
UNDICESIMA DOMENICA TEMPO ORDINARIO-ANNO B
15 Giugno 2024 / by Padre Angelico / Commenti al vangelo / anticristo, granello, i-tempi-della-chiesa, il-regno-di-Dio, il-ritorno-di-gesù, padre-angelico-maria-moccia, padri-della-chiesa, senape, spiga, vangelo, Vangelo-di-Marco
Vangelo Commentato dai Padri
UNDICESIMA DOMENICA TEMPO ORDINARIO-ANNO B
Vangelo di Marco 4, 26-34
In quel tempo, Gesù diceva alla folla: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa.
Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra; ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra».
Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere. Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa.
VERSETTI 26-29
E diceva: il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, anche il seme germoglia e cresce: come, egli stesso non lo sa. Infatti la terra produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. E quando ha prodotto il frutto, subito si mette mano alla falce, poiché è venuta la mietitura.
CRISOSTOMO: Ha posto sopra la parabola delle tre sementi, di cui una parte è stata salvata e le altre sono perite, il che presenta tre gradi differenti dal punto di vista della fede e dell’opera. Qui tratta soltanto, in questa parabola, della parte che è stata salvata; per cui segue: E diceva: il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra.
GIROLAMO: Il regno di Dio è la Chiesa, che è retta da Dio, ed essa regge gli uomini, e conculca le forze e i vizi contrari.
CRISOSTOMO: Oppure chiama regno di Dio la fede in lui e il mistero della sua umanità: il quale regno è come un uomo che getta la semente; ed è lui, che è Dio e Figlio di Dio, divenuto uomo senza mutamento della sua sostanza, che ha seminato la terra per noi, vale a dire che ha rischiarato il mondo intero con la parola della conoscenza divina.
GIROLAMO: II seme, infatti, è la parola della vita, la terra il cuore degli uomini, e l’addormentarsi dell’uomo è la morte del Salvatore. Il seme cresce di notte e di giorno, poiché dopo il sonno di Cristo il numero dei credenti è cresciuto sempre più nelle avversità e nella prosperità quanto alla fede, ed è cresciuto nelle opere.
CRISOSTOMO: Oppure colui che si leva è Cristo che restava seduto, attendendo nella sua longanimità che fruttificassero coloro che avevano ricevuto la semente. Ora egli si leva, vale a dire che ci rende capaci di fruttificare con la forza della sua parola benevola, e con le armi della giustizia che ci mette nella mano destra (che significa il giorno) e nella mano sinistra (che significa la notte delle persecuzioni). È così che germina la semente e che non dissecca.
TEOFILATTO: Oppure diversamente. Cristo dorme con la sua ascensione al cielo, dove, mentre sembra dormire, si leva spesso, sia durante la notte, richiamandoci al suo ricordo durante la prova, sia durante il giorno, quando ci salva mediante la preghiera.
GIROLAMO: Le parole: come, egli stesso non lo sa sono un’espressione figurata, nel senso che Cristo ci lascia ignorare chi porterà frutto sino alla fine.
CRISOSTOMO: Oppure dice: non lo sa per indicare la libertà di coloro che ricevono la semente: infatti affida l’opera alla nostra volontà, e non compie egli solo il bene che è in noi, affinché tale bene non sembri del tutto involontario; per cui aggiunge: Infatti la terra produce spontaneamente, cioè non costretta dalla necessità contro la propria volontà, ma volontariamente. Prima lo stelo.
GIROLAMO: Cioè il timore: infatti «l’inizio della sapienza è il timore del Signore» (Sal 110,10). Poi la spiga, cioè la penitenza lacrimosa; poi il chicco pieno nella spiga, cioè la carità (Rm 13,10).
CRISOSTOMO: Oppure dapprima produce l’erba nella legge di natura, avanzando lentamente verso la perfezione, poi produce le spighe da raccogliere in un mazzo e da offrire al Signore sull’altare, cioè nella legge di Mosè; infine il frutto pieno nel Vangelo: o perché non solo è necessario che produciamo foglie per obbedienza, ma anche che siamo prudenti, resistendo come delle spighe che si tengono ritte, non curandoci dei venti che agitano. Dobbiamo inoltre curare l’anima con l’assiduità della memoria, per portare frutto come delle spighe, cioè dimostrare la completa operazione della virtù.
