DOMENICA DELLE PALME – PASSIONE DEL SIGNORE – ANNO C


Vangelo Commentato dai Padri

DOMENICA DELLE PALME – PASSIONE DEL SIGNORE – ANNO C

Vangelo di Luca 22,14-23,56

Quando venne l’ora, [Gesù] prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi, perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio».
Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi». «Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito!». Allora essi cominciarono a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo.
E nacque tra loro anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. Egli disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve. Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno. E siederete in trono a giudicare le dodici tribù d’Israele.
Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte». Gli rispose: «Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi».
Poi disse loro: «Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla». Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: “E fu annoverato tra gli empi”. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento». Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli disse: «Basta!».
Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».
Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?». Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. Ma Gesù intervenne dicendo: «Lasciate! Basta così!». E, toccandogli l’orecchio, lo guarì. Poi Gesù disse a coloro che erano venuti contro di lui, capi dei sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: «Come se fossi un ladro siete venuti con spade e bastoni. Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete mai messo le mani su di me; ma questa è l’ora vostra e il potere delle tenebre».
Dopo averlo catturato, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. Avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno; anche Pietro sedette in mezzo a loro. Una giovane serva lo vide seduto vicino al fuoco e, guardandolo attentamente, disse: «Anche questi era con lui». Ma egli negò dicendo: «O donna, non lo conosco!». Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei uno di loro!». Ma Pietro rispose: «O uomo, non lo sono!». Passata circa un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questi era con lui; infatti è Galileo». Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.
E intanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo deridevano e lo picchiavano, gli bendavano gli occhi e gli dicevano: «Fa’ il profeta! Chi è che ti ha colpito?». E molte altre cose dicevano contro di lui, insultandolo.
Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al loro Sinedrio e gli dissero: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». Rispose loro: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma d’ora in poi il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio». Allora tutti dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli rispose loro: «Voi stessi dite che io lo sono». E quelli dissero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca».
Tutta l’assemblea si alzò; lo condussero da Pilato e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». Pilato allora lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna». Ma essi insistevano dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui». Udito ciò, Pilato domandò se quell’uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.
Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell’accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia.
Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: «Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.
Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?». Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori.
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.
Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi sé stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.

Qui ci si genuflette e si fa una breve pausa.

Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest’uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo.
Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del Sinedrio, buono e giusto. Egli non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Era di Arimatèa, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. Era il giorno della Parascève e già splendevano le luci del sabato. Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto.

VERSETTI 14-18

Quando fu l’ora, prese posto a tavola e gli Apostoli con lui, e disse: Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima di patire; poiché vi dico: Non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio. E, preso un calice, rese grazie e disse: Prendetelo e distribuitelo tra voi, poiché vi dico: non berrò più del frutto della vite finché non venga il regno di Dio.

CIRILLO: Dopo che i discepoli avevano preparato la Pasqua, si tratta del consumare la Pasqua, perciò si dice: Quando fu l’ora, prese posto a tavola e gli Apostoli con lui.

BEDA: L’ora di consumare la Pasqua designa il quattordicesimo giorno del primo mese giunto ormai ai vespri, quando cioè la quindicesima luna già compare all’orizzonte.

TEOFILATTO: Ma perché si dice che il Signore si sedette quando i Giudei mangiavano la Pasqua stando in piedi? Essi dicono che, dopo che avevano mangiato la Pasqua legale, essi si sedettero, secondo l’uso comune, per mangiare alcuni altri cibi. Poi continua: E disse: Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima di patire.

CIRILLO: Dice questo, perché il discepolo avaro stava cercando il tempo per tradirlo; ma perché non lo tradisse prima del tempo della Pasqua, il Signore non aveva indicato la casa oppure l’uomo presso il quale avrebbe compiuto la Pasqua; e la ragione di ciò viene indicata da queste parole.

TEOFILATTO. Oppure dice: Ho desiderato ardentemente, come se dicesse: Questa è l’ultima cena che faccio con voi, per cui mi è particolarmente cara; oppure coloro che stanno per partire per un lungo viaggio, proferiscono ai loro cari le ultime parole in modo più affettuoso.

CRISOSTOMO: Oppure dice questo perché, dopo quella Pasqua, era imminente la croce. Infatti lo abbiamo incontrato molte volte mentre predice la sua passione e mentre desidera che essa arrivi.

BEDA: Perciò egli desidera anzitutto di mangiare con i suoi discepoli la Pasqua tipica e annunciare così i misteri della sua passione.

EUSEBIO: Oppure diversamente. Mentre il Signore celebra la nuova Pasqua, dice opportunamente: Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, cioè il nuovo mistero del Nuovo Testamento che trasmetteva ai suoi discepoli, e che molti Profeti e giusti avevano desiderato prima di lui; ma egli stesso, essendo assetato della salvezza comune, trasmetteva questo mistero che riguardava tutto il mondo. Però da Mosè era stato stabilito che la Pasqua venisse celebrata in un solo luogo, ossia a Gerusalemme; perciò non riguardava tutte le Genti; e perciò non era neppure desiderata (da tutti).

EPIFANIO: Con ciò si può confutare la follia degli Ebioniti riguardante il mangiare la carne, vedendo che nostro Signore mangia la Pasqua dei Giudei; perciò dice espressamente: questa Pasqua, perché qualcuno non l’abbia a cambiare con qualche altra.

BEDA: Perciò in questo modo il Signore approvò la Pasqua legale; ma insegnando che essa apparteneva alla figura della sua economia, egli proibisce che essa sia nuovamente ripetuta secondo la carne; donde soggiunge: poiché non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio, cioè, non celebrerò più la Pasqua mosaica, fino a quando non si compia in senso spirituale nella Chiesa: infatti essa stessa è il regno di Dio, secondo il detto (17,21): «Il regno di Dio è dentro di voi». Ora, a quella Pasqua antica a cui desiderava porre fine appartiene anche ciò che si soggiunge: E preso un calice rese grazie e disse: Prendetelo e distribuitelo tra voi. Egli rese grazie per il fatto che i riti antichi passavano, mentre quelli futuri erano totalmente nuovi.

CRISOSTOMO: Ricordati che quando siedi a tavola, dopo aver mangiato si deve pregare; inoltre riempiti il ventre in modo sobrio, affinché, appesantito, non succeda che tu non possa più né genuflettere né supplicare Dio. E dopo aver pranzato non andare a letto, ma piuttosto torna alla preghiera. Infatti Cristo indica precisamente questo, che cioè il cibarsi non dev’essere accompagnato dal sonno o dal riposo, ma dalla preghiera e dalla lettura della sacra Scrittura. Poi segue: poiché vi dico: non berrò più del frutto della vite finché non verrà il regno di Dio.

BEDA: Questo può essere preso anche alla lettera, che cioè da quest’ora della cena fino al tempo della risurrezione, in cui il regno di Dio sarebbe arrivato, non avrebbe più bevuto il vino; infatti in seguito Pietro attesta che egli ha assunto sia il cibo che la bevanda (At 10,41), dicendo: «Noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti».

TEOFILATTO: La risurrezione viene chiamata regno di Dio, perché ha distrutto la morte; perciò anche Davide dice (Sal 92,1): «Il Signore regna; di maestà si è rivestito», cioè di uno splendido vestito, secondo Isaia, esente dalla corruzione del corpo. Con la venuta della risurrezione, egli torna a bere con i suoi discepoli per dimostrare che la risurrezione non era una cosa immaginaria.

BEDA: Ma è molto più logico che, come prima il cibarsi tipico dell’agnello, così ora egli nega che gusterà la bevanda della Pasqua fino a quando, dimostrata la gloria del regno di Dio, arriverà la fede di tutto il mondo; cosicché mediante i due principali comandamenti della Legge, ossia il cibo e la bevanda pasquali, trasformati spiritualmente, tu possa apprendere che tutti i sacramenti della Legge sarebbero stati trasferiti in un’osservanza spirituale.

VERSETTI 19-20

Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo, che è dato per voi: fate questo in memoria di me. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice dicendo: Questo calice è il Nuovo Testamento nel mio sangue che viene versato per voi.

BEDA: Esauriti i riti della Pasqua antica, egli passa alla nuova, che desidera che venga ripetuta dalla Chiesa in memoria della sua redenzione, ponendo, al posto della carne e del sangue dell’agnello, il sacramento della sua carne e del suo sangue sotto le specie del pane e del vino, divenuto sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedek; perciò si dice: Poi, preso un pane, rese grazie, come già aveva reso grazie alla fine della festa antica, lasciandoci l’esempio di glorificare Dio all’inizio e alla fine di ogni buona azione. Poi segue: lo spezzò. Egli stesso spezza il pane che distribuisce, per far vedere che la futura frattura del suo corpo non sarebbe avvenuta senza il suo volere. E lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo, che è dato per voi.

GREGORIO NISSENO: Infatti, prima della consacrazione, il pane è un pane comune; ma, dopo che è stato consacrato dal mistero, diviene e si dice corpo di Cristo.

CIRILLO: E non dubitare che ciò sia vero, poiché egli dice apertamente: Questo è il mio corpo. Piuttosto accogli le parole del Salvatore con fede, poiché, essendo egli stesso la Verità, non mente. Perciò sono stolti coloro che dicono che la mistica benedizione smette di santificare se alcuni frammenti rimangono nel giorno seguente: infatti non muta il sacrosanto corpo di Cristo, ma la forza della benedizione e la sua grazia vivificante continua a essere presente in esso. Infatti la forza vivificante di Dio Padre è il suo Verbo unigenito, che si è fatto carne, senza smettere di essere il Verbo, ma rendendo la carne vivificante. Se infatti immergi un po’ di pane in un liquore, lo troverai imbevuto della sua qualità. Perciò il Verbo vivificante di Dio, unendo sé stesso alla sua carne, la rese vivificante. Ma forse che, poiché c’è in noi la vita di Dio ed esiste in noi il Verbo di Dio, anche il nostro corpo diventerà vivificante? No, perché una cosa è il possedere in noi il Figlio di Dio secondo un rapporto di partecipazione, e un’altra cosa il suo essersi fatto carne, ossia l’aver reso proprio il corpo assunto dalla beata Vergine. Perciò era conveniente che egli si unisse ai nostri corpi con la sua sacra carne e il suo prezioso sangue, che noi riceviamo grazie alla benedizione vivificante nel pane e nel vino. Ma affinché noi non siamo terrorizzati vedendo il corpo e il sangue posti sui sacri altari, Dio, essendo comprensivo della nostra fragilità, versa nelle offerte la forza della vita cambiandole nella verità della sua carne, affinché si trovi in noi il corpo della vita come un certo seme vivificante; perciò viene aggiunto: fate questo in memoria di me.

CRISOSTOMO: Cristo fece questo guidandoci verso un patto di maggiore amicizia, dichiarando la sua carità verso di noi, e offrendo sé stesso non solo a coloro che desiderano di vederlo, ma anche a coloro che vogliono toccare, mangiare e abbracciare e manifestargli tutto il loro affetto. Perciò, come i leoni che emettono fuoco, così anche noi usciamo da quella tavola resi terribili per il diavolo.

BASILIO: Ora, impara in che modo devi mangiare il corpo di Cristo, cioè in memoria dell’obbedienza di Cristo fino alla morte; sicché coloro che vivono non vivano più in sé stessi, ma in colui che è morto ed è risorto per loro.

TEOFILATTO: Ora Luca ricorda due calici; di uno aveva detto in precedenza (v. 17): «Prendetelo e distribuitelo tra voi», e qualcuno dice che questo è un tipo dell’Antico Testamento; mentre l’altro, dopo la frazione e la distribuzione del pane, egli stesso lo condivide con i discepoli, per cui si aggiunge: Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice.

BEDA: Viene sottinteso: «lo diede loro», perché la costruzione della frase sia completa.

AGOSTINO: Oppure, Luca menziona due volte il calice: la prima volta prima di dare il pane, e la seconda volta dopo che l’ha distribuito: nella prima circostanza egli aveva fatto un’anticipazione, secondo una sua abitudine; mentre nella seconda, ciò che aveva disposto secondo il suo ordine naturale, non lo aveva ricordato in precedenza. Ma le due parti riunite insieme fanno una sola sentenza, che è la stessa che troviamo anche in Matteo e Marco.

TEOFILATTO: Il Signore denomina questo come il calice del Nuovo Testamento; donde segue: Questo calice è il Nuovo Testamento nel mio sangue, che viene versato per voi: significando che il Nuovo Testamento ha inizio nel suo sangue: infatti nell’Antico Testamento fu presente il sangue degli animali, quando fu consegnata la Legge, mentre ora il sangue del Verbo di Dio significa per noi il Nuovo Testamento. Ora, quando dice per voi non significa che il corpo di Cristo fosse dato e che il suo sangue fosse versato solo per gli Apostoli, ma in vista di tutta la natura umana. L’antica Pasqua era celebrata per liberare dalla schiavitù dell’Egitto, mentre il sangue dell’agnello era versato per la custodia dei primogeniti; invece la nuova Pasqua viene celebrata per la remissione dei peccati, mentre il sangue di Cristo viene versato per la conservazione di coloro che si sono dedicati a Dio.

CRISOSTOMO: Infatti questo sangue fissa in noi un’immagine regale, non permette che la nobiltà dell’anima imputridisca, irrigando allo stesso tempo l’anima e ispirandole una grande virtù. Questo sangue mette in fuga i demoni e raduna gli Angeli e il Signore degli Angeli. Questo sangue versato lava il mondo e apre le porte del cielo. Coloro che sono partecipi di questo sangue, sono rivestiti delle virtù celesti, di una specie di veste regale, anzi, sono cinti dallo stesso re. E se ti accosti puro, tu ti accosti in modo salutare, se invece sei imbevuto di una coscienza cattiva, ti accosti in modo dannoso per la pena e il castigo. Infatti, se qualcuno macchia la porpora imperiale, viene punito con la stessa pena di coloro che la strappano; pertanto non è una cosa assurda se coloro che ricevono il corpo di Cristo con un cuore impuro sono colpiti con la stessa pena di coloro che l’hanno perforato con i chiodi.

BEDA: Perciò mentre il pane rafforza e il vino produce sangue nella carne, il primo è riferito al corpo di Cristo, e il secondo al suo sangue. Ma poiché è necessario che noi restiamo in Cristo e che Cristo rimanga in noi, il vino del calice del Signore viene mescolato con l’acqua, secondo la testimonianza di Giovanni (Ap 17,15): «Le acque sono folle e popoli».

TEOFILATTO: Ora, per primo viene dato il pane, e poi il calice: infatti nelle cose spirituali viene per primo l’atto laborioso come il pane, non solo perché viene guadagnato con il sudore della fronte, ma anche perché, quando viene mangiato, non è facile da inghiottire; poi anche perché, dopo la fatica, viene il gaudio della grazia divina, che è il calice.

BEDA: Perciò, dopo aver cenato, gli Apostoli si comunicarono, poiché era necessario che prima fosse consumata la Pasqua tipica, e così si passasse poi ai sacramenti della vera Pasqua; ora, in onore di un sacramento così grande i maestri della Chiesa pensano giustamente che noi dobbiamo anzitutto essere ristorati con i banchetti spirituali e poi con quelli terreni.

Il GRECO: Chi si comunica riceve tutto il corpo e il sangue del Signore, anche se assume solo una parte del sacramento. Infatti, come un sigillo distribuisce tutta la sua figura a cose diverse e rimane integro dopo la distribuzione, e come la stessa voce penetra in diverse orecchie, così nessuno deve dubitare che il corpo e il sangue del Signore si trovi tutto in tutti. Invece la frazione del pane significa la passione di colui che adoriamo.

VERSETTI 21-23

Ma, ecco, la mano di chi mi tradisce è con me sulla tavola. Il Figlio dell’uomo se ne va secondo quanto è stabilito; ma guai a quell’uomo dal quale è tradito! Allora essi cominciarono a domandarsi a vicenda chi di essi avrebbe fatto ciò.

AGOSTINO: Dopo avere consegnato il calice ai suoi discepoli, il Signore tornò a parlare del suo traditore, dicendo: Ma ecco la mano di chi mi tradisce è con me sulla tavola.

TEOFILATTO: Disse questo non solo per mostrare che conosceva il futuro, ma anche per farci vedere la sua bontà, per cui non tralasciava di perseguire le cose che riguardavano Dio: infatti ci dà l’esempio affinché cerchiamo di guadagnare i peccatori fino alla fine; e per mostrare la malvagità del traditore che non arrossiva di farsi anche commensale.

CRISOSTOMO: E pur essendo partecipe dei misteri, non si è convertito; e il suo crimine divenne ancora più grave, sia perché, impregnato di questo disegno, si accostò ai misteri, sia perché, ascoltando le parole del Signore, non divenne migliore né per la paura, né per il beneficio, né per l’onore.

BEDA: E tuttavia non lo designa in modo particolare, affinché, venendo corretto apertamente, non diventasse più sfrontato. Egli lancia poi l’accusa contro tutto il gruppo dei dodici, affinché il colpevole fosse condotto al pentimento. Inoltre predice anche la pena, affinché colui che non era vinto dal timore, venisse corretto dai castighi preannunciati; donde segue: Il Figlio dell’uomo se ne va secondo quanto è stabilito.

CRISOSTOMO: Ma poiché Giuda compiva con una intenzione perversa quanto era scritto di lui, affinché nessuno lo potesse ritenere innocente, poiché era il custode della dispensa, soggiunge: ma guai a quell’uomo dal quale è tradito!

BEDA: Ma guai anche a quell’uomo che, accostandosi indegnamente alla mensa del Signore, sull’esempio di Giuda consegna il Figlio dell’uomo non ai Giudei, ma alle sue membra peccatrici. E sebbene gli undici Apostoli sapessero di non pensare nulla contro il Signore, tuttavia, poiché credevano più al loro Maestro che a sé stessi, temendo la propria fragilità, chiesero circa il peccato di cui non avevano coscienza; infatti continua: Allora essi cominciarono a domandarsi a vicenda chi di essi avrebbe fatto ciò.

