
QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO C
29 Marzo 2025 / by Padre Angelico / Commenti al vangelo / casa, cielo, figliol-prodigo, il-ritorno-di-gesù, padre, padre-angelico-maria-moccia, padri-della-chiesa, patrimonio, peccatori, vangelo-di-luca
Vangelo Commentato dai Padri
QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO C
Vangelo di Luca 15,1-3.11-32
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù tutti pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro».
Allora egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze: Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e lì sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava.
Allora rientrò in sé stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si indignò e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».
VERSETTI 1-3
Si avvicinavano a lui i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I Farisei e gli Scribi mormoravano: Costui riceve i peccatori e mangia con loro. Allora egli disse loro questa parabola.
AMBROGIO: Da quanto è stato detto in precedenza hai imparato a non lasciarti prendere dagli affari di questo mondo, e a non preferire le cose transitorie a quelle eterne. Ma siccome la fragilità umana non riesce a mantenere ferme le orme in un mondo così scivoloso, il buon medico ti ha mostrato un rimedio anche contro l’errore, e il giudice misericordioso non ha negato la speranza del perdono. Pertanto si continua: Si avvicinavano a lui i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.
GLOSSA: Ossia coloro che raccolgono o impongono le imposte e coloro che inseguono un profitto con gli affari mondani.
TEOFILATTO: Infatti a questo egli era abituato, per amore di coloro per i quali aveva assunto la carne, accogliendo i peccatori come il medico accoglie gli ammalati. Ma i Farisei che erano veramente maligni ricompensavano il suo atto di misericordia mormorando; perciò continua: I Farisei e gli Scribi mormoravano: Costui riceve i peccatori e mangia con loro.
GREGORIO: Da ciò si ricava che la vera giustizia ha compassione, mentre la falsa giustizia ha lo sdegno; sebbene anche i giusti siano soliti indignarsi con i peccatori. Ma è una cosa agire per lo stimolo della superbia e un’altra per lo zelo della disciplina: infatti i giusti, sebbene di fuori esagerino i rimproveri per la disciplina, tuttavia di dentro conservano la dolcezza mediante la carità: nelle loro menti essi pongono coloro che vengono corretti prima di sé stessi, e in questo modo li mantengono soggetti con la disciplina e custodiscono sé stessi con l’umiltà. Al contrario coloro che sono soliti inorgoglirsi per la loro falsa giustizia e disprezzare gli altri, e che non sono mai accondiscendenti verso il debole con la misericordia quanto più credono di non essere peccatori, tanto peggiori diventano: del loro numero erano i Farisei, i quali, condannando il Signore perché accoglieva i peccatori, con il loro arido cuore criticavano la sorgente stessa della misericordia. E poiché erano così ammalati che ignoravano di esserlo, con l’obiettivo di far loro conoscere ciò che erano, il medico celeste cerca di curarli con rimedi leggeri.
VERSETTI 11-16
Disse ancora: Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia, ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. E desiderava saziarsi con le carrube che mangiavano i porci, ma nessuno gliene dava.
AMBROGIO: Luca ha posto successivamente le tre parabole: la pecora che era perduta e venne ritrovata; la dramma che era perduta e venne ritrovata; il figlio che era morto e fu ricondotto in vita, affinché, indotti da un triplice rimedio, noi curiamo le nostre ferite. Cristo come pastore ti porta al suo corpo, la Chiesa come madre ti cerca, Dio Padre ti accoglie: la prima parabola rappresenta la misericordia, la seconda l’intercessione, la terza la riconciliazione.
CRISOSTOMO: Tra le tre parabole suddette c’è anche un motivo di distinzione secondo le persone o le disposizioni dei peccatori. Il padre riceve il figlio contrito il quale usa la libertà del suo arbitrio per conoscere da dove è caduto; invece il pastore cerca la pecora sbandata e che non conosce la via del ritorno, e la porta sulle sue spalle, paragonando l’uomo stolto a un animale irragionevole, il quale, raggirato dall’inganno altrui, si è perduto come una pecora. Perciò la presente parabola viene presentata quando si dice: Disse ancora: un uomo aveva due figli. Ci sono alcuni che dicono che di questi due figli il più vecchio sono gli Angeli, mentre affermano che il più giovane è l’uomo, il quale affrontò un lungo viaggio quando cadde dal cielo e dal Paradiso sulla terra; essi adattano le conseguenze facendo riferimento alla caduta o alla condizione di Adamo. Ora, questo senso appare senz’altro pio, ma non so se sia vero: poiché il figlio più giovane accede alla penitenza spontaneamente, ricordandosi della passata ricchezza del padre; invece il Signore, venendo, chiama il genere umano alla penitenza, poiché spontaneamente non pensava affatto di far ritorno al luogo da dove era caduto. Pertanto il figlio maggiore si rattrista per il ritorno e per la salute di suo fratello; mentre il Signore afferma che c’è gioia davanti agli Angeli per un solo peccatore che si converte.
CIRILLO: Invece alcuni affermano che con il figlio maggiore viene indicato Israele secondo la carne, mentre con il figlio che si è allontanato dal padre si descrive la folla dei Gentili.