TEOFILATTO: Produciamo infatti l’erba quando mostriamo il principio del bene; poi la spiga, quando possiamo resistere alle tentazioni; poi il frutto, quando uno opera ciò che è perfetto. Segue: E quando ha prodotto il frutto subito si mette mano alla falce, poiché è venuta la mietitura.
GIROLAMO: La falce è la morte, oppure il giudizio, che taglia tutto; la messe è la consumazione del secolo.
GREGORIO: Oppure diversamente. L’uomo getta il seme in terra quando pone una buona intenzione nel suo cuore; dorme poi chi già riposa nella speranza della buona opera; sorge poi nella notte e nel giorno poiché progredisce tra le cose avverse e prospere. Il grano cresce senza che egli vi pensi, poiché nel momento in cui egli non può misurarne il progresso, l’energia che è stata concepita una prima volta avanza verso il suo completo sviluppo. È quando concepiamo dei buoni desideri che noi gettiamo il seme nella terra; quando cominciamo a operare rettamente siamo erba, quando cresciamo verso la perfezione delle buone opere giungiamo alla spiga; quando ci consolidiamo nella perfezione della stessa opera, la nostra spiga è piena di frumento.
VERSETTI 30-34
E diceva: A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio? O con quale parabola possiamo descriverlo? Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo dei semi che sono in terra, e quando è stato seminato, cresce e diventa il più grande di tutti gli ortaggi, e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra. E parlava loro con molte parabole tali, quanto potevano udire; senza parabole non parlava loro. In disparte però spiegava tutto ai discepoli.
GLOSSA: Dopo che ha posto la parabola della fruttificazione del seme del Vangelo, qui aggiunge un’altra parabola per mostrare l’eccellenza della dottrina evangelica rispetto a tutte le altre dottrine; per cui si dice: E diceva: A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio?
TEOFILATTO: La fede del Verbo è piccolissima. Credi in Dio e sarai salvo. Ma la predicazione sparsa sulla terra si è dilatata ed è aumentata, così che i volatili del cielo, ossia gli uomini contemplativi, e quelli alti per intelletto e conoscenza, abitano sotto di essa. Quanti sapienti fra i Gentili, infatti, lasciando la sapienza, riposarono sotto la predicazione del Vangelo? La predicazione infatti divenne la più grande di tutte.
CRISOSTOMO: E anche perché ciò che fu annunziato agli uomini in brevi discorsi, la sapienza che viene detta tra i perfetti, dilatò sopra tutti i discorsi: poiché nulla è più grande di questa verità.
TEOFILATTO: Ora, fa grandi rami: infatti gli Apostoli furono divisi come rami, alcuni a Roma, alcuni in India e alcuni in altre parti della terra.
GIROLAMO: Oppure questo seme è minimo nel timore, ma grande nella carità, che è il maggiore di tutti i legami, perché Dio è carità, e ogni carne fieno. Fece poi dei rami di misericordia e compassione quando i poveri di Cristo, che sono gli animali del cielo, si dilettano di abitare sotto la sua ombra.
BEDA: L’uomo poi che semina dalla maggior parte è ritenuto lo stesso Salvatore, da altri invece lo stesso uomo che semina nel suo cuore.
CRISOSTOMO: Poi Marco, godendo della brevità, mostrando la natura delle parabole aggiunge: E parlava loro con molte parabole tali, quanto potevano udire.
TEOFILATTO: Poiché infatti le folle erano ignoranti, le istruisce partendo dalle cose commestibili e dai nomi noti; e per questo aggiunge: senza parabole però non parlava loro, cosicché si muovessero per avvicinarlo e interrogarlo. Segue: In disparte però spiegava tutto ai discepoli, cioè quelle cose che chiedevano da ignoranti, non solo manifeste ma anche non manifeste.
GIROLAMO: Erano infatti degni di sentire separatamente i misteri nel profondo coloro che nel timore della sapienza, lontani dai tumulti dei cattivi pensieri, rimanevano nella solitudine delle virtù: la sapienza infatti viene percepita nel tempo dell’ozio.