
VENTESIMA DOMENICA TEMPO ORDINARIO – ANNO B
17 Agosto 2024 / by Padre Angelico / Commenti al vangelo / i-tempi-della-chiesa, il-ritorno-di-gesù, padre-angelico-maria-moccia, pane, pane-disceso-dal-cielo, sangue, vangelo, vera-bevanda
Vangelo Commentato dai Padri
VENTESIMA DOMENICA TEMPO ORDINARIO – ANNO B
Vangelo Di Giovanni 6, 51-58
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.
Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
VERSETTI 51-52
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno, e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
AGOSTINO: Ma forse non moriamo anche noi, che pure mangiamo il pane che discende dal cielo? Essi sono morti come anche noi moriremo per quanto concerne la morte di questo corpo visibile e carnale; invece, per quanto concerne la morte spirituale, per la quale i loro padri sono morti, Mosè e molti di coloro che piacquero a Dio mangiarono la manna e non morirono, perché intesero il cibo visibile spiritualmente, lo gustarono spiritualmente e furono saziati spiritualmente. Anche noi oggi riceviamo un cibo visibile, ma una cosa è il sacramento e un’altra la forza del sacramento: poiché molti sono quelli che prendono dall’altare e prendendo muoiono; perciò l’Apostolo dice (1 Cor 11,29): «Poiché chi mangia e beve indegnamente, mangia e beve la propria condanna». Perciò mangiare spiritualmente il pane celeste è portare all’altare la propria innocenza. I peccati, anche se quotidiani, non causano la morte. Prima di accostarti all’altare fa’ attenzione alla preghiera che dice: «Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12). Se tu li rimetti, ti saranno rimessi. Accostati tranquillo: è pane, non veleno. Infatti, se uno mangia di questo pane non muore; ma questo per quanto concerne la forza del sacramento, non per quanto riguarda il sacramento visibile; cioè chi mangia interiormente, non esteriormente.
ALCUINO: Perciò, dico, non muore chi mangia di questo pane, perché Io sono il pane, disceso dal cielo.
TEOFILATTO: Cioè per il vivo fatto che si è incarnato. Perciò prima egli non fu solo un uomo che poi ha assunto la divinità, come fantastica Nestorio.
AGOSTINO: Anche la manna discese dal cielo; ma la manna era l’ombra, mentre egli è la verità.
ALCUINO: È la mia vita che vivifica; perciò prosegue: Se uno mangia di questo pane vivrà, non soltanto nella vita presente mediante la fede e la giustizia, ma in eterno.
AGOSTINO: Conseguentemente il Signore precisa in che modo egli si dice pane, non solamente secondo la divinità che dà da mangiare a tutti, ma anche secondo la natura umana assunta dal Verbo di Dio, quando aggiunge: il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo.
BEDA: Il Signore diede questo pane nel momento in cui consegnò ai suoi discepoli il mistero del suo corpo e del suo sangue, e quando offrì sé stesso al Padre sull’altare della croce. L’espressione: per la vita del mondo, non dobbiamo intenderla per gli elementi del mondo, ma per gli uomini che sono indicati col nome di mondo.
TEOFILATTO: Quando dice: il pane che io darò, mostra la sua potestà, poiché non come un servo inferiore al Padre egli è stato crocifisso, ma volontariamente: infatti, sebbene si dica che è stato offerto dal Padre, tuttavia egli ha offerto sé stesso. Ma fa’ attenzione che il pane che viene da noi assunto nel sacramento non porta soltanto la figura della carne di Cristo, ma è esso stesso la vera carne di Cristo; infatti non disse: il pane che io darò porta la figura della mia carne, ma è la mia carne. Con parole indicibili mediante la mistica benedizione e l’inabitazione dello Spirito Santo questo pane viene trasformato nella carne di Cristo. Ma perché noi non vediamo la carne? Perché se si vedesse la carne nell’assumerla, noi saremmo presi dallo spavento: perciò accondiscendendo alla nostra debolezza, il cibo mistico ci viene offerto sotto apparenze conformi alla nostra mente. Egli ha offerto la sua carne per la vita del mondo, perché morendo egli distrugge la morte. Io comprendo per “la vita del mondo” anche la risurrezione: infatti la morte del Signore ha meritato la risurrezione generale a tutto il genere umano. Ma forse ha chiamato “vita del mondo” anche la vita che consiste nella santificazione e nella beatificazione mediante lo Spirito: infatti, sebbene non tutti ricevano la vita che consiste nella santificazione e nello Spirito, tuttavia il Signore ha offerto sé stesso per il mondo, e per quanto sta in lui tutto il mondo viene santificato.
AGOSTINO: Ma quando la carne concepisce che Egli chiama pane la carne? Il fedele conosce e riceve il corpo di Cristo se si affatica per essere il corpo di Cristo. E diviene il corpo di Cristo se vuole vivere dello Spirito di Cristo: infatti vive dello Spirito di Cristo soltanto il corpo di Cristo. Forse che il mio corpo vive del tuo spirito? L’Apostolo presenta questo pane dicendo (1 Cor 10,17): «Noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo». O sacramento di pietà, o segno di unità, o vincolo di carità! Chi vuole vivere si accosti, creda, venga incorporato per essere vivificato.
