SESTA DOMENICA TEMPO ORDINARIO -ANNO C


Vangelo Commentato dai Padri

SESTA DOMENICA TEMPO ORDINARIO -ANNO C

Vangelo di Luca 6, 17.20-26

In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e Sidone.
Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:
«Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi che ora piangete, perché riderete.
Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione.
Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.
Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti»

VERSETTI 17-19

Discendendo con loro dal monte si fermò in un luogo pianeggiante. C’era una gran folla di suoi discepoli e una gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati dagli spiriti immondi, venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti.

CIRILLO: Una volta compiuta l’ordinazione degli Apostoli e dopo che un gran numero di persone si erano radunate dalla Giudea e dalla zona marittima di Tiro e Sidone, che erano idolatre, egli affidò agli Apostoli la funzione di dottori di tutta la terra per richiamare i Giudei dalla schiavitù della Legge e gli adoratori dei demoni dall’errore del paganesimo alla conoscenza della verità; perciò si dice: Discendendo con loro dal monte si fermò in un luogo pianeggiante. C’era una gran folla di suoi discepoli e una gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale.

BEDA: Non dice litorale dal vicino mare di Galilea, perché ciò non sarebbe nulla di straordinario, ma dal grande mare in cui potevano essere incluse anche Tiro e Sidone; a proposito delle quali prosegue: di Tiro e di Sidone, le quali, essendo città dei Gentili, sono indicate intenzionalmente con il loro nome per far sapere quanto grande fosse la fama e la potenza del Salvatore che aveva condotto persino i cittadini della costa a ricevere le sue guarigioni e la sua dottrina; perciò prosegue: che erano venuti per ascoltarlo.

TEOFILATTO: Ossia per la cura delle anime, ed essere guariti dalle loro malattie, ossia per la cura dei loro corpi.

CIRILLO: Ora, dopo avere consacrato i santi Apostoli, operò molti e difficili miracoli, affinché i Gentili e i Giudei che si erano radunati sapessero che essi erano stati investiti da Cristo con la dignità dell’Apostolato, e che egli stesso non era come uno degli altri uomini, ma piuttosto Dio, in quanto era il Verbo incarnato; onde prosegue: Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti. Il Cristo non riceve la sua potenza da altri, ma poiché era Dio per natura, emettendo la propria potenza sugli ammalati guariva tutti.

AMBROGIO: Ora considera ogni cosa attentamente, in primo luogo come egli salga sul monte e poi discenda in mezzo alla folla; in che modo la folla non lo segua verso le grandi mete, ma, quando egli scende, trova gli ammalati; infatti sulle vette non ci possono essere gli ammalati.

BEDA: Raramente troverai in qualche luogo che le folle seguano il Signore sulla montagna o che sulla montagna venga curato qualche infermo; ma dopo aver soffocato la febbre delle passioni e una volta accesa la luce della scienza, passo dopo passo uno sale sulle vette delle virtù. Però la folla che ha potuto toccare il Signore viene guarita dalla potenza del suo spirito, come in precedenza il lebbroso che tocca il Signore viene mondato. Il contatto con il Salvatore è quindi l’opera della salvezza, e toccarlo è credere fermamente in lui, mentre essere toccati significa essere guariti dalla sua grazia.

VERSETTI 20-23

Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete. Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.

CIRILLO: Dopo la consacrazione degli Apostoli, il Signore guidò i suoi discepoli alla novità della vita evangelica.

AMBROGIO: Poiché stava per pronunciare oracoli divini, egli cominciò a portarsi più in alto; e sebbene si trovasse in basso, tuttavia, come si dice: Alzati gli occhi. Che cos’è alzare gli occhi se non dischiudere una luce più intima?

BEDA: E sebbene egli parli generalmente a tutti, tuttavia alza gli occhi soprattutto verso i suoi discepoli; infatti continua: verso i suoi discepoli, perché a coloro che accolgono la parola ascoltando attentamente con il loro cuore, egli possa rivelare più pienamente la luce della sua grazia.