BASILIO: Infatti come nelle malattie corporali ce ne sono molte che i pazienti non avvertono, ma essi preferiscono affidarsi al parere dei medici piuttosto che basarsi sulla propria insensibilità, cosi anche nelle malattie dell’anima, sebbene uno non sia consapevole del proprio peccato, tuttavia dovrebbe credere a coloro che possono conoscere meglio le sue mancanze,

VERSETTI 24-27

Sorse anche una discussione fra di essi, su chi di loro poteva essere considerato il più grande. Ma egli disse loro: I re delle nazioni le governano e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non sia così; ma chi è il più grande fra di voi diventi come il più piccolo, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve.

TEOFILATTO: Mentre si domandavano vicendevolmente chi avrebbe tradito il Signore, era logico che si dicessero l’un l’altro: Tu lo tradirai, e per questo motivo essi furono costretti a dire: Io sono il migliore; Io sono il più grande, e cose del genere; perciò si dice: Sorse anche una discussione fra di essi su chi di loro poteva essere considerato il più grande.

Il GRECO: Oppure sembra che la ragione di questa contesa potesse derivare dal fatto che, poiché il Signore stava per lasciare gli uomini, era necessario che uno di loro diventasse il capo, facendo in un certo modo le sue veci.

BEDA: Ora, come i buoni cercano nelle Scritture gli esempi dei Padri con cui fare progressi e diventare umili, così i cattivi, se per caso hanno scoperto qualche cosa di biasimevole negli eletti, lo accolgono volentieri per coprire le proprie iniquità. Perciò molti leggono con particolare ardore che tra i discepoli di Gesù si accese una contesa.

AMBROGIO: Che però tra gli Apostoli ci sia stata una contesa non viene allegato come una scusa, ma viene proposto come un monito. Perciò facciamo attenzione che qualsiasi contesa circa la precedenza non diventi la causa della nostra rovina.

BEDA: Piuttosto non consideriamo che cosa abbiano fatto i discepoli ancora carnali, ma che cosa abbia loro comandato il Maestro spirituale; infatti prosegue: Ma egli disse loro: I re delle nazioni le governano.

CRISOSTOMO: Egli ricorda i Gentili, per mostrare che questa era una cosa riprovevole: infatti è proprio dei Gentili cercare di primeggiare.

CIRILLO: Ma oltre a ciò, dai sudditi sono presentate loro dolci parole; perciò continua: e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Infatti in quanto estranei alla sacra Legge, essi sono soggetti a questi mali; invece la vostra preminenza consiste nell’umiltà; perciò continua: Per voi però non sia così, ma chi è il più grande fra di voi diventi come il più piccolo.

BASILIO: Perciò la dignità non esalti chi presiede, affinché non precipiti dalla beatitudine dell’umiltà. Deve poi sapere che la vera umiltà è un servizio di molti. Infatti chi serve molti feriti e pulisce la piaga di una ferita, non assume il servizio per la lode; così a fortiori colui al quale sono state affidate le cure delle malattie dei fratelli, per diventare servitore di tutti, deve pensare a tutti ed essere sollecito di tutti; e così: chi è il più grande tra di voi diventi come il più piccolo. Ma è conveniente che da coloro che presiedono sia reso anche il servizio corporale, sull’esempio del Signore che lava i piedi dei suoi discepoli; perciò segue: e chi governa come colui che serve. Ora, non si deve temere che nel suddito venga indebolito lo spirito di umiltà, quando egli viene servito dal superiore; anzi, con ‘imitazione l’umiltà si diffonde.

AMBROGIO: Ma occorre osservare che l’umiltà non viene definita con qualsiasi espressione di deferenza. Infatti si può esprimere deferenza a qualcuno per qualche favore mondano, per il timore del potere o in vista di qualche vantaggio: in questo caso cerchi di edificare te stesso, e non l’onore degli altri; perciò non esiste una definizione generale per evitare la tracotanza della prelazione, ma esiste la ricerca dell’umiltà.

BEDA: Secondo questa norma data dal Signore, i più grandi hanno bisogno di non poca discrezione per non spadroneggiare sui loro sudditi come fanno i re dei Gentili, e per non esaltarsi a causa delle loro lodi; tuttavia siano pieni di zelo per la giustizia contro i vizi dei delinquenti. Alle parole di esortazione aggiunge poi il proprio esempio; perciò segue: Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve.

CRISOSTOMO: Come se dicesse: Non pensare che il tuo discepolo abbia bisogno di te, mentre tu non hai bisogno di lui; infatti io, che non ho bisogno di nessuno e di cui hanno bisogno tutte le realtà celesti e terrestri, ho accettato il grado di servo.

TEOFILATTO: Si presenta come colui che serve quando distribuisce il pane e il calice, del quale servizio ha fatto menzione, ricordando loro che se hanno mangiato lo stesso pane e hanno bevuto allo stesso calice, e lo stesso Cristo si è fatto servo di tutti, devono sentire tutti allo stesso modo.

BEDA: Oppure parla del servizio con cui, secondo Giovanni, il Signore e Maestro lava loro i piedi. Sebbene con la parola «servire» si possa intendere tutto ciò che egli compì nella carne; così mediante il servizio egli può anche significare che ha versato il suo sangue per noi.

VERSETTI 28-30

Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove, e io preparo per voi un regno come il Padre l’ha preparato per me, perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e siediate in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.

TEOFILATTO: Come il Signore al traditore aveva preannunziato «Guai», agli altri discepoli, al contrario, preannuncia le benedizioni, dicendo: Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove.

BEDA: Infatti non l’inizio della pazienza, ma la perseveranza viene ricompensata con la gloria del regno dei cieli; perché noi diciamo che la perseveranza – e viene così chiamata la costanza o fortezza della mente – è la colonna di ogni virtù. Perciò il Figlio di Dio conduce al regno eterno coloro che rimangono con lui nelle prove. Poiché se siamo stati come innestati alla somiglianza della morte di lui, lo saremo anche a quella della risurrezione. Perciò prosegue: e io preparo per voi un regno come il Padre l’ha preparato per me.

AMBROGIO: Il regno di Dio non è di questo mondo. E ciò a cui l’uomo aspira non è l’uguaglianza con Dio, ma una sua somiglianza. Infatti solo il Cristo è l’immagine perfetta di Dio, a causa dell’unità della gloria del Padre espressa in lui. Il giusto è invece ad immagine di Dio, se, per imitare la somiglianza con la condotta divina, con la conoscenza di Dio disprezza questo mondo: perciò mangiamo il corpo di Cristo per poter divenire partecipi della vita eterna; per questo motivo prosegue: perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno. Poiché il premio che ci viene promesso non è il cibo e la bevanda, ma la comunicazione della grazia e della vita celeste.

BEDA: Oppure la mensa che viene promessa a tutti i santi perché ne fruiscano, è la gloria della vita celeste; con cui saranno saziati coloro che hanno fame e sete di giustizia, godendo del sospirato gaudio del vero bene.

TEOFILATTO: Disse questo non come se là ci fosse un cibo corporeo o come se il suo Regno fosse un regno sensibile; poiché la loro vita sarà la vita degli Angeli, come aveva detto in precedenza ai Sadducei. Ma anche san Paolo dice (Rm 14,17) che il Regno di Dio non è costituito di cibo e di bevanda.

CIRILLO: Con le cose che ci sono tra noi egli designa dunque le cose spirituali: poiché presso i re della terra è un segno di distinzione sedere con loro come commensali; perciò in base al giudizio umano egli mostra coloro che saranno situati presso di lui negli onori più alti.

BEDA: Infatti questo è il cambiamento che ha luogo alla destra dell’Altissimo: che quanti ora umilmente godono di prestare servizio ai propri soci di servizio, allora alla mensa del Signore parteciperanno al banchetto della vita eterna; e quanti nella prova restano con il Signore giudicati ingiustamente, allora verranno con lui come giudici giusti di coloro che li hanno messi alla prova; perciò continua: e sediate in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.

TEOFILATTO: Cioè, condannando gli infedeli tra le dodici tribù.

AMBROGIO: I dodici troni non vanno intesi come luoghi per sedute corporee, ma, dato che Cristo giudica secondo la conoscenza dei cuori e non con l’esame delle azioni, ricompensando la virtù e condannando l’empietà, così gli Apostoli vengono formati per un giudizio spirituale mediante la ricompensa della fede, l’esecrazione della perfidia, respingendo l’errore con la virtù e punendo i sacrileghi con l’odio.

CRISOSTOMO: Forse che vi siederà anche Giuda? Ma considera che la Legge è stata data da Dio secondo Geremia (18,10?): «Qualsiasi bene io abbia promesso, se ne sarai giudicato indegno, te ne priverò». Perciò, parlando con i suoi discepoli, non semplicemente promette loro, ma aggiunge: voi che avete perseverato con me nelle mie prove.

BEDA: Dall’eccellenza di questa promessa viene dunque escluso Giuda. Infatti prima che il Signore dicesse questo, si deve credere che Giuda fosse già uscito; e come lui sono esclusi anche quelli che, avendo ascoltato le sue parole relative all’incomprensibile sacramento, sono tornati indietro.

VERSETTI 31-34a

IL Signore disse ancora: Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano, ma io ho pregato per te affinché non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli. Pietro disse: Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte. Gli rispose: Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi.

BEDA: Affinché gli undici Apostoli non si vantassero e non attribuissero alle proprie forze il fatto che essi, quasi soli fra tante migliaia di Giudei, avevano perseverato con il Signore durante le sue prove, egli mostra che, se non fossero stati protetti dall’aiuto del loro Maestro che era venuto in loro soccorso, anch’essi sarebbero stati colpiti dalla stessa tempesta; perciò continua: e disse: Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; cioè egli ha cercato di tentarvi e di abbattervi come chi vaglia il grano con il ventilabro. Con ciò insegna che la fede di nessun uomo viene messa alla prova a meno che Dio non lo permetta.

TEOFILATTO: Ora, disse questo a Pietro perché egli era più forte degli altri e si poteva vantare delle cose che il Cristo gli aveva promesso.

CIRILLO: O per mostrare agli uomini che sono una nullità per quanto concerne la natura umana e la fragilità della nostra mente, per cui non conviene che desiderino stare sopra gli altri. Perciò, lasciando in disparte il gruppo, egli va da Pietro che era a capo degli altri, e continua: ma io ho pregato per te affinché non venga meno la tua fede.

CRISOSTOMO: Ora, egli non dice: Io ho permesso, ma: Io ho pregato. Infatti, mentre si sta avvicinando alla passione, egli parla umilmente, per manifestare l’umiltà della sua natura; colui infatti che aveva detto, non con la preghiera, ma con il comando (Mt 16,18): «Sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa» e (ivi, v. 19): «A te darò le chiavi del regno dei cieli», in che modo aveva bisogno della preghiera per trattenere l’anima agitata di un uomo? Ma egli non ha detto: Ho pregato perché non neghi, ma: perché non venga meno la tua fede.

TEOFILATTO: Anche se sei alquanto scosso, tuttavia tu conservi nascosto il seme della fede; e sebbene lo spirito del tentatore abbia strappato le foglie, tuttavia la radice sopravvive. Perciò satana, in quanto ti invidia per il mio amore, cerca di molestarti; e sebbene io abbia pregato per te, tuttavia tu cadrai; perciò continua: e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli, come se dicesse: dopo che per avermi rinnegato piangerai e ti pentirai, allora corrobora gli altri; poiché ti ho fatto principe degli Apostoli, e questo ti spetta perché insieme con me sei la forza e la pietra della Chiesa. Ciò va inteso non solo degli Apostoli che c’erano allora, perché fossero confermati da Pietro, ma anche di tutti i fedeli che ci saranno fino alla fine del mondo: cioè affinché qualcuno dei fedeli non perda la fiducia vedendo che chi era capo degli Apostoli rinnegò il suo Signore, ma poi con la penitenza ottenne nuovamente il suo privilegio di essere il capo del mondo. Perciò ammira la sovrabbondanza della pazienza divina: per non provocare nel discepolo la sfiducia, ancor prima che commettesse il misfatto, gli concede il perdono e lo restituisce alla sua dignità apostolica, dicendo: conferma i tuoi fratelli.

BEDA: Come se dicesse: come io ho protetto la tua fede con la preghiera perché non venga meno, così anche tu ricordati di fortificare i fratelli più deboli, perché non disperino dei loro peccati.

AMBROGIO: Guardati dalla tracotanza, guardati dal mondo. Viene ora comandato di fortificare i suoi fratelli a chi aveva detto (Mt 19,27): «Noi abbiamo abbandonato ogni cosa e ti abbiamo seguito».

BEDA: Ma poiché il Signore aveva detto che aveva pregato per la fede di Pietro, ed essendo questi consapevole del suo affetto attuale e della sua fede fervente ma non conoscendo la sua futura caduta, non credette che sarebbe mai potuto cadere; perciò continua: E Pietro disse: Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte.

TEOFILATTO: Egli è acceso di un amore troppo grande e promette ciò che per lui è impossibile. Ma era più conveniente, dopo aver udito dalla Verità che sarebbe stato tentato, non più discutere. Così il Signore, vedendo che parlava in modo presuntuoso, gli rivela la natura della tentazione, cioè che l’avrebbe rinnegato; perciò prosegue: Gli rispose: Pietro, Io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi.

AMBROGIO: Pietro, benché pronto con lo spirito, ma ancora debole nei sentimenti del corpo, viene avvertito che negherà il Signore: infatti egli non poteva eguagliare l’immutabilità del divino volere. La passione del Signore ha dei rivali, ma non degli eguali.

TEOFILATTO: Da qui noi ricaviamo un grande insegnamento: che senza l’aiuto divino l’impegno umano non basta. Infatti Pietro, benché fosse un’anima fervente, tuttavia, abbandonato da Dio, fu sopraffatto dal nemico.

BEDA: Ora, bisogna sapere che Dio permette che anche le persone pie subiscano delle cadute come un rimedio a precedenti atti di orgoglio. Ma sebbene il misfatto delle persone pie e degli altri sembri lo stesso, tuttavia c’è una non piccola differenza: infatti la persona pia pecca a causa delle insidie e quasi non volendo, mentre gli altri lo fanno non prestando alcuna attenzione né a Dio né a sé stessi, senza fare distinzione tra il peccare e l’agire virtuosamente. Perciò penso che tra loro dev’essere differente anche il modo del comando: infatti la persona pia, sebbene bisognosa di qualche aiuto, deve compiere i comandi circa la stessa cosa verso cui ha peccato, mentre gli altri, che hanno distrutto ogni bene dell’anima, devono essere ammoniti e puniti e devono sottostare ai precetti fino a quando riconoscono che Dio è un giudice giusto, e tremino per questo.

AGOSTINO: Ora, ciò che qui viene detto circa la prevista negazione di Pietro, viene ricordato da tutti gli Evangelisti; ma non tutti arrivano a ricordarla in base alla stessa circostanza del discorso: infatti Matteo e Marco la collocano dopo che il Signore è uscito da quella casa dove aveva mangiato la Pasqua; invece Luca e Giovanni la collocano prima che fosse uscito. Ma è facile capire che o quei due l’hanno posta ricapitolando, oppure questi due anticipando; a meno che non si obietti che tale diversità non tocca tanto le parole quanto le sentenze stesse del Signore, colpito dalle quali Pietro espresse quella presunzione di morire o per il Signore o con il Signore; così che si debba piuttosto intendere che Pietro in diversi luoghi per tre volte aveva espresso la sua presunzione rispetto alle parole di Cristo, e per tre volte gli era stato risposto dal Signore che prima che il gallo cantasse l’avrebbe rinnegato per tre volte.

VERSETTI 34b-38

Poi disse: Quando vi ho mandato senza borsa né bisaccia né sandali, vi è forse mancato qualcosa? Risposero: Nulla. Disse dunque loro: Ma ora chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia e chi non l’ha, venda il mantello e compri una spada. Perché vi dico che deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine. Ed essi dissero: Signore, ecco qui due spade. Ma egli disse: È sufficiente.

CIRILLO: Il Signore aveva predetto a Pietro che lo avrebbe rinnegato, cioè al momento della sua cattura. Ma una volta fatta la menzione della sua cattura, egli annuncia il conflitto che sorse contro i Giudei; perciò si dice: Poi disse: quando vi ho mandato senza borsa né bisaccia né sandali vi è forse mancato qualcosa? Infatti il Signore aveva mandato i santi Apostoli ad annunziare alle città e ai castelli il regno dei cieli, comandando loro di non avere alcuna preoccupazione per le cose corporali, riponendo tutta la loro fiducia di vivere in lui.

CRISOSTOMO: Ora, come coloro che insegnano a nuotare all’inizio mettono le loro mani sotto gli allievi e li sostengono con premura, ma poi, togliendo più volte le mani, comandano loro di arrangiarsi per proprio conto, e persino permettono loro di sprofondare, così fece Cristo con i suoi discepoli. Agli inizi egli stava accanto a loro in ogni cosa, assicurando una grande abbondanza in tutto; perciò prosegue: Risposero: Nulla. Ma quando fu necessario contare sulle proprie forze, sottrasse loro per un po’ il suo aiuto, ordinando loro di fare alcune cose da sé; perciò prosegue: Disse dunque loro: Ma ora chi ha una borsa, cioè con cui si porta il danaro, la prenda, e così una bisaccia, con cui si portano le vettovaglie. E indubbiamente, quando non avevano né i calzari, né la cintura, né il bastone, né il danaro, non soffrirono scarsità di nulla; ma poi, quando concesse loro la borsa e la bisaccia, essi sembrarono patire la fame, la sete e la nudità; come se dicesse loro: prima eravate riforniti abbondantemente di tutte le cose; ora voglio che sperimentiate la povertà: perciò non vi affido più all’antica legge, ma vi ordino di avere la borsa e la bisaccia. Ora, Dio avrebbe potuto costituirli fino alla fine in una grande abbondanza, ma non volle farlo per molti motivi: in primo luogo perché non ascrivessero nulla a sé stessi, ma riconoscessero che tutto proveniva dalla divina provvidenza; in secondo luogo perché sapessero moderarsi; in terzo luogo perché non pensassero in modo troppo alto di sé stessi. Così per questi motivi, permettendo loro di incappare in molti imprevisti, egli alleggerì il rigore della legge precedente, affinché non rendesse loro la vita pesante e intollerabile.

