
TUTTI I SANTI – SOLENNITA’
31 Ottobre 2024 / by Padre Angelico / Commenti al vangelo / afflitti, beati, giustizia, i-tempi-della-chiesa, il-ritorno-di-gesù, le-due-venute-di-gesù, misericordiosi, miti, padre-angelico-maria-moccia, padri-della-chiesa, vangelo-di-matteo
Vangelo Commentato dai Padri
TUTTI I SANTI – SOLENNITA’
Vangelo di Matteo 5, 1-12
In quel tempo, Gesù, vedendo le folle, salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e mentendo diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi».
VERSETTI 1-3
Gesù, vedendo le folle, salì sul monte e, sedutosi, si avvicinarono a lui i discepoli, e aprendo la sua bocca li ammaestrava dicendo: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
CRISOSTOMO [Ps.]: Ogni artefice, secondo la sua professione, gioisce vedendo l’utilità dell’opera: infatti il falegname, se vede un buon albero, desidera tagliarlo per la necessità del suo mestiere; e il sacerdote, quando vede la chiesa piena, si rallegra nell’animo e gioisce per l’occasione di insegnare. Così anche il Signore, vedendo una grande assemblea di popolo, fu mosso a insegnare; per cui dice: Gesù, vedendo le folle, salì sul monte.
AGOSTINO: Oppure qui si può vedere che ha voluto evitare la grande folla, e per questo è salito sul monte per parlare ai soli discepoli.
CRISOSTOMO: Per il fatto poi che si sedette non in una città e in una piazza, ma su un monte e nella solitudine, ci insegnò a non fare nulla per ostentazione, e a salire dai rumori, soprattutto quando bisogna occuparsi di filosofia e dissertare su cose serie.
REMIGIO [GLOSSA]: Bisogna infatti sapere che il Signore, come si legge, aveva tre rifugi: la nave, il monte e il deserto, ai quali si recava tutte le volte che era oppresso dalle folle.
GIROLAMO: Alcuni tra i fratelli meno istruiti ritengono che il Signore abbia insegnato le cose che seguono sul monte degli ulivi, ma non è affatto così: infatti da ciò che precede e ciò che segue si mostra che il luogo è in Galilea, e riteniamo che sia o il Tabor o qualsiasi altro monte elevato.
CRISOSTOMO [Ps.]: Salì sul monte: innanzitutto per adempiere la profezia di Isaia (40, 9) che dice: «Sali su un monte»; poi per mostrare che chi insegna la giustizia di Dio deve dimorare nelle altezze delle virtù spirituali, come pure chi ascolta: nessuno infatti può stare nella valle e parlare dal monte. Se stai in terra, parli della terra; se invece parli del cielo, stai in cielo. Oppure salì sul monte per mostrare che chiunque vuole imparare le verità di fede deve salire sul monte della Chiesa, del quale il Profeta (Sal 67, 16) scrive: «Il monte di Dio è un monte ricco».
ILARIO: Oppure salì sul monte perché, posto nell’altezza della maestà del Padre, stabilisce i precetti della vita celeste.
AGOSTINO: Oppure salì sul monte per indicare che i precetti di giustizia che erano stati dati da Dio mediante i Profeti al popolo dei Giudei, che conveniva ancora che venisse legato dal timore, erano quelli minori; invece mediante il suo Figlio furono dati al popolo, a cui conveniva di essere liberato dalla carità, quelli maggiori. Segue: e, sedutosi, si avvicinarono a lui i discepoli.
GIROLAMO: Parla stando seduto, non in piedi, poiché non lo potevano capire nello splendore della sua maestà.
AGOSTINO: Oppure l’insegnare da seduti compete alla dignità del maestro. Poi si avvicinarono a lui i discepoli, in modo che quanti si avvicinavano con l’animo per adempiere i precetti fossero anche più vicini con il corpo per udire le sue parole.
RABANO: In senso mistico poi, questo sedersi del Signore è la sua incarnazione: poiché, se il Signore non si fosse incarnato, il genere umano non si sarebbe potuto avvicinare a lui.
