tempo.

ORIGENE: Gerusalemme poi è la città del grande re, come dice lo stesso Salvatore, a cui nessuno di coloro che rimane sulla terra sale né entra; solo l’anima che possiede una grandezza naturale e una chiara intelligenza delle realtà invisibili, è un abitante di quella città. Si dice che ad essa è asceso soltanto Gesù. Tuttavia sembra che dopo di lui anche i suoi discepoli siano stati ammessi, quando si ricordano che sta scritto: «Lo zelo della tua casa mi divora». Ma è come se in qualunque dei suoi discepoli Gesù sia salito.

VERSETTI 14-17

Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio con le pecore e i buoi, gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi. E ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo della tua casa mi divora».

BEDA: Il Signore, giungendo a Gerusalemme, entrò subito nel tempio per pregare, dandoci così l’esempio che anche noi, dovunque andiamo, entriamo anzitutto nella casa di Dio, per pregare il Signore; onde dice: Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe.

AGOSTINO: A questo popolo, a causa della sua mentalità carnale, furono concessi sacrifici tali per cui fossero trattenuti dall’idolatria: essi sacrificavano buoi, pecore e colombe.

BEDA: Ma poiché coloro che venivano da lontano non potevano portare con sé ciò che era prescritto che venisse sacrificato al Signore, portavano il prezzo equivalente. Perciò in quella circostanza gli Scribi e i Farisei stabilirono che gli animali fossero venduti nel tempio, affinché coloro che venivano li potessero comprare e offrire, e che essi potessero vendere ad altri gli animali che erano stati offerti, e così ricavavano grandi profitti. Perciò i cambiavalute erano seduti ai loro tavoli, con il denaro pronto per gli scambi tra i venditori e i compratori delle vittime: perciò soggiunge: e i cambiavalute seduti. Ora il Signore, non volendo che nella sua casa avessero luogo affari terreni, neppure quelli che erano considerati onesti, cacciò via tutti i commercianti.

AGOSTINO: E colui che sarebbe stato flagellato da loro, per primo li flagellò; perciò continua: Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio.

TEOFILATTO: Non scacciò soltanto coloro che vendevano e compravano, ma anche le loro cose; perciò si soggiunge: con le pecore e i buoi, gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, ossia dei vasi che contenevano il denaro.

ORIGENE: Ma non può sembrare strano che il Figlio di Dio, messe insieme alcune cordicelle, si prepari un flagello per scacciare la gente dal tempio? Come risposta a questa difficoltà il solo rifugio che rimane è il divino potere di Gesù, per cui, quando voleva, poteva soffocare l’ira dei nemici, per quanto numerosi essi fossero, e placare il tumulto delle loro menti: «Il Signore abbatte i progetti delle genti» (Sal 32,10). Così questo fatto presenta un potere non inferiore a quello manifestato nei miracoli più vistosi; anzi, consta che ciò rivela un potere maggiore che nel miracolo della conversione dell’acqua in vino: poiché là la materia era inanimata; mentre qui vengono soggiogati gli ingegni di tante migliaia di uomini.

AGOSTINO: Ora, è evidente che ciò non venne fatto una sola volta, ma fu ripetuto dal Signore due volte. Mentre però la prima viene ricordata da Giovanni, la seconda viene riferita dagli altri Evangelisti.

ORIGENE: Indubbiamente Giovanni qui dice che il Signore ha scacciato i venditori dal tempio, mentre Matteo dice che ha scacciato sia i venditori che i compratori. Ma il numero dei compratori era molto più grande di quello dei venditori, e la loro cacciata superava la dignità di colui che era ritenuto il figlio di un falegname; senonché il divino potere rendeva tutti soggetti a lui, come si è detto.

BEDA: Ora, qui viene celebrata la doppia natura del Cristo: quella umana, in quanto si dice che era accompagnato dalla madre; quella divina, in quanto si mostra che egli è il vero Figlio di Dio; infatti prosegue: E ai venditori di colombe disse: Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato.

CRISOSTOMO: Ecco, egli invoca il Padre e non si adirano; infatti ritengono che parli secondo il senso comune. Ma quando più tardi egli parlò più apertamente e mostrò che voleva dire eguaglianza (con il Padre), si adirarono. Anche Matteo dice (21,13): «Voi avete ridotto la mia casa a una spelonca di ladri»: infatti fece questo mentre si avvicinava alla passione, allorché faceva uso di un linguaggio più duro; mentre quando era all’inizio dei suoi miracoli ricorreva a rimproveri sensibilmente meno aspri e più moderati.

