DICIANNOVESIMA DOMENICA TEMPO ORDINARIO – ANNO C


Vangelo Commentato dai Padri

DICIANNOVESIMA DOMENICA TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Vangelo di Luca 12, 32-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno.
Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignuola non consuma. Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore».
«Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Qual è dunque l’amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l’aspetta e in un’ora che non sa, e lo punirà con rigore, assegnandogli il posto fra gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

VERSETTI 32-34

Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno. Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina: fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove il ladro non arriva e la tignola non consuma. Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.

GLOSSA: Dopo aver rimosso dal cuore dei suoi discepoli la preoccupazione per le cose temporali, qui il Signore esclude da loro il timore, dal quale procede la preoccupazione eccessiva, dicendo: Non temere, piccolo gregge.

TEOFILATTO: Il Signore chiama piccolo gregge coloro che vogliono diventare suoi discepoli: o perché in questo mondo i santi sembrano piccoli per la loro povertà volontaria, oppure perché sono superati dalla moltitudine degli Angeli, che sovrastano in modo incomparabile le nostre cose.

BEDA: Il Signore chiama anche piccolo il gregge degli eletti o a confronto del maggior numero dei reprobi, oppure piuttosto per la loro devota umiltà.

CIRILLO: Ora egli fa vedere per quale motivo essi non devono temere, aggiungendo: perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno. Come se dicesse: come può colui che fa dono di cose così preziose essere restio nel mostrare la sua misericordia verso di voi? Infatti benché questo gregge sia piccolo per natura, numero e gloria, tuttavia la bontà del Padre ha concesso anche a questo piccolo gregge la stessa sorte degli spiriti celesti, ossia il regno dei cieli. Quindi per possedere il regno dei cieli, disprezzate le ricchezze terrene; perciò soggiunge: vendete ciò che possedete e datelo in elemosina.

BEDA: Come se dicesse: Non temete che a coloro che combattono per il regno di Dio manchino le cose necessarie a questa vita, anzi vendete i vostri possedimenti per darli in elemosina: questo viene fatto degnamente quando un uomo che per il suo Signore ha abbandonato tutto ciò che aveva, poi lavora con le proprie mani così da essere in grado di guadagnarsi da vivere e dare agli altri in elemosina.

CRISOSTOMO: Infatti non c’è peccato che l’elemosina non riesca ad abolire, essendo un antidoto adatto a qualsiasi ferita; ma l’elemosina non si fa solo con il danaro, bensì anche con le cose, come quando un uomo soccorre un altro, per esempio quando un medico guarisce o un uomo saggio dà dei consigli.

GREGORIO NAZIANZENO: Ora, temo che tu pensi che gli atti di compassione non siano necessari, ma liberi. Io stesso ero di questo parere; ma sono stato terrorizzato dai capri situati sul fianco sinistro, non perché rapinavano, ma perché non si riconciliavano con Cristo soccorrendo i bisognosi.

CRISOSTOMO: Infatti senza l’elemosina è impossibile vedere il regno di Dio. Come infatti una sorgente, se trattiene le acque in sé stessa, si guasta, altrettanto i ricchi quando conservano ogni cosa per sé stessi.

BASILIO: Ma qualcuno domanderà: su quale base si deve pensare che sia necessario vendere ciò che si possiede? Forse perché queste cose sono naturalmente dannose, o a causa delle tentazioni che suscitano nelle nostre anime? A ciò si deve rispondere in primo luogo che ogni singola cosa che esiste, se fosse cattiva in sé stessa, non sarebbe una creatura di Dio; infatti ogni creatura di Dio è buona; in secondo luogo perché il comando divino non insegna a gettare via come cattive le cose che si posseggono, ma a distribuirle, dicendo: datele in elemosina.

CIRILLO: Forse questo comando è fastidioso per i ricchi; ma per coloro che sono sani di mente non è inutile: infatti tesorizzano per sé il regno dei cieli. Perciò prosegue: fatevi borse che non invecchiano.