VERSETTI 53-55
Allora i Giudei si misero a discutere fra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù dunque disse loro: «In verità, in verità vi dico: se non mangerete la carne del Figlio dell’uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
AGOSTINO: Poiché i Giudei non comprendevano il pane della concordia, discutevano fra di loro; perciò si dice: Allora i Giudei si misero a discutere fra di loro dicendo: Come può costui darci la sua carne da mangiare? Ma coloro che mangiano questo pane non discutono l’uno con l’altro, perché con questo pane Dio fa abitare unanimi nella stessa casa.
BEDA: I Giudei pensavano che il Signore dividesse la propria carne in pezzettini e li distribuisse loro affinché li mangiassero; perciò discutevano perché non capivano.
CRISOSTOMO: Poiché sostenevano che ciò fosse impossibile, cioè che desse loro la propria carne perché la mangiassero, egli fa vedere che non solo ciò non è impossibile, ma assai necessario; perciò prosegue: Gesù dunque disse loro: In verità, in verità vi dico: se non mangerete la carne del Figlio dell’uomo e non berrete il suo sangue non avrete in voi la vita.
AGOSTINO: Come se dicesse: in che modo si mangi e quale sia il modo di mangiare questo pane voi non lo conoscete; perciò: se non mangerete la carne del Figlio dell’uomo e non berrete il suo sangue non avrete in voi la vita.
BEDA: E affinché non pensassero che aveva detto queste cose soltanto per loro, rende subito generale la sentenza dicendo: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue.
AGOSTINO: E affinché non discutessero di questa cosa pensando a questa vita, aggiunge subito: ha la vita eterna. Questa non la possiede chi non mangia questa carne e non beve questo sangue. Gli uomini possono avere la vita temporale senza di lui, ma in nessun modo la vita eterna. Questo non è vero per il cibo materiale. Se non lo assumiamo certamente non viviamo, ma neppure viviamo sempre se lo assumiamo: poiché o la malattia, o la vecchiaia o qualche altro accidente alla fine ci fa morire. Invece in questo cibo e in questa bevanda, cioè nel corpo e sangue di Cristo, non è così: infatti chi non lo assume non ha la vita, mentre chi lo assume ha la vita, e questa è una vita eterna.
TEOFILATTO: Non è la carne di un semplice uomo, ma di Dio, ed è in grado di rendere l’uomo divino inebriandolo della divinità.
AGOSTINO: Ora, ci sono alcuni che promettono la liberazione dal castigo eterno agli uomini che, lavati con il battesimo, diventano partecipi del suo corpo, in qualsiasi modo essi vivano, a causa di ciò che viene detto in questo testo. Ma l’Apostolo li contraddice quando afferma (Gal 5,19): «Ora, è chiaro quali sono le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, lussuria, idolatria, venefizi, inimicizie, discordie, gelosie, risentimenti, contese, divisioni, sette, invidie, omicidi, ubriachezze, gozzoviglie e cose simili; io vi prevengo che quelli che fanno codeste cose non avranno in eredità il regno di Dio». Per questo ci si chiede giustamente in che modo deve essere inteso ciò che viene detto qui. Infatti chi si trova nell’unità del suo corpo, ossia nella compagine delle membra del Cristiani, dove i fedeli hanno l’abitudine di assumere il sacramento del corpo comunicandosi all’altare, costui si deve dire che mangia il corpo e beve il sangue di Cristo; perciò gli eretici e gli scismatici, che sono separati dal corpo, possono ricevere lo stesso sacramento ma senza alcun vantaggio, anzi con grave danno, in quanto ciò tende a rendere il loro giudizio più pesante e il loro perdono più lento. Né dovrebbero sentirsi sicuri nei loro costumi perduti e condannabili, coloro che a causa dell’iniquità della loro vita hanno abbandonato la giustizia della vita che è Cristo, o con la fornicazione o facendo altre cose simili; infatti non si può dire che essi mangino il corpo di Cristo, e non sono da annoverare tra le membra di Cristo. Per tacere il resto, non possono essere allo stesso tempo membra di Cristo e membra di una meretrice.
AGOSTINO: Con questo cibo e con questa bevanda si deve intendere la comunione del suo corpo e delle sue membra, che è la Chiesa nei suoi santi, chiamati, giustificati, predestinati e glorificati, e nei suoi fedeli. Il sacramento di questa realtà, cioè l’unità del corpo e del sangue di Cristo, in alcuni luoghi tutti i giorni, in altri con qualche giorno di intervallo, si prepara nella mensa del Signore e viene assunto dalla mensa del Signore; ma per alcuni per la vita e per altri per la condanna. La realta stessa, di cui è sacramento, è per la vita per ogni uomo e per la condanna per nessuno, chiunque sia chi se ne rende partecipe. Ma perché non pensassero che in questo cibo e in questa bevanda la vita eterna sia promessa in modo tale che chi li assume non muore più nel corpo, per prevenire questo pensiero soggiunge: e io lo risusciterò nell’ultimo giorno; cioè affinché abbiano la vita eterna secondo lo spirito, nel riposo che riceve lo spirito dei santi; per quanto poi concerne il corpo, neppure esso verrà privato della vita eterna, ma l’avrà nella risurrezione dei morti nell’ultimo giorno.