AMBROGIO: Ora, Luca propone soltanto quattro beatitudini, mentre Matteo ne presenta otto; ma in queste otto ci sono quelle quattro, mentre in queste quattro ci sono quelle otto. Infatti questo ha come abbracciato le quattro virtù cardinali, mentre quello nelle sue otto beatitudini ha rivelato l’ordine mistico. Poiché come il numero otto è il compimento della speranza, così lo stesso numero otto è il compimento delle virtù. Ora, entrambi gli Evangelisti pongono per prima la beatitudine della povertà: infatti è la prima rispetto all’ordine ed è, in un certo modo, la genitrice di qualsiasi virtù; poiché chi disprezza le realtà mondane si merita quelle eterne: infatti non può raggiungere il merito del regno celeste chi, sopraffatto dai desideri del mondo, non ha la capacità di sottrarsi ad essi; perciò prosegue: diceva: Beati voi poveri.

CRISOSTOMO: Nel Vangelo secondo Matteo si dice che diventano beati i poveri in spirito, perché comprendiamo che sono poveri in spirito coloro che hanno una intelligenza modesta e in qualche modo debole; perciò il Salvatore dice (Mt 11,29): «Imparate da me che sono mite e umile di cuore». Qui invece si dice semplicemente «beati i poveri», senza aggiungere «in spirito», chiamando poveri coloro che disprezzano le ricchezze; infatti era conveniente che coloro che avrebbero annunciato la dottrina del Vangelo salvifico non avessero uno spirito avido di danaro, ma avessero i loro sentimenti indirizzati verso le cose più alte.

BASILIO: Ma non tutti coloro che sono oppressi dalla povertà sono beati, bensì coloro che preferiscono il comandamento di Cristo alle ricchezze di questo mondo. Infatti ci sono dei poveri in realtà che sono avarissimi nei loro sentimenti, e che la povertà non salva ma il sentimento condanna. Poiché nulla di involontario è meritevole di benedizione, e la virtù è sempre frutto del libero arbitrio. Quindi beato il povero in quanto discepolo di Cristo, che sopportò per noi la povertà: infatti il Signore compì ogni opera che conduce alla beatitudine offrendosi come modello ai discepoli.

EUSEBIO: Ma siccome il regno celeste si distingue mediante vari scalini di beni, il primo scalino di chi sale è di coloro che per un istinto divino coltivano la povertà; ora, egli rese tali coloro che per primi divennero suoi discepoli: perciò egli dice nella loro persona: poiché vostro è il regno di Dio; come rivolgendo in modo dimostrativo sé stesso ai presenti, sui quali appuntava i suoi occhi.

CRISOSTOMO: Dopo aver ordinato loro di abbracciare la povertà, incorona di onori quelle cose che derivano dalla povertà. Ora, accade a coloro che abbracciano la povertà di incappare nella mancanza delle cose necessarie, per cui a stento sono in grado di ottenere il cibo; pertanto non permette che i suoi discepoli diventino pusillanimi per questo fatto, dicendo: Beati voi che ora avete fame.

BEDA: Cioè, beati voi che castigate il vostro corpo e lo sottomettete alla schiavitù, voi che nella fame e nella sete prestate attenzione alla parola: poiché allora riceverete la pienezza delle gioie celesti.

GREGORIO NISSENO: Ma in un senso più profondo, come coloro che prendono il cibo corporeo variano il loro appetito secondo le cose che mangiano, altrettanto nel cibo dell’anima da cui viene desiderato ciò che è opinabile, mentre da altri ciò che è naturalmente buono: perciò qui secondo Matteo sono chiamati beati coloro che stimano la giustizia come un cibo e una bevanda: non dico la giustizia particolare, ma quella universale; e uno che la desidera viene detto beato.

BEDA: In modo chiarissimo egli insegna che noi non dobbiamo mai considerarci sufficientemente giusti, ma che dobbiamo sempre desiderare di crescere nella giustizia, fino alla perfetta pienezza che, come mostra il Salmista, noi non possiamo mai raggiungere in questo mondo, ma solo nel mondo che verrà (Sal 16,15): «Mi sazierò all’apparire della tua gloria». Perciò prosegue: perché sarete saziati.

GREGORIO NISSENO: Infatti a coloro che sono bramosi della giustizia, egli promette una grande abbondanza delle cose che essi desiderano. Poiché nessuno dei piaceri che vengono ricercati nella vita presente può saziare coloro che li ricercano, ma soltanto la ricerca della virtù è accompagnata dal premio e imprime nell’anima una gioia incessante.