BEDA: Ossia compiendo elemosine la cui ricompensa resterà in eterno: dove questo precetto non dev’essere inteso in modo tale che i santi non debbano salvaguardare nessuna moneta per il proprio uso o per l’uso dei poveri; poiché il Signore stesso, che era assistito dagli Angeli, si dice che avesse una cassa in cui conservava le offerte dei fedeli; ma affinché Dio non fosse obbedito per amore di queste cose, e per timore della povertà la giustizia non venisse abbandonata.

GREGORIO NISSENO: Egli ci ordina poi di fondare in alto le nostre ricchezze sensibili e terrene, dove non arriva la potenza della corruzione; perciò soggiunge: un tesoro inesauribile nei cieli, dove il ladro non arriva e la tignola non consuma.

TEOFILATTO: Come se dicesse: Qui la tignola distrugge, ma non nei cieli. E poiché c’è una tignola che non consuma, aggiunge il ladro; infatti l’oro non viene distrutto dalla tignola, ma il ladro lo porta via.

BEDA: Quindi sia che ciò venga inteso semplicemente nel senso che il danaro salvaguardato viene meno, ma dato al prossimo prepara un frutto perenne nei cieli; sia nel senso che il tesoro delle opere buone, se viene accumulato in vista di un vantaggio terreno, si corrompe subito e perisce, ma se viene accumulato soltanto con una finalità celeste (non per il favore esterno degli uomini, che viene come portato via dall’esterno dai ladri, né per quello interno della vanagloria, che viene come consumato dalla tignola che lacera dall’interno), non può essere contaminato.

GLOSSA: Oppure i ladri sono gli eretici e i demoni, che sono occupati a spogliarci delle cose spirituali. La tignola che corrode di nascosto le vesti è l’invidia che rovina i sani desideri e distrugge la compagine dell’unità.

TEOFILATTO: Inoltre, poiché con il furto non sono tolte tutte le cose, adduce una ragione più forte che non ammette alcuna obiezione dicendo: Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore: come se dicesse: Sia pure che né la tignola corrompa né il ladro sottragga, il semplice avere un cuore attaccato a un tesoro nascosto e sprofondare sotto terra l’opera di Dio, cioè l’anima, di quale grande castigo non è degno?

EUSEBIO: Infatti l’uomo è naturalmente legato a ciò che costituisce l’oggetto dei suoi desideri, e concentra la sua anima dove suppone che si trovi il proprio bene. Perciò se qualcuno concentra tutta la sua mente e la sua intenzione, che qui egli chiama «cuore», nelle cose terrene, egli vive per le cose terrene, mentre se concentra la sua mente nelle cose celesti, là sarà fissata la sua mente, così che sembri che viva con gli uomini soltanto con il corpo, mentre con l’anima egli ha già fatto il suo ingresso nelle mansioni celesti.

BEDA: Ciò non va inteso soltanto del danaro, ma di tutte le passioni: per i lussuriosi sono tesori i banchetti, per i lascivi i giochi, per i dissoluti i piaceri.

VERSETTI 35-40

Siate pronti con la cintura ai fianchi e le lucerne accese nelle vostre mani; siate simili a coloro che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze per aprirgli subito, appena arriva e bussa. Beati quei servi che il padrone al suo arrivo troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le vesti, li farà mettere a tavola e passando li servirà. E se giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba li troverà così, beati loro! Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate!