BEDA: Infatti egli insegna ai suoi discepoli che non è la stessa la regola di vita durante la pace e durante la guerra. Quando inviò i suoi discepoli a predicare, perché non portassero con sé nulla lungo la strada, ordinò loro che chi annuncia il Vangelo viva del Vangelo. Ma nel pericolo di morte, quando tutta la nazione perseguita sia il pastore che il gregge, egli propone una legge conforme alle esigenze del tempo, concedendo loro di prendersi le cose necessarie per la vita, fino a quando la furia dei persecutori non si plachi, e ritorni il tempo di annunziare il Vangelo. Qui egli ci dà anche un esempio: che, quando c’è un valido motivo, noi possiamo tralasciare senza colpa qualche cosa del rigore dei nostri propositi.

AGOSTINO: Perciò non a causa dell’incostanza di colui che ordina, ma in ragione di colui che dispensa, secondo la diversità dei tempi cambiano i comandi, i consigli e i permessi.

AMBROGIO: Ma come mai chi vieta di colpire comanda di comperare una spada, se non forse affinché sia pronta la difesa, non perché sia necessaria la vendetta; e perché fosse evidente che avrebbe potuto vendicarsi, ma che non lo ha voluto? Perciò segue: chi non l’ha, ossia una borsa, venda il mantello e compri una spada.

CRISOSTOMO: Che è questo? Chi aveva detto ai suoi discepoli (Mt 5,39): «Se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche la sinistra», ora arma i discepoli e solo con una spada: infatti se conveniva armarli adeguatamente, sarebbe stato necessario che possedessero non solo la spada, ma anche lo scudo e l’elmo. Ma anche se possedessero migliaia di armi di questo tipo, come potrebbero gli undici essere pronti per tutti gli assalti e le imboscate del popolo, dei tiranni e delle nazioni, e come gli undici potrebbero prepararsi e non tremare alla sola vista degli eserciti schierati nei laghi e nei fiumi? Pertanto non pensiamo che egli abbia ordinato di possedere delle armi, ma mediante le spade egli accennava alle imminenti imboscate dei Giudei; donde segue: Perché vi dico che deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori.

TEOFILATTO: Infatti, mentre essi discutevano tra loro circa le prerogative, disse: non è tempo di prerogative, ma di pericoli e di stragi; infatti io, il vostro Maestro, sono condotto a una morte non onorevole, condannato assieme agli empi: Infatti tutto ciò che mi riguarda, ed è stato predetto, volge al suo termine, cioè al suo compimento. Perciò, volendo alludere all’insulto violento, ricorda la spada; ma senza rivelarlo interamente, affinché non fossero assaliti dallo sgomento; e neppure volle tacere del tutto perché non fossero titubanti dinanzi ad attacchi improvvisi, e così più tardi, ricordandosene, potessero meravigliarsi di come egli avesse offerto sé stesso alla passione come prezzo per la salvezza degli uomini.

BASILIO: Oppure il Signore non comanda di portare con sé la borsa e la bisaccia e comperare una spada, ma predice il futuro; che cioè gli Apostoli, dimenticando il tempo della passione, i doni e la legge del Signore, osassero armarsi di spade: infatti la Scrittura spesso si serve del linguaggio imperativo al posto della profezia. Inoltre in molti libri noi non troviamo: prenda, venda o compri, ma «prenderà» e «comprerà».

TEOFILATTO: Oppure con ciò egli preannuncia loro che sarebbero incorsi nella fame e nella sete, a cui accenna con la bisaccia; e in molte avversità, a cui accenna con la spada. Oppure diversamente. L’espressione del Signore; chi ha una borsa la prenda e così una bisaccia, sembra un discorso rivolto ai discepoli, ma in verità riguarda qualsiasi persona dei Giudei, come se dicesse: Se uno dei Giudei abbonda negli averi, li raccolga tutti e fugga. Ma se qualcuno in questa regione è oppresso da un’estrema povertà, venda anche il mantello e comperi una spada: infatti saranno assaliti da un terribile attacco di battaglia, tanto che nulla basterà per la difesa. Poi fa loro conoscere la causa di questi mali: che cioè egli ha patito la pena dovuta ai perversi, essendo stato crocifisso assieme ai malfattori. E quando è giunto a questo punto, ha termine il discorso dell’economia; ma ai persecutori accadrà tutto ciò che è stato predetto dai Profeti. Pertanto il Signore predisse queste cose per quanto concerne il futuro del paese dei Giudei; ma i suoi discepoli non capivano la profondità dei suoi detti, pensando che ci fosse bisogno di spade contro il futuro assalto del traditore. Perciò prosegue: Ed essi dissero: Signore, ecco qui due spade. Ma egli disse: È sufficiente.

CRISOSTOMO: E certamente, se egli avesse voluto servirsi dell’aiuto umano, non sarebbero state sufficienti neppure cento spade; mentre, se non si voleva servire dell’aiuto umano, anche due spade erano eccessive.

TEOFILATTO: Il Signore non volle rimproverarli come se non l’avessero compreso; ma dicendo è sufficiente, egli li congedò. Alcuni però dicono che il Signore abbia detto è sufficiente in modo ironico, come se dicesse: per il fatto che ci sono due spade, ci bastano per affrontare la grande moltitudine che ci deve assalire.

BEDA: Oppure le due spade bastano per testimoniare che il Salvatore ha patito volontariamente: una per mostrare che negli Apostoli c’era il coraggio di combattere per il Signore e per far vedere che nel Signore c’era il potere di guarire; l’altra, senza essere estratta dal fodero, per mostrare che a loro non era concesso neppure di fare tutto ciò che potevano per la difesa del loro Signore.

AMBROGIO: Oppure perché la Legge non vieta di replicare, forse a Pietro che offre due spade egli dice che sono sufficienti, come se bastassero fino al Vangelo; affinché nella Legge ci fosse la conoscenza della giustizia, e nel Vangelo la perfezione della bontà. Inoltre la spada spirituale sta nella vendita degli averi e nella compera della parola con cui sono rivestite le profondità della mente. E c’è anche la spada della sofferenza, affinché ti possa liberare dal corpo e con le spoglie della carne immolata tu possa acquistare la sacra corona del martirio. Commuove anche il fatto che i discepoli presentino due spade: a meno che una non rappresenti il Nuovo Testamento e l’altra l’Antico, con cui noi siamo armati contro le insidie del demonio. Poi il Signore dice: È sufficiente, come se non manchi nulla a chi è munito della dottrina di entrambi i Testamenti.

VERSETTI 39-42

Uscito, se ne andò come di solito al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: Pregate per non entrare in tentazione. Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava dicendo: Padre, se vuoi, allontana da me questo calice. Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà.

BEDA: Il Signore, sul punto di essere tradito dal suo discepolo, si ritirò nel luogo consueto, dove poteva essere trovato più facilmente; onde segue: Uscito, se ne andò come di solito al monte degli Ulivi.

CIRILLO: Durante il giorno egli era a Gerusalemme, ma quando discendeva la notte si ritirava con i suoi discepoli sul monte degli Ulivi; pertanto continua: anche i discepoli lo seguirono.

BEDA: Ora, giustamente egli conduce sul monte degli Ulivi i discepoli che erano stati istruiti nei misteri del suo corpo, per significare che tutti coloro che saranno battezzati nella sua morte devono essere confermati con il dono dello Spirito Santo.

TEOFILATTO: Dopo la cena non occupano il Signore né l’inerzia né i giochi né il sonno, ma la preghiera e l’insegnamento. Perciò prosegue: Giunti sul luogo, disse loro: Pregate per non entrare in tentazione.

BEDA: È impossibile che un’anima umana non sia tentata; perciò non dice: pregate per non essere tentati, ma: Pregate per non entrare in tentazione, cioè pregate affinché la tentazione alla fine non vi superi.

CIRILLO: Ma per non giovare loro soltanto con le parole, egli, allontanatosi alquanto, pregava; perciò continua: Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso. Lo trovi ovunque isolato a pregare, perché impari che con lo spirito attento e il cuore tranquillo si deve parlare con Dio altissimo. Ora, egli non insisteva nella preghiera come se avesse bisogno dei suffragi altrui, lui che è la potenza infinita del Padre, ma perché impariamo che nelle tentazioni non si deve dormire, ma si deve piuttosto insistere nella preghiera.

BEDA: Prega per tutti da solo colui che da solo avrebbe patito per tutti, indicando come siano distanti dalle nostre sia la sua preghiera sia anche la sua passione.

AGOSTINO: Poi si allontano da loro quasi un tiro di sasso, come se li avvisasse in modo figurato che indirizzassero la pietra fino a lui: cioè conducendo fino a lui l’intenzione della Legge che era stata scritta su una pietra.

GREGORIO NISSENO: Ma che cosa significa il suo inginocchiarsi, di cui si dice: e inginocchiatosi pregava? Indubbiamente è un’usanza umana, prostrati per terra, supplicare i superiori, mostrando di fatto che coloro ai quali si rivolge la preghiera sono più grandi. Ora, è evidente che la natura umana non ha nulla di degno di Dio: perciò i segni onorifici che ci mostriamo reciprocamente, che confessano che siamo inferiori rispetto all’eccellenza del nostro prossimo, li trasferiamo a onorare la natura incomparabile di Dio: perciò colui che sopportò le nostre debolezze e intercedette per noi, mediante l’uomo che assunse si mise in ginocchio e pregò, dandoci un esempio di come nella preghiera noi non dovremmo insuperbirci ma in ogni cosa conformarci all’umiltà: poiché «Dio resiste ai superbi, e dà la grazia agli umili» (1 Pt 5,5).

CRISOSTOMO: Ora, qualsiasi arte viene mostrata con le parole e con le opere da chi insegna. Poiché dunque era venuto per insegnarci qualsiasi virtù, per questo motivo egli dice e fa le stesse cose; quindi, poiché aveva comandato con le parole di pregare per non entrare in tentazione, egli lo insegna anche con l’azione; infatti segue: Padre, se vuoi, allontana da me questo calice. Non dice se vuoi come se non conoscesse se ciò piaceva al Padre. Infatti questa conoscenza non era più difficile della conoscenza della sostanza del Padre, che egli solamente conosceva perfettamente, secondo Giovanni (10,15): «Come il Padre conosce me, anch’io conosco il Padre»; né dice questo come se respingesse la passione: infatti colui che aveva minacciato il discepolo che voleva impedire la sua passione, tanto da chiamarlo satana dopo molti elogi, in che modo poteva rifiutare di essere crocifisso? Perciò considera il motivo per cui ha detto questo. Com’era cosa grande sentire che il Dio ineffabile che supera ogni intelligenza volle sopportare il grembo di una vergine, succhiare il latte e patire ogni sofferenza umana! Poiché dunque era quasi incredibile ciò che sarebbe accaduto, anzitutto inviò i Profeti che annunziarono ciò, poi, venendo egli stesso in questo mondo rivestito della carne umana per non essere ritenuto un fantasma, permise che la carne sopportasse i difetti naturali: aver fame, aver sete, dormire, faticare, essere maltrattato e angosciato; per questo motivo, rifiutando la morte, egli rivela la sua umanità vera.

AMBROGIO: Egli dice dunque: Padre, se vuoi, allontana da me questo calice, come un uomo che rifiuta la morte, come Dio che mantiene salda la sua sentenza.

BEDA: Oppure egli chiede che sia allontanato il calice non per il timore di soffrire, ma per la compassione verso il primo popolo, per non bere il calice che gli era da esso presentato; per cui espressamente non dice: allontana da me il calice, ma questo calice, cioè del popolo dei Giudei, i quali non potevano addurre alcuna scusa di ignoranza, poiché la Legge e i Profeti hanno continuamente parlato di me.

DIONIGI ALESSANDRINO: Oppure l’espressione: allontana da me questo calice non dice: non avvenga a me, poiché, se non avvenisse, non potrebbe essere allontanato. Perciò, avvertendolo già presente, cominciò a essere colpito e rattristato, ed essendo ormai vicino egli dice: allontana da me questo calice. Infatti ciò che è passato non si può dire né che è intatto né che permane, così anche il Salvatore chiede anzitutto che la tentazione che comincia ad assalirlo sia allontanata da lui; e questo è non entrare in tentazione, per cui consiglia che si deve pregare. Ma viene indicato il modo più perfetto di pregare quando si dice: Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà. Infatti Dio è esente da qualsiasi male, e ci vuole concedere beni che superano ciò che chiediamo o comprendiamo. Perciò egli chiede che la perfetta volontà del Padre, che egli stesso conosceva, avesse il suo effetto, ed è la stessa sua volontà secondo la divinità. Ora, egli ricusa di compiere la volontà umana che egli chiama sua, e che è inferiore alla volontà del Padre.

ATANASIO: Infatti qui egli manifesta il suo duplice volere: uno umano che è proprio della carne, e l’altro divino: infatti l’umanità, per la fragilità della carne, rifiuta la passione, ma la sua volontà divina l’abbraccia ardentemente, poiché era impossibile che egli venisse trattenuto dalla morte.

GREGORIO NISSENO: Apollinare sostiene che il Cristo, secondo la natura umana, non era dotato di una sua volontà e che in Cristo che discese dal cielo c’è solo la volontà di Dio. Ma allora ci dica: qual è la volontà che Dio vuole che non accada? Infatti la divinità non toglie la sua volontà.

BEDA: Inoltre, avvicinandosi alla passione, il Salvatore prese su sé stesso la voce dei deboli, affinché, quando è imminente ciò che noi vorremmo che non accadesse, a causa della nostra debolezza chiediamo che ciò non accada, ma con la nostra fortezza siamo pronti a fare, anche contro la nostra volontà, la volontà del nostro Creatore.

VERSETTI 43-46

Gli apparve allora un Angelo dal cielo a confortarlo. In preda all’angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai suoi discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: Perché dormite? Alzatevi e pregate per non entrare in tentazione.

TEOFILATTO: Per farci conoscere la potenza della preghiera, perché la anteponiamo nelle avversità, il Signore, mentre prega, viene confortato da un Angelo. Perciò si dice: Gli apparve allora un Angelo dal cielo a confortarlo.

BEDA: Altrove leggiamo (Mt 4,11): «Mentre gli Angeli gli si accostarono e lo servivano». Perciò, a testimonianza di entrambe le nature, si dice che gli Angeli servono e confortano il Signore. Infatti il Creatore non aveva bisogno della protezione della sua creatura, ma diventato uomo, come per causa nostra divenne triste, così per causa nostra venne confortato.

TEOFILATTO: Ma alcuni dicono che l’Angelo apparve al Signore glorificandolo e dicendogli: O Signore, tua è la potenza: infatti tu puoi liberare il genere umano dalla morte e dall’inferno.

CRISOSTOMO: E poiché egli assunse la nostra carne non in modo immaginario ma vero, per provare la verità dell’economia e sbarrare la porta agli eretici, egli sopporta qualsiasi situazione umana; infatti prosegue: In preda all’angoscia pregava più intensamente.

AMBROGIO: Molti sono scossi da questo testo, poiché essi piegano la tristezza del Salvatore a provare che si tratta di una debolezza che lo accompagna sin dall’inizio, anziché di qualche cosa di assunto in quel momento. Personalmente invece non solo non ritengo che questo testo abbia bisogno di scuse, ma in nessun altro caso ammiro maggiormente la sua misericordia e la sua maestà; infatti egli mi avrebbe arrecato qualcosa di meno se non avesse assunto anche i miei sentimenti: egli prese su di sé la mia tristezza, per farmi dono della sua letizia. Io nomino la tristezza con fiducia, perché predico la croce. Perciò egli dovette assumersi il dolore per vincerlo. Infatti non ricevono lode per la fortezza coloro le cui ferite causano più stupore che dolore. Così egli ci volle insegnare in che modo noi dobbiamo vincere la morte e, ciò che conta di più, l’angoscia della morte futura. Pertanto, o Signore, ti affliggi non per le tue, ma per le mie ferite. Infatti sei stato ferito per i nostri peccati; e forse sei triste perché, dopo la caduta di Adamo, il passaggio con cui noi dobbiamo lasciare questo mondo è tale per cui la morte è necessaria. E questo non è lontano dal vero; ma era triste soprattutto per i suoi persecutori, perché sapeva che avrebbero ricevuto pene terribili per l’immane sacrilegio.

GREGORIO: Egli ha dato anche espressione al conflitto che la nostra mente ha in sé stessa nel momento in cui la morte si avvicina, perché noi soffriamo la forza del terrore e dello spavento, allorché, attraverso la dissoluzione della carne, ci avviciniamo all’eterno giudizio; e non a torto, poiché l’anima trova in un momento ciò che non può più essere mutato per tutta l’eternità.

TEOFILATTO: Ora, che la preghiera suddetta fosse propria della natura umana e non di quella divina, come dicono gli Ariani, è evidente anche da quanto egli aggiunge; infatti prosegue: e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra.

BEDA: Nessuno ascriva questo sudore a una debolezza, perché sudare sangue è contro natura; piuttosto si intenda che con ciò viene manifestato che egli ha già conseguito l’effetto delle sue preghiere, che cioè con il suo sangue avrebbe purificato la fede dei discepoli, che la fragilità terrena metteva in crisi.

PROSPERO: Inoltre pregando con il sudore di sangue, il Signore significava che i martiri sarebbero emanati dal suo intero corpo che è la Chiesa.