AGOSTINO: Colpisce il fatto che Matteo dica che questo discorso fu tenuto dal Signore seduto sul monte, mentre Luca dice che fu tenuto in un luogo pianeggiante dal Signore ritto in piedi. Ora, questa diversità mostra che si tratta di due discorsi diversi. Che cosa impedisce infatti che Cristo ripeta in un altro luogo le cose che aveva già detto, oppure rifaccia le cose che aveva già fatto? Oppure si presenta un’altra soluzione: dapprima il Signore stava con i soli discepoli in qualche parte più elevata del monte, quando da essi scelse i dodici; poi egli discese con loro non dal monte, ma dalla sua cima, verso un luogo pianeggiante, cioè in qualche pianura che stava sul fianco del monte e poteva accogliere molti, e li rimase in piedi fino a che la folla non si fu radunata intorno a lui; poi, sedutosi, gli si avvicinarono maggiormente i suoi discepoli, e così ad essi e a tutta l’altra folla presente fece l’unico discorso che Matteo e Luca riferiscono in modo diverso, ma con la stessa verità dei fatti.
GREGORIO: Prima che il Signore desse sul monte i suoi sublimi precetti, si dice che, aprendo la sua bocca, li ammaestrava, egli che aveva già aperto la bocca dei Profeti.
REMIGIO: Dovunque si legge che il Signore aprì la sua bocca si deve fare attenzione, poiché sta per dire delle cose grandi.
AGOSTINO: Oppure dice: aprendo la sua bocca per indicare che il discorso che seguirà sarà più lungo del solito.
CRISOSTOMO: Oppure dice così perché tu impari che talora egli insegnava aprendo la bocca per parlare, talora invece emettendo la voce delle sue opere.
AGOSTINO: Se uno poi studia con pietà e prudenza questo discorso, vi troverà il perfetto modo della vita cristiana per quanto riguarda l’opportunità dei costumi; per cui il discorso si conclude così (Mt 7, 24); «Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica sarà simile a un uomo saggio».
AGOSTINO: La filosofia non può avere altro fine se non il sommo bene; ora, il sommo bene ci rende beati. Per questo il Signore comincia dalla beatitudine dicendo: Beati i poveri in spirito.
AGOSTINO: La presunzione dello spirito indica insolenza e superbia. Ora, generalmente si dice che i superbi hanno uno spirito grande, e giustamente, poiché lo spirito è detto vento, e chi non sa che i superbi sono detti gonfi, come dilatati dal vento? Per cui giustamente qui per poveri in spirito si intendono gli umili e i timorati di Dio, coloro cioè che non hanno uno spirito che gonfia.
CRISOSTOMO: Oppure spirito significa qui orgoglio e alterigia: infatti ci sono molti umili contro voglia, costretti a ciò dalla necessità, e non c’è lode per essi; per cui proclama beati quelli che si umiliano per libera scelta. Per questo comincia qui dalle radici strappando la superbia, poiché questa è stata la radice e la fonte di ogni malizia; contro di essa pone l’umiltà, come un certo stabile fondamento; poiché sopra di essa si può costruire con solidità, mentre se essa viene distrutta periscono tutti i beni che avrai radunato.
CRISOSTOMO [Ps.]: Ha detto poi manifestamente: Beati i poveri in spirito per mostrare che gli umili chiedono sempre l’aiuto di Dio; per cui in greco si dice ptokói, cioè mendicanti o bisognosi. Vi sono infatti molti umili per natura, e non per la fede, che non chiedono l’aiuto di Dio; ma qui si tratta solo di coloro che sono umili secondo la fede.
CRISOSTOMO: Oppure perché chiama qui poveri in spirito coloro che sono pieni di timore e di tremore di fronte ai comandamenti di Dio, come raccomanda il Signore attraverso Isaia. Ma che cos’ hanno di più rispetto a quelli che sono umili alla buona? Hanno l’umiltà in maggiore abbondanza.
AGOSTINO: I superbi allora desiderino i regni della terra, ma agli umili appartiene quello dei cieli.
CRISOSTOMO (Ps.): Infatti come gli altri vizi ci portano all’inferno, in misura maggiore però la superbia, così anche tutte le virtù ci conducono al regno dei cieli, più di tutte però l’umiltà, poiché è proprio di chi si umilia di essere esaltato.
GIROLAMO: Oppure beati i poveri in spirito, cioè quelli che sono volontariamente poveri per ispirazione dello Spirito Santo.
AMBROGIO: Agli occhi di Dio la beatitudine comincia là dove c’è la miseria agli occhi umani.
GLOSSA: Convenientemente le ricchezze dei cieli sono promesse a quanti sono adesso nella povertà.
VERSETTO 4
Beati coloro che piangono, perché saranno consolati.
AMBROGIO: Quando avrai fatto questo, in modo cioè da essere povero e mite, ricordati che sei peccatore, e piangi i tuoi peccati; per cui segue: Beati coloro che piangono. E giustamente la terza benedizione è per chi piange i peccati, poiché è la Trinità che condona i peccati.