TEOFILATTO: Il Signore, dopo avere insegnato ai suoi discepoli la moderazione, sottraendoli a qualsiasi preoccupazione o presunzione della vita, ora li induce al servizio dicendo: Siate pronti con la cintura ai fianchi, ossia sempre inclinati a compiere le opere del Signore, e le lucerne accese, cioè non conducete le vostre vite nelle tenebre, ma ci sia in voi la luce della ragione che vi fa vedere che cosa dovete fare e da che cosa dovete fuggire: poiché questo mondo è una notte. Ma sono cinti ai fianchi coloro che si dedicano alla vita attiva; tale è infatti la disposizione dei servitori, essere muniti di lucerne accese, cioè del dono del discernimento: affinché l’uomo attivo sia in grado di distinguere non solo che cosa bisogna fare, ma anche in quale modo; altrimenti gli uomini precipitano nel burrone della superbia. Ora, bisogna osservare che in primo luogo egli dice che bisogna portare la cintura ai fianchi, e in secondo luogo che è necessario che le lucerne siano accese; infatti per prima viene l’operazione e per seconda la speculazione, che è un’illuminazione della mente. Cerchiamo quindi di esercitare le virtù, per avere due lucerne accese, ossia la concezione della mente, che brilla continuamente nell’anima e da cui siamo illuminati, e l’insegnamento con cui illuminiamo gli altri.

MASSIMO: Oppure insegna che dobbiamo avere le lucerne accese con la preghiera, la contemplazione e l’amore spirituale.

CIRILLO: Oppure essere cinti significa l’agilità e la prontezza nel sopportare i mali in considerazione dell’amore di Dio, mentre la lucerna accesa significa che non dobbiamo sopportare che gli altri vivano nelle tenebre dell’ignoranza.

GREGORIO: Oppure in un altro modo. Noi cingiamo i nostri fianchi quando freniamo la lussuria della carne con la penitenza: infatti negli uomini la lussuria si trova nei fianchi, nelle donne nell’ombelico. Perciò dal sesso principale col nome di fianchi si designa la lussuria. Ma poiché è una piccola cosa non fare il male, a meno che gli uomini non si sforzino anche di compiere delle opere buone, si aggiunge: e le lucerne accese; che noi teniamo nelle mani quando con le opere buone facciamo vedere esempi di luce al nostro prossimo.

AGOSTINO: Oppure insegna a cingere i fianchi con la continenza dall’amore delle cose mondane, e ad avere le lucerne accese affinché ciò avvenga per il vero fine e con retta intenzione.

GREGORIO: Ma se si compiono entrambe queste cose, chiunque egli sia non gli rimane altro da fare che riporre tutta la sua speranza nella venuta del suo Salvatore; perciò soggiunge: siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze. Il Signore se ne andò alle nozze perché, salendo al cielo come uomo nuovo, uni a sé stesso la moltitudine degli Angeli.

TEOFILATTO: Ogni giorno anche nei cieli il Signore sposa le anime dei santi, che Paolo e altri gli offrono come una vergine casta. Ma egli ritorna dalla celebrazione delle nozze celesti, forse per tutti alla fine del mondo, quando verrà dal cielo nella gloria del Padre; forse anche nelle singole ore trovandosi presente alla morte di ogni singolo individuo.

CIRILLO: Considera anche il fatto che egli viene dalle nozze come da una festa, nella quale si trova sempre la divinità; infatti nulla può recare afflizione alla natura incorruttibile.

GREGORIO NISSENO: Oppure secondo un’altra interpretazione. Concluse le nozze e sposata la Chiesa, e dopo averla ammessa al talamo dei segreti, gli Angeli attendono il ritorno del re alla sua beatitudine naturale. E noi dobbiamo regolare la nostra vita sul loro esempio (degli Angeli); perché come loro, vivendo senza peccato, erano pronti ad accogliere il ritorno del Signore, così anche noi, vigilanti, ci rendiamo pronti all’ubbidienza quando verrà e busserà alla porta; infatti prosegue: per aprirgli subito, appena arriva e bussa.