TEOFILATTO: Oppure viene detto in modo proverbiale che chi suda in modo così veemente, suda sangue. Perciò l’Evangelista, volendo alludere al fatto che era madido di grosse gocce di sudore, assume come esempio le gocce di sangue. Ma poi, trovando i discepoli addormentati per la tristezza, li rimprovera e allo stesso tempo li esorta a pregare; infatti segue: Poi rialzatosi dalla preghiera, andò dai suoi discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza.

CRISOSTOMO: Infatti era notte fonda e gli occhi degli Apostoli erano oppressi dalla pena, e il loro sonno era dovuto non al torpore, ma al dolore.

AGOSTINO: Luca non dice dopo quale preghiera il Signore andò dai suoi discepoli; però questo non contrasta in alcun modo con ciò che riferiscono Matteo e Marco.

BEDA: Il Signore prova di conseguenza che egli aveva pregato per i suoi discepoli, che egli esorta a vigilare e a pregare per essere partecipi delle sue preghiere; infatti prosegue: E disse loro: Perché dormite? Alzatevi e pregate per non entrare in tentazione.

TEOFILATTO: Cioè per non essere superati dalla tentazione: infatti non essere indotti in tentazione è la stessa cosa che non essere sommersi da essa. Oppure egli ci comanda semplicemente di pregare perché la nostra vita sia tranquilla e non siamo sommersi da qualche molestia. Infatti è diabolico e superbo per un uomo precipitarsi nella tentazione; perciò anche Giacomo (1,2) non dice: Gettatevi dentro le tentazioni, ma: «Dovete stimare vero gaudio le diverse prove alle quali vi troverete esposti», trasformando in volontario ciò che è involontario

VERSETTI 47-53

Mentre egli ancora parlava, ecco una turba di gente; li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei dodici, e si accostò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo? Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: Signore, dobbiamo colpire con la spada? E uno di loro colpi il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. Ma Gesù rispose dicendo: Lasciate, basta così. E toccandogli l’orecchio lo guarì. Poi Gesù disse a coloro che gli erano venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante? Ogni giorno ero con voi nel tempio, e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, e il potere delle tenebre.

GLOSSA: Dopo aver trattato della preghiera di Cristo, si procede a parlare del tradimento con cui viene tradito dal suo discepolo; si dice infatti: Mentre ancora parlava, ecco una turba di gente; li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei dodici.

CIRILLO: Ora dice: che si chiamava Giuda, come se il suo nome avesse qualcosa di odioso; però aggiunge: uno dei dodici, per indicare l’iniquità del traditore; infatti colui che era stato onorato come un Apostolo divenne la causa dell’uccisione del Cristo.

CRISOSTOMO: Come infatti le ferite inguaribili non obbediscono né alle severe né alle soavi cure, così l’anima, una volta fatta prigioniera e dopo essersi abbandonata a qualsiasi peccato, non trarrà alcun beneficio dalle ammonizioni; e ciò accadde anche a Giuda, che non abbandonò il suo tradimento, sebbene ne fosse stato frenato in tutti i modi dagli insegnamenti di Cristo; perciò prosegue: e si accostò a Gesù per baciarlo.

CIRILLO: Infatti, dimenticando la gloria di Cristo, forse pensò di poter agire di nascosto, e osò trasformare il segno principale di amore in strumento di inganno.

CRISOSTOMO: Non si deve abbandonare l’esortazione dei fratelli, sebbene non si cavi fuori nulla dalle nostre parole; infatti i corsi d’acqua scorrono anche se nessuno vi attinge, e anche se non riesci a persuadere oggi, forse ci riuscirai domani. Infatti il pescatore trasse le reti vuote durante tutto il giorno, ma verso sera finalmente catturò i pesci; perciò il Signore, sebbene sapesse che Giuda non si sarebbe convertito, non smise di fare le cose che lo riguardavano. Quindi prosegue: Gesù gli disse: Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo?

AMBROGIO: Penso che con questa domanda egli volesse quasi afferrare il traditore con l’affetto di un amante.

CRISOSTOMO: Egli pone il nome proprio quasi più per esprimere dolore e rimprovero che non sdegno.

AMBROGIO: Ora dice: con un bacio tradisci? Cioè, con il pegno d’amore infliggi una ferita e con uno strumento di pace produci la morte? Il servo tradisce il padrone, il discepolo il maestro, l’eletto colui che sceglie.

CRISOSTOMO: Ora non dice: tradisci il tuo maestro, il tuo padrone, il tuo benefattore, ma il Figlio dell’uomo, cioè una persona mansueta e mite, che, se anche non fosse maestro e padrone, non dovrebbe essere da te tradito, perché ha agito con te in modo così soave.

AMBROGIO: O Signore, quanto è grande la manifestazione della divina potenza, quanto grande ‘insegnamento della virtù! E mentre viene rivelato il disegno del tradimento, tuttavia la pazienza non viene rinnegata. Egli manifesta chi è colui che Giuda tradisce, mentre rivela i disegni occulti; indica chi è colui che tradisce mentre dice il Figlio dell’uomo, perché viene presa la carne e non la divinità. Ciò che però confuta maggiormente l’ingrato è il pensiero che ha consegnato colui che, sebbene fosse il Figlio di Dio, tuttavia per nostro amore ha voluto diventare il Figlio dell’uomo, come se dicesse: Per te ho assunto, ingrato, ciò che tu tradisci, ipocrita.

AGOSTINO: Perciò il Signore, nel momento in cui fu tradito, disse anzitutto ciò che riferisce Luca: Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo, e poi quanto dice Matteo (26,50): «Amico, a che sei venuto?», e poi ciò che ricorda Giovanni (18,4): «Chi cercate?».

AMBROGIO: Il Signore lo ha baciato, non per insegnarci la simulazione, ma per mostrare che non si deve evitare neppure un traditore, e per toccare più fortemente il traditore al quale non rifiuta il dovere dell’amore.

TEOFILATTO: Ora i discepoli sono mossi dallo zelo e sguainano le spade; perciò prosegue: Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: Signore, dobbiamo colpire con la spada? Ma in che modo posseggono delle spade? Perché avevano ucciso l’agnello ed erano poi partiti dalla mensa. Gli altri discepoli chiedono se devono colpire, ma Pietro, sempre ardente per il suo Signore, non aspetta nessun ordine e percuote il servo del sommo pontefice. Pertanto continua: E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro.

AGOSTINO: Secondo Giovanni colui che percosse fu Pietro, mentre il percosso si chiamava Malco.

AMBROGIO: Pietro, esperto nella Legge e spinto dall’affetto, sapendo che Finees era stato ritenuto giusto quando uccise i sacrileghi, percosse il servo del capo dei sacerdoti.

AGOSTINO: Poi Luca dice: Ma Gesù rispose dicendo: Lasciate, basta così. E questo è quanto ricorda Matteo (26,52): «Rimetti la spada nel fodero». Né si obbietti come se fosse qualcosa di contrario ciò che qui Luca dice, che cioè il Signore abbia risposto: Lasciate, basta così; come se dopo questo colpo venisse detto che quanto era stato fatto fino a quel punto era piaciuto al Signore, ma che egli non voleva che ci si spingesse più in là; mentre nelle parole dette da Matteo si deve piuttosto intendere che il fatto che Pietro avesse fatto uso della spada era dispiaciuto al Signore. Infatti è vero che, quando lo interrogavano dicendo: Signore, dobbiamo colpire con la spada?, egli rispose: Lasciate, basta così; cioè, non preoccupatevi per quanto succederà in futuro: si deve loro permettere di procedere fino al punto di catturarmi, affinché siano così compiute le cose che sono state scritte a mio riguardo. Infatti non avrebbe detto: Gesù rispose dicendo, se non avesse risposto alla loro domanda, e non a quanto fece Pietro. Ma tra la lentezza delle parole di coloro che interrogavano il Signore e la sua risposta, Pietro, spinto dalla brama di difenderlo, percosse il servo. Ma non poterono essere dette simultaneamente le cose che poterono accadere simultaneamente. Allora, come dice Luca, il Signore guarì chi era stato percosso; infatti segue: E toccandogli l’orecchio lo guarì.

BEDA: Il Signore non si dimentica mai della sua misericordia. Essi conducono alla morte il giusto; questi guarisce le ferite dei suoi persecutori.

AMBROGIO: Ma mentre il Signore ripulisce la ferita sanguinante, rivela un mistero divino, che cioè il servo del principe di questo mondo, non per la condizione della natura, ma della colpa, venisse ferito all’orecchio non avendo udito le parole della sapienza. Oppure, volendo che Pietro colpisse l’orecchio, il Signore insegna che non deve possedere la realtà dell’orecchio chi non lo possiede nel mistero. Ma perché proprio Pietro? Perché egli ha ricevuto il potere di legare e sciogliere, e perciò con la spada spirituale egli toglie l’orecchio interiore di chi intende malamente. Però il Signore stesso restituisce l’udito, dimostrando che, se si convertono, possono essere guariti quegli stessi che sono stati feriti nella passione del Signore: affinché qualsiasi peccato sia lavato mediante i misteri della fede.

BEDA: Oppure questo servo rappresenta il popolo d’Israele, divenuto schiavo per opera dei sommi sacerdoti di un potere indebito; il quale, nella passione del Signore, perse l’orecchio destro, cioè l’intelligenza spirituale della Legge. E quest’orecchio viene di fatto tagliato dalla spada di Pietro: non che egli privi del senso di comprendere coloro che ascoltano, ma mostra che esso viene tolto dal giudizio di Dio a coloro che sono negligenti. Tuttavia lo stesso orecchio destro, a coloro che in quello stesso popolo hanno creduto, viene restituito dalla condiscendenza divina al suo compito originario. Poi segue: Poi Gesù disse a coloro che gli erano venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante?

CRISOSTOMO: Si accostarono di notte, avendo timore dell’attacco della folla; perciò dice: che bisogno c’era di armi contro chi è sempre con voi? Ed è quanto segue: Ogni giorno ero con voi nel tempio, e non avete steso le mani contro di me.

CIRILLO: Qui il Signore non accusa i capi dei Giudei per non avere preparato per tempo le loro trame di morte, ma li biasima perché avevano pensato che l’avrebbero aggredito contro la sua volontà; come se dicesse: Allora non mi avete preso perché non volevo; e neppure potreste prendermi adesso se io spontaneamente non mi consegnassi nelle vostre mani; perciò segue: ma questa è la vostra ora, cioè vi è concesso un po’ di tempo per esercitare contro di me la vostra violenza, mentre il Padre mio aderisce alla mia volontà. Egli dice anche che questo potere viene dato alle tenebre, cioè al diavolo e ai Giudei, cioè di insorgere contro di lui; e questo è quanto viene aggiunto: e il potere delle tenebre.

BEDA: Come se dicesse: Quindi vi riunite contro di me nelle tenebre, perché il vostro potere, con cui voi vi armate così contro la luce del mondo, si trova nelle tenebre. Ma ci si chiede in che modo si possa dire che Gesù parla ai sommi sacerdoti, ai capi delle guardie del tempio e agli anziani che si recarono da lui, quando presso gli altri Evangelisti si dice che non andarono essi stessi, ma, aspettando nell’atrio di Caifa, inviarono dei servi. A questa difficoltà si risponde che quelli non vennero da sé stessi, ma per mezzo di coloro che mandarono a prendere il Cristo in base al potere del loro comando.

VERSETTI 54-62

Dopo averlo preso, lo condussero nella casa del sommo sacerdote; Pietro lo seguiva da lontano. Avendo acceso un fuoco in mezzo al cortile ed essendosi seduti attorno, anche Pietro era in mezzo a loro. Vedutolo seduto presso la fiamma, una serva, fissandolo, disse: Anche questi era con lui. Ma egli negò dicendo: Donna, non lo conosco. Poco dopo un altro, vedendolo, disse: Anche tu sei uno di loro. Ma Pietro rispose: O uomo, non lo sono. Passata circa un’ora, un altro insisteva: In verità anche questo era con lui; infatti anche lui è un Galileo. Pietro disse: O uomo, non so che cosa dici. E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: Prima che il gallo canti, tre volte mi rinnegherai. E uscito fuori, pianse amaramente.

AMBROGIO: Quegli infelici non compresero il mistero, né apprezzarono il sentimento così delicato di misericordia per cui egli non sopportò che neppure i suoi nemici fossero feriti; si dice infatti: Dopo averlo preso lo condussero nella casa del sommo sacerdote. Quando leggiamo che Gesù viene preso, guardiamoci bene dal pensare che venisse preso secondo la divinità e costretto a causa della debolezza: infatti viene preso e legato secondo la verità del suo corpo.

BEDA: II sommo sacerdote significa Caifa, il quale, secondo Giovanni, era il capo dei sacerdoti di quell’anno.

AGOSTINO: Ma anzitutto egli fu condotto da Anna, suocero di Caifa, come dice Giovanni, prima che da Caifa, come dice Matteo. Invece Marco e Luca non riferiscono il nome del pontefice.

CRISOSTOMO: Si dice che viene condotto nella casa del sommo sacerdote, perché ogni cosa fosse fatta con il suo consenso: lì infatti si radunarono coloro che aspettavano il Cristo. Ora si mostra il grande fervore di Pietro, il quale non fugge, sebbene avesse visto che tutti gli altri fuggivano; infatti prosegue: Pietro lo seguiva da lontano.

AMBROGIO: Logicamente, segue da lontano colui che era prossimo alla negazione: infatti non avrebbe potuto negare se avesse aderito a Cristo da vicino. Ma in questo egli si rende degno di ammirazione, perché non abbandona il Cristo nonostante la paura: infatti la paura è propria della natura, mentre il rimedio è proprio della pietà.

BEDA: Il fatto poi che, mentre il Signore si avvicina alla passione, Pietro lo segua da lontano, significa che la Chiesa lo seguirà indubbiamente, ossia imiterà la passione di Cristo, ma in un modo molto diverso: infatti la Chiesa soffre per sé stessa, mentre Cristo soffre per la Chiesa.

AMBROGIO: Ora, nella casa del sommo sacerdote già c’era il fuoco acceso, perciò segue: Avendo acceso un fuoco in mezzo al cortile ed essendosi seduti attorno, anche Pietro era in mezzo a loro. Egli si accostò per scaldarsi, perché, una volta che il Signore era stato rinchiuso, il calore della sua mente si era già raffreddato.

CRISOSTOMO: Infatti a Pietro erano state affidate le chiavi del regno dei cieli; a lui vennero affidate le moltitudini della gente che era avvolta nei peccati. Pietro era alquanto veemente, come mostra l’orecchio troncato del servo del sommo pontefice. Perciò costui, così duro e severo, se avesse ricevuto il dono di non peccare, quale perdono avrebbe concesso al popolo che gli veniva affidato? Perciò la divina provvidenza permise che egli cadesse nel peccato affinché, considerando la propria caduta, addolcisse la durezza della propria sentenza verso i peccatori. E mentre egli cercava di scaldarsi presso le braci, gli si accostò una ragazza, della quale segue: Vedutolo seduto presso la fiamma, una serva fissandolo disse: Anche questi era con lui.

AMBROGIO: Che cosa significa che fu una serva a tradire per prima Pietro, dal momento che c’erano anche degli uomini che potevano più facilmente riconoscerlo, se non che fosse evidente che anche questo sesso aveva peccato nella morte del Signore, affinché anch’esso venisse redento mediante la sua passione? Ma Pietro, una volta riconosciuto, nega: infatti preferisco che Pietro abbia negato piuttosto che il Signore si fosse sbagliato; perciò continua: Ma egli negò, dicendo: Donna, non lo conosco.

CRISOSTOMO: Che cosa dici, o Pietro? La tua voce è repentinamente cambiata, la tua bocca, piena di fede e di amore, è cambiata in odio e perfidia: non ti hanno ancora colpito i flagelli né gli strumenti di tortura; chi ti interroga non è nessuno di coloro che con la loro autorità possano incutere terrore in chi confessa: una donna ti interroga con la semplice voce e forse senza l’intenzione di denunciare chi confessa; e neppure una donna, ma una portinaia, una vile schiava.

AMBROGIO: Ma Pietro negò perché aveva promesso in modo imprudente: non nega sul monte, non nel tempio, non in casa sua, ma nel pretorio dei Giudei: nega là dove Gesù si trova legato, dove non c’è la verità. Ora, negando egli dice: non lo conosco: indubbiamente sarebbe stata una cosa temeraria affermare che conosceva colui che nessuna mente umana riesce a comprendere; infatti «Nessuno conosce perfettamente il Figlio tranne il Padre» (Mt 11,27). Egli nega di nuovo il Cristo per una seconda volta; infatti continua: Poco dopo un altro vedendolo disse: Anche tu sei uno di loro.

AGOSTINO: Ora si deve ritenere che in questa seconda negazione egli viene apostrofato da due persone: cioè dalla serva, che ricordano Matteo e Marco, e da un’altra che viene ricordata da Luca. Perciò quello che viene detto qui da Luca: poco dopo, si riferisce al fatto che Pietro era già uscito dalla porta e il gallo aveva cantato per la prima volta, come dice Marco; e ora aveva fatto ritorno sicché, come dice Giovanni, lo potesse negare una seconda volta stando al fuoco; riguardo a questa negazione prosegue: Ma Pietro rispose: O uomo, non lo sono.

AMBROGIO: Infatti egli preferì negare sé stesso piuttosto che il Cristo; oppure, poiché pareva negare la compagnia con il Cristo, di fatto negava sé stesso.

BEDA: Ora in questa negazione di Pietro noi diciamo che Cristo viene negato non solo da chi dice che egli non è il Cristo, ma anche da chi, essendo Cristiano, dice di non esserlo.

AMBROGIO: Viene poi interrogato una terza volta; infatti continua: Passata circa un’ora un altro insisteva: in verità anche questo era con lui.