AGOSTINO: Così quel tempio era ancora soltanto una figura; e il Signore vi scacciò tutti coloro che vi si recavano come a un mercato. E che cosa vi si vendeva? Ciò di cui gli uomini avevano bisogno per i sacrifici di quel tempo. Ma che cosa avrebbe fatto se vi avesse trovato degli ubriaconi? Se la casa di Dio non doveva divenire una casa di commercio, doveva forse divenire un’osteria?

CRISOSTOMO: Ma perché il Signore fece ricorso a tanta veemenza? Poiché egli stava per guarire in giorno di sabato, e avrebbe compiuto molte cose che sarebbero loro apparse come violazioni della Legge, affinché non sembrasse che egli agiva contro Dio, fece questo a proprio rischio e pericolo; lasciando così intendere che chi si espone ai pericoli per il decoro della casa, non disprezza il Signore della casa. Per la stessa ragione, al fine di mostrare la sua armonia con Dio, non dice: la santa casa, ma la casa del Padre mio. E per questo motivo viene anche aggiunto: I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo della tua casa mi divora.

BEDA: Infatti i discepoli, scorgendo in lui questo fervidissimo zelo, si ricordarono che per lo zelo della casa del Padre il Salvatore aveva scacciato gli empi dal tempio.

ALCUNO: Lo zelo, quando viene preso in senso buono, è un certo fervore dello spirito con cui la mente, superato il timore umano, si accende per la difesa della verità.

AGOSTINO: Viene divorato dallo zelo per la casa di Dio colui che vuole correggere tutto ciò che vi vede di corrotto, e se non può correggerlo lo sopporta e piange. Perciò, se ti affanni perché in casa tua non ci sia nulla di corrotto, come puoi non reagire, per quanto sta in te, se vedi qualche cosa di corrotto nella casa del Signore, dove viene offerta la salvezza? Hai un amico? Correggilo gentilmente; hai una sposa? Mettile un freno con grande severità; hai una domestica? Reprimila anche con la verga. Fa’ tutto ciò che puoi per le persone che ti sono affidate.

ALCUNO: Ora, in senso mistico Dio entra ogni giorno nella sua Chiesa, e fa’ attenzione al modo in cui ciascuno si comporta. Perciò procuriamo che nella Chiesa non si spenda il tempo in favole, risate, odi o passioni, affinché, venendo all’improvviso, egli non ci flagelli e ci scacci dalla sua Chiesa.

ORIGENE: È possibile per chi abita a Gerusalemme incappare in qualche fallo, e anche per i migliori deviare; e se non si convertono al più presto dalle loro mancanze, essi perdono la virtù di cui sono dotati. Egli quindi trova nel tempio, ossia in un luogo sacro oppure nella formulazione di un sermone religioso, alcuni che hanno trasformato la casa del Padre in una casa di commercio, i quali cioè presentano i buoi da vendere, mentre si dovrebbe usarli per l’aratro, affinché non capiti che tornando indietro non servano più per il regno di Dio; inoltre quelli che preferiscono le ricchezze ingiuste alle pecore, dalle quali ricavano materiale di ornamento; e anche quelli che per un misero guadagno abbandonano l’attenta cura di quelle che metaforicamente vengono chiamate colombe, senza alcun dispiacere. Perciò, quando il Signore trova gente di questo genere nella santa casa, fatto un flagello con cordicelle li scaccia dal tempio assieme alle pecore e ai buoi che erano in vendita; getta a terra la grande quantità di danaro in quanto era ritenuta indegna della casa di Dio; sovverte le tavole preparate nelle menti degli avari, vietando loro di vendere le colombe nella casa del Signore. Io penso anche che con le cose suddette egli abbia voluto stabilire un esempio perché capiamo che, qualora si debba offrire da parte dei sacerdoti un sacrificio, ciò non deve essere fatto secondo il rito dei sacrifici sensibili, né si deve osservare la Legge come volevano i carnali Giudei; infatti Gesù, allontanando i buoi e le pecore, comandando di togliere le colombe, che per lo più venivano offerte secondo la consuetudine dei Giudei, e gettando a terra le monete che, non espressamente ma figurativamente, portavano l’impronta della divinità, cioè cose che secondo la legge potevano sembrare oneste, e usando il flagello contro il popolo, in questo modo faceva vedere che queste cose si dovevano dissolvere e disperdere, trasferendo il regno a coloro che credevano tra i Gentili.