AGOSTINO: Perciò, con questo uomo che ha due figli si intende Dio che ha due popoli, come le due razze del genere umano: una di coloro che restarono fermi nel culto dell’unico Dio, l’altra di coloro che cancellarono Dio fino al punto di adorare gli idoli. Quindi sin dall’inizio della creatura dei mortali, il figlio maggiore resta fedele al culto dell’unico Dio, mentre il figlio minore chiede al padre che gli sia data la parte del patrimonio che gli spettava; quindi continua: Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta: come un’anima che si compiace del proprio potere, cioè di vivere, intendere, ricordare e di eccellere per un ingegno solerte, chiede ciò che di fatto sono doni divini. Tuttavia egli riceve queste cose in suo potere mediante il libero arbitrio, perciò continua: E il padre divise tra loro le sostanze.
TEOFILATTO: La sostanza dell’uomo è la razionalità, la quale viene accompagnata dal libero arbitrio, e similmente tutte le altre cose che il Signore ci ha dato sono considerate come nostre sostanze come il cielo, la terra e ogni creatura, la Legge e i Profeti.
AMBROGIO: Ora, considera che a coloro che chiedono viene concesso il patrimonio, e non ritenere che sia colpa del padre che l’abbia dato al figlio più giovane: infatti per il regno di Dio nessuna età è debole; né la fede viene appesantita dagli anni. Chi chiede giudica sé stesso indubbiamente idoneo, e se non si fosse allontanato dal padre non avrebbe ignorato l’impedimento dell’età; infatti continua: Dopo non molti giorni il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano.
CRISOSTOMO: Il figlio minore se ne andò in un paese lontano, allontanandosi da Dio non localmente, perché egli è presente ovunque, ma affettivamente: infatti il peccatore fugge da Dio per starsene lontano.
AGOSTINO: Chiunque vuole essere così simile a Dio da affidare a lui la sua fortezza, non si allontani da lui, ma piuttosto rimanga stretto a lui sicché egli possa conservare la somiglianza e l’immagine nelle quali fu creato. Ma se perfidamente egli vuole imitare Dio in modo tale che come Dio non ha nessuno che lo governi, così anch’egli vuole esercitare il suo potere come se non fosse sotto alcuna regola, che cosa gli rimane se non che, allontanandosi da qualsiasi calore, egli divenga freddo e allontanandosi dalla verità svanisca del tutto?
AGOSTINO: Ciò che dice essere accaduto dopo non molti giorni, ossia che, raccolte tutte le sue cose, si mise in viaggio verso una regione lontana, che è la dimenticanza di Dio, significa che non molto dopo l’istituzione del genere umano l’anima dell’uomo scelse con il suo libero arbitrio di disporre di se stessa come di un potere della propria natura, e di abbandonare colui dal quale era stata creata, avendo fiducia nelle proprie forze; ed egli consumò queste forze tanto più in fretta, quanto più lo abbandonò colui dal quale esse erano state conferite. Perciò prosegue: e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Chiama dissoluta una vita prodiga che ama diffondersi e dissiparsi nei fasti esteriori, ma che svuota interiormente, poiché ciascuno rincorre ciò che rinvia sempre ad altro ma abbandona colui che gli è interiore; perciò segue: quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia. La carestia è la mancanza della parola di verità. Poi continua: e cominciò a trovarsi nel bisogno.
AMBROGIO: Giustamente cominciò a sentire la miseria chi ha abbandonato i tesori della sapienza e della scienza di Dio e l’altezza delle ricchezze celesti. Prosegue: Allora andò e si mise al servizio di uno degli abitanti di quella regione.
AGOSTINO: Uno dei cittadini di quella regione è un principe dell’aria che appartiene all’esercito del diavolo, il cui territorio è il modo del suo potere, con riferimento al quale si aggiunge: e lo mandò nei campi a pascolare i porci. I porci sono gli spiriti immondi che stavano sotto di lui.
BEDA: Ora, pascolare i porci è operare quelle cose delle quali gli spiriti immondi godono. Continua: E desiderava saziarsi con le carrube che mangiavano i porci.
AMBROGIO: La carruba appartiene al genere dei legumi, vuota dentro e molle fuori, da cui il corpo non viene ristorato ma viene riempito, cosicché è più un peso che un vantaggio.
AGOSTINO: Pertanto le carrube con cui pascolava i porci sono gli insegnamenti di questo mondo, sterili e che risuonano di vanità, secondo i quali in prosa e in versi gli uomini ripetono le lodi degli idoli e le favole che riguardano le divinità dei Gentili con cui i demoni si deliziano: quindi, allorché questi desiderava essere saziato e voleva trovare in queste cose alcunché di solido e di sano che conducesse alla vita beata, e non ci riusciva, allora segue; ma nessuno gliene dava.
CIRILLO: Ma poiché nella sacra Scrittura i Giudei vengono spesso biasimati per i loro crimini, in che modo si applicano a questo popolo le parole del figlio maggiore il quale dice: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando? Perciò il senso della parabola è il seguente. Ai Farisei e agli Scribi che lo criticavano perché accoglieva i peccatori, egli propone la parabola presente, in cui chiama Dio il padre di due fratelli, cioè dei giusti e dei peccatori, tra i quali il primo grado è dei giusti che seguono la giustizia sin dall’inizio; il secondo è di coloro che sono ricondotti alla giustizia mediante la penitenza.
BASILIO: Inoltre contribuisce maggiormente al carattere dell’anzianità il possesso della mente e della gravità da parte di un vecchio, che la canizie dei capelli; né viene biasimato chi è giovane secondo l’età, ma chi è giovane secondo i costumi, che vive secondo le passioni.