GREGORIO: Egli viene certamente quando si affretta a giudicare; invece bussa quando con la molestia della malattia fa sentire che la morte è ormai vicina. Noi gli apriamo subito se lo accogliamo con amore. Infatti non vuole aprire al giudice che bussa chi si agita per l’uscita dal corpo e ha paura di incontrare il giudice che si ricorda di avere disprezzato; invece chi è tranquillo nella sua speranza e nella sua operazione, apre subito a chi bussa: poiché quando scopre che il tempo della morte si avvicina, si rallegra per la gloria della ricompensa; perciò soggiunge: Beati quei servi che il padrone al suo arrivo troverà ancora svegli (vigilantes). Vigila chi tiene gli occhi della sua mente aperti per vedere la vera luce; chi con le sue opere conserva ciò che crede; chi respinge da sé le tenebre del torpore e della negligenza.

GREGORIO NISSENO: Perché si osservi questa vigilanza in precedenza il Signore aveva esortato a cingere i propri fianchi e ad accendere le lucerne: infatti la luce opposta agli occhi allontana la sonnolenza degli occhi stessi, e i fianchi stretti con la cintura fanno sì che il corpo non si addormenti; infatti chi è cinto con la castità e illuminato dalla coscienza pura, persevera insonne.

CIRILLO: Perciò, quando il Signore venendo troverà i suoi servi vigilanti con la cintura ai fianchi e dotati di un cuore illuminato, li proclamerà beati: infatti prosegue: in verità vi dico. si cingerà le vesti; dal che comprendiamo che egli ci ricompenserà allo stesso modo, visto che si cinge assieme a coloro che portano la cintura ai fianchi.

ORIGENE: Infatti sarà cinto ai fianchi con la cintura della giustizia, secondo Isaia.

GREGORIO: Con essa si cinge, ossia si prepara al giudizio.

TEOFILATTO: Oppure si cinge per il fatto che non elargisce tutta l’abbondanza delle sue benedizioni, ma la riduce secondo una certa misura. Infatti chi può ricevere Dio in tutta la sua grandezza? Perciò si dice che i Serafini si coprono con un velo a causa dell’eccellenza del divino splendore. Continua: li farà mettere a tavola, cioè completamente a riposo: infatti chi si trova a tavola fa riposare tutto il suo corpo; così nella seconda venuta i santi si riposeranno interamente. Qui infatti non avranno il riposo del corpo, mentre là i corpi spirituali, avendo ricevuto insieme con l’anima anche l’incorruttibilità, godranno di un completo riposo.

CIRILLO: Li farà dunque sedere a tavola, come per rifocillare delle persone stanche, presentando loro dei piaceri spirituali e ordinando una mensa copiosa dei suoi doni.

DIONIGI: Infatti noi concepiamo il sedersi a tavola come un riposo da molte fatiche, una vita senza ferite, la divina conversazione di coloro che dimorano nella regione della luce arricchita di santi sentimenti e un abbondante versamento di tutti i doni, con cui sono riempiti di gioia. La ragione per cui Gesù li fa mettere a sedere è perché egli possa concedere loro un riposo perpetuo, e per distribuire loro una grande moltitudine di beni. Perciò prosegue: e passando li servirà.

TEOFILATTO: Come rendendosi uguale a loro: allo stesso modo in cui essi gli avevano prestato servizio, così anche lui lo presta loro.

GREGORIO: E passando, viene detto di quando farà ritorno per il giudizio relativo al suo regno. Oppure il Signore passa da noi dopo il giudizio, e ci innalza dalla forma dell’umanità alla contemplazione della sua divinità.

CIRILLO: Ora, il Signore conosceva l’inclinazione della fragilità umana verso il peccato, però, essendo buono, non ammette che disperiamo, ma ha compassione e ci dà il pentimento come un rimedio salutare. Perciò soggiunge: E se giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba li troverà così, beati loro! Coloro che fanno la guardia alle mura della città e la difendono dall’assalto dei nemici dividono la notte in tre o quattro veglie.