AGOSTINO: Oppure tra i venditori nella Chiesa ci sono quelli che «cercano le proprie cose e non quelle di Cristo». Mentre non vogliono essere comprati, trattano ogni cosa come commerciabile. Perciò Simon Mago voleva comprare lo Spirito Santo, per poterlo poi rivendere: infatti è uno di quelli che volevano vendere le colombe, poiché lo Spirito Santo apparve sotto la forma di colomba; ma la colomba non è venale, e viene data gratuitamente perché viene chiamata gratuitamente.

BEDA. Perciò vendono le colombe coloro che danno la grazia ricevuta dello Spirito Santo non gratuitamente, come è stato comandato, ma per un prezzo; coloro che conferiscono l’imposizione delle mani, con cui si riceve lo Spirito Santo, se non per danaro, almeno per ricevere qualche favore dal popolo: essi conferiscono gli ordini sacri non secondo il merito, ma per qualche favore.

AGOSTINO: Ora, con i buoi si intendono gli Apostoli e i Profeti, che ci hanno consegnato le sacre Scritture. Perciò coloro che con le stesse Scritture ingannano i popoli ai quali richiedono gli onori, vendono i buoi, vendono anche le pecore, cioè il popolo stesso; e a chi lo vendono se non al diavolo? Infatti tutto quello che viene tagliato via dalla Chiesa, chi lo raccoglie se non il leone ruggente?

BEDA: Oppure le pecore sono le opere di purezza e di pietà, e vendono le pecore coloro che compiono opere di pietà per guadagnarsi le lodi degli uomini. Si scambiano il danaro nel tempio coloro che nella Chiesa si dedicano apertamente agli affari mondani. Inoltre trasformano la casa del Signore in un mercato non solo coloro che per gli ordini sacri chiedono la ricompensa del danaro o della lode o dell’onore, ma anche coloro che non usano il grado o la grazia spirituale che hanno ricevuto nella Chiesa dalle mani del Signore con un’intenzione pura, ma in vista di una ricompensa umana.

AGOSTINO: Ora, il Signore ci presenta un certo segno per cui fece un flagello con le cordicelle e poi flagellò coloro che commerciavano nel tempio. Infatti ciascuno si tesse una corda nei propri peccati, quando aggiunge peccati a peccati. Perciò quando gli uomini soffrono qualche cosa per la loro malvagità, riconoscano che il Signore ha preparato un flagello con le cordicelle e li ammonisce perché cambino condotta; perché, se non cambiano, alla fine udranno (Mt 22,13): «Legateli mani e piedi».

BEDA: Con un flagello fatto con le cordicelle, li scacciò dal tempio; infatti dal numero dei santi sono scacciati tutti coloro che, trovandosi tra i santi esternamente, compiono opere buone ipocritamente, oppure compiono opere apertamente cattive. Scacciò anche le pecore e i buoi perché fece vedere che anche la loro vita era cattiva, come pure il loro insegnamento. Inoltre rovesciò i tavoli dei cambiavalute come un segno che, nella condanna finale dei cattivi, toglierà persino la figura delle cose che essi avevano amato. Ordinò di rimuovere dal tempio il commercio delle colombe: perchè la grazia dello Spirito che si riceve gratuitamente va anche data gratuitamente.

ORIGENE: Con il tempio si può intendere anche l’anima in cui abita lo Spirito Santo, nella quale, prima dell’insegnamento del Cristo, predominavano i sentimenti terreni e bestiali. Ora, simbolo dei sentimenti terreni è il bue, perché coltiva la terra; invece dei sentimenti insensati è la pecora, che e il più irragionevole di tutti gli animali, mentre la colomba è il simbolo delle menti incostanti; invece delle cose che sembrano buone sono simbolo le monete, che sono respinte dalla parola della dottrina di Cristo, perché la casa del Padre non sia più a lungo un mercato.

VERSETTI 18-22

Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?» Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alle parole dette da Gesù.

TEOFILATTO: Poiché i Giudei vedevano che Gesù compiva tali cose con grande potere e avendo udito da lui dire: Non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato, gli chiedono un segno; perciò si dice: Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: Quale segno ci mostri per fare queste cose?