TITO: Se ne va via il più giovane, non ancora maturo nella mente, e chiede al padre ciò che gli spetta dell’eredità, per non dover servire per necessità. Infatti noi siamo animali ragionevoli dotati di libero arbitrio.
CRISOSTOMO: Ora, la Scrittura dice che il padre divide equamente la sua proprietà, cioè la scienza del bene e del male, che è la risorsa vera e duratura dell’anima che l’adopera bene. La sostanza razionale che procede da Dio agli uomini nella prima nascita, viene concessa allo stesso modo a tutti coloro che nascono. Ma in base alla successiva condotta si trova che uno possiede più o meno di questa sostanza; mentre uno, credendo che ciò che riceve sia del padre, lo custodisce come proprietà paterna; un altro, trattandola come una sua proprietà, si avvale della licenza di disperderla. In questo modo si mostra la libertà dell’arbitrio: infatti il padre non trattiene colui che vuole partire, per non privarlo del potere del libero arbitrio; e neppure costringe ad andarsene colui che vuole restare. Ora, se ne va lontano non con il trasferimento di luogo, ma con la deviazione della mente. Quindi prosegue: se ne andò in un paese lontano.
AMBROGIO: Che cos’è più lontano che separarsi da sé stessi non territorialmente, ma distaccarsi nei costumi? Infatti chi si separa dal Cristo, è un esule rispetto alla sua patria e un cittadino del mondo. Pertanto disperde in senso proprio il patrimonio chi si allontana dalla Chiesa.
TITO: Perciò viene anche chiamato prodigo colui che dissipa la sua sostanza, cioè il retto intelletto, la castità, l’insegnamento della verità, il ricordo del padre, la memoria della creazione.
AMBROGIO: Ora, in quella regione ci fu una fame non di banchetti, ma di opere buone e di virtù, che è il più miserabile dei digiuni. Infatti chi si allontana dalla parola di Dio è affamato, «perché non si vive di solo pane, ma di ogni parola di Dio» (Mt 4,4). E chi si allontana da questo tesoro diviene bisognoso. Quindi egli cominciò ad avere bisogno e a soffrire la fame, poiché nulla è sufficiente a una volontà prodiga. Allora si mise in cammino e si pose al servizio di uno degli abitanti; ma chi si pone al servizio si lascia prendere nel laccio; e questo abitante sembra che sia un principe di questo mondo. Finalmente egli viene mandato nel suo campo, che ha comperato chi rifiuta il regno.
BEDA: Essere inviato nel campo è essere sottomessi alla cupidigia della sostanza mondana.
AMBROGIO: Egli pascola quei porci nei quali il diavolo cercava di entrare, che vivono nello sterco e nella puzza.
TEOFILATTO: Pertanto egli pascola coloro che superano gli altri nel vizio, come sono i mezzani, i capi dei ladroni, i capi dei pubblicani che sono maestri degli altri nelle operazioni cattive.
CRISOSTOMO: Oppure, privato delle operazioni spirituali, come la prudenza e l’intelletto, si dice che pascola i porci, cioè che egli nutre nella sua anima pensieri sordidi e immondi, e mangia i cibi irrazionali di una condotta perversa, che sono senz’altro dolci per chi è privo delle cose buone: poiché ai perversi qualsiasi opera del piacere carnale, che snerva e uccide interamente le virtù dell’anima, appare dolce. Questi cibi, in quanto da porci e malamente dolci, cioè gli adescamenti dei piaceri carnali, la Scrittura li indica col nome di carrube.
AMBROGIO: Egli bramava di riempire il suo ventre con le carrube, poiché non esiste altra cura per i lussuriosi se non quella di riempire il ventre.
TEOFILATTO: Ma ad essi nessuno procura una sazietà nel male: infatti è lontano da Dio chi si ciba di tali cose. E i demoni si applicano a che non si giunga mai alla sazietà dei mali.
GLOSSA: Oppure: ma nessuno gliene dava, perché quando il diavolo si impossessa di qualcuno, non gli procura nessun’altra abbondanza sapendolo morto.
VERSETTI 17-24
Allora, rientrato in sé stesso, disse: Quanti salariati nella casa di mio padre hanno pane in abbondanza, e io qui muoio di fame Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati. Parti e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano, il padre lo vide e si commosse e gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai suoi servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
GREGORIO NISSENO: Il figlio più giovane aveva disprezzato il padre quando si era allontanato da lui e aveva dissipato le sostanze paterne; ma quando nel corso del tempo fu prostrato dalle fatiche e divenne un salariato, e si cibava dello stesso cibo dei porci, fece ritorno, punito, nella casa del padre. Perciò si dice: Allora rientrò in sé stesso e disse: Quanti salariati nella casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!
AMBROGIO: Egli fa bene a rientrare in sé stesso, perché si era allontanato da sé; infatti chi ritorna a Dio fa anche ritorno a sé stesso, e chi si allontana da Cristo abdica anche da sé stesso.
AGOSTINO: Ora, egli rientrò in sé stesso quando da quelle cose che esteriormente attraggono e seducono invano ricondusse la sua mente nelle profondità della propria coscienza.
GREGORIO NAZIANZENO: C’è una distinzione fra tre differenti specie di obbedienza. Infatti o per timore del castigo ci teniamo lontani dal male, e allora ci troviamo nella disposizione del servo; oppure facciamo quanto viene comandato inseguendo il lucro della ricompensa, come fanno i salariati; oppure obbediamo alla legge per amore del bene stesso e per amore verso colui che l’ha imposta e allora abbiamo la disposizione del figlio.