ILARIO: Infatti qui sono detti afflitti non coloro che piangono le loro perdite, le offese o i torti subiti, ma coloro che piangono i loro peccati passati.
CRISOSTOMO [Ps.]: E certamente coloro che piangono i loro peccati sono beati, ma poco; sono invece più beati coloro che piangono i peccati altrui: tali conviene che siano tutti i maestri.
GIROLAMO: Infatti qui non si pone il pianto dei morti secondo la comune legge della natura, ma dei morti per i peccati e per i vizi. Così Samuele pianse Saul, e Paolo coloro che dopo l’impurità non fecero penitenza.
CRISOSTOMO [Ps.]: Ora, poiché la consolazione per chi piange è la cessazione del dolore, coloro che piangono i loro peccati saranno consolati con il conseguimento del perdono.
CRISOSTOMO: E sebbene a costoro basti godere del perdono, Dio non termina la retribuzione nella remissione dei peccati, ma rende anche partecipi di molte consolazioni, qui e nel futuro. Infatti Dio dà sempre le retribuzioni in misura maggiore delle fatiche.
CRISOSTOMO [Ps.]: Coloro che piangono i peccati altrui saranno consolati: poiché, vedendo il piano di Dio alla luce di quell’altro mondo, comprenderanno che coloro che sono periti non erano di Dio, la cui mano non lascia rapire ciò che tiene; di essi, lasciato il dolore, si rallegreranno nella loro beatitudine. Oppure diversamente.
AGOSTINO: Il lutto è la tristezza per la perdita di ciò che è caro. Ora, coloro che si convertono a Dio perdono ciò che avevano caro nel mondo. Infatti non godono di quelle cose di cui godevano prima, e finché non sono presi dall’amore delle cose eterne sono feriti da qualche tristezza. Saranno dunque consolati dallo Spirito Santo, che per questo soprattutto è detto Paraclito, cioè consolatore, in modo che lasciando le cose temporali godano dell’eterna letizia, e per questo dice: perché saranno consolati.
GLOSSA: Oppure per dolore si intendono due generi di compunzione, cioè per le miserie di questo mondo e per il desiderio di quelle celesti: per cui la figlia di Calef domandò la fonte superiore e inferiore. Ora, questo dolore non l’ha se non il povero e il mite il quale, non amando il mondo, riconosce di essere misero e per questo desidera il cielo. Giustamente dunque agli afflitti è promessa la consolazione, in modo che chi fu rattristato nel presente gioisca nel futuro. Ora, la retribuzione di chi piange è più grande di quella del povero e del mite: infatti è di più godere del regno che avere e possedere, poiché possediamo molte cose nel dolore.
CRISOSTOMO: Bisogna notare però che non pone questa beatitudine puramente e semplicemente, ma con intensità ed enfasi; per questo non dice: coloro che sono afflitti, ma coloro che piangono. E certamente questo precetto è al sommo di tutta la filosofia. Se infatti coloro che piangono i figli o i parenti non si lasciano attirare in tutto quel tempo di dolore né dall’amore del denaro né da quello della gloria, non sono consumati dall’invidia, non sono turbati dalle ingiurie né assediati da altri vizi, come presi solo dal dolore, molto di più coloro che piangono i propri peccati, come è conveniente, devono mostrare questa più alta filosofia.
VERSETTO 5
Beati i miti, perché possederanno la terra.
AMBROGIO: Quando sarò semplicemente contento della povertà, mi resta da moderare i miei comportamenti. A che cosa mi serve infatti essere privo dei beni terreni se non sarò mite? Giustamente quindi segue: Beati i miti.
AGOSTINO: Sono miti coloro che cedono alle ingiustizie e non resistono al male, ma vincono il male con il bene.
AMBROGIO: Mitiga dunque la tua disposizione d’animo per non adirarti o per non peccare nella collera. È infatti nobile sottomettere il moto dell’animo alla ragione, e non è una virtù minore quella di frenare l’iracondia piuttosto che non adirarsi affatto, dato che il più delle volte ciò è considerato il segno di un carattere più forte, mentre l’altro atteggiamento indica un carattere più indolente.