AGOSTINO: Ciò che Matteo (26,63) e Marco (14,70) dicono: «Di là a poco», è precisato da Luca quando dice: Passata circa un’ora; su questo intervallo Giovanni tace. Inoltre il fatto che Matteo e Marco enumerano non al singolare ma al plurale coloro che conversavano con Pietro, mentre Luca e Giovanni parlano di uno solo, possiamo facilmente spiegarlo dicendo che Matteo e Marco fanno uso del plurale al posto del singolare secondo una forma comune del linguaggio, oppure che una persona in particolare si rivolse a Pietro, essendo quella che l’aveva visto, e gli altri, avendo fiducia in lei, le si unirono e incalzavano Pietro. Per quanto concerne poi le parole che Matteo dice che furono rivolte allo stesso Pietro: «Forse che non ti ho visto nell’orto?», mentre Marco e Luca affermano che esse furono dette riguardo a Pietro, noi pensiamo che siano nel vero coloro che sostengono che esse furono veramente rivolte a Pietro: infatti ciò che fu detto di lui alla sua presenza è come se fosse stato detto direttamente a lui; oppure esse furono dette in entrambi i modi, e alcuni degli Evangelisti le riportarono in un modo e altri in un altro,

BEDA: Ma egli aggiunse: anche lui è un Galileo: non perché la lingua dei Galilei e dei Gerusalemitani fosse diversa, poiché si trattava sempre di Ebrei, ma perché, avendo ciascuna provincia e regione le proprie caratteristiche, non era possibile evitare un suono particolare nel parlare. Poi segue: Pietro disse: O uomo, non so cosa dici.

AMBROGIO: Cioè, io non conosco le vostre bestemmie. Ma noi lo scusiamo; invece egli non scusa sé stesso. Infatti una risposta involuta non basta per confessare Gesù, ma è necessaria una risposta aperta; quindi Pietro non viene presentato come uno che risponde così deliberatamente; infatti più tardi se ne ricordò e pianse.

BEDA: La sacra Scrittura è solita designare l’importanza delle cause mediante l’importanza dei tempi; perciò Pietro, che peccò a mezza notte, al canto del gallo si pentì; infatti segue: E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. L’errore che egli commise nelle tenebre dell’oblio, lo corresse con il ricordo della vera luce.

AGOSTINO: Noi intendiamo che il canto del gallo ebbe luogo dopo la terza negazione di Pietro, come dice Marco espressamente.

BEDA: lo penso che in senso mistico con questo gallo si deve intendere qualche dottore che rimprovera gli indolenti e i sonnolenti dicendo: «Riscotetevi per bene, o giusti, e non peccate» (1 Cor.15,34).

CRISOSTOMO: Ammira la sollecitudine del Maestro, il quale, mentre era incatenato, ebbe grande cura verso il suo discepolo, e con uno sguardo lo attirò a sé stesso e lo indusse alle lacrime; infatti continua: Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro.

AGOSTINO: In che modo si debba prendere questo testo, va considerato più accuratamente. Infatti Matteo dice (26,69): «Pietro intanto era seduto fuori nell’atrio»; ma non direbbe questo se i fatti del Signore non si fossero svolti all’interno. Similmente anche ciò che dice Marco (14,66): «Mentre Pietro stava giù nel cortile», fa vedere che le cose di cui sta parlando hanno luogo non soltanto nella parte interna, ma anche in quella superiore. Allora in che modo il Signore guardò Pietro con gli occhi del corpo? A me sembra che quello sguardo fu fatto in modo divino; e come si dice (Sal 12,4): «Guarda e ascoltami», e (Sal 6,5): «Volgiti, o Signore, e libera l’anima mia», così penso che venga detto: Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro.

BEDA: Il suo guardare è avere misericordia: poiché non solo quando si fa penitenza, ma anche per volerla compiere è necessaria la misericordia di Dio.

AMBROGIO: Finalmente, coloro verso i quali il Signore rivolge il suo sguardo, piangono i loro peccati; perciò prosegue: Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: Prima che il gallo canti, tre volte mi rinnegherai. E uscito fuori, pianse amaramente. Perché pianse? Perché sbagliò come uomo. Io leggo delle sue lacrime, non leggo del suo fare ammenda. Le lacrime lavano la colpa che ci si vergogna di confessare con le parole. Nella prima e seconda volta egli negò ma non pianse, perché fino a quel momento il Signore non l’aveva ancora guardato. Negò poi la terza volta, Gesù lo guardò ed egli pianse amaramente. Anche tu, se vuoi meritare il perdono, sciogli con le lacrime la tua colpa.

CRISOSTOMO: Ma Pietro non osava piangere in pubblico, per non venire scoperto attraverso il suo pianto; però, uscito fuori, pianse. Pianse non per il castigo, ma perché aveva rinnegato il suo amato Signore; e questo gli era più penoso di qualsiasi supplizio.

VERSETTI 63-71

Frattanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo percuotevano, lo bendavano e gli percuotevano il volto e lo interrogavano dicendo: Indovina: chi ti ha percosso? E molti altri insulti dicevano contro di lui. Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo con i sommi sacerdoti e gli Scribi; lo condussero davanti al sinedrio dicendo: Se tu sei il Cristo, diccelo. Gesù rispose: Se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete né mi lascerete andare. Ma da questo momento il Figlio dell’uomo starà seduto alla destra della potenza di Dio. Allora tutti esclamarono: Tu dunque sei il Figlio di Dio? Ed egli disse loro: Lo dite voi stessi che io lo sono. Risposero: Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca.

AGOSTINO: Quanto alla tentazione di Pietro che avvenne mentre il Signore veniva dileggiato, non tutti gli Evangelisti la raccontano nello stesso ordine; infatti Matteo e Marco raccontano anzitutto gli oltraggi del Signore e poi la tentazione di Pietro; invece Luca prima descrive la tentazione di Pietro e poi gli oltraggi del Signore, dicendo: Frattanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo percuotevano.

CRISOSTOMO: Il Signore del cielo e della terra sopporta di essere colpito e subisce gli scherni degli empi, dandoci un esempio di pazienza.

TEOFILATTO: Similmente il Signore dei Profeti viene deriso come un falso profeta. Poi continua: lo bendavano e gli percuotevano il volto e lo interrogavano dicendo: Indovina: chi ti ha percosso?

BEDA: Facevano queste cose come in oltraggio a colui che voleva essere considerato un Profeta dalla gente. Ma colui che viene colpito dai pugni dei Giudei, viene colpito anche ora dalle bestemmie dei falsi cristiani. Essi lo bendarono, non perché non vedesse i loro delitti, ma perché il suo volto fosse loro nascosto. Gli eretici, i Giudei e i cattivi Cattolici, irritandolo con le loro cattive azioni, come canzonandolo, dicono: chi ti ha percosso!, mentre non pensano che egli conosce i loro pensieri e le loro opere delle tenebre.

AGOSTINO: Ora, si pensa che il Signore abbia subito questi oltraggi fino al mattino nella casa del sommo sacerdote, dove era stato condotto in precedenza; donde segue: Appena fu giorno si riunì il consiglio degli anziani del popolo con i sommi sacerdoti e gli Scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero: Se tu sei il Cristo, diccelo.

BEDA. Non desideravano la verità, ma preparavano una calunnia. Poiché essi aspettavano che il Cristo sarebbe venuto soltanto come uomo, dalla stirpe di Davide, essi cercavano di sapere questo da lui, cosicché, se egli avesse detto: Io sono il Cristo, essi potessero accusarlo falsamente di reclamare per sé stesso il potere regale.

TEOFILATTO: Egli conosceva i segreti dei loro cuori: che non avendo creduto alle sue opere, ancor di meno avrebbero creduto alle sue parole. Donde segue: Gesù rispose: Anche se ve lo dico, non mi crederete.

BEDA: Infatti egli aveva detto frequentemente di essere il Cristo; per esempio, quando diceva (Gv 10,30): «Io e il Padre siamo una cosa sola» e altre cose simili. Se vi interrogo, non mi risponderete né mi lascerete andare. Infatti aveva chiesto loro in che modo essi dicevano che il Cristo è figlio di Davide quando Davide nello spirito lo chiamava suo Signore; in verità essi non volevano credere a lui mentre parlava, né rispondere a lui mentre interrogava. Ma poiché essi cercavano di accusare falsamente il seme di Davide, essi dovevano ascoltare dell’altro. Perciò continua: Ma da questo momento il Figlio dell’uomo starà seduto alla destra della potenza di Dio.

TEOFILATTO: Come se dicesse: Non c’è più tempo lasciato a voi per i discorsi e l’insegnamento, ma d’ora in poi ci sarà il tempo del giudizio, quando voi vedrete me, il Figlio dell’uomo, seduto alla destra della potenza di Dio.

CIRILLO: Ogniqualvolta si parla dello stare a sedere di Dio e del trono, si indica la dignità regale che governa tutto l’universo. Infatti non crediamo che ci sia una poltrona per il giudizio su cui il Signore si metta a sedere; e neppure che ci sia una destra ed una sinistra nella natura divina: infatti la figura, il luogo e il sedersi sono proprietà dei corpi. Ma in che modo il Figlio avrà pari onore e pari dignità regale, se non è Figlio secondo natura, dotato delle stesse proprietà del Padre?

TEOFILATTO: Infatti, udendo queste cose, essi avrebbero dovuto aver paura; invece dopo queste parole essi si infuriano ancora di più; perciò segue: Allora essi esclamarono: Tu dunque sei il Figlio di Dio?

BEDA: Il fatto che aveva detto di essere il Figlio di Dio lo intesero in quanto aveva detto: starà il Figlio dell’uomo seduto alla destra della potenza di Dio.

AMBROGIO: Ora, il Signore aveva preferito dimostrare piuttosto che dire che era re, affinché non avessero alcuna scusa per condannarlo coloro che confessano ciò che obiettano. Poi continua: Lo dite voi stessi che io lo sono.

CIRILLO: Mentre il Cristo diceva queste cose, la schiera dei Farisei si infiammò, pronunciando parole ignominiose; quindi segue: Risposero: Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca.

TEOFILATTO: Dal che risulta che il disobbediente non raccoglie alcun vantaggio quando gli sono rivelati i misteri più segreti, ma piuttosto incorre in castighi più gravi. Perciò tali cose dovrebbero restare loro nascoste.

CAPITOLO 23

VERSETTI 1-5

Alzatasi tutta l’assemblea, lo condussero da Pilato e cominciarono ad accusarlo: Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re. Pilato lo interrogò: Tu sei il re dei Giudei? Rispose: Tu lo dici. Pilato disse ai sommi sacerdoti e alla folla: Non trovo nessuna colpa in quest’uomo. Ma essi insistevano: Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui.

AGOSTINO: Luca, dopo aver finito di narrare il rinnegamento di Pietro, riassume ciò che accadde a Gesù durante la mattinata, ricordando alcune cose che gli altri avevano taciuto, e così compose un racconto dando una versione simile a quella degli altri, quando dice: Alzatasi tutta l’assemblea, lo condussero da Pilato.

BEDA: Affinché si adempisse il discorso di Gesù, il quale aveva predetto la sua morte (18,32): «Sarà consegnato ai Gentili», ossia ai Romani; infatti Pilato era Romano e i Romani lo avevano mandato in Giudea come governatore.

AGOSTINO: Poi narra ciò che accadde da Pilato nel modo seguente: e cominciarono ad accusarlo: Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re. Questo non lo dicono Matteo e Marco, sebbene dicano che lo accusavano; invece Luca manifesta anche i delitti che gli contestavano falsamente.

TEOFILATTO: Ora, evidentemente essi contrastano la verità: infatti il Signore non proibiva di pagare il tributo, ma anzi aveva ordinato di pagarlo. E in che modo sobillava il popolo: forse per prendere possesso di un regno? Ma ciò risulta incredibile a tutti, perché, mentre una gran folla voleva farlo re, egli sapendolo fuggì via.

BEDA: Ora, quanto alle due accuse mosse al Signore, cioè che proibiva di pagare il tributo a Cesare e si era proclamato Cristo re, può essere accaduto che lo stesso Pilato avesse udito che Gesù aveva detto (20,25): «Date a Cesare ciò che è di Cesare», e quindi, accantonando queste accuse come palesi bugie, egli ritenne opportuno soffermarsi soltanto su ciò che ignorava, cioè sulla questione del regno. Quindi prosegue: Pilato lo interrogò: Tu sei il re dei Giudei?

TEOFILATTO: A me sembra che egli faccia questa domanda al Cristo come per deridere l’obiezione del crimine contestato. Come se dicesse: tu, un uomo povero, umile e nudo, senza alcun aiuto, sei accusato di cercare un regno, per il quale avresti bisogno che molti ti aiutassero e di molto denaro.

BEDA: Egli risponde al governatore con le stesse parole che aveva adoperato per il capo dei sacerdoti, perché sia condannato con la sua stessa sentenza; infatti segue: Rispose: Tu lo dici.

TEOFILATTO: Ora essi, poiché null’altro veniva in soccorso alla loro calunnia, ricorrono all’aiuto degli schiamazzi; infatti continua: Ma essi insistevano: Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui. Come se dicessero: Corrompe il popolo, non solo in una parte della nazione, ma ha cominciato dalla Galilea ed è giunto fin qui, attraversando la Giudea. Ritengo che essi ricordino la Galilea non senza motivo, ma volendo incutere timore a Pilato. Infatti i Galilei erano degli scismatici e degli innovatori, come fu Giuda il Galileo, del quale si fa menzione negli Atti degli Apostoli.

BEDA: Con queste parole, tuttavia, essi non accusano lui, ma se stessi. Infatti che avesse ammaestrato il popolo e con il suo insegnamento l’avesse scosso dal torpore del tempo passato, e agendo così avesse attraversato tutta la terra promessa, non era un indizio di crimine, ma di virtù.

AMBROGIO: Ora, il Signore viene accusato e fa silenzio perché non ha bisogno di difesa: ricorrono alla difesa coloro che temono di essere sconfitti. Infatti, tacendo, non conferma l’accusa, ma la disprezza proprio non respingendola. Che cosa teme infatti chi non ricerca la salvezza? La salvezza di tutti si oppone alla sua, affinché ottenga la salvezza di tutti.

VERSETTI 6-12

Pilato, avendo sentito parlare della Galilea, domandò se Gesù fosse Galileo, e saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme. Visto Gesù, Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo desiderava vederlo per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispondeva nulla. C’erano là anche i sommi sacerdoti e gli Scribi che lo accusavano con insistenza. Allora Erode con i suoi soldati lo insulto e lo schernì, poi lo rivesti per derisione con una veste bianca e lo rimandò a Pilato. in quel giorno Erode e Pilato diventarono amici; prima infatti c’era stata inimicizia tra loro.

BEDA: Pilato, risoluto a non dar corso all’inchiesta relativa alla precedente accusa, qualora gli si fosse offerta l’occasione avrebbe desiderato piuttosto di rimanere libero dalla necessità di giudicare Gesù. Perciò si dice: Pilato, avendo sentito parlare della Galilea, domandò se Gesù fosse Galileo. E sapendo che era innocente e gli era stato consegnato per invidia, per non essere costretto a pronunciare una sentenza contro di lui, lo mandò da Erode perché venisse ascoltato, così che fosse lui, che era il tetrarca della patria del Salvatore, ad assolverlo o a punirlo. Quindi segue: e saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.

TEOFILATTO: In ciò egli seguiva la legge romana, che ordinava che qualsiasi delinquente fosse condannato dal sovrano della propria giurisdizione.

GREGORIO: Erode volle esplorare la fama del Cristo, poiché desiderava vedere i suoi miracoli. Continua: Visto Gesù, Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo desiderava vederlo.

TEOFILATTO: Non per ricavare qualche vantaggio dalla sua presenza, ma, spinto dal desiderio di novità, pensava di vedere un uomo strano, del quale aveva ascoltato che era un sapiente e capace di far miracoli. Perciò segue: per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Voleva anche sentire qualche cosa da lui per sapere che cosa diceva; per questo motivo lo interroga in modo quasi canzonatorio, deridendolo. Continua: Lo interrogò con molte domande. Gesù, che compiva ogni cosa con prudenza, e che, come attesta Davide, dispone tutte le cose con giustizia, ritenne cosa saggia conservare il silenzio su queste cose. Infatti la parola detta a colui che non ne trae alcun vantaggio diventa motivo di condanna. Perciò continua: ma Gesù non gli rispondeva nulla.

AMBROGIO: Fece silenzio e non operò nulla: perché la creduloneria di Erode non meritava di vedere le cose divine, e il Signore rifiutava la tracotanza; e forse in modo figurato in Erode erano rappresentati tutti gli empi, i quali, se non credono alla Legge e ai Profeti, non possono vedere nel Vangelo le opere mirabili di Cristo.

GREGORIO: Udendo queste cose, è opportuno che anche noi impariamo che tutte le volte che i nostri ascoltatori vogliono conoscere i nostri insegnamenti come per lodarli, ma non vogliono cambiare la loro condotta perversa, dobbiamo fare assoluto silenzio; per timore che, se pronunciamo la parola del Signore ostentatamente, coloro che erano colpevoli non cessino di esserlo e noi che non lo eravamo, lo diventiamo. Ci sono molte cose che tradiscono lo spirito di chi ascolta; soprattutto se i nostri ascoltatori lodano sempre ciò che ascoltano, ma non seguono mai ciò che lodano.

GREGORIO: Infatti il nostro Redentore, interrogato, fa silenzio, e sebbene fosse atteso, rifiuta di operare miracoli; e conservando sé stesso nei propri segreti, lascia fuori senza accettarli quanti egli sa che cercano le cose esteriori, preferendo piuttosto di venire disprezzato apertamente dai superbi che di essere lodato dalla vuota parola dei non credenti; perciò segue: C’erano là anche i sommi sacerdoti e gli Scribi che lo accusavano con insistenza. Allora Erode con i suoi soldati lo insultò e lo schernì, poi lo rivesti per derisione con una veste bianca e lo rimandò a Pilato.

AMBROGIO: Non è senza motivo che egli viene rivestito da Erode con una veste bianca, come segno della sua passione immacolata, poiché l’agnello di Dio senza macchia avrebbe preso su di sé gloriosamente i peccati del mondo.