AMBROGIO: Infatti il figlio che conserva nel cuore il pegno dello Spirito Santo non cerca affatto il lucro della ricompensa mondana: ma preserva il diritto dell’erede. Ci sono anche i buoni salariati che sono condotti a lavorare nella vigna: questi hanno abbondanza non di carrube ma di pane.
AGOSTINO: Ma da dove poteva sapere ciò colui nel quale l’oblio di Dio era così grande come accade in tutti gli idolatri, se non perché questa riflessione è propria di chi si pente, quando il Vangelo viene annunciato? Una tale anima poteva già rendersi conto che molti predicano la verità; tra i quali però ci sono alcuni che non sono spinti dall’amore della verità, ma dalla brama di ottenere vantaggi mondani; i quali tuttavia non annunciano un altro Vangelo come fanno gli eretici: perciò sono detti giustamente salariati; infatti si trovano nella stessa casa e trattano lo stesso pane della parola; però non sono chiamati all’eredità eterna, ma sono condotti alla ricompensa temporale.
CRISOSTOMO: Poi soggiunge espressamente: io qui muoio di fame, come se dicesse: io non sono un estraneo, ma il figlio di un buon padre, e fratello di un figlio obbediente; io, libero e generoso, sono diventato più misero dei salariati, decaduto dalla massima altezza di una grande nobiltà alla condizione più bassa.
GREGORIO NISSENO: Ora, egli non fece ritorno alla felicità precedente prima che, ritornando in sé stesso, non avesse fatto l’esperienza della disgrazia che l’opprime e non avesse meditato sulle parole di penitenza che sono aggiunte: Mi leverò.
AGOSTINO: Poiché giaceva; e andrò perché si trovava lontano; da mio padre, perché era sotto il padrone dei porci. Le altre parole sono di chi sta meditando la penitenza nella confessione dei peccati, ma ancora non la realizza. Infatti egli non parla ancora a suo padre, ma promette che gli parlerà quando arriverà. Perciò intendi che questo andare dal padre dev’essere preso come il trovarsi nella Chiesa per mezzo della fede, dove ci può essere una confessione legittima e fruttuosa. Egli afferma che allora dirà al padre: Padre.
AMBROGIO: Quanto misericordioso è chi è stato offeso! Egli non rifiuta il nome paterno! Ho peccato. Questa è la prima confessione dinanzi all’autore della natura, il capo della misericordia, l’arbitro della colpa. Ma anche se Dio conosce ogni cosa, tuttavia egli aspetta la voce della tua confessione: «Con la bocca si fa la confessione che porta alla salvezza» (Rm 10,10); poiché alleggerisce il peso dell’errore chi si carica il peso sulle proprie spalle, e chi confessando previene l’accusatore, esclude lo sdegno dell’accusa. Invano cercherai di nasconderti a colui al quale nulla sfugge, ed esporrai senza pericolo ciò che sai che è già noto: piuttosto confessa perché Cristo intervenga a tuo favore, la Chiesa preghi per te, il popolo pianga per te; e non temere di non essere esaudito: il tuo Avvocato promette il perdono, il tuo Patrono il suo favore, il Liberatore la riconciliazione con la pietà paterna. Poi soggiunge: contro il Cielo e contro di te.
CRISOSTOMO: Dicendo contro di te, mostra che con questo padre si deve intendere Dio. Infatti Dio è l’unico che scruti tutti, al quale non possono restare nascosti neppure i peccati di pensiero.
AGOSTINO: O forse che il peccato contro il Cielo è lo stesso peccato contro di te, sicché ha chiamato Cielo la stessa sovranità del Padre, oppure ho peccato contro il Cielo significa alla presenza delle anime sante, e contro di te nell’intimo della coscienza?
CRISOSTOMO: Oppure con Cielo qui si intende il Cristo. Infatti chi pecca contro il Cielo, il quale, benché celestiale, tuttavia è un elemento visibile, è lo stesso che pecca contro l’uomo, che il Figlio di Dio ha assunto per la nostra salvezza.
AMBROGIO: Oppure con il peccato dell’anima si intendono i doni celesti dello Spirito santo che sono stati lesi, oppure che non si deve deviare da quel grembo della madre Gerusalemme che è nei cieli. Ora chi è stato abbattuto non deve esaltarsi; perciò soggiunge: non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. E per innalzarsi con il merito della sua umiltà soggiunge: Trattami come uno dei tuoi salariati.
BEDA: All’affetto di figlio, che non dubita che tutte le cose che appartengono al padre sono sue, egli non presume in alcun modo di aspirare, ma desidera soltanto la condizione di salariato che lavora per la paga; ammette però che non merita neppure questo se non con l’approvazione di suo padre.
GREGORIO NISSENO: Lo Spirito Santo ci ha descritto questo figliol prodigo per istruirci in qual modo noi dobbiamo deplorare i nostri peccati.
CRISOSTOMO: Egli, dopo aver detto: Andrò da mio padre, che conferisce ogni bene, non si ferma, ma percorre tutta la strada; infatti continua: Partì e si incamminò verso suo padre. Così dobbiamo fare anche noi, senza lasciarci scoraggiare dalla lunghezza della strada, perché, se volessimo, il ritorno sarebbe celere e facile, purché abbandoniamo il peccato che ci ha portato lontano dalla casa paterna. Infatti il padre è clemente con coloro che ritornano. Per questo soggiunge: Quando era ancora lontano il padre lo vide.