AGOSTINO: Litighino pure quelli che non sono miti e combattano fra loro per le cose terrene e temporali; ma beati i miti, perché erediteranno la terra dalla quale non potranno essere sradicati; quella terra, dico, di cui si legge (Sal 140, 6): «La mia parte è nella terra dei viventi». Significa infatti una certa stabilità dell’eredità perpetua, dove l’anima, mediante l’affetto buono, riposa come nel luogo proprio, come il corpo nella terra, e da lì è nutrita col suo cibo, come il corpo dalla terra: essa è il riposo e la vita dei santi.
CRISOSTOMO [Ps.]: Oppure la terra qui, come alcuni dicono, finché è in questo stato, è la terra dei morti, poiché è stata sottomessa alla caducità; ma quando sarà liberata dalla corruzione, diventa la terra dei vivi, così che i mortali ereditino l’immortale. Ho letto un altro commentatore secondo cui il cielo in cui abiteranno i santi viene detto terra dei viventi poiché rispetto alla regione inferiore è cielo, mentre rispetto al cielo superiore è detto terra. Altri dicono che il nostro corpo è terra, e finché soggiace alla morte è la terra dei morti, ma quando sarà divenuto conforme alla gloria del corpo di Cristo sarà la terra dei vivi.
ILARIO: Oppure il Signore promette ai miti l’eredità della terra, cioè di quel corpo che egli assunse per abitarvi; e poiché per la mansuetudine della nostra mente Cristo abita in noi, anche noi saremo rivestiti dello splendore del suo corpo glorificato.
CRISOSTOMO: oppure diversamente: qui Cristo ha mescolato le realtà sensibili con le spirituali poiché infatti si ritiene che chi è mite perde tutte le sue cose, promette il contrario, dicendo che chi non è arrogante possiede le sue cose con stabilità, mentre in caso contrario uno perde molte volte l’anima e l’eredità paterna. Ora, poiché il profeta aveva detto (Sal 36, 11): «I miti erediteranno la terra», intesse il suo discorso con parole conosciute.
GLOSSA: Inoltre i miti, che hanno posseduto sé stessi, possederanno in futuro l’eredità del Padre. Ora, possedere è più che avere: infatti abbiamo molte cose che improvvisamente perdiamo.
VERSETTO 6
Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
AMBROGIO: Dopo che ho pianto i peccati, comincio ad avere fame e sete della giustizia. Infatti chi è afflitto da una grave malattia non ha fame; per cui segue: Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia.
GIROLAMO: Non ci basta volere la giustizia se non ne abbiamo fame, in modo che, sotto questa figura, non ci riteniamo mai sufficientemente giusti, ma abbiamo sempre fame delle opere della giustizia.
CRISOSTOMO [Ps.]: Poiché ogni bene che gli uomini fanno non per amore del bene non è gradito a Dio. Ora, ha fame della giustizia chi desidera comportarsi secondo la giustizia di Dio; ha invece sete della giustizia chi desidera acquistarne la scienza.
CRISOSTOMO: Parla poi o della giustizia universale o di quella particolare, contraria all’avarizia.
Poiché infatti stava per parlare della misericordia, mostra prima in che modo bisogna aver misericordia, cioè non coi frutti della rapina e non con avarizia; per questo attribuisce alla giustizia ciò che è proprio dell’avarizia, cioè la fame e la sete.
ILARIO: Attribuisce la beatitudine a chi ha sete e fame della giustizia, mostrandoci così che la grande brama dei santi per la dottrina divina raggiungerà in cielo la completa sazietà; per questo è detto: perché saranno saziati.
CRISOSTOMO [Ps.]: Cioè la generosità di Dio che ricompensa: poiché i premi di Dio saranno maggiori dei desideri dei santi.
AGOSTINO: Oppure saranno saziati adesso di quel cibo di cui il Signore dice (Gv 4, 34): «Il mio cibo è fare la volontà del Padre mio», il che non è altro che la giustizia, e di quell’acqua di cui dice (Gv 4, 14): «Chiunque ne berrà, diventerà per lui una sorgente di acqua che zampilla fino alla vita eterna».
CRISOSTOMO: Oppure stabilisce ancora un premio sensibile: poiché infatti si pensa che l’avarizia generi molti ricchi, afferma il contrario, nel senso che ciò conviene maggiormente alla giustizia: chi infatti ama la giustizia possiede tutto con la massima sicurezza.
VRSETTO 7
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
GLOSSA: La giustizia e la misericordia sono così congiunte che l’una deve essere moderata dall’altra: infatti la giustizia senza misericordia è crudeltà, la misericordia senza giustizia dissoluzione; per cui dopo la giustizia aggiunge, quanto alla misericordia: Beati i misericordiosi.