GREGORIO: La prima veglia è il primo periodo della nostra vita, ossia la puerizia; la seconda l’adolescenza o la giovinezza; la terza la vecchiaia. Perciò chi non ha voluto vigilare nella prima veglia, faccia la guardia nella seconda, e chi non ha voluto vigilare nella seconda non tralasci di rimediare nella terza: cosicché chi ha omesso di convertirsi nella puerizia, si ravveda durante la gioventù o la vecchiaia.

CIRILLO: Della prima veglia non fa alcuna menzione perché l’infanzia non viene punita da Dio, ma merita il perdono. Invece la seconda e la terza età devono l’obbedienza a Dio e devono condurre una vita onesta secondo la sua volontà.

II GRECO: Oppure alla prima veglia appartengono coloro che vivono in modo più diligente avendo ottenuto il primo grado; alla seconda appartengono coloro che mantengono la misura di una conversazione moderata; alla terza quelli che sono inferiori a questi due; lo stesso si deve pensare della quarta e, se succede, anche della quinta: infatti le misure della condotta sono diverse e il giusto remuneratore distribuisce a ciascuno secondo i propri meriti.

TEOFILATTO: Oppure, poiché le veglie sono le ore della notte che provocano il sonno negli uomini, intendi che anche nella nostra vita ci sono alcune ore che ci rendono beati se siamo trovati svegli. Qualcuno ti ha sottratto i tuoi possedimenti, i tuoi figli sono morti; sei stato accusato, ma se in questo tempo non hai compiuto alcuna cosa contro i comandamenti di Dio, egli ti troverà vigilante nella seconda e nella terza veglia, cioè nel tempo cattivo che produce un sonno cattivo alle anime oziose.

GREGORIO: Ma per scuotere la pigrizia della nostra mente, ci sono presentati anche i danni esterni mediante una similitudine. Perciò soggiunge: Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa.

TEOFILATTO: Alcuni pensano che questo ladro sia il demonio, che la casa sia l’anima, che il padrone sia l’uomo; ma questa accezione non sembra corrispondere con le cose seguenti: infatti la venuta del Signore viene paragonata al ladro in quanto arriva all’insaputa, secondo quanto dice l’Apostolo (1 Ts 5,2): «Il giorno del Signore verrà come un ladro di notte». Perciò qui viene soggiunto: Anche voi tenetevi pronti perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate.

GREGORIO: Oppure in un altro modo. All’insaputa del padrone il ladro irrompe nella casa, poiché, mentre lo spirito dorme anziché vegliare, la morte giunge inattesa e irrompe nell’abitazione della nostra carne; mentre, se vigilasse, si opporrebbe al ladro, poiché, stando in guardia rispetto alla venuta del giudice, che prende segretamente la sua anima, gli andrebbe incontro pentendosi, per non perire senza pentimento. Ma il Signore vuole che l’ultima ora ci sia sconosciuta, affinché non riuscendo a prevederla, ci prepariamo incessantemente ad essa.

VERSETTI 41-46

Allora Pietro disse: Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti? Il Signore rispose: Qual è dunque l’amministratore fedele e saggio che il Signore porrà a capo della sua servitù per distribuire a tempo debito la razione del cibo? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà impegnato in questo modo. In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare e bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l’aspetta e in un’ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto tra gli infedeli.

TEOFILATTO: Pietro, al quale era già stata affidata la Chiesa, chiese se il Signore avesse proposto la parabola per tutti; perciò dice: Allora Pietro disse: Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?