AGOSTINO: Infatti prima di conoscere Dio stando lontano, ma cercandolo con animo pio, suo padre lo vide. Si dice infatti convenientemente che Dio non vede gli empi e i superbi in quanto non li ha davanti agli occhi: infatti si suol dire che hanno davanti agli occhi soltanto quelli che si amano.
CRISOSTOMO: Ora, il padre sentì la penitenza e non attese di ricevere le parole della confessione, ma precedette la domanda agendo in modo misericordioso. Perciò soggiunge: e ne ebbe pietà.
GREGORIO NISSENO: La meditazione della confessione lo ha riconciliato con il padre fino al punto che questi gli corse incontro e gli si buttò al collo baciandolo; continua: gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Questo significa il ragionevole giogo imposto sulla bocca dell’uomo dalla tradizione evangelica, che cancella l’osservanza della Legge.
CRISOSTOMO: Infatti che altro è accaduto se non che noi, a causa dei peccati che ci ostacolavano, con le nostre forze non eravamo in grado di ritornare a Dio? Invece Dio è in grado di raggiungere il debole discendendo verso di lui. Ora, viene baciata la bocca, attraverso la quale era passata la confessione del penitente, sorgendo dal cuore, che il padre accolse con piacere.
AMBROGIO: Quindi ti corre incontro, perché ti ascolta mentre mediti i segreti del tuo cuore, e quando sei ancora lontano ti corre incontro, affinché qualcuno non ti ostacoli; poi ti abbraccia: nel correre incontro c’è la prescienza, nell’abbraccio la clemenza; e come spinto da un certo impulso di affetto paterno gli si getta al collo per sollevare colui che giace e ricondurre verso il cielo chi è oppresso dai peccati e piegato verso le cose terrene. Perciò preferisco essere il figlio che la pecora; infatti la pecora viene ritrovata dal pastore, mentre il figlio viene onorato dal padre.
AGOSTINO: Oppure: gli corse incontro e gli si gettò al collo; infatti il Padre non abbandonò il Figlio suo unigenito, nel quale egli continuò a correre dietro al nostro lontano peregrinare: giacché «era Dio colui che in Cristo riconciliava a sé gli uomini». Ora, gettarsi al suo collo è abbassare nell’amplesso il proprio braccio, che è nostro Signore Gesù Cristo. Essere poi confortati dalla parola della grazia di Dio fino alla speranza del perdono dei peccati, questo è far ritorno dopo un lungo viaggio per ottenere dal padre l’abbraccio dell’amore, Ora, già costituito nella Chiesa, comincia a confessare i propri peccati, ma non dice tutto ciò che si era ripromesso di dire: infatti continua: Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te, non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Infatti egli vuole diventare ciò per mezzo della grazia, mentre confessa di esserne indegno per mezzo dei meriti. Non aggiunge ciò che aveva detto in quella meditazione: Trattami come uno dei tuoi salariati: infatti, quando non aveva il pane, poteva accontentarsi di essere un garzone; ma dopo il bacio del padre ciò viene generosamente ricusato.
CRISOSTOMO: Il padre non rivolge la parola a suo figlio, ma parla direttamente ai servi, poiché chi si pente di fatto prega, ma non riceve nessuna risposta a parole, perché vede l’efficacia della misericordia negli effetti; prosegue infatti: Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo.
TEOFILATTO: Per servi intendi o gli Angeli amministratori dello Spirito, oppure i sacerdoti che con il battesimo e la parola della dottrina rivestono l’anima di Cristo stesso. Infatti tutti noi che siamo battezzati in Cristo, ci siamo rivestiti di Cristo.
AGOSTINO: Oppure la veste migliore è la dignità che Adamo aveva perduto; i servi che la presentano sono i predicatori della riconciliazione.
AMBROGIO: Oppure la stola è il rivestimento della sapienza, con cui gli Apostoli ricoprono la nudità del corpo. Ricevette la prima sapienza, infatti ce n’è anche un’altra che ignora il mistero. L’anello invece è il segno della fede sincera e l’espressione della verità; riguardo a cui continua: mettetegli l’anello al dito.
BEDA: Cioè nell’operazione, affinché per mezzo delle opere la fede risplenda e per mezzo della fede le opere siano rafforzate,
AGOSTINO: Oppure l’anello nella mano è un pegno dello Spirito santo a causa della partecipazione della grazia, che viene segnalata molto bene con il dito.
CRISOSTOMO: Oppure comanda che venga dato l’anello che è il simbolo del sigillo, ossia il pegno più insigne degli sponsali e delle nozze, con cui Cristo sposa la Chiesa, quando l’anima che si ravvede viene unita mediante l’anello della fede.
AGOSTINO: Oppure i calzari ai piedi sono la preparazione alla predicazione del Vangelo, affinché non si tocchino le cose terrene, e a questo proposito si dice: e i calzari ai piedi.