REMIGIO: Si dice misericordioso nel senso che ha il cuore misero, poiché ritiene propria la miseria altrui, e si rattrista del male altrui come se fosse proprio.
GIROLAMO: Qui la misericordia non viene intesa solo nelle elemosine, ma in ogni peccato del fratello, se portiamo gli uni i pesi degli altri.
AGOSTINO: Dice che sono beati coloro che sovvengono ai miseri, e la loro ricompensa è di essere liberati dalla loro propria miseria; per cui segue: perché troveranno misericordia.
ILARIO: Dio gioisce talmente per il sentimento che ci rende benevoli verso gli altri, che darà la sua misericordia solo ai misericordiosi.
CRISOSTOMO: Sembra che la retribuzione sia uguale, ma è molto maggiore. Infatti la misericordia umana e quella divina non sono uguali.
GLOSSA: Giustamente dunque la misericordia viene elargita ai misericordiosi in modo che ricevano più di quanto hanno meritato: e poiché chi ha oltre il necessario riceve di più di chi ha soltanto il necessario, così la gloria della misericordia è più grande di quella delle beatitudini precedenti.
VERSETTO 8
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
AMBROGIO: Chi ha misericordia perde la misericordia se non ha misericordia con cuore puro; infatti, se agisce per ostentazione, il frutto è nullo, per cui segue: Beati i puri di cuore.
GLOSSA: Convenientemente la purezza di cuore viene messa al sesto posto, poiché nel sesto giorno l’uomo fu creato a immagine di Dio, immagine che era stata ottenebrata nell’uomo per la colpa, ma nei puri di cuore viene riformata mediante la grazia. Giustamente poi questa beatitudine viene dopo le precedenti, poiché, se queste non precedono, non si crea nell’uomo il cuore puro.
CRISOSTOMO: Chiama qui puri o coloro che hanno tutte le virtù e non sono consci di alcuna malizia, oppure quanti si trovano nella temperanza, che è sommamente necessaria per vedere Dio, secondo quelle parole di Paolo (Eb 12, 14): «Seguite la pace con tutti, e la santificazione, senza la quale nessuno vedrà Dio». Poiché infatti molti hanno misericordia ma compiono azioni impudiche, aggiunge queste parole sulla purezza, mostrando che non basta la prima cosa, cioè l’avere misericordia.
GIROLAMO: Ora, Dio puro è desiderato dal cuore puro: infatti il tempio di Dio non può essere inquinato; per questo si dice: perché vedranno Dio.
CRISOSTOMO [Ps.]: Chi infatti realizza e pensa ogni giustizia, nella sua mente vede Dio, poiché la giustizia è figura di Dio, essendo Dio giustizia. Dunque, secondo che uno si sottrae dal male e fa il bene, secondo ciò vede Dio, o poco o di più o talvolta o sempre, secondo la possibilità umana. Invece in cielo i puri di cuore vedranno Dio faccia a faccia, non in uno specchio o nell’enigma come qui.
AGOSTINO: Sono stolti coloro che cercano di vedere Dio con questi occhi esteriori, poiché è visto col cuore, come è scritto in un altro luogo (Sap 1, l): “Cercatelo nella semplicità del cuore»; infatti il cuore semplice è il cuore puro.
AGOSTINO: Se poi nel corpo spirituale gli occhi, anch’essi spirituali, avranno lo stesso potere di quelli che abbiamo adesso, senza dubbio con essi esso si potrà vedere Dio.
AGOSTINO: Questa visione è la ricompensa della fede, e in vista di essa i nostri cuori sono purificati dalla fede, come è scritto (At 15, 9): «Purificando i loro cuori con la fede». Ora, ciò è provato soprattutto dalle parole: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
AGOSTINO: Nessuno che vede Dio vive in questa vita mortale e con questi sensi corporei. Ora, se uno non muore del tutto a questa vita, o uscendo totalmente dal corpo, oppure essendo così alienato dai sensi carnali da non sapere, come dice l’Apostolo (2 Cor 12, 2), se è nel corpo o fuori del corpo, non viene portato a quella visione.
GLOSSA: Questi poi hanno una ricompensa più grande dei primi, come coloro che nella casa del re non solo pranzano, ma anche vedono il volto del re.
VERSETTO 9
Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio.
AMBROGIO: Quando avrai purificato il tuo interno da ogni macchia di peccato, cosi che dal tuo affetto non escano né dissensi né contese, comincia ad aver la pace in te stesso, così da portarla agli altri; per cui segue: Beati i pacifici.