BEDA: Nella precedente parabola il Signore li aveva istruiti su due cose: che egli sarebbe arrivato all’improvviso e che essi dovevano essere pronti ad attenderlo. Ma non è facile capire su quale di queste due cose, o se su entrambe, Pietro lo abbia interrogato, oppure a chi egli paragona sé stesso e i suoi colleghi, quando chiede: lo dici per noi oppure per tutti? In verità con queste parole noi e tutti, si deve supporre che egli non significhi nessun altro se non gli Apostoli e coloro che sono simili agli Apostoli, e tutti i fedeli; oppure i cristiani e gli infedeli; oppure quelli che, morendo separatamente, ossia individualmente, volontariamente e involontariamente accolgono la venuta del giudice, e coloro che, quando arriva il giudizio universale, saranno trovati ancora vivi nella carne. Ma è strano che Pietro abbia dubitato se tutti gli uomini debbano vivere in modo sobrio, pio e giusto, aspettando la beata speranza; oppure che il giudizio dei singoli e di tutti arriverà di sorpresa. Quindi non ci resta se non pensare che, conoscendo queste due cose, egli abbia chiesto riguardo a ciò che poteva non sapere, cioè se quei comandi sublimi di una vita celeste con cui egli ci invitava a vendere ciò che abbiamo e ad acquistare borse che non invecchiano e a essere pronti con la cintura ai fianchi e le lucerne accese, appartenessero soltanto agli Apostoli e ai loro simili o a tutti coloro che si devono salvare.

CIRILLO: Ora, a coloro che hanno una mente robusta si addicono le cose ardue ed eccellenti dei divini comandi, mentre a coloro che non hanno raggiunto una tale virtù convengono quelle cose dalle quali la difficoltà viene esclusa: per cui il Signore si serve di un esempio chiarissimo, facendo vedere che il comando precedente conviene a coloro che sono stati inseriti nel grado dei discepoli; infatti continua: Il Signore rispose: Qual è dunque l’amministratore fedele e saggio?

AMBROGIO: O in un altro modo. La forma del primo comando è generale e adatta a tutti, ma l’esempio seguente sembra che sia proposto agli amministratori, cioè ai sacerdoti; perciò continua: Il Signore rispose: Qual è dunque l’amministratore fedele e saggio che il Signore porrà a capo della sua servitù per distribuire a tempo debito la razione del cibo?

TEOFILATTO: Come se dicesse: la parabola precedente tocca tutti i fedeli in generale, ma ora ascoltate ciò che conviene a voi, Apostoli e maestri. Infatti io cerco un amministratore che sia dotato di fedeltà e prudenza: come infatti nell’amministrazione delle ricchezze, se un uomo è sbadato anche se fedele al suo padrone, oppure è saggio ma infedele, le cose del padrone vanno in rovina, così anche nelle cose del Signore c’è bisogno di fedeltà e di prudenza. Infatti ho conosciuto molti fedeli adoratori di Dio che, poiché non riuscivano a trattare gli affari ecclesiastici con prudenza, distruggevano non soltanto le proprietà ma anche le anime, esercitando verso i peccatori un irragionevole potere con penitenze smodate, oppure con una mansuetudine inopportuna.

CRISOSTOMO: Ora, il Signore domanda non come se non conoscesse l’amministratore fedele e prudente, ma volendo accennare alla rarità della cosa e alla grandezza di questo ufficio.

TEOFILATTO: Perciò chiunque sia trovato fedele e prudente presieda alla famiglia del Signore, cosicché a tempo debito distribuisca la razione di cibo: cioè la parola dell’insegnamento con cui le anime vengono nutrite, oppure l’esempio delle opere con cui la loro vita viene modellata.

AGOSTINO: Egli parla poi di misura per il modo della capacità di ciascun ascoltatore.

ISIDORO: Si aggiunge anche a tempo perché un dono che non viene dato a tempo debito è vanificato e perde il nome di dono. Così il pane per chi ha fame è appetibile, mentre per chi è sazio non conta molto. Ma con riferimento alla ricompensa del servo per la sua amministrazione egli aggiunge: Beato quel servo che il padrone arrivando troverà impegnato in questo modo.

BASILIO: Non parla di uno che agisce per caso, ma impegnato in questo modo (sic facientem): infatti non basta solo vincere, ma occorre anche combattere in modo lecito; ciò accade quando eseguiamo puntualmente le singole cose come ci vengono comandate.