CRISOSTOMO: Oppure comanda che siano imposti i calzari ai piedi o per coprire le impronte dei piedi affinché possa camminare sicuro sulle strade sdrucciolevoli di questo mondo, oppure per la mortificazione delle membra. Infatti nella Scrittura il corso della nostra vita viene chiamato piede, e una specie di mortificazione ha luogo nei calzari, perché sono fatti con le pelli di animali morti. Aggiunge poi che il vitello grasso sia ammazzato per la celebrazione della festa. Infatti continua: e portate il vitello grasso, ossia Nostro Signore Gesù Cristo, che chiama vitello in ragione del sacrificio del suo corpo immacolato; inoltre lo dice grasso, affinché sia tanto grasso e pingue da poter bastare alla salvezza di tutto il mondo. E non fu il Padre stesso ad immolare il Figlio, ma lo consegnò ad altri perché lo immolassero; infatti con il permesso del Padre, il Figlio acconsente a essere crocifisso dagli uomini.
AGOSTINO: Oppure il vitello grasso è lo stesso Signore, il quale secondo la carne viene caricato di obbrobrii. Ora, il fatto che egli comandi che sia portato, che altro è se non che essi lo predichino, e annunciandolo facciano vivere le viscere sfinite del figlio affamato? Infatti egli comanda anche di ucciderlo, alludendo alla sua morte. Infatti egli è ucciso per ogni uomo che crede che sia stato ucciso. Infatti continua: e mangiamo.
AMBROGIO: Giustamente la carne del vitello, poiché è la vittima sacerdotale che veniva offerta per i peccati. Ma introduce colui che banchetta quando dice: facciamo festa, per mostrare che, trattandosi del cibo paterno, è la nostra salvezza, mentre la gioia del Padre è la redenzione dei nostri peccati.
CRISOSTOMO: Infatti il padre gode del ritorno del figlio e lo celebra con il vitello poiché il Creatore, godendo per l’acquisto di un popolo credente, celebra una festa. Donde prosegue: poiché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato.
AMBROGIO: È morto chi è stato. Così i Gentili non ci sono, mentre i Cristiani ci sono. Tuttavia qui si può anche intendere una specie del genere umano. Ci fu Adamo e in lui eravamo presenti tutti noi. Adamo cadde e in lui siamo tutti caduti. Perciò l’uomo che cadde in quell’uomo viene rinnovato. Il testo può essere inteso anche di chi fa penitenza, perché non muore se non colui che una volta è stato in vita. E invero le Genti che credettero per mezzo della grazia sono vivificate; e chi era caduto per mezzo della penitenza ritorna in vita.
TEOFILATTO: Perciò mentre in riferimento alla condizione dei propri peccati uno si dice disperato, così in riferimento alla natura umana, che è mutevole e che può cambiare dal vizio alla virtù, si dice che uno è perduto. Infatti è una cosa minore essere perduto che morto. Ora, chiunque viene richiamato e purificato dal peccato, diviene partecipe del vitello grasso ed è causa di gioia per il padre e per i suoi domestici, cioè per gli Angeli e i sacerdoti; perciò continua: E cominciarono a far festa.
AGOSTINO: Questo banchetto e questa festa sono celebrati ora dalla Chiesa dilatata e diffusa in tutta la terra: infatti quel vitello nel corpo e nel sangue del Signore viene offerto al Padre e alimenta tutta la casa.
VERSETTI 25-32
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Questi gli disse: È tornato tuo fratello e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si indignò e non voleva entrare. Il padre allora uscì e cominciò a pregarlo. Ma lui rispondendo disse a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio, che ha divorato i tuoi averi con le prostitute, è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio e tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.
BEDA: Agli Scribi e ai Farisei che mormoravano per l’accoglienza dei peccatori il Salvatore, ha presentato ordinatamente tre parabole. Nelle prime due accenna alla gioia che egli prova assieme agli Angeli per la salvezza di chi fa penitenza. Invece nella terza non solo proclama la gioia sua e degli Angeli, ma biasima anche i mormorii di coloro che lo invidiano. Infatti si dice: Il figlio maggiore si trovava nei campi.
AGOSTINO: Il figlio maggiore è il popolo di Israele, il quale non è andato in una regione lontana, e tuttavia non si trova a casa, ma nel campo: ossia egli preferisce operare nell’opulenza ereditaria della Legge e dei Profeti. Ora, ritornando dal campo egli comincia ad avvicinarsi alla casa, ossia, screditato il lavoro servile, dalla stessa Scrittura egli considerava la libertà della Chiesa. Perciò prosegue: quando fu vicino a casa udì la musica e le danze, ossia uomini ripieni di Spirito Santo che predicavano il Vangelo con voci armoniose. Infatti continua: chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò: cioè prende a leggere qualche Profeta e investigando in esso si chiede donde si celebrano queste feste nella Chiesa, nella quale egli non vede di trovarsi. Gli risponde il servo del Padre, il Profeta. Infatti continua: Il servo gli rispose: è tornato tuo fratello e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso perché lo ha riavuto sano e salvo: come se dicesse: Tuo fratello si trovava nelle regioni più lontane della terra, di qui la maggiore esultanza di coloro che cantano un canto nuovo, poiché la sua lode proviene dalle parti più lontane della terra, e per chi era assente fu ucciso l’uomo che sa come portare le nostre infermità: poiché coloro che non furono informati di lui, lo hanno veduto.
AMBROGIO: Rispetto al figlio più giovane, cioè rispetto al popolo dei Gentili, Israele, cioè il fratello maggiore, invidiava il beneficio della benedizione paterna; ciò facevano i Giudei, poiché il Cristo banchettava con i Gentili; perciò segue: Egli si indignò e non voleva entrare.