CRISOSTOMO: Ma forse c’era bisogno di segni per far cessare le azioni cattive? Non era l’avere un tale zelo per la casa di Dio il massimo segno della sua virtù? Ora non si ricordavano delle profezie fatte su di lui, ma chiedevano un segno; irritati per la perdita dei loro guadagni e allo stesso tempo cercando di impedirgli di andare oltre: infatti pensavano che questo dilemma lo avrebbe costretto o a operare miracoli oppure a rinunciare alla sua condotta attuale. Perciò non concede loro un segno, come quando un’altra volta a coloro che chiedevano un segno rispose dicendo (Mt 12,39); «Una generazione malvagia e adultera domanda un segno, ma nessun segno le sarà dato all’infuori di quello di Giona», ma la risposta è più chiara là che qui, dove la riposta è più oscura. Infatti colui che aveva persino anticipato i desideri degli uomini e aveva dato dei segni anche non richiesti, qui non avrebbe respinto una risposta affermativa, se non avesse intravisto la loro mente insidiosa. Infatti prosegue: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere.

BEDA: Infatti, poiché chiedevano al Signore un segno sul motivo per cui aveva dovuto scacciare dal tempio le normali mercanzie, rispose: perché il tempio stesso significava il tempio del suo corpo, nel quale non c’era assolutamente alcuna macchia di peccato; come se dicesse: come io purifico con la mia potenza il vostro tempio inanimato dalle vostre mercanzie e dalla vostra malvagità, così il terzo giorno farò risorgere il tempio del mio corpo, del quale il vostro è una figura, distrutto dalle vostre mani.

TEOFILATTO: Dicendo: Distruggete, non li invita all’omicidio, ma soltanto fa vedere che le loro intenzioni non gli erano nascoste. Osservino quindi gli Ariani come nostro Signore, quale distruttore della morte, dice: lo farò risorgere (excitabo), cioè con il mio potere.

AGOSTINO: Ma lo risuscitò anche il Padre, al quale dice (Sal 40,11): «Rialzami, e renderò loro il dovuto». Ma che cosa fece mai il Padre senza il Figlio? Perciò allo stesso modo in cui il Padre lo risuscitò, così ha fatto anche il Figlio; infatti il Figlio dice (più avanti, 10,30): «Io e il Padre siamo una cosa sola».

CRISOSTOMO: Per quale motivo egli dà loro il segno della sua risurrezione? Perché questo era il massimo segno del fatto che egli non era un puro uomo: il suo poter riportare il trionfo sulla morte e il suo poter sgominare rapidamente la sua lunga tirannide.

ORIGENE: Entrambe queste cose, ossia il corpo di Gesù e il tempio, a me sembrano essere il modello della Chiesa, per il fatto che essa con pietre vive viene edificata in un corpo spirituale, in un sacerdozio santo, e secondo 1 Cor 12,27: «Voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la propria parte». Ora, sebbene sembri che la struttura di pietra venga demolita e le membra di Cristo siano disperse dalle avversità e dalle tribolazioni, tuttavia il tempio sarà ricostruito e il terzo giorno il corpo sarà risuscitato, e sarà presente nel nuovo cielo e nella terra nuova. Infatti nello stesso modo in cui quel corpo sensibile di Cristo venne crocifisso e fu sepolto, così anche l’intero corpo dei santi di Cristo viene crocifisso con Cristo: infatti ciascuno di loro non si gloria in nessun’altra cosa che nella croce di Cristo, per mezzo della quale egli è stato crocifisso al mondo. Ma è stato anche seppellito con Cristo ed è risorto con lui, perché cammina nella novità della vita. Però non è ancora risorto nella potenza della beata risurrezione; perciò non sta scritto: Nel terzo giorno lo farò risorgere, ma in tre giorni, perché la sua resurrezione si realizza lungo il processo di tre giorni.

TEOFILATTO: Infatti i Giudei, pensando che ciò fosse detto con riferimento al tempio inanimato, lo deridevano; perciò continua: Gli dissero allora i Giudei: Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?

ALCUNO: Va osservato che non si parla della prima costruzione che fu realizzata da Salomone in sette anni, ma della ricostruzione che fu realizzata sotto Zorobabele durante il periodo di quarantasei anni, a causa degli ostacoli posti dai nemici.

ORIGENE: Qualcuno calcolerà i quarantasei anni dal tempo in cui Davide consultò il profeta Natan circa la costruzione del tempio. Infatti da quel tempo Davide si affaccendò nel raccogliere il materiale. Però forse il numero quaranta con riferimento ai quattro angoli del tempio può alludere ai quattro elementi del mondo, e il numero sei alla creazione dell’uomo nel sesto giorno.