CIRILLO: La povertà è accompagnata non solo dalla mancanza delle cose che causano diletto, ma anche da un volto angustiato a causa del dolore. Perciò prosegue: Beati voi che ora piangete. Egli benedice coloro che piangono, non però quelli che semplicemente emettono lacrime: infatti questa è una cosa comune sia ai fedeli che agli infedeli, se accade loro qualche cosa di doloroso. Chiama invece beati coloro che evitano una vita leggera e dedita ai piaceri carnali, che rifiutano il lusso, quasi piangendo a causa della loro avversione per le cose mondane.

CRISOSTOMO: In verità secondo Dio è una cosa grande il dolore, e ottiene la penitenza per la salvezza; perciò, poiché Paolo non aveva da piangere sui propri difetti, piangeva per quelli degli altri. Questo dolore è fonte di gioia; perciò prosegue: perché riderete. Infatti anche se non possiamo far nulla per quelli per i quali piangiamo, tuttavia siamo utili a noi stessi: chi piange infatti sui peccati degli altri, non tralascerà di piangere sui propri difetti, e ancora di più non cadrà facilmente in alcun crimine. Non lasciamoci abbattere in questa breve vita, per non piangere eternamente; non cerchiamo i piaceri dai quali sgorgano il dolore e grandi lamenti, ma rattristiamoci con il dolore che produce il perdono. Inoltre noi troviamo spesso il Signore che piange, ma mai che ride.

BASILIO: Però egli promette a coloro che piangono il sorriso, non quello delle labbra, ma la gioia pura e non mescolata ad alcun dolore.

BEDA: Chi desidera sopportare per le ricchezze dell’eredità di Cristo, per il pane della vita eterna, per la speranza delle gioie celesti, il pianto, la fame e la povertà, è veramente beato; e ancora più beato chi conserva senza trepidare queste virtù nelle avversità; perciò prosegue: Beati voi quando gli uomini vi odieranno. Infatti sebbene gli uomini con il loro cuore perverso possano odiare, non possono tuttavia recare alcun danno a un cuore amato da Cristo. Continua: quando vi metteranno al bando, vi separeranno e vi scacceranno dalla sinagoga, Cristo vi ritrova e vi fortifica. Continua: e vi insulteranno. Insulteranno il nome del Crocifisso: infatti chi muore con lui egli lo risuscita insieme con lui e lo fa sedere con sé stesso nel regno dei cieli. Prosegue: e respingeranno il vostro nome come scellerato: ossia il nome di Cristiani che da parte dei Giudei e dei Gentili, per quanto era loro possibile, si cercò di cancellare dalla memoria, e fu disprezzato dagli uomini, mentre non c’era nessun motivo di odio se non a causa del Figlio dell’uomo; infatti coloro che credevano nel nome di Cristo desideravano di essere chiamati secondo quel nome. Perciò egli insegna che saranno perseguitati dagli uomini, ma saranno benedetti al di là degli uomini. Perciò prosegue: Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché ecco, grande è la vostra ricompensa nei cieli.

CRISOSTOMO: Il molto e il poco sono misurati dalla dignità di chi parla. Chiediamo dunque: chi ha promesso la grande ricompensa? Indubbiamente, se un Profeta o un Apostolo, in quanto uomo, può avere stimato grande ciò che è piccolo; ora invece è il Signore, che possiede tesori perenni e ricchezze che superano qualsiasi intelligenza, che ha promesso una grande ricompensa.

BASILIO: Inoltre, grande ha talora un significato assoluto, come un grande cielo oppure una grande terra; mentre altre volte dice un rapporto a qualche altra cosa, come un grande cavallo o bue in rapporto ai propri simili. Così penso che sarà grande la ricompensa riservata a chi soffre oltraggi per Cristo, non in quanto paragonata con le cose che esistono tra di noi, ma in quanto è grande in sé stessa perché donata da Dio.

DAMASCENO: Inoltre quelle cose che si possono misurare o contare sono dette in modo determinato; mentre ciò che per una certa eccellenza supera ogni misura e numero, viene detto piccolo o grande in modo indeterminato: per esempio quando diciamo che la misericordia di Dio è grande.