AGOSTINO: La pace è la tranquillità dell’ordine. L’ordine poi è la disposizione che dà alle cose simili e dissimili il loro posto rispettivo. Ora, come non c’è nessuno che non voglia gioire, così non c’è nessuno che non voglia avere la pace; e anche quelli che vogliono la guerra non desiderano altro che di giungere, combattendo, a una pace gloriosa.
GIROLAMO: Sono detti beati i pacifici che operano la pace prima nel loro cuore, poi anche tra i fratelli che sono in discordia. A che serve infatti che gli altri siano pacificati da te quando nella tua anima ci sono le guerre dei vizi?
AGOSTINO: Sono pacifici in se stessi tutti coloro che, regolando i moti dell’animo, li sottomettono alla ragione, e, domando le passioni della loro carne, diventano regno di Dio, nel quale tutte le cose sono ordinate in modo che ciò che nell’uomo è principale e più elevato comanda all’insubordinazione dell’altra parte di noi stessi che abbiamo in comune con gli animali, e questa prima parte, che è l’anima e la ragione, è sottomessa a ciò che è al vertice di tutto, cioè alla verità stessa, al Figlio di Dio. Infatti non può comandare alle realtà inferiori se non è sottomessa alle superiori. E questa è la pace che è data in terra agli uomini di buona volontà.
AGOSTINO: A nessuno però può accadere in questa vita di essere totalmente esente nelle sue membra dalla legge che si oppone alla legge della mente. Ma adesso i pacifici fanno ciò domando le concupiscenze della carne, per giungere un giorno alla pace pienissima.
CRISOSTOMO [Ps.): Sono pacifici verso gli altri non solo quanti riconciliano nella pace i nemici, ma anche quelli che, dimentichi dei mali, amano la pace. È infatti beata quella pace che è stata posta nel cuore, non solo nelle parole. Ora, coloro che amano la pace sono figli della pace.
ILARIO: La beatitudine dei pacifici è la ricompensa dell’adozione, e quindi si dice: perché saranno chiamati figli di Dio. Infatti il nostro Dio è il padre di tutti, e noi non ci mostreremo degni di entrare nella sua famiglia se non viviamo animati da sentimenti di pace riguardo ai nostri fratelli.
CRISOSTOMO: Oppure, essendo detti pacifici coloro che non combattono fra di loro, ma riconducono alla concordia gli altri che litigano, giustamente vengono chiamati anche figli di Dio, poiché questa fu soprattutto l’opera dell’Unigenito: unire le cose distanti, conciliare le avverse.
AGOSTINO: Oppure, poiché nella pace si ha la perfezione, dove nulla si oppone, i pacifici sono detti figli di Dio poiché nulla resiste a Dio, e certamente i figli di Dio devono avere la somiglianza del Padre.
GLOSSA: Quindi i pacifici hanno la massima dignità, come colui che è detto figlio del re è sommo nella casa del re. Questa beatitudine è poi messa al settimo posto perché nel sabato sarà data la pace del vero riposo, passate le sei età.
VERSETTO 10
Beati coloro che soffrono persecuzione per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
CRISOSTOMO: Posta la beatitudine dei pacifici, affinché uno non pensi che chiedere per sé la pace sia sempre un bene, aggiunge: Beati coloro che soffrono persecuzione per la giustizia, cioè per la virtù, per la difesa degli altri, per la pietà: infatti solitamente la giustizia viene posta per ogni virtù dell’anima.
AGOSTINO: Una volta infatti costituita e confermata la pace all’interno, qualunque siano le persecuzioni che solleva o procura al di fuori colui che è stato cacciato dal di dentro, ci sarà un aumento della gloria che è secondo Dio.
GIROLAMO: Significativamente poi aggiunge: per la giustizia; molti infatti patiscono persecuzione per i loro peccati, e non sono giusti. Considera inoltre che l’ottava beatitudine della vera circoncisione termina col martirio.
CRISOSTOMO [Ps.]: Non ha detto poi: beati coloro che soffrono persecuzione da parte dei Gentili, affinché tu non abbia a pensare che è beato solo chi patisce persecuzione poiché non vuole adorare gli idoli; quindi è beato anche chi patisce persecuzione da parte degli eretici per non lasciare la verità, poiché soffre per la giustizia. Ma anche se qualcuno dei potenti che sembrano cristiani, magari corretto da te per i suoi peccati, ti perseguiterà, sei beato con Giovanni Battista. Se infatti è vero che i Profeti, che sono stati uccisi dai loro, sono martiri, senza dubbio chi soffre qualcosa per la causa di Dio, anche dai suoi, ha la mercede del martirio. Quindi la Scrittura non ha messo la persona dei persecutori, ma solo la causa della persecuzione, affinché tu non guardi a chi ti perseguita, ma per quale motivo.