VERSETTI 56-58
Poiché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera be-vanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre che ha la vita ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me.
BEDA: In precedenza aveva detto (v. 54): «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna»; e per mostrare quanto sia grande la distanza tra il cibo e la bevanda corporali e il mistero spirituale del suo corpo e del suo sangue, aggiunge: Poiché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
CRISOSTOMO: Egli, dice questo o perché credano alle cose che sono state dette e non pensino che siano un enigma o una parabola, ma sappiano che bisogna assolutamente mangiare il corpo di Cristo; oppure vuol dire che questo è il vero cibo che salva l’anima.
AGOSTINO: Oppure diversamente. Mentre gli uomini desiderano il cibo e la bevanda per placare la fame e la sete, questo effetto è prodotto realmente solamente da quel cibo e da quella bevanda che rendono immortali e incorruttibili coloro che li ricevono, ossia la comunione dei santi, dove c’è pace e unità, piena e perfetta. Pertanto nostro Signore ha affidato il suo corpo e il suo sangue a cose che da molti elementi si riuniscono in uno solo: infatti un elemento, cioè il pane, da molti grani diviene una cosa sola, e l’altro elemento, ossia il vino, da molti acini si fonde in uno solo. Poi egli spiega che cos’è mangiare il suo corpo e bere il suo sangue, dicendo: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Cioè mangiare quel cibo e bere quella bevanda è dimorare in Cristo e avere Cristo in sé stessi. Per questo, se uno non dimora in Cristo e Cristo non abita in lui, indubbiamente egli non mangia la sua carne né beve il suo sangue; ma assumendo il sacramento di una così grande realtà, mangia e beve per la condanna di sé stesso.
CRISOSTOMO: Oppure si continua in modo diverso. Poiché aveva promesso a coloro che lo mangiavano la vita eterna, a conferma di ciò adduce: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.
AGOSTINO: Molti mangiano quella carne e bevono quel sangue maldisposti oppure, quando mangiano, diventano apostati: forse che dimorano in Cristo e Cristo in loro? Ma indubbiamente c’è un modo di mangiare quella carne e bere quel sangue, secondo il quale chi mangia e beve dimora in Cristo e Cristo in lui.
AGOSTINO: Cioè coloro che non solo secondo il sacramento, ma realmente mangiano il corpo di Cristo e bevono il suo sangue.
CRISOSTOMO: E poiché io vivo, è evidente che anch’egli vive; e per mostrare ciò soggiunge: Come il Padre che ha la vita ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me; come se dicesse: io vivo come il Padre, e perché tu non lo concepisca come ingenerato, aggiunge: per il Padre, alludendo in modo occulto al fatto che il Padre è il suo principio. L’espressione anche colui che mangia di me vivrà per me, non va intesa semplicemente della vita in quanto tale, ma della vita approvata: infatti vivono anche gli infedeli che non mangiano di quella carne. E non parla neppure della risurrezione generale (infatti tutti risusciteranno), ma della risurrezione gloriosa che riceverà la ricompensa.
AGOSTINO: Però non dice: Come io mangio il Padre, e vivo per il Padre, così anche chi mangia me vivrà per me; infatti il Figlio non diviene migliore per la partecipazione del Padre, come invece per la partecipazione del Figlio, mediante l’unità del suo corpo e del suo sangue, che viene indicato da quel mangiare e bere, noi diventiamo migliori. Se dunque si dice: io vivo per il Padre, perché egli è da lui, non lo si dice con svantaggio per la sua uguaglianza. Né tuttavia ciò significa che la nostra e la sua uguaglianza sono le stesse, ma mostra la grazia del mediatore. Se poi prendiamo io vivo per il Padre secondo il senso con cui viene detto altrove (più avanti, 14,28): «Il Padre è più grande di me», allora egli ha detto queste parole: Come il Padre ha mandato me, come se dicesse: Che io viva per il Padre, cioè riferisca tutta la mia vita a lui come superiore, lo ha fatto il mio annichilamento, nel quale mi ha inviato; che invece ciascuno viva per me, lo fa la partecipazione con la quale egli mangia di me.
ILARIO: Circa la verità del corpo e del sangue di Cristo, non ci rimane dunque più spazio per il dubbio: infatti, per la dichiarazione del Signore stesso e per l’insegnamento della nostra fede, la carne è vera carne e il sangue è vero sangue. Perciò la causa della nostra vita è che noi carnali abbiamo il Cristo che dimora in noi mediante la carne. E noi vivremo per lui così come lui vive per il Padre. Perciò, se noi viviamo naturalmente partecipando di lui secondo la carne, anche lui vive naturalmente per l’inabitazione del Padre secondo lo Spirito. Ma vive per il Padre in quanto la sua nascita non gli ha conferito una natura aliena o diversa da quella del Padre.