AGOSTINO: Oppure questo numero concorda perfettamente con la perfezione del corpo del Signore: infatti quarantasei volte per sei fa duecentosettantasei; e questo numero di giorni si compie in nove mesi e sei giorni, che corrisponde al tempo che fu necessario per la formazione del corpo del Signore nel seno di sua madre e per la sua generazione, come noi sappiamo per mezzo delle tradizioni autorevoli tramandateci dai padri e conservate dalla Chiesa. Infatti si ritiene che egli sia stato concepito nell’ottavo giorno delle Calende di Aprile, che è anche il giorno in cui ha patito; mentre la sua nascita viene attribuita all’ottavo giorno delle Calende di Gennaio. Da quel giorno dunque fino a questo sono calcolati duecentosettantasei giorni, che corrispondono alla moltiplicazione di quarantasei per sei.

AGOSTINO: Il processo della concezione umana si dice che sia il seguente. Nei primi sei giorni viene prodotta una sostanza come il latte, che nei nove giorni successivi viene mutata in sangue; poi nei dodici giorni seguenti esso viene consolidato, e negli altri diciotto si forma fino ad assumere i lineamenti perfetti di tutte le membra; infine nel tempo successivo fino al parto aumenta la sua grandezza. Ora sei, nove, dodici, dieci e otto messi insieme fanno quarantacinque; aggiungendo uno fa quarantasei giorni, i quali, se vengono moltiplicati per sei a cui fa capo questo ordine, diventano duecentosettantasei, ossia nove mesi e sei giorni. Perciò non si dice in modo insensato che il tempio fu edificato in quarantasei anni: infatti il tempio rappresenta il corpo del Signore, e quanti furono gli anni nella costruzione del tempio, altrettanti furono i giorni per la realizzazione del corpo del Signore.

AGOSTINO: Oppure diversamente. Poiché nostro Signore ricevette da Adamo il corpo, ma non trasse da Adamo il peccato, da ciò prese da lui il tempio ma non la perversità, che va espulsa dal tempio. Ora, se prendi le quattro parole greche: anatolé, cioè l’oriente, dysis, l’occidente, arctòs, settentrione, mesembrìa, cioè mezzogiorno, le prime lettere di queste parole formano ADAM. E nostro Signore dice che raccoglierà i suoi santi dai quattro venti, quando verrà per il giudizio. Ora, queste lettere della parola ADAM formano, secondo li Greci, il numero degli anni in cui il tempio fu costruito. Infatti in ADAM abbiamo l’alfa, uno; delta, quattro; di nuovo alfa, uno; e mi, quaranta, i quali insieme fanno quarantasei. Perciò il tempio significa il corpo ricavato da Adamo. Ma i Giudei, che erano carne, gustavano le cose carnali, mentre il Signore parlava in senso spirituale, e a quale tempio si riferisse ce lo rivelò con il Vangelo; infatti prosegue: Ma egli parlava del tempio del suo corpo.

TEOFILATTO: Da questo testo Apollinare ricava una contraddizione, volendo far vedere che la carne di Cristo sarebbe inanimata, poiché il tempio è inanimato: perciò farai della carne di Cristo pietra e legname, poiché il tempio consiste di queste cose. Infatti, se rifiuti di ammettere che quanto viene detto (più avanti, 12,27): «L’anima mia è turbata» e prima (10,28): «Ho il potere di dare la mia anima» sia detto dell’anima razionale, in che modo intenderai Lc 23,46: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito»? Infatti non puoi intendere questa frase dell’anima irrazionale; e altrettanto vale per il Sal 15,10: «Non abbandonerai la mia anima negli inferi».

ORIGENE: Perciò con il corpo del Signore si intende il tempio, perché come il tempio conteneva la gloria di Dio che abitava in esso, così il corpo di Cristo, che raffigura la Chiesa, contiene l’Unigenito, che è l’immagine e la gloria di Dio.

CRISOSTOMO: Ora, c’erano due cose che impedivano ai discepoli di intendere in quel tempo: la prima era la risurrezione stessa, e la seconda, che era anche la più difficile, che era Dio stesso che abitava in quel corpo; come dichiara il Signore stesso dicendo: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere. E poi soggiunge: Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alle parole dette da Gesù.