ILARIO: Cosi dunque alla fine enumera nella beatitudine coloro il cui affetto è pronto a patire ogni cosa per Cristo, che è la giustizia. A questi dunque è riservato anche il regno, poiché nel disprezzo del mondo sono poveri in spirito; per cui dice: perché di essi è il regno dei cieli.
AGOSTINO: Oppure l’ottava beatitudine ritorna all’inizio, poiché ne mostra e prova il perfetto compimento. Così nella prima e nell’ottava viene nominato il regno dei cieli: sette infatti sono quelle che perfezionano, e l’ottava illumina e prova la perfezione raggiunta, in modo che con questi gradi vengono perfezionati anche gli altri, come ritornando all’inizio.
AMBROGIO: Oppure diversamente: il primo regno dei cieli è stato proposto ai santi nella liberazione dal corpo, il secondo dopo la risurrezione nell’essere con Cristo. Dopo la risurrezione infatti comincerai a possedere la tua terra essendo sciolto dalla morte, e nello stesso possesso troverai la consolazione. Il piacere segue alla consolazione, e la divina misericordia al piacere: poiché Dio chiama colui su cui cade la sua misericordia, e così il chiamato vede colui che lo chiama. Ora, chi vede è assunto al diritto della filiazione divina, e allora finalmente quale figlio di Dio gode delle ricchezze del regno celeste. Il primo dunque inizia, il secondo compie.
CRISOSTOMO: Non meravigliarti poi se in ogni beatitudine non senti parlare del regno, poiché quando dice: saranno consolati, troveranno misericordia e altre cose del genere, con tutte queste cose non fa altro che introdurre in modo velato il regno dei cieli, in modo che tu non attenda nulla di sensibile. Infatti non è beato chi è coronato con quelle cose che se ne vanno con la vita presente.
AGOSTINO: Bisogna poi considerare con attenzione il numero di queste sentenze: infatti a questi sette gradi corrisponde l’operazione dello Spirito Santo settiforme che descrive Isaia, ma lì dall’alto, qui dal basso; poiché lì si insegna che il Figlio di Dio dovrà discendere in basso, qui invece che l’uomo dal basso deve salire alla somiglianza di Dio. In queste cose la prima è il timore, che conviene agli uomini umili, dei quali si dice: Beati i poveri in spirito, cioè che non sanno le cose grandi, ma le temono. La seconda è la pietà, che conviene ai miti, poiché chi chiede con pietà filiale onora, non critica, non resiste, il che è divenire mite. La terza è la scienza, che conviene agli afflitti, i quali hanno appreso a quali mali sono adesso legati, che invece hanno cercato come se fossero beni. La quarta, che è la fortezza, conviene agli affamati e agli assetati, poiché, desiderando la gioia dei veri beni, faticano volendo essere distolti dalle cose terrene. La quinta, il consiglio, conviene ai misericordiosi, poiché l’unico rimedio per essere liberati da così grandi mali è condonare agli altri e dare. La sesta è l’intelletto, e conviene ai puri di cuore, i quali con l’occhio purificato possono vedere ciò che l’occhio non vede. La settima è la sapienza, che conviene ai pacifici, nei quali nessun moto è ribelle, ma è sottomesso allo spirito. L’unico premio poi, che è il regno dei cieli, è nominato in vari modi. Nella prima beatitudine, come era necessario, fu posto il regno dei cieli, che è l’inizio della perfetta sapienza, come se si dicesse (Sal 110, 10): «L’inizio della sapienza è il timore del Signore». Per i miti, che con pietà chiedono il testamento del padre, è riservata l’eredità; per coloro che piangono la consolazione, poiché sanno ciò che hanno perso e in che cosa furono immersi; per gli affamati la sazietà, quale ristoro per coloro che faticano per la salvezza; per i misericordiosi la misericordia, come coloro che dispongono di un ottimo consiglio, in modo che sia dato ad essi ciò che danno; ai puri di cuore la facoltà di vedere Dio, come coloro che hanno un occhio puro per intendere le realtà eterne; ai pacifici la somiglianza con Dio. E queste cose certamente si possono compiere in questa vita, come crediamo che si siano compiute negli Apostoli: infatti ciò che è promesso dopo questa vita non può essere spiegato con nessuna parola.