TEOFILATTO: Ora, considera in che modo il diavolo viene ostacolato dalle cose stesse che egli compie; egli accumula derisioni e oltraggi contro il Cristo, dai quali risulta che il Signore non è affatto un sovversivo: altrimenti non sarebbe deriso dalla plebe, resa sospetta e in cerca di novità. L’invio del Cristo da Pilato a Erode segnò poi l’inizio della loro amicizia reciproca, indicando che Pilato non usurpava per sé coloro che erano soggetti a Erode. Perciò si aggiunge: In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici; prima infatti c’era stata inimicizia fra loro. Fa’ attenzione al diavolo che riunisce ovunque cose separate, per realizzare la morte di Cristo. Pertanto vergogniamoci, se per la nostra salvezza non conserviamo neppure i nostri amici in unione con noi.

AMBROGIO: Inoltre nella tipologia di Erode e di Pilato che per opera di Gesù Cristo da nemici sono diventati amici, viene conservata la figura del popolo di Israele e della nazione dei Gentili, del fatto cioè che mediante la passione del Signore ci sarà l’unione di entrambi; però in modo tale che anzitutto il popolo dei Gentili accolga la parola di Dio e quindi trasmetta la sua professione di fede al popolo dei Giudei, e così anch’essi con la gloria della loro maestà possano vestire il corpo di Cristo che prima avevano disprezzato.

BEDA: Oppure questa alleanza tra Erode e Pilato significa che i Gentili e i Giudei, sebbene diversi nella razza, nella religione e nella mentalità, sono alleati nel perseguitare i Cristiani.

VERSETTI 13-25

Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo, disse: Mi avete portato quest’uomo come sobillatore del popolo; ecco, l’ho esaminato davanti a voi ma non ho trovato in lui nessuno dei crimini di cui voi lo accusate, e neanche Erode; infatti vi ho rimandato a lui ed ecco, egli non è stato convinto di nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo castigato, lo rilascerò. Pilato era in obbligo nel giorno della festa di liberare un prigioniero. Ma essi si misero a gridare tutti insieme: A morte costui! Dacci libero Barabba. Questi era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù. Ma essi gridavano dicendo: Crocifiggilo, crocifiggilo. Ed egli per la terza volta disse loro: Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque lo castigherò e lo rilascerò. Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta fosse eseguita. Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano e abbandonò Gesù alla loro volontà.

AGOSTINO: Luca, tornando alle cose che si svolgevano presso il governatore, da cui si era scostato per narrare quanto era accaduto presso Erode, dice quanto segue: Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo disse: mi avete portato quest’uomo come un sobillatore del popolo; ecco l’ho esaminato davanti a voi ma non ho trovato in lui nessuno dei crimini di cui voi lo accusate. Qui capiamo che egli ha omesso la parte in cui Pilato chiede al Signore che cosa aveva da rispondere ai suoi accusatori.

AMBROGIO: Qui Pilato, che come giudice assolve il Cristo, diviene il ministro della sua crocifissione. Viene inviato a Erode e viene rispedito a Pilato. Perciò segue: e neanche Erode; infatti vi ho rimandato a lui ed ecco, egli non è stato convinto di nulla che meriti la morte. Sebbene entrambi rifiutino di considerarlo colpevole, tuttavia per paura Pilato si piega alla crudele volontà altrui.

TEOFILATTO: Perciò con la testimonianza di due uomini si mostra che Gesù è innocente; in verità i Giudei che lo accusavano non portarono nessun teste a cui fosse opportuno credere. Perciò guarda in che modo la verità sia superiore. Gesù tace e i suoi nemici testimoniano a suo favore; i Giudei gridano ad alta voce, ma nessuno di loro conferma il proprio clamore.

BEDA: Periscano pertanto quegli scritti che, composti tanto tempo dopo Cristo, non mostrano che egli fu accusato di arti magiche contro Pilato, ma piuttosto che gli scrittori stessi devono essere accusati di tradimento e di menzogna contro il Signore.

TEOFILATTO: Perciò Pilato, indolente e non abbastanza severo per la verità, poiché aveva paura delle accuse, soggiunge: Perciò dopo averlo castigato lo rilascerò.

BEDA: Come se dicesse: Lo sottoporrò a tutti i supplizi e gli scherni che voi volete, purché non siate assetati del sangue di un innocente. Poi continua: Pilato era in obbligo nel giorno della festa di liberare un prigioniero. Era obbligato non per ordine di una legge imperiale, ma per la consuetudine annuale della gente che egli era contento di compiacere.

TEOFILATTO: Infatti i Romani avevano concesso ai Giudei di regolarsi secondo leggi e riti propri. Ora, era costume dei Giudei chiedere perdono al sovrano per coloro che erano stati condannati, come avevano pregato Saul per Gionata. Così viene soggiunto riguardo a questa richiesta: Ma essi si misero a gridare tutti insieme: A morte costui! Dacci libero Barabba. Questi era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio.

AMBROGIO: Non senza ragione chiedono l’assoluzione di un omicida coloro che sollecitano l’esecuzione di un innocente. Queste sono le leggi dell’iniquità, che ciò che l’innocenza odia, il delitto lo ami. Qui poi l’interpretazione del nome offre una somiglianza figurativa, poiché Barabba corrisponde al latino «figlio del padre». Infatti coloro ai quali è stato detto (Gv 8,44): «Voi avete per padre il diavolo», sono rappresentati come coloro che preferiscono al vero Figlio di Dio il figlio del loro padre, cioè l’Anticristo.

BEDA: La loro domanda rimane incollata ancora ai Giudei fino ad oggi. Infatti fino a quando essi ebbero la possibilità di scegliere, scelsero un ladro al posto di Gesù, un assassino al posto del Salvatore; giustamente essi persero sia la vita che la salvezza, e furono talmente soggetti a saccheggi e rivolte tra di loro da perdere il proprio paese e il regno.

TEOFILATTO: Così dunque la gente che una volta era stata santa ora si abbandona al furore di uccidere; e mentre il pagano Pilato proibisce l’uccisione, prosegue: Pilato parlò loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù. Ma essi gridavano dicendo: Crocifiggilo, Crocifiggilo. Essi desiderano uccidere un innocente con un pessimo genere di morte, cioè crocifiggendolo. Coloro che, crocifissi, pendevano dal legno, inchiodati alle mani e ai piedi, venivano uccisi con una morte prolungata affinché il dolore non finisse presto. Ma la morte di croce era stata scelta dal Signore, cosicché, vinto il diavolo, come un trofeo venisse posta sulla fronte dei fedeli.

TEOFILATTO: Pilato per la terza volta cerca di assolvere Cristo; per cui segue: Ed egli per la terza volta disse loro: Ma che male ha fatto? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque lo castigherò e lo rilascerò.

BEDA: Questo castigo con cui Pilato cercò di accontentare il popolo, per timore che la sua rabbia lo spingesse a uccidere Gesù, le parole di Giovanni attestano che egli non solo lo minacciò, ma lo eseguì, accompagnandolo con gli scherni e la flagellazione. Ma poiché essi vedevano che tutte le accuse che avevano portato contro Gesù risultavano smontate dall’accurato interrogatorio di Pilato, alla fine essi ricorrono solamente alle suppliche; onde segue: Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano.

TEOFILATTO: Essi gridavano per la terza volta contro Gesù, affinché con questa terza voce facessero conoscere che l’uccisione di Cristo era loro opera, che avevano estorto con la supplica; infatti segue: Pilato allora decise che la loro richiesta fosse eseguita. Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano e abbandonò Gesù alla loro volontà.

CRISOSTOMO: Infatti essi pensavano di poter affermare che Gesù era peggiore del brigante, e così colpevole da non dover essere liberato né per pietà né per il privilegio della festa.

VERSETTI 26-32

Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che piangevano e facevano lamenti su di lui Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma su voi stesse e sui vostri figli. Poiché verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato. Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci! Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco? Venivano condotti con lui anche altri due malfattori, per essere giustiziati.

GLOSSA: Dopo aver narrato la condanna di Cristo, Luca tratta adeguatamente della crocifissione, quando dice: Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù.

AGOSTINO: Ora, Giovanni dice che Gesù portava sulle spalle la croce; perciò si deve intendere che egli stesso trasportava la sua croce quando usciva verso il luogo chiamato Calvario. Ma durante il viaggio Simone venne importunato e fu costretto a portare la croce fino a quel luogo; infatti nessun altro accettava di portare la croce, perché quel legno era considerato abominevole, perciò, come se si trattasse di una iattura, essi imposero a Simone il Cireneo di portare la croce, mentre gli altri si rifiutavano. Qui si adempie il detto di Isaia (9,6): «E il principato fu posto sulle sue spalle»; infatti il principato di Cristo è la sua croce, per causa della quale, secondo l’Apostolo, Dio lo ha esaltato. E come in segno di dignità alcuni portano il cinturone, altri la mitra, così il Signore la croce. E se indaghi, troverai che il Cristo non regna in noi in modo diverso che mediante le difficoltà; per questo accade che gli amanti dei piaceri sono nemici della croce.

AMBROGIO: Perciò Cristo, portando la croce, porta da vincitore il proprio trofeo; la croce viene posta sulle spalle perché, sia che la porti Simone o Cristo stesso, è Cristo che la porta nell’uomo e l’uomo in Cristo. Né i pareri degli Evangelisti discordano, quando il mistero concorda. Ed è il giusto ordine del nostro progresso che il Cristo dovesse portare egli stesso per primo il trofeo della croce, e successivamente lo affidasse ai martiri per erigerlo. Non è un Giudeo colui che porta la croce, ma uno straniero e un pellegrino, e non precede ma segue, come sta scritto (9,23): «Prenda ogni giorno la sua croce e mi segua».

BEDA: Ora Simone obbedisce, infatti Cirene significa erede; perciò con lui vengono indicati i popoli dei Gentili, i quali, mentre in passato erano stati pellegrini e ospiti dei Testamenti, ora con l’obbedienza sono diventati eredi di Dio. Simone poi, venendo dalla campagna, porta la croce dietro a Gesù poiché, abbandonati i riti pagani, abbraccia con obbedienza le impronte della passione del Signore. Infatti «villa» in greco viene chiamato il villaggio (pagus) da cui proviene il nome di «pagani».

TEOFILATTO: Oppure porta la croce di Cristo chi proviene dalla campagna, ossia abbandona questo mondo e le sue opere per tendere verso Gerusalemme, cioè verso la libertà celeste. Da ciò si ricava un insegnamento non piccolo. Infatti chi è maestro al modo di Cristo, deve anzitutto prendere egli stesso la croce, e con il timore di Dio crocifiggere la propria carne e così imporla ai sudditi e a coloro che obbediscono. Ora, segue il Cristo anche una moltitudine di gente e di donne; infatti si aggiunge: Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che piangevano e facevano lamenti su di lui.

BEDA: Una gran folla seguiva la croce del Signore, ma non con lo stesso spirito: infatti il popolo che aveva chiesto la sua morte lo seguiva per vederlo con gioia morire; le donne invece per piangere su colui che stava per morire. Però non lo accompagnava soltanto il pianto delle donne, perché c’era anche un numero non piccolo di uomini che era afflittissimo per la sua passione; ma ciò accadeva perché il sesso più debole poteva esprimere più liberamente i propri sentimenti.

CIRILLO: Amante delle lacrime è sempre il sesso femminile, che è dotato di uno spirito portato alla pietà.

TEOFILATTO: Con ciò si indica che anche una grande moltitudine di Giudei, che credeva in Gesù, seguiva la croce. Ma, lo spirito debole, indicato dal sesso femminile, se mediante la penitenza di un cuore contrito piange, segue Gesù afflitto per la nostra salvezza. Perciò le donne piangono per compassione. Non bisogna però piangere su colui che soffre volontariamente, ma bisogna piuttosto applaudirlo; perciò Gesù vieta loro di piangere; quindi prosegue: Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me.

BEDA: Poiché la sua pronta risurrezione scioglierà i legami della morte e la sua morte distruggerà sia ogni morte, sia l’autore stesso della morte. Va osservato poi che quando egli parla di figlie di Gerusalemme, non si riferisce soltanto a quelle che erano venute con lui dalla Galilea, ma anche ai cittadini e alle donne della città che si erano uniti ai seguaci di Gesù.

TEOFILATTO: Egli invita coloro che piangono su di lui a rivolgere il loro sguardo ai mali futuri e a piangere su di essi; infatti continua: ma piangete su voi stesse e sui vostri figli.

CIRILLO: Significando che in futuro le donne sarebbero state private dei loro figli; infatti con lo scoppiare della guerra nella terra dei Giudei molti periranno simultaneamente, sia piccoli che grandi. Perciò segue: Poiché verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non avranno generato e le mammelle che non avranno allattato.

TEOFILATTO: Cioè quando le donne in modo crudele arrostiranno i loro figli e il ventre che aveva generato in modo doloroso avrebbe ricevuto di nuovo il suo frutto.

BEDA: Con questi giorni egli significa il tempo dell’assedio e della prigionia che piomberà su di loro da parte dei Romani, dei quali in precedenza aveva detto (Mt 24,19): «Guai alle donne incinte e che nutriranno in quei giorni». Ora è naturale, sotto il pericolo imminente della prigionia da parte del nemico, cercare rifugio in luoghi alti e occulti, in cui gli uomini si possano nascondere; per cui si dice: Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci. Infatti Giuseppe riferisce che, mentre i Romani premevano, i Giudei facevano a gara a rifugiarsi nelle caverne dei monti e nelle spelonche dei colli. Le parole «beate le sterili» possono anche essere intese di coloro di entrambi i sessi che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli; e ciò che viene detto alle montagne: Cadete su di noi e copriteci, può riferirsi al momento in cui ciascuno, memore della propria fragilità, in crisi per le tentazioni che gli piombano addosso, cerca protezione nell’esempio, nelle esortazioni e nelle preghiere di alcuni grandi e santi uomini. Poi segue: Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?

GREGORIO: Egli chiama sé stesso legno verde e noi legno secco, perché egli ha in sé stesso la forza della divinità; noi invece, che siamo dei semplici uomini, ci chiamiamo legno secco.

TEOFILATTO: Come se dicesse ai Giudei: se i Romani si sono accaniti in modo così feroce contro di me, legno fruttifero, sempre verde, che cosa non faranno contro di voi, un popolo che è un legno secco, privo di qualsiasi virtù vivificante e che non porta alcun frutto?

BEDA: Oppure, come se dicesse a tutti: Se io, che non ho commesso nessun peccato, chiamato legno della vita, non esco dal mondo senza il fuoco della passione, quale tormento aspetterà coloro che sono senza frutto?

TEOFILATTO: Ora il diavolo, volendo produrre una cattiva opinione sul Signore, fece crocifiggere con lui anche due predoni; perciò segue: Venivano condotti con lui anche altri due malfattori, per essere giustiziati.

VERSETTO 33

Quando giunsero al luogo detto Calvario, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra.

ATANASIO: Quando il genere umano divenne corrotto, allora Cristo espose il suo corpo; affinché dove venne seminata la corruzione, ivi sorgesse l’incorruzione. Perciò egli viene crocifisso nel luogo del Calvario. Infatti si dice: Quando giunsero al luogo detto Calvario, là crocifissero lui; questo luogo, i dottori dei Giudei affermano che era stato il sepolcro di Adamo.

BEDA: Oppure diversamente. Fuori della porta c’erano i luoghi dove erano troncate le teste dei condannati, da cui il nome di Calvario, ossia dei decapitati. E così, come colpevole tra i colpevoli, egli fu crocifisso per la salvezza di tutti; affinché là dove aveva abbondato il peccato, sovrabbondasse la grazia (Rom 5,20).

CIRILLO: Ora, non è lo stesso unigenito Figlio di Dio nella sua natura divina che patì le cose proprie del corpo, ma piuttosto nella natura terrena. Infatti dello stesso unico Figlio di Dio bisogna dire che divinamente non ha patito, ma ha patito dal punto di vista umano.

EUSEBIO: Ma se diversamente, dopo essere vissuto tra gli uomini, sparendo improvvisamente fosse scappato via, sfuggendo alla morte, dagli uomini sarebbe stato paragonato a un fantasma: e come se qualcuno ci volesse mostrare che un vaso è incombustibile, che cioè trionfa sulla natura del fuoco, lo metterebbe tra le fiamme e poi lo estrarrebbe illeso, cosi il Verbo di Dio, volendo mostrare che lo strumento di cui si servì per l’umana salvezza era superiore alla morte, in quanto mortale lo espose alla morte per mostrare la sua natura; quindi, poco dopo, lo strappò alla morte come segno della sua divina potenza. Questa è la prima causa della morte di Cristo. La seconda è la manifestazione della potenza divina del Cristo che abita nel corpo. Infatti vedendo che gli uomini antichi divinizzavano coloro che avevano subito la loro stessa fine, chiamandoli eroi e dèi, egli insegna che si deve divinizzare, dopo morto, solo colui che, vinta la morte, viene incoronato con il trofeo della vittoria. La terza causa è che ci sia una vittima che sia immolata per tutto il genere umano; immolata la quale, tutto il potere dei demoni svanisca e ogni errore venga cancellato. Ma c’è anche un’altra causa della morte salvifica: perché i discepoli, con una fede segreta, potessero contemplare la risurrezione dopo la morte. Pertanto veniva loro insegnato ad innalzare le loro speranze, sicché, disprezzando la morte, potessero affrontare con coraggio la dura battaglia contro gli errori.