ALCUINO: Infatti prima della risurrezione, non comprendevano le Scritture, perché non avevano ancora ricevuto lo Spirito Santo; ma nel giorno della risurrezione, apparendo ai discepoli, il Signore rivelò loro il senso, affinché comprendessero ciò che era stato detto di lui nella Legge e nei Profeti; e allora credettero a quanto i Profeti avevano predetto di lui, che cioè nel terzo giorno sarebbe risuscitato, e a quanto aveva detto Gesù: Distruggete questo tempio.

ORIGENE: Invece, secondo il senso anagogico, noi conseguiremo il compimento della fede nella grande risurrezione dell’intero corpo di Cristo, cioè della sua Chiesa: infatti la fede che è dalla visione è molto diversa da quella che si ottiene attraverso lo specchio nell’oscurità.

VERSETTI 23-25

Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua durante la festa, molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. Gesù però non si confidava con loro perché conosceva tutti, e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza sull’uomo, poiché egli sapeva quello che c’è in ogni uomo.

BEDA: In precedenza l’Evangelista aveva raccontato ciò che Gesù fece giungendo a Gerusalemme; ora riferisce ciò che gli altri fecero verso di lui mentre si trovava a Gerusalemme; perciò si dice: Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua durante la festa, molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome.

ORIGENE: Ora, bisogna considerare in che modo dai suoi segni molti che vedevano credettero in lui. Infatti non si dice che abbia compiuto dei segni a Gerusalemme, a meno che forse le Scritture non riferiscano quelli che furono fatti. Ma forse il suo atto di formare un flagello con le cordicelle e la cacciata di tutti dal tempio non può essere considerato un miracolo?

CRISOSTOMO: Tuttavia erano più prudenti i discepoli, i quali si accostavano a Gesù non per i segni ma per la dottrina: infatti i più grossolani sono attratti dai segni, mentre i più ragionevoli sono convinti dalle profezie o dalla dottrina. Perciò si aggiunge: Gesù però non si confidava con loro.

AGOSTINO: Che cosa intende dire con questo: molti credettero nel suo nome. Gesù però non si confidava con loro? Forse non credevano in lui e fingevano di credere? Ma allora l’Evangelista non direbbe: molti credettero nel suo nome. Quindi ci troviamo davanti a una cosa grande e stupenda. Gli uomini credono in Cristo e Cristo non si confida con gli uomini, specialmente perché è il Figlio di Dio e patì volontariamente, e se non avesse voluto non avrebbe mai patito. Ma sono tali tutti i catecumeni. Se dicessimo a un catecumeno: “Credi in Cristo?”, egli risponderebbe: “Credo”, e farebbe il segno della croce. Ma se gli chiediamo: “Mangi la carne del Figlio dell’uomo?” ‘, egli non capisce quello che diciamo, perché il Cristo non si è confidato con lui.

ORIGENE: Oppure si deve dire che Gesù non si confida con coloro che credono nel suo nome ma non credono in lui. Infatti credono in lui coloro che percorrono la via stretta che conduce alla vita; invece coloro che credono nei segni non credono in lui, ma nel suo nome.

CRISOSTOMO: Oppure dice questo perché non si confidava con loro come con dei discepoli perfetti, né affidava a loro tutte le sue dottrine, come a dei fedeli che già credono fermamente: poiché non badava alle loro parole esteriori, ma penetrava nei loro cuori e conosceva come il loro zelo fosse di breve durata. Perciò prosegue: perché conosceva tutti e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza sull’uomo, poiché egli sapeva quello che c’è in ogni uomo. Infatti conoscere ciò che c’è nel cuore dell’uomo è solo di Dio, il quale ha plasmato i cuori degli uomini da solo. Perciò non ha bisogno di testimoni per conoscere le menti delle sue creature.

AGOSTINO: L’artigiano conosce meglio ciò che c’è nella sua opera, di quanto non sappia di se stessa la sua opera. Infatti anche Pietro non sapeva che cosa c’era in se stesso quando disse (più avanti, 13,37 e Lc 22,33): «Darò la mia vita per te»; ma il Signore sapeva che cosa c’era nell’uomo, dicendo (Lc 22,34): «Prima che il gallo canti, mi negherai tre volte».

BEDA: Pertanto veniamo ammoniti a non essere mai sicuri della nostra coscienza, ma a essere sempre solleciti e timorosi: perché ciò che è nascosto a noi, non può mai sfuggire all’arbitro eterno.