AGOSTINO: Ed è indignato anche ora e non vuole entrare. Ma quando saranno entrati tutti i Gentili, nel tempo conveniente uscirà il padre suo affinché anche il popolo d’Israele venga salvato; perciò continua: Il padre allora uscì a pregarlo. Infatti resterà aperta la chiamata di Israele alla salvezza del Vangelo, la manifestazione della cui chiamata egli denomina uscita del padre per pregare il figlio. Poi le cose che il figlio maggiore risponde contengono due domande; infatti prosegue: Ma lui rispondendo disse a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando. Quanto al comandamento non trasgredito viene facilmente alla memoria che non sia detto di qualsiasi comandamento, ma di quello più importante di ogni altro, cioè che non è mai stato visto adorare nessun altro Dio all’infuori dell’unico Creatore di tutte le cose. Né questo figlio va inteso come rappresentante di tutti gli Israeliti, ma solo di coloro che non si sono mai convertiti dall’unico Dio agli idoli. Infatti, sebbene egli desiderasse cose terrene, le chiedeva solamente a Dio, per quanto fosse assimilabile al gregge: perciò nel Sal 72,23 si dice: «Davanti a te stavo come una bestia. Ma io sono con te sempre». Ma chi è quel capretto che non gli è mai stato dato per far festa? Infatti continua: e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Col nome di capretto può essere indicato il peccatore.
AMBROGIO: Il Giudeo cerca il capretto; il Cristiano l’agnello; perciò ai Giudei viene rilasciato Barabba, mentre per noi Cristiani viene immolato l’agnello. Questa cosa si vede anche nel capretto, perché i Giudei hanno perso il rito antico del sacrificio. Oppure quelli che cercano il capretto, attendono l’Anticristo.
AGOSTINO: Ma io non vedo l’esito di questa sentenza. Infatti è altamente assurdo che colui al quale poi sarà detto: tu sei sempre con me, abbia chiesto al padre di credere nell’Anticristo. Né bisogna intendere che questo figlio sia uno di quei Giudei che avrebbero creduto nell’Anticristo. Ora, in che modo potrebbe far festa con quel capretto, se è lo stesso Anticristo chi non crede in lui? Ma se questo è far festa con l’uccisione del capretto, cioè rallegrarsi per la distruzione dell’Anticristo, in che modo il figlio che è ricevuto dal padre dice che questo non gli è stato concesso, mentre tutti i figli si rallegreranno della sua distruzione? Perciò egli si lamenta che il Signore stesso gli fosse stato negato per il banchetto perché egli lo riteneva un peccatore: infatti poiché egli è un capretto per quella nazione che lo considera come uno che viola e profana il sabato, essa non meritava di rallegrarsi del suo banchetto.
GREGORIO: L’espressione: con i miei amici va intesa o secondo la relazione dei capi con il popolo, oppure secondo la relazione del popolo di Gerusalemme con le altre popolazioni della Giudea.
GIROLAMO: Oppure dice: non mi hai mai dato un capretto, cioè nessun sangue di sacerdote o di Profeta ci ha liberato dall’Impero Romano.
AMBROGIO: Ora, il figlio insolente è simile al pubblicano che si giustificava perché osservava la legge secondo la lettera e accusava il fratello per avere dissipato le sostanze del padre con le meretrici; infatti continua: Ma ora che questo tuo figlio, che ha divorato i tuoi averi con le prostitute, è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso.
AGOSTINO: Le prostitute sono le prostituzioni dei Gentili con i quali divora le sostanze del padre chi, abbandonato il vero sposalizio con il vero Dio, spinto da brama immonda, si dà alla fornicazione con il demonio.
GIROLAMO: Con le parole: per lui hai ammazzato il vitello grasso confessa che è venuto il Cristo, ma per invidia non vuole essere salvato.
AGOSTINO: Ora, il padre non lo rimprovera come se fosse un bugiardo, ma approvando la sua perseveranza lo invita alla perfezione di un’esultanza migliore e più felice. Perciò prosegue: Gli rispose il padre: figlio, tu sei sempre con me.
GIROLAMO: Oppure quanto aveva detto è presunzione, non verità; il padre non lo approva, ma lo reprime con un altro motivo, dicendo: tu sei sempre con me, mediante la Legge a cui sei vincolato: non perché non abbia peccato, ma perché Dio con il castigo sempre lo ritrae. Né c’è da meravigliarsi se chi invidia il fratello mente al padre.
AMBROGIO: Ma il buon padre voleva ancora salvare questo figlio, dicendo: tu sei sempre con me, o come un Giudeo nella Legge, o come un giusto nella comunione.
AGOSTINO: Ma che cosa vuol dire quando aggiunge: tutto ciò che è mio è tuo, come se gli averi non fossero anche del fratello? Ma dai figli perfetti e immortali tutte le cose sono possedute così che ogni singola cosa sia di tutti e tutte siano di ciascuno, e come la cupidigia non possiede nulla senza ansietà, così la carità non tiene nulla con ansietà. Ma in che modo tutte le cose? Si deve supporre che Dio abbia assoggettato anche gli Angeli al possesso di questo figlio? Se intendi possesso così che il possessore sia lo stesso signore, non certo tutto: infatti non saremo signori, quanto piuttosto compagni degli Angeli. Se invece per possedere si intende nel modo in cui diciamo correttamente che l’anima possiede la verità, io non vedo alcun motivo per cui non possiamo dirlo correttamente. Infatti noi non parliamo in modo tale da chiamare le anime padrone della verità. Ma se con la parola «possesso» noi siamo impediti da questo senso, allora lasciamolo perdere: infatti il padre non dice: tu possiedi ogni cosa, ma: tutto ciò che è mio è tuo, e neppure come se tu fossi il signore. Infatti ciò che è nostra proprietà può essere cibo per la nostra famiglia oppure ornamento o qualche altra cosa del genere. E indubbiamente, poiché egli può chiamarlo suo padre, non vedo per qual motivo quelle cose che appartengono a lui non le possa giustamente chiamare sue, sebbene in modi diversi. Infatti, quando otterremo quella beatitudine, saranno nostre: le cose superiori per vederle, quelle eguali per vivere insieme, quelle inferiori per dominarle. Perché il fratello maggiore possa tranquillamente unirsi nella gioia.