VERSETTI 11-12
Beati voi quando vi malediranno e vi perseguiteranno e mentendo diranno ogni male di voi per causa mia: rallegratevi ed esultate, perché abbondante è la vostra ricompensa nei cieli; così infatti hanno perseguitato i profeti che furono prima di voi.
RABANO: Le massime precedenti avevano un carattere generale; adesso comincia a parlare personalmente ai presenti, predicando ad essi le persecuzioni che avrebbero patito per il suo nome, dicendo: Beati voi quando gli uomini vi malediranno e vi perseguiteranno e diranno ogni male contro di voi.
AGOSTINO: Ci si può chiedere qual è la differenza quando dice: vi malediranno e diranno ogni male, dato che maledire significa dire il male. Ma una cosa è una maledizione gettata con affronto contro colui che viene maledetto, un’altra quando viene lesa la fama di un assente. Perseguitare poi è fare violenza, o tendere delle insidie.
CRISOSTOMO [Ps.]: Se poi è vero che chi avrà dato un bicchier d’acqua non perderà la sua ricompensa, di conseguenza chi avrà subito l’offesa anche solo di una lievissima parola, non sarà privo di ricompensa. Perché però chi è offeso sia beato, devono concorrere due cose: che sia offeso falsamente, e per Dio; altrimenti, se manca una delle due cose, non c’è la ricompensa della beatitudine. Per questo dice: mentendo per causa mia.
AGOSTINO: Ritengo che ciò sia stato detto per quanti si glorificano di quelle persecuzioni che sono a loro disonore, e che rivendicano Cristo per loro poiché sono esposti a mille ingiurie. Ciò che è detto contro di essi appartiene alla verità e non è se non la constatazione del loro errore, e se talvolta li si accusa ingiustamente, ciò non è per nulla a causa di Cristo.
GREGORIO: Che cosa vi potrà nuocere se gli uomini vi abbassano, e solo la coscienza vi difende? Senza dubbio, come non dobbiamo eccitare volontariamente contro di noi le lingue dei detrattori, affinché essi non periscano, così se sono eccitate dalla loro malizia dobbiamo sopportarle pazientemente, affinché cresca in noi il merito; per cui anche qui si dice: rallegratevi ed esultate, perché abbondante è la vostra ricompensa nei cieli.
GLOSSA: Rallegratevi, certo nella mente, ed esultate, col corpo, perché la vostra ricompensa non solo è grande, come quella degli altri, ma è abbondante nei cieli.
AGOSTINO: Penso che per cielo qui non si intenda la parte superiore di questo mondo visibile: infatti la vostra ricompensa non va collocata nelle realtà visibili; ritengo invece che nei cieli indichi il firmamento spirituale, dove abita l’eterna giustizia. Sentono dunque questa ricompensa coloro che godono delle realtà spirituali, ma essa sarà compiuta da ogni parte quando questo corpo mortale rivestirà l’immortalità.
GIROLAMO: Dobbiamo gioire ed esultare affinché la nostra ricompensa sia preparata nei cieli. Chi segue la vanagloria non può adempiere ciò.
CRISOSTOMO [Ps.): Poiché quanto uno si rallegra della lode degli uomini, tanto si rattrista del loro disprezzo. Chi invece desidera la gloria nel cielo non teme gli obbrobri in terra.
GREGORIO: Talvolta però dobbiamo frenare i detrattori, affinché, mentre diffondono del male riguardo a noi, non corrompano i cuori innocenti di coloro che potevano udire da noi cose buone.
GLOSSA: Non solo però con il premio, ma anche con l’esempio li spinge alla pazienza, quando aggiunge: così infatti hanno perseguitato i profeti che furono prima di voi.
REMIGIO (RABANO]: Infatti l’uomo posto nella tribolazione riceve una grande consolazione quando ricorda le sofferenze degli altri da cui riceve un esempio di pazienza; come se dicesse: ricordate che voi siete gli apostoli di colui di cui essi furono i profeti.
CRISOSTOMO: Fa sapere anche l’uguaglianza del suo onore con quello del Padre, come se dicesse: come loro per il Padre, così anche voi patite per me. Inoltre quando dice: i profeti che furono prima di voi, mostra che anch’essi sono già stati costituiti profeti.
AGOSTINO: Ha poi posto qui la persecuzione in senso generale, esprimendo la maledizione e la calunnia.