CIRILLO: Così dunque il servo fedele e prudente che a tempo debito distribuisce il cibo ai domestici, ossia i cibi spirituali, sarà beato, secondo le parole del Salvatore: per il fatto che riceverà cose ancora più grandi e meriterà i premi dovuti ai familiari; perciò continua: In verità vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi averi.

BEDA: Quanto più grande è la distanza dei meriti tra i buoni ascoltatori e i buoni maestri, tanto più grande è anche la distanza dei premi: infitti coloro che egli quando arriverà troverà vigilanti, li farà sedere a tavola, mentre gli altri che sono fedeli e saggi amministratori, li stabilirà sopra tutto ciò che possiede, cioè sopra tutte le gioie del regno dei cieli non nel senso che solo loro avranno il potere su di essi, ma nel senso che potranno godere del loro eterno possesso in modo più abbondante degli altri santi.

TEOFILATTO: Oppure; lo metterà a capo di tutti i suoi averi, non solo a capo della sua famiglia, ma anche delle cose terrene e celesti perché gli obbediscano; come accadde a Giosuè (figlio di Nun) e ad Elia: il primo comandò al sole, il secondo alle nubi; e tutti i santi, come amici di Dio, si servono delle cose di Dio Inoltre chiunque conduce una vita virtuosa e dispone rettamente i suoi servi, cioè l’ira e la concupiscenza, distribuendo a tempo debito la razione di frumento: all’ira, perché colpisca coloro che odiano Dio, e alla concupiscenza, perché faccia uso di ciò che è necessario alla carne, ordinandolo a Dio: costui, dico, sarà costituito capo di tutto ciò che il Signore possiede; essendo ritenuto degno di vedere con l’intelletto speculativo qualsiasi cosa.

CRISOSTOMO: Ma il Signore, non solo con gli onori tenuti in serbo per i buoni, ma anche con la minaccia di castighi per i cattivi, conduce i suoi ascoltatori alla correzione: perciò continua: Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire.

BEDA: Nota che tra i vizi di un servo cattivo si annovera il fatto che egli consideri la venuta del suo padrone lenta, mentre non si annovera tra le virtù del servo buono la speranza che il suo arrivo sia veloce, ma soltanto che lo serva fedelmente. Perciò non c’è niente di meglio che sopportare pazientemente di ignorare ciò che non si può conoscere; soltanto lavoriamo per essere trovati idonei.

TEOFILATTO: Ora, per il fatto che non si considera l’ora della fine, si commettono molti peccati; infatti, se pensassimo alla venuta del Signore e che il termine della nostra vita è vicino, peccheremmo senz’altro di meno; perciò prosegue: e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare e bere e a ubriacarsi.

BEDA: In questo servo si indica la condanna di tutti i superiori cattivi: i quali, abbandonato il timore del Signore, non solo si dedicano alla lussuria, ma anche provocano con ingiurie i loro sudditi; sebbene si possa intendere anche un modo figurato il fatto che percuotono i servi e le serve: che cioè corrompono i cuori dei deboli con il loro cattivo esempio; mentre mangiare, bere e ubriacarsi, che fanno perdere la ragione all’uomo, indicano l’occuparsi nei vizi e nelle seduzioni del mondo. Riguardo alla loro pena si soggiunge: il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l’aspetta, cioè del giudizio oppure della morte, e lo punirà (dividet eum),

BASILIO: Di fatto il corpo non viene diviso in modo tale che una parte verrebbe esposta ai tormenti mentre un’altra li sfuggirebbe. Infatti questa è una favola, poiché non è proprio di un giusto giudizio che, quando ha mancato il tutto, solo la metà patisca la pena; né l’anima viene divisa, visto che tutta insieme possiede una cattiva coscienza e coopera nel male con il corpo, ma la sua divisione è la perpetua separazione dell’anima dallo Spirito. Infatti sebbene ora la grazia dello Spirito non sia presente negli indegni, tuttavia sembra che sia comunque presente attendendo il loro ritorno alla salvezza; solo allora sarà interamente amputata dall’anima. Perciò lo Spirito Santo è sia il premio dei giusti, sia la principale condanna dei peccatori, poiché coloro che sono indegni lo perdono.