AMBROGIO: Infatti se smette di invidiare, tutte le cose sono sue, o possedendo come Giudeo i sacramenti dell’Antico Testamento, oppure come Cristiano i sacramenti del Nuovo.
TEOFILATTO: Oppure in modo totalmente diverso. La persona del figlio che sembra lamentarsi è presa per tutti coloro che si scandalizzano nei sudditi; come Davide presenta uno che si scandalizza per la pace dei peccatori.
TITO: Perciò il figlio maggiore si occupava di agricoltura, scavando non il campo della terra, ma dell’anima, piantando gli alberi della salvezza, cioè le virtù.
TEOFILATTO: Oppure era nel campo, cioè nel mondo, coltivando la propria carne per riempirla di pane, e seminando nelle lacrime per mietere nella gioia; ma quando seppe ciò che era accaduto egli non voleva partecipare al gaudio comune.
CRISOSTOMO: Ora, ci si chiede se chi soffre per la prosperità degli altri sia preso dalla passione dell’invidia. Bisogna dire che nessuno dei santi soffre per tali cose, ma piuttosto stima le cose buone degli altri come proprie. Ora, non bisogna prendere alla lettera qualsiasi cosa che una parabola contiene, ma, traendo fuori il senso a cui l’autore mirava, non cercare null’altro. Perciò questa parabola è stata composta affinché i peccatori non abbiano timore di convertirsi, sapendo che otterranno cose grandi. Perciò egli introduce alcuni così turbati da queste cose buone da venire distrutti dall’invidia, poiché coloro che si convertono sono trattati con onori così grandi da divenire oggetto di invidia per altri.
TEOFILATTO: Oppure con la presente parabola il Signore corregge l’intenzione dei Farisei, che ipoteticamente egli chiama giusti, come se dicesse: supponiamo che siate veramente giusti, non avendo violato nessun comandamento della legge: dobbiamo forse per questo motivo rifiutare di accogliere coloro che si erano allontanati per le loro mancanze?
GIROLAMO: Oppure diversamente. Ogni giustizia a confronto con Dio è un’ingiustizia; perciò Paolo dice (Rom 7,24): «Chi mi libererà da questo corpo di morte?». Per questo gli Apostoli si sono sdegnati per la richiesta della madre dei figli di Zebedeo.
CIRILLO: Questo talora lo soffriamo anche noi; infatti ci sono alcuni che vivono una vita ottima ed eccellente, mentre altri si convertono a Dio solo nella vecchiaia e forse quando stanno per chiudere l’ultimo giorno, grazie alla misericordia di Dio che lava la loro colpa. Ma alcuni, per la meschinità della loro mente, respingono questa misericordia, non tenendo conto della volontà del nostro Salvatore, il quale gode della salvezza di coloro che stanno per perire.
TEOFILATTO: Perciò il figlio dice al padre: ho condotto la mia vita di dolori per nulla, molestato dai peccatori, e per me non hai mai fatto uccidere un capretto, cioè un peccatore che mi perseguitava, perché mi potessi ricreare un tantino; tale capretto fu Acab per Elia, il quale diceva (3Re 19,10): «O Signore, hanno ucciso i tuoi Profeti».
AMBROGIO: Oppure diversamente. Questo fratello è presentato come uno che viene dai campi, cioè come uno occupato nelle cose terrene e che ignora le cose che appartengono allo spirito di Dio, fino al punto di lamentarsi che per lui non è mai stato ucciso neppure un capretto: infatti l’agnello non fu immolato per l’invidia, ma per il perdono del mondo. L’invidioso cerca il capretto; mentre l’innocente desidera che per sé stesso venga immolato l’agnello. Inoltre viene detto più vecchio, perché uno invecchia più in fretta a causa dell’invidia; inoltre egli rimane fuori, poiché la sua cattiveria lo esclude; pertanto non può ascoltare il coro e la sinfonia, cioè non gli incentivi teatrali della lascivia, ma i canti armoniosi del popolo che riecheggia la dolce soavità della letizia per un peccatore che è stato salvato: infatti coloro che sembrano giusti a sé stessi si irritano quando viene concesso il perdono a chi confessa i propri peccati. Ora, chi sei tu che contraddici il tuo Signore, sicché egli non dovrebbe perdonare una colpa, quando tu perdoni a chi vuoi? Ma noi dobbiamo favorire il perdono dei peccati dopo la penitenza; affinché non succeda che, mentre abbiamo invidia del perdono degli altri, noi stessi non meritiamo il perdono da parte di Dio. Non invidiamo coloro che fanno ritorno da una regione lontana, perché anche noi ci siamo trovati in una lontana regione.