EUSEBIO: Poi, armando i discepoli per la battaglia contro i nemici, che essi avrebbero combattuto predicando in tutto il mondo, soggiunge: Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i Profeti.

AMBROGIO: Poiché i Giudei perseguitarono i Profeti fino alla morte del corpo.

BEDA: Infatti coloro che dicono il vero di solito vengono perseguitati; tuttavia gli antichi Profeti non vennero meno alla predicazione della verità a causa della paura della persecuzione.

AMBROGIO: Nell’espressione: Beati i poveri hai la temperanza che si astiene dal peccato, calpesta il secolo e non ricerca le cose allettanti. Beati voi che ora avete fame: qui hai la giustizia: infatti chi ha fame soffre insieme con l’affamato, e soffrendo insieme con lui dà in abbondanza, e dando in abbondanza diviene giusto, perché la sua giustizia rimane in eterno. Beati voi che piangete: qui hai la prudenza, a cui spetta di piangere le cose temporali e ricercare le cose eterne; Beati voi quando gli uomini vi odieranno: qui hai la fortezza, ma non quella che merita l’odio per le sue violenze criminali, bensì quella che soffre la persecuzione per la fede. Infatti raggiungerai la corona della passione se trascuri il favore degli uomini e segui il favore di Dio. Perciò la temperanza del cuore possiede la purezza, la giustizia possiede la misericordia, la prudenza la pace, la fortezza la mansuetudine. Le virtù sono connesse e concatenate fra di loro, cosicché se qualcuno ne possiede una, sembra che ne possegga molte: e ai Santi spetta in particolare una virtù; ma chi possiede la virtù più abbondante riceverà il premio più copioso. Quale ospitalità in Abramo, quale umiltà? Siccome però superò gli altri nella fede, grazie alla fede si guadagnò il primato su tutti gli altri. Per ciascuno ci sono molti premi poiché ci sono molti incentivi alla virtù, ma chi abbonda maggiormente in un’opera buona, sovrabbonda anche nel premio.

VERSETTI 24-26

Ma guai a voi ricchi, perché avete già la vostra consolazione. Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete. Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti.

CIRILLO. Dopo aver detto che la povertà per amore di Dio è la causa di ogni bene e che all’aver fame e sete non mancherà la ricompensa dei Santi, sposta il discorso e denuncia le cose che si oppongono a queste in quanto sono la causa della condanna e del castigo. Perciò si dice: ma guai a voi ricchi, perché avete già la vostra consolazione.

CIRILLO: Questa espressione guai (vae) nella Scrittura si usa per coloro che non si possono sottrarre al castigo futuro.

AMBROGIO: Ora, sebbene nell’abbondanza delle ricchezze ci siano molte attrattive alla delinquenza, tuttavia ci sono in esse anche molti incentivi alle virtù; e sebbene la virtù non richieda alcun sostegno e l’offerta di un povero sia più lodevole della liberalità di un ricco, tuttavia non sono coloro che hanno le ricchezze, ma coloro che non sanno usarle che sono condannati dall’autorità del giudizio divino. Infatti, come un povero è più degno di lode se dà con animo meglio disposto, così è maggiormente colpevole un ricco se, mentre dovrebbe rendere grazie per ciò che ha ricevuto, nasconde senza adoperarla la somma che gli era stata data per il bene comune. Perciò non è la ricchezza, ma il sentimento che costituisce la colpa. E sebbene non ci sia castigo più grande che il conservare con timore ciò che è destinato a servire a vantaggio degli eredi, tuttavia, poiché nell’avaro le brame di accumulare si nutrono di un certo piacere, coloro che hanno avuto la consolazione della vita presente hanno perduto la ricompensa eterna. Tuttavia qui si può intendere per ricco il popolo dei Giudei, oppure gli eretici, o certamente i Farisei, che con l’abbondanza delle parole e con il diletto del patrimonio di un’ambiziosa facondia, avendo scavalcato la semplicità della vera fede, hanno guadagnato per sé stessi inutili tesori. Poi prosegue: guai a voi che ora siete sazi perché avrete fame.