CRISOSTOMO: Il Salvatore non venne a cancellare la sua morte, che non aveva, essendo la vita, ma quella degli uomini; perciò non con la propria morte egli depose il proprio corpo, ma con quella infertagli dagli uomini. Ma se il suo corpo si fosse ammalato, si fosse decomposto alla vista di tutti, sarebbe stata una cosa sconveniente che colui che guariva le malattie degli altri avesse un corpo soggetto alle malattie. Ma se senza malattia egli avesse deposto il proprio corpo in qualche luogo separato, per poi ricomparire di nuovo, nessuno gli avrebbe creduto quando parlava della risurrezione; infatti è necessario che la morte preceda la risurrezione. Quindi per quale motivo avrebbe dovuto predicare pubblicamente la risurrezione, mentre fosse morto di nascosto? Indubbiamente, se queste cose fossero accadute in segreto, quali calunnie non avrebbero escogitato gli uomini increduli? In che modo poteva risplendere la vittoria di Cristo sulla morte se, dopo averla sofferta davanti agli uomini, non la dimostrasse estinta mediante la incorruttibilità del corpo? Ma dirai: avrebbe dovuto almeno escogitare una morte gloriosa, così da evitare l’ignominia della croce. Ma se avesse fatto questo, si sarebbe reso sospetto come se non avesse il potere nei confronti di qualsiasi morte. Come quindi il pugile che abbatte colui che i nemici gli hanno presentato, si mostra il più forte di tutti, così la vita di tutti gli uomini prese su di sé quella morte che i suoi nemici gli inflissero, perché era la più crudele, infame e detestabile, ossia la morte in croce, affinché, superata questa, venisse completamente distrutto il dominio della morte. Perciò non gli viene amputato il capo come a Giovanni; né viene segato come Isaia, affinché il suo corpo sia conservato integro e indivisibile nella morte, e non diventi un pretesto per coloro che vogliono dividere la Chiesa. Egli voleva inoltre sopportare la maledizione in cui eravamo incorsi, assumendo la morte maledetta, cioè sulla croce, secondo quanto viene detto nel Deuteronomio 21: «Maledetto l’uomo che pende dal legno». Inoltre sulla croce egli muore con le mani distese, per attirare a sé, con una mano, il popolo antico e, con l’altra, coloro che provengono dai Gentili, e unendoli entrambi a sé stesso. Ancora, morendo sulla croce egli purifica l’aria dai demoni e ci prepara l’ascesa al cielo.

TEOFILATTO: E poiché la morte era entrata per mezzo del legno, era anche necessario che fosse sterminata per mezzo del legno, e che il Signore, passando vittorioso attraverso le sofferenze del legno, sconfiggesse i piaceri che provenivano dal legno.

GREGORIO NISSENO: Ma la figura della croce, che da un punto centrale si estende verso quattro punti terminali, significa la potenza e la provvidenza, dovunque diffuse, di colui che è ad essa sospeso.

AGOSTINO: Neppure scelse invano questo genere di morte, per essere maestro della larghezza, dell’altezza, della lunghezza e della profondità di cui parla l’Apostolo. Infatti la larghezza si trova in quel pezzo di legno che è fissato in alto in modo trasversale: questo appartiene alle opere buone, perché lì si stendono le mani. La lunghezza si trova in quel pezzo dello stesso legno che si vede stendersi fino a terra: su di esso in qualche modo si sta fermi, cioè si persiste e si persevera, e questo viene attribuito alla pazienza. L’altezza si trova in quella parte del legno che è fissata sul legno trasversale ma è orientata dal basso in alto, cioè verso la testa del crocifisso, perché è la suprema attesa di coloro che sperano nelle cose migliori. Infine quella parte del legno che è nascosta e conficcata nella terra ma che tutto sorregge, significa la profondità della grazia gratuita.

CRISOSTOMO: Inoltre crocifissero da entrambe le parti due malfattori, per renderlo partecipe del loro sospetto; perciò segue: due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Ma non è così che vanno le cose; infatti di loro due non si dice nulla, mentre la croce di costui viene onorata ovunque. I re che depongono i loro diademi, prendono la croce: la croce risplende ovunque, sulle porpore, sui diademi, sulle armi, sulla sacra mensa. Non così le cose umane; infatti mentre sono in vita coloro che agirono strenuamente, risplendono le loro gesta, ma, una volta morti, muoiono anch’esse. Invece in Cristo capita tutto il contrario: infatti prima della croce tutte le cose sono tristi, mentre, una volta crocifisso, tutte le cose si illuminano; perché tu riconosca che colui che è stato crocifisso non era un semplice uomo.

BEDA: I due malfattori che sono stati crocifissi con Cristo significano coloro che sotto la fede in Cristo soffrono o le pene del martirio oppure le regole di una più rigorosa continenza. Ma coloro che fanno questo per l’eterna gloria imitano il ladro di destra; mentre coloro che lo fanno per guadagnarsi la lode degli uomini, imitano il ladro di sinistra.

VERSETTI 34-37

Gesù diceva: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno. Dopo essersi poi divise le vesti, le tirarono a sorte. Il popolo stava a vedere, i capi lo schernivano dicendo: Ha salvato gli altri, salvi sé stesso se è il Cristo di Dio, il suo eletto Anche i soldati lo schernivano e gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso.

CRISOSTOMO: Poiché il Signore aveva detto (Mt 5,44): «Pregate per i vostri persecutori», fece questo anche salendo sulla croce, perciò segue: Gesù diceva: Padre, perdona loro, non perché non potesse egli stesso perdonare, ma per insegnarci a pregare per coloro che ci perseguitano, non solo con le parole, ma anche con le opere. Ora dice: perdona, se si pentono. Infatti egli è favorevole a chi si pente se è disposto, dopo tanta malvagità, a lavare le proprie colpe con la fede.

BEDA: Né si deve pensare che qui egli abbia pregato invano, ma egli ottenne il frutto della sua preghiera per coloro che credettero nella sua passione. Tuttavia bisogna osservare che egli non pregò per coloro che intendevano crocifiggere il Figlio di Dio e non vollero riconoscerlo, ma per coloro che non sapevano quello che facevano, avendo lo zelo di Dio, ma non secondo scienza. Perciò soggiunge: perché non sanno quello che fanno.

Il GRECO: Ma quanto a coloro che dopo la crocifissione restano increduli, nessuno pensi che siano scusati dall’ignoranza, a causa della gran voce con cui i segni e i miracoli proclamavano che egli era Dio.

AMBROGIO: È importante considerare in quale condizione egli sale sulla croce: infatti lo vedo nudo. Perciò allo stesso modo salga chi vuole sconfiggere il mondo, e non cerchi gli aiuti del mondo. Infatti Adamo, che cercava dei vestiti, fu sconfitto; invece vince chi depone le coperture e ascende tale quale la natura ci ha formato, essendo Dio il nostro Creatore; tale il primo uomo aveva abitato nel Paradiso e tale il secondo uomo entrò nel Paradiso. Giustamente, mentre saliva sulla croce, egli depose i vestiti regali, perché tu sappia che egli ha patito come uomo e non come Dio re, sebbene il Cristo fosse l’uno e l’altro.

ATANASIO: Colui che per causa nostra assunse anche tutte le nostre condizioni, si vestì dei nostri indumenti, segni della morte di Adamo, per poterli dismettere e al loro posto rivestirci con la vita e l’incorruttibilità. Prosegue: Dopo essersi poi divise le vesti le tirarono a sorte.

TEOFILATTO: Infatti, forse, molti di loro erano bisognosi, oppure facevano questo come oltraggio e per una certa libidine: infatti che cosa di prezioso trovavano in quel vestito?

BEDA: Nella sorte sembra che sia raccomandata la grazia di Dio; infatti, quando qualche cosa viene tirata in sorte, non ci si affida ai meriti della persona, ma al giudizio nascosto di Dio.

AGOSTINO: Ciò viene raccontato brevemente dai tre Evangelisti, mentre Giovanni spiega qui in modo più dettagliato come ciò venne fatto.

TEOFILATTO: Essi dunque fecero ciò in modo irrisorio: infatti, quando i capi schernivano, che cosa si deve dire della plebe? Infatti segue: Il popolo che aveva chiesto che fosse crocifisso, stava a vedere, la sua fine, i capi lo schernivano.

AGOSTINO: Poiché dice i capi e non aggiunge: dei sacerdoti, egli abbraccia con un nome generico tutti i superiori, così che lì si possono intendere gli Scribi e gli anziani.

BEDA: E questi, sebbene involontariamente, confessano che egli ha salvato gli altri; infatti continua: Ha salvato gli altri, salvi sé stesso se è il Cristo di Dio, il suo eletto.

ATANASIO: Ora, il Signore voleva essere riconosciuto Salvatore vero non salvando sé stesso, ma liberando la creatura. Infatti neppure il medico viene riconosciuto come medico perché cura sé stesso, a meno che non mostri la sua arte verso i più deboli: così il Signore, essendo il Salvatore, non aveva bisogno della salvezza e neppure voleva essere riconosciuto come Salvatore discendendo dalla croce, ma morendo; infatti la morte del Salvatore porta una salvezza molto più grande che la discesa dalla croce.

Il GRECO: Il diavolo, vedendo che non c’era nessuna difesa, era alquanto confuso, e non trovando nessun altro rimedio, cercò alla fine di offrire dell’aceto al Salvatore. Infatti segue: Anche i soldati lo schernivano e gli si accostavano per porgergli dell’aceto. Ma il diavolo non sapeva che faceva ciò contro sé stesso: infatti egli forniva l’amarezza dell’ira causata dalla violazione della legge al Salvatore, il quale, assumendola, la distruggeva, sicché, al posto dell’aceto, ci dà il vino come bevanda, preparato dalla sapienza.

TEOFILATTO: I soldati presentarono a Cristo l’aceto come se servissero un re; infatti segue: Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso.

BEDA: E bisogna osservare che i Giudei, bestemmiando, irridono il nome di Cristo, che era stato loro consegnato dall’autorità della Scrittura; mentre i soldati, che non conoscevano le Scritture, insultano non il Cristo scelto da Dio, ma il re dei Giudei.

VERSETTI 38-43

C’era anche una scritta sopra il suo capo in termini greci, latini ed ebraici: Questi è il re dei Giudei. Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava dicendo: Se tu sei il Cristo, salva te stesso e noi. Ma l’altro lo rimproverava dicendo: Neanche tu temi Dio, pur essendo condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, ma egli non ha fatto nulla di male. E diceva a Gesù: Signore, ricordati di me quando verrai nel tuo regno. Gesù gli disse: In verità ti dico, oggi sarai con me in Paradiso.

TEOFILATTO: Fa’ attenzione a un’altra sagacità del demonio usata contro il Cristo: infatti egli promulga l’accusa contro Gesù nella triplice figura dell’alfabeto, affinché a nessuno dei passanti sfuggisse la ragione per cui egli era stato sospeso al legno della croce, cioè perché si faceva re; si dice infatti: C’era anche una scritta sopra il suo capo in termini greci, latini ed ebraici: Questi è il re dei Giudei, con cui si significava che i Romani, che erano la più potente delle nazioni, i Greci, che erano i più saggi, e i Giudei, che adoravano massimamente Dio, dovevano essere soggetti all’impero di Cristo.

AMBROGIO: A buon diritto il titolo viene posto sopra la croce, poiché il regno di Cristo non appartiene al corpo umano, ma alla potenza divina. Leggo il titolo di re dei Giudei quando leggo (Gv 18,36): «Il mio regno non è di questo mondo». Leggo la causa di Cristo scritta sopra il suo capo, quando leggo (Gv 1,1): «E il Verbo era Dio»; infatti «il capo di Cristo è Dio» (1 Cor 11,3).

CIRILLO: L’altro ladrone vomitava gli stessi improperi insieme con i Giudei; infatti continua: Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava dicendo: Se tu sei il Cristo, salva anche noi; mentre l’altro cercava di porre un freno alle sue parole; segue infatti: Ma l’altro lo rimproverava: Neanche tu temi Dio pur essendo condannato alla stessa pena? Egli invece confessa la propria colpa dicendo: Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni.

CRISOSTOMO: Qui il condannato svolge il ruolo di giudice, e comincia dalla verità nel valutare di aver confessato i propri delitti davanti a Pilato dopo molti tormenti. Poiché il giudizio dell’uomo al quale sfuggono le cose segrete è di una specie, e il giudizio di Dio che penetra nei cuori è di un’altra. Nel primo il castigo segue la confessione, mentre nel secondo la confessione è il principio della salvezza. Ma egli dichiara anche innocente lo stesso Cristo, quando soggiunge: egli non ha fatto nulla di male. Come se dicesse: Vedi una nuova ingiuria: l’innocenza viene condannata assieme al delitto. Noi viventi uccidiamo; egli risuscita i morti; noi abbiamo rubato le cose degli altri; egli ci comanda di distribuire le cose proprie. Così il beato ladrone ammaestra gli astanti, pronunciando le parole con cui rimproverava l’altro. Ma vedendo la sordità degli astanti, egli ritorna a colui che legge i segreti del cuore; infatti continua: E diceva a Gesù: Signore, ricordati di me quando verrai nel tuo regno. Guardi il Crocifisso, ma confessi il Signore: vedi la figura del condannato, ma annunci la dignità del re; circondato da mille mali, chiedi alla fonte della giustizia di ricordarsi della tua iniquità, e dirai: io scopro il tuo regno nascosto dietro il tuo obbrobrio apparente; e tu allontani i miei delitti pubblici e accogli la fede delle intenzioni nascoste. L’iniquità ha usurpato il discepolo della verità, e la verità non cambierà il discepolo dell’iniquità?

GREGORIO: Sulla croce i chiodi hanno fissato le mani e i piedi; nulla rimase libero dalle torture se non il cuore e la lingua. Su ispirazione di Dio, gli offrì tutto ciò che trovò libero in sé stesso; affinché, secondo quanto sta scritto (Rm 10,10), con il cuore si credesse per la giustizia e con la bocca si facesse la professione per la salvezza. Ora, le tre virtù che ricorda l’Apostolo, immediatamente ripieno di grazia il ladrone le ricevette e le conservò sulla croce. Infatti aveva la fede, egli che credette che Dio avrebbe regnato e lo vide morire con sé stesso; aveva la speranza, avendo chiesto l’entrata nel suo regno; e nella sua morte possedette veramente anche la carità, avendo rimproverato della sua iniquità il suo fratello e socio che moriva per lo stesso delitto.

AMBROGIO: Ora viene dato un esempio bellissimo della ricerca della conversione, visto che il perdono viene concesso così velocemente al ladrone. Rapidamente concede il perdono il Signore perché egli si converte rapidamente, e la grazia è più abbondante della preghiera: infatti il Signore dona sempre più di quanto gli viene richiesto. Quegli lo pregava perché si ricordasse di lui; ma riguardo al Signore si continua: Gesù gli disse: In verità ti dico, oggi sarai con me in Paradiso. Infatti la vita consiste nell’essere con Cristo, e dov’è Cristo ivi c’è il suo regno.

TEOFILATTO: E come qualsiasi re che ritorna vittorioso porta con sé come trionfo il meglio delle sue prede, così anche il Signore porta con sé in Paradiso il ladrone dopo avere spogliato il demonio di una porzione del suo bottino.

CRISOSTOMO: Qui si può vedere il Signore tra i due ladroni, ossia la bilancia della giustizia che esamina la fede e l’infedeltà. Il demonio scaccia Adamo dal Paradiso; mentre Cristo porta il ladrone in Paradiso davanti a tutto il mondo e davanti agli Apostoli. Con la sola parola, con la sola fede lo introdusse in Paradiso, affinché nessuno, dopo il peccato, debba disperare di entrarvi. Osserva la rapidità del cambiamento: dalla croce al cielo, dalla condanna al Paradiso, perché tu possa sapere che il Signore fece ogni cosa non in base alle buone intenzioni del ladrone, ma della sua misericordia. Ma se è già stata concessa la ricompensa dei buoni, forse che la risurrezione diviene superflua? Infatti, se egli introdusse il ladrone in Paradiso, tuttavia il suo corpo corrotto restò fuori, perché non esisteva ancora la risurrezione dei corpi. Alcuni diranno: ma la carne, che fu partecipe delle fatiche, sarà privata dei premi? Senti Paolo che dice (1 Cor 15,53): «Bisogna che questo corpo corruttibile rivesta l’incorruttibilità». Ora, se il Signore ha promesso il regno dei cieli e ha introdotto il ladrone in Paradiso, tuttavia non gli ha ancora concesso il premio. Ma essi dicono: egli chiamò Paradiso il regno dei cieli, usando un nome familiare nel rivolgersi al ladrone, che non conosceva nulla degli insegnamenti difficili. Altri però non leggono in questo modo: oggi sarai con me in Paradiso, ma nel modo seguente: Io ti dico oggi, e conseguentemente: sarai con me in paradiso. Noi aggiungiamo una soluzione ancora più chiara, notando che, come quando i medici vedendo qualcuno disperato dicono: sei già morto, così anche al ladrone, poiché non aveva più paura del suo ritorno alla perdizione, viene detto che sarebbe entrato in Paradiso.

TEOFILATTO: Ma questa è la cosa più vera di tutte, che, anche se il ladrone e gli altri santi non hanno ottenuto tutte le promesse, affinché essi non siano resi perfetti senza di noi, come si dice in Eb 11,40, ciononostante essi si trovano già nel regno dei cieli e in Paradiso.

GREGORIO NISSENO: Ma qui dobbiamo esaminare nuovamente in che modo il ladrone viene considerato degno del Paradiso, visto che una spada fiammeggiante impedisce l’ingresso dei santi. Ma considera che la parola del Signore dice che essa è versatile, così che, mentre impedisce l’ingresso agli indegni, mostra per contro il libero ingresso alla vita a coloro che ne sono degni.

GREGORIO: Oppure quella spada fiammeggiante viene detta versatile perché egli conosceva che sarebbe venuto un tempo in cui essa sarebbe stata tolta; quando egli sarebbe venuto e con il mistero dell’incarnazione ci avrebbe aperto la via del Paradiso.

AMBROGIO: Ma bisogna anche spiegare perché gli altri, cioè Matteo e Marco, presentano due ladroni che insultano, mentre Luca ne presenta uno che insulta e un altro che difende; forse perché anche quest’ultimo, dapprima, aveva insultato ma poi improvvisamente si convertì. Si può anche parlare tuttavia di uno al plurale, come nel testo degli Ebrei 11,37: «Furono lapidati, sottoposti a dure prove, segati, morirono di spada ecc.», mentre solo Elia vestì pelli caprine e soltanto Isaia fu segato. In senso mistico i due ladroni rappresentano i due popoli peccatori che dovevano essere crocifissi con il battesimo assieme al Cristo; mentre il loro disaccordo rappresenta la diversità fra i credenti.