BEDA: Oppure lo dividerà, separandolo dalla compagnia dei fedeli e unendolo con coloro che non hanno mai raggiunto la fede; perciò continua: lo punirà assegnandogli il posto tra gli infedeli; poiché, come dice l’Apostolo (1 Tm 5,8): «Se qualcuno non pensa ai suoi, soprattutto a quelli di casa, costui ha rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele».

TEOFILATTO: Giustamente anche l’amministratore infedele riceverà la sua parte con gli infedeli, perché era privo della vera fede.

VERSETTI 47-48

Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.

TEOFILATTO: Qui il Signore ci fa vedere qualche cosa di più grande e di più terribile: infatti il cattivo amministratore verrà privato della grazia ricevuta, sicché nulla gli servirà per evitare i castighi, ma la grandezza della sua dignità diventerà piuttosto la causa della sua condanna. Perciò si dice: il servo che conoscendo la volontà del padrone non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse.

CRISOSTOMO: Infatti non tutte le cose sono giudicate allo stesso modo, ma una conoscenza più grande diventa argomento di una pena più grande: perciò il sacerdote che commette con il suo popolo i suoi stessi peccati, sarà punito molto più severamente.

CIRILLO: Infatti un uomo sagace che ha indotto la sua volontà alle azioni più turpi ha commesso un peccato inescusabile, come se si allontanasse dalla volontà di Dio a causa della sua malizia; mentre un uomo rozzo con maggior ragione implorerà il perdono di chi si vendica. Perciò prosegue: quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.

TEOFILATTO: Qui alcuni obiettano: viene punito giustamente chi, conoscendo la volontà del Signore, non la segue; ma perché viene punito l’ignorante? Perché mentre avrebbe potuto conoscerla, non ha voluto; ma per la sua pigrizia egli stesso divenne causa della propria ignoranza.

BASILIO: Ma dirai: Se il primo riceve molte percosse, e il secondo poche, in che modo, dicono alcuni, egli non pone fine ai castighi? Ma bisogna dire che qui non si parla del numero delle pene, ma della loro diversità: infatti uno può essere degno di una fiamma inestinguibile più languida o più intensa; oppure di un verme che non muore con un morso più o meno forte.

TEOFILATTO: Ora si fa vedere logicamente perché ai maestri e ai dotti si deve una pena più intensa, quando si dice: A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto, e a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più. Ai maestri è data la grazia di fare miracoli, mentre viene affidata la grazia della parola e dell’insegnamento. Ma in quanto viene dato egli non dice che dev’essere chiesto qualcosa di più, ma solo in quanto viene affidato o depositato: infatti la grazia della parola esige di essere accresciuta ed è richiesta maggiormente nel maestro; infatti egli non deve restare ozioso, ma deve migliorare il talento della sua parola.

BEDA: Oppure in un altro modo. Spesso viene concesso molto anche ai privati, ai quali viene assegnata la facoltà di conoscere la volontà di Dio e di portare a compimento ciò che conoscono; ma viene molto lodato colui al quale assieme alla propria salvezza viene affidata anche la cura del gregge del Signore. Perciò su quelli ai quali viene elargita una grazia più abbondante ricade una maggior pena; ma la pena più leggera di tutte sarà quella di coloro che, oltre al peccato originale, non ne aggiunsero altri; e in coloro che ne hanno aggiunto, avranno una condanna tanto più sopportabile, quanto più piccola sarà stata la loro iniquità.