BEDA: Quel ricco vestito di porpora festeggiava lussuosamente ogni giorno, ma poi, affamato, doveva sopportare quel terribile guai quando chiedeva col dito una goccia d’acqua a Lazzaro che aveva disprezzato.

BASILIO: Ora, che il motivo dell’astinenza sia necessario è evidente per il fatto che l’Apostolo la annovera tra i frutti dello Spirito. Infatti la sottomissione del corpo non la si ottiene che per mezzo dell’astinenza, con la quale, come per mezzo di un freno, conviene comprimere l’ardore della gioventù. L’astinenza infatti è la distruzione del crimine, la rimozione delle passioni, l’inizio della vita spirituale, che spunta in sé stesso il pungiglione delle tentazioni. Ma per evitare qualsiasi incontro con i nemici di Dio, occorre fare ogni cosa nel tempo opportuno, per far vedere che tutto è mondo per i mondi, avvalendosi delle cose necessarie alla vita, ma astenendosi completamente delle cose che contribuiscono al piacere. Ma è impossibile stabilire per tutti una stessa ora, né il modo né la misura. Ci sia però in tutti la stessa intenzione: di non aspettare di essere ripieni; infatti riempirsi il ventre rende lo stesso corpo inetto a svolgere le sue operazioni, sonnolento e disposto a ciò che è dannoso.

BEDA: Oppure in un altro modo. Se sono beati coloro che sono sempre affamati di opere di giustizia, per contro sono da ritenersi infelici coloro che, accontentando sé stessi nei loro desideri, non soffrono alcuna fame per il vero bene. Poi continua: Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.

BASILIO: Quando il Signore ora riprende coloro che ridono, è evidente che per il fedele non ci sarà mai un tempo per il riso; soprattutto in mezzo a una così grande moltitudine di coloro che muoiono in peccato, per i quali è necessario piangere. Il riso eccessivo è segno di mancanza di moderazione, ed è il movimento di uno spirito sfrenato; ma esprimere i sentimenti del nostro cuore con un contegno sorridente non è affatto disdicevole.

CRISOSTOMO: Dimmi, perché ti agiti e ti disperdi in piaceri quando devi affrontare un terribile giudizio e rendere conto di ogni tuo operato?

BEDA: In verità, poiché l’adulazione è la nutrice del peccato, come l’olio della fiamma, essa è abituata a servire da incentivo a coloro che sono incendiati nel peccato, perciò soggiunge: Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi.

CRISOSTOMO: Ora, quanto viene qui detto non va contro quanto il Signore dice altrove (Mt 5,16): «La vostra luce risplenda dinanzi agli uomini», ossia perché noi mostriamo il nostro buon lavoro per la gloria di Dio e non per la nostra; infatti è pericolosa la vanagloria, e di lì scaturisce l’iniquità e la disperazione e l’avarizia, che è la madre di tutti i mali. E se cerchi la via per allontanarti da questo, tieni il tuo sguardo sempre rivolto a Dio e accontentati di quella gloria che è la sua. Se infatti in tutte le cose noi dobbiamo scegliere i giudici più istruiti, come puoi affidare la decisione sulla virtù alla moltitudine e non piuttosto a colui che conosce queste cose prima di qualsiasi altro, e può darle e ricompensarle? E se vuoi la sua gloria, evita la lode umana: perché nessun altro suscita maggiormente la tua ammirazione che colui che rifiuta la gloria. E se questo accade a noi, ancora di più al Signore di tutti. Ricordati dunque che la gloria degli uomini svanisce rapidamente, perché col passar del tempo viene consegnata all’oblio. Poi prosegue: allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti.

BEDA: Sono chiamati falsi profeti per il fatto che per guadagnarsi il favore della folla cercano di predire gli avvenimenti futuri. Così sul monte il Signore pronuncia solo le benedizioni dei buoni; invece nella pianura egli descrive i guai dei cattivi, perché è necessario che gli ascoltatori ignoranti siano spinti verso le cose buone con il terrore, mentre per i perfetti è sufficiente l’invito con i premi.

AMBROGIO: E fa’ attenzione al fatto che Matteo spinge il popolo alla virtù e alla fede con i premi; mentre Luca distoglie dai crimini e dai peccati con l’annuncio dei futuri supplizi.

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