BEDA: Infatti «Quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte» (Rm 6,3). Mentre eravamo infatti peccatori, con il battesimo siamo stati purificati; invece altri, mentre glorificano Dio che soffre nella carne, sono incoronati; altri infine, poiché rifiutarono di avere la fede o le opere del battesimo, sono privati del dono che avevano ricevuto.

VERSETTI 44-46

Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. Gesù, gridando a gran voce, disse: Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito. Dicendo questo spirò.

CIRILLO: Dopo aver consegnato alla croce il Signore di ogni cosa, tutta l’impalcatura del mondo piangeva il suo Signore, e «si oscurò la luce del giorno», secondo Amos (8,9); perciò si dice: Era verso mezzogiorno quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, che è un indizio sicuro che le anime dei crocifissori avrebbero patito una tenebra profonda.

AGOSTINO: Ciò che viene detto circa le tenebre viene confermato anche dagli altri due, Matteo e Marco; ma Luca aggiunge anche la ragione per cui si fece buio quando soggiunge: il sole si eclissò.

AGOSTINO: Egli mostra abbastanza bene che l’eclisse del sole non si verificò secondo il corso normale delle stelle, perché allora era la Pasqua dei Giudei, che si fa solennemente durante il plenilunio; mentre la mancanza del sole si ha soltanto con la luna nuova.

DIONIGI: Quando ci trovavamo entrambi ad Eliopoli, entrambi abbiamo osservato allo stesso tempo che la luna incrociava il sole in un modo meraviglioso (perché non era il tempo della luna nuova) e poi di nuovo dall’ora nona fino a sera fu riportata soprannaturalmente al diametro del sole. Inoltre abbiamo osservato che questo incontro della luna cominciò da oriente e, giunto alla fine del corpo solare, tornò poi indietro, e l’assenza e la restituzione non avvenne come accade di solito, ma dal lato opposto del diametro.

Il GRECO: Questo prodigio avvenne perché fosse evidente che colui che aveva assunto la morte era il padrone di ogni creatura.

AMBROGIO: Il sole tramonta per i sacrileghi, per adombrare la scena dei loro delitti; le tenebre discendono sugli occhi dei malvagi, affinché la luce della fede possa sorgere di nuovo.

BEDA: Ora Luca, volendo aggiungere un miracolo al miracolo, soggiunge: Il velo del tempio si squarcio nel mezzo. Ciò avvenne mentre il Signore spirava, come confermano Matteo e Marco, ma Luca lo narra in anticipo.

TEOFILATTO: Ora, in questo modo il Signore mostrava che il Santo dei Santi non era più inviolabile, ma, consegnato ai Romani, sarebbe stato contaminato e l’ingresso aperto a tutti.

AMBROGIO: Anche il velo viene squarciato, e con ciò viene indicata la divisione dei due popoli e la profanazione della Sinagoga. Viene squarciato il velo antico affinché la Chiesa possa sollevare i nuovi veli della sua fede. Viene sospeso il velo della Sinagoga perché i segreti misteri della religione siano rivelati e li possiamo vedere con lo sguardo della mente.

TEOFILATTO: Inoltre con ciò si mostra che il velo che ci separava dalle cose sacre che si trovano in cielo viene lacerato, ossia l’inimicizia di Dio e il peccato.

AMBROGIO: Inoltre, quando bevve l’aceto, si compì ogni mistero della mortalità che era stata assunta, e rimase soltanto l’immortalità; perciò continua: Gesù, gridando a gran voce, disse: Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.

BEDA: Invocando il Padre egli proclama di essere il Figlio di Dio; mentre, consegnando lo spirito, non accenna a una mancanza di potere, ma insinua la sua fiducia nello stesso potere con il Padre.

AMBROGIO: Muore la carne affinché risorga lo spirito; si affida al Padre, affinché le realtà celesti siano liberate dalle catene dell’iniquità, e così ci sia pace nei cieli, in modo che anche le realtà terrene la possano seguire.

CIRILLO: Ora, questa voce insegna che le anime dei giusti non sono più rinchiuse negli inferi come prima, ma si trovano presso Dio, e principio di ciò è diventato il Cristo.

ATANASIO: Infatti per mezzo di sé stesso egli consegna al Padre tutti i mortali che sono stati vivificati in lui; poiché noi siamo sue membra, secondo il detto dell’Apostolo (Gal 3,28): «In Cristo siamo tutti una cosa sola».

GREGORIO NISSENO: Ora, conviene cercare in che modo allo stesso tempo il Signore divide sé stesso in tre: nelle viscere della terra, come aveva detto ai Farisei; nel Paradiso di Dio, come dice al ladrone; nelle mani del Padre, come dice adesso. Ma a chi considera le cose rettamente, ciò non sembra neppure degno di discussione; infatti colui che, grazie alla sua divina potenza, si trova presente ovunque, è presente in ogni luogo.

AMBROGIO: Pertanto viene consegnato al Padre lo spirito; ma poiché si trova nella sfera superiore, egli illumina anche quelle cose che si trovano in basso, per redimere ogni cosa; infatti Cristo è ogni cosa e ogni cosa si trova in Cristo.

GREGORIO NISSENO: C’è anche un’altra soluzione, poiché nel tempo della passione nessuna delle parti dell’umanità, che una volta erano unite, fu perduta dalla divinità, la quale separò spontaneamente l’anima dal corpo, ma mostrò di essere presente in entrambe le cose; infatti con il corpo con cui assunse la morte, confutò il potere della morte, e con l’anima preparò al ladrone l’ingresso in Paradiso. Isaia (49,16) dice della Gerusalemme celeste che non è diversa dal Paradiso: «Le tue mura ho prodotto con le mie mani». Perciò è chiaro che chi è in Paradiso si trova nelle mani del Padre. DAMASCENO: Oppure, parlando più espressamente, egli si trovava nel sepolcro con il corpo e negli inferi secondo l’anima, ma come Dio si trovava in Paradiso con il ladrone, ed era sul trono della gloria insieme con il Padre e lo Spirito santo.

TEOFILATTO: Gridando ad alta voce spirò, poiché c’era in lui il potere di deporre la sua anima e di riprenderla; perciò segue: Dicendo questo spirò.

AMBROGIO: Come se dicesse: consegnò lo spirito perché non lo perdette involontariamente; infatti ciò che si emette è volontario, mentre ciò che si perde è necessario.

VERSETTI 47-49

Vedendo ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: «Veramente quest’uomo era giusto». Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, e vedendo ciò che accadeva, se ne tornavano percuotendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti assistevano da lontano, e così le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, vedendo queste cose.

AGOSTINO: Poiché dopo quella voce egli rese immediatamente lo spirito, soprattutto coloro che erano presenti ammiravano questa scena: infatti coloro che erano sospesi in croce erano straziati da una lunga morte; perciò si dice: Visto ciò che era accaduto il centurione glorificava Dio: Veramente quest’uomo era giusto.

AGOSTINO: Infatti non c’è alcuna contraddizione nel fatto che Matteo dice che alla vista del terremoto il centurione si meravigliò, mentre Luca dice che egli si meravigliò allorché Gesù, emesso un forte grido, spirò, mostrando quale potere egli aveva quando morì. Ora, per il fatto che Matteo parla non solo del terremoto, ma aggiunge (27,54): «E le cose che succedevano», mostra che c’era ampio spazio perché Luca dicesse che il centurione si meravigliò della morte del Signore. Ma che Luca abbia anche detto: Visto ciò che era accaduto, mostra che egli include in quella espressione generica tutte le cose meravigliose che ebbero luogo in quell’ora, come se raccontasse un evento mirabile di cui tutti gli altri miracoli non sono che parti e membra. Che poi un altro Evangelista dica (Matteo 27,54) che il centurione affermò: «Veramente questi era il figlio di Dio», mentre Luca dice: Veramente quest’ uomo era giusto, può farci pensare che siano due cose diverse; ma possiamo anche pensare che entrambe le frasi siano state dette dal centurione, e che quello (Matteo) abbia ricordato una frase, e costui (Luca) abbia ricordato l’altra; oppure, forse, Luca ha voluto esprimere la sentenza con cui il centurione ha detto che Gesù è il Figlio di Dio; infatti forse il centurione non aveva compreso che l’Unigenito è uguale al Padre, ma l’aveva detto figlio di Dio perché lo riteneva giusto, come molti giusti sono detti figli di Dio. Che poi Matteo ricordi anche coloro che erano con il centurione, mentre Luca non ne parli, non implica contraddizione, perché uno dice ciò che l’altro tace; e Matteo soggiunge (27,54): «Temettero grandemente»; mentre Luca non dice: temette, ma glorificava Dio; ora, chi non capisce che, temendo Dio, uno lo glorifica?

TEOFILATTO: Si vede così che sortisce il suo effetto ciò che il Signore aveva preannunciato (Gv 12,32): «Quando sarò innalzato da terra, trarrò tutto a me». Infatti, innalzato sulla croce, attirò a sé il ladrone e il centurione e alcuni dei Giudei, dei quali si dice: Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, e vedevano ciò che accadeva, se ne tornavano percuotendosi il petto.

BEDA: Che si battessero il petto, in segno di lutto e di penitenza, lo si può intendere in due modi: infatti coloro che l’avevano amato in vita erano addolorati per la sua morte ingiusta, mentre coloro che si ricordavano di avere invocato la sua morte, tremavano vedendolo ulteriormente glorificato dopo morte. Ora, bisogna notare che i Gentili che temevano Dio, lo glorificavano con una voce di aperta confessione, mentre i Giudei, che si battevano soltanto il petto, facevano ritorno a casa in silenzio.

AMBROGIO: O petti dei Giudei più duri dei sassi! Il giudice assolve, l’ufficiale crede, il traditore con la sua morte condanna il proprio delitto, gli elementi si dissolvono, la terra trema, le tombe si spalancano, mentre la durezza dei Giudei resta immobile, sebbene tutto il mondo rimanga scosso.

BEDA: Pertanto a buon diritto per mezzo del centurione viene indicata la fede della Chiesa, la quale, mentre la Sinagoga tace, rende testimonianza al Figlio di Dio. Ora si compie quel lamento che il Signore rivolge al Padre: (Sal 87,19): «Hai allontanato da me l’amico e il vicino e i miei conoscenti a cagione della mia miseria»; perciò continua: tutti i suoi conoscenti assistevano da lontano.

TEOFILATTO: Ma il genere femminile, una volta maledetto, rimane e vede tutto; infatti segue: e così le donne che l’avevano seguito fin dalla Galilea, vedendo queste cose. E così esse sono le prime a essere ristorate con la giustificazione o con la benedizione che fluisce dalla passione, come pure con la resurrezione.

VERSETTI 50-56

C’era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta. Non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Egli era di Arimatea, una città dei Giudei, e aspettava anche lui il regno di Dio. Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto. Era il giorno della Parasceve e già splendevano le luci del sabato. Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il comandamento.

Il GRECO: C’era un certo Giuseppe, un discepolo segreto di Cristo: rompendo finalmente la catena del timore e divenuto più fervente, depose il corpo del Signore obbrobriosamente pendente dalla croce, guadagnando così una gemma preziosa con la mitezza delle sue parole. Perciò si dice: C’era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio.

BEDA: Viene detto «decurio» perché era membro della curia e ne amministrava gli uffici. Si suole inoltre chiamare curiale chi attende a uffici civili. Pertanto era grande la dignità di Giuseppe nel mondo, ma ancora più grande il merito che si guadagnò presso Dio; pertanto segue: Egli era una persona buona e giusta. Non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Egli era di Arimatea, una città dei Giudei. Arimatea è anche Ramatha, la città di Elcana e Samuele.

AGOSTINO: Giovanni dice che era un discepolo di Gesù; perciò qui si aggiunge: e aspettava anche lui il regno di Dio. Ora, giustamente commuove il fatto che colui che per paura era rimasto un discepolo segreto di Gesù, osi chiedere il suo corpo, cosa che nessuno di quelli che l’avevano seguito apertamente aveva osato fare; infatti continua: Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Ma si deve pensare che egli abbia fatto questo in base alla propria dignità, per cui poteva entrare facilmente da Pilato. Nel compiere tuttavia quell’estremo rito funebre sembra che egli si sia preoccupato meno dei Giudei, sebbene fosse sua abitudine, nell’ascoltare il Signore, evitare la loro ostilità.

BEDA: Essendo dunque adatto per la giustizia delle sue opere a seppellire il corpo del Signore, la dignità del suo potere secolare lo rendeva degno di ottenere questo permesso. Perciò continua: Lo calò dalla croce e lo avvolse in un lenzuolo. Con la semplice sepoltura del Signore viene condannata l’ambizione dei ricchi, i quali neppure nei sepolcri riescono a fare a meno delle loro ricchezze.

ATANASIO: Ancora agiscono in modo assurdo coloro che imbalsano i corpi dei loro morti e non li seppelliscono, sebbene siano santi; infatti che cosa c’è di più santo o di più grande del corpo del Signore? E tuttavia esso fu posto in un sepolcro fino a quando risorse di nuovo il terzo giorno. Quindi continua: e lo depose in una tomba scavata nella roccia.

BEDA: Nella roccia, affinché, se fosse stato costruito con molte pietre e dopo la risurrezione fossero state smosse le fondamenta della tomba, non si dicesse che era stato portato via con il furto. Viene inoltre deposto in una tomba nuova; infatti continua: nella quale nessuno era stato ancora deposto: perché, qualora fossero rimasti i resti di altri corpi, non venisse il sospetto che non fosse stato quello del Salvatore a risuscitare. Dato poi che l’uomo fu creato nel sesto giorno, giustamente il Signore nel sesto giorno venne crocifisso per compiere il mistero della salvezza umana. Poi segue: Era il giorno della Parasceve, che significa preparazione, e con questo nome chiamavano la feria sesta, perché in quel giorno si preparavano le cose che sarebbero state necessarie per il sabato seguente. Ma poiché il settimo giorno il Creatore riposò dalla sua opera, il sabato il Signore riposò nel sepolcro; perciò prosegue: e già splendevano le luci del sabato. Ma in precedenza abbiamo letto (v. 49): Tutti i suoi conoscenti assistevano da lontano, e così le donne che lo avevano seguito. Mentre questi conoscenti di Gesù, dopo la deposizione del suo corpo, fecero ritorno alle loro abitazioni, soltanto le donne, che lo amavano più fortemente dopo aver eseguito il funerale, desideravano vedere il luogo dove veniva deposto; perciò segue: Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù: affinché in tempo opportuno gli potessero offrire il dono della loro devozione.

TEOFILATTO: Non avevano però ancora la fede dovuta, ma secondo il rito dei Giudei, come se fosse un semplice uomo, preparavano gli aromi e gli unguenti, poiché erano queste le cose che esibivano ai defunti. Quindi prosegue: poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati.

BEDA: Infatti sepolto il Signore, fino a quando era consentito di lavorare, ossia fino al tramonto del sole, furono occupate a preparare i profumi. Esisteva il comando che nel giorno di sabato si osservasse il silenzio, ossia il riposo, dalla sera fino alla sera; infatti prosegue: Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il comandamento.

AMBROGIO: In senso mistico un giusto seppellisce il corpo di Cristo. Infatti la sepoltura di Cristo è tale da non possedere alcuna frode o iniquità. A buon diritto Matteo chiama questo uomo ricco, poiché, portando colui che è veramente ricco, ignorò la povertà della fede. Il giusto ricopre il corpo di Cristo con una sindone; rivesti anche tu il corpo di Cristo con la sua gloria, per diventare a tua volta giusto. E se credi che sia morto, ricoprilo con la pienezza della sua divinità. Ma anche la Chiesa è vestita con la grazia dell’innocenza.

BEDA: Avvolge Gesù in una sindone immacolata chi lo riceve con una mente pura.

AMBROGIO: Un Evangelista non senza ragione parla di un sepolcro nuovo, mentre un altro parla della tomba di Giuseppe; infatti la tomba viene preparata per coloro che sono soggetti alla legge della morte, mentre il vincitore della morte non possiede una propria tomba. Che c’è infatti di comune fra la tomba e Dio? Egli viene rinchiuso nella tomba da solo perché la morte di Cristo, benché sia comune secondo natura, è singolare secondo il suo potere. Ma Cristo viene giustamente seppellito nella tomba di un giusto, affinché egli possa riposare nella dimora della giustizia. Infatti questa tomba, il giusto l’ha scavata nella pietra della durezza dei Gentili con la parola penetrante, affinché la potenza di Cristo possa estendersi sopra le nazioni. E in modo assai appropriato una pietra è stata rotolata contro la tomba. Infatti chiunque ha seppellito in sé stesso il Cristo lo custodisca con diligenza per non perderlo e perché non ci sia alcun ingresso per la perfidia.

BEDA: Che il Signore poi venga crocifisso il sesto giorno e che nel settimo giorno riposi nel sepolcro, significa che nella sesta età del mondo dobbiamo soffrire per il Signore ed essere come crocifissi al mondo; mentre nella settima età, ossia dopo la morte, i corpi giaceranno nella tomba mentre le anime riposeranno con il Signore. Ma anche nel tempo presente le sante donne, cioè le anime umili, ferventi nell’amore, si dedicano diligentemente alla passione di Cristo, e, se per caso sono in grado di imitarlo, considerano attentamente ogni passo secondo l’ordine con cui la Passione fu compiuta. E dopo aver letto, udito e ricordato tutte queste cose, esse passano immediatamente a preparare le opere delle virtù in cui Cristo si diletta, affinché, terminata la Parasceve della vita presente, possano essere in grado di incontrare il Cristo con i profumi delle azioni spirituali nel riposo beato al tempo della risurrezione.

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