COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI (MESSA 2)
2 Novembre 2025 / by Padre Angelico / Commenti al vangelo / bere, gesu, gloria, il-ritorno-di-gesù, padre, padre-angelico-maria-moccia, padri-della-chiesa, piccoli, popoli, straniero, vestito
Vangelo Commentato dai Padri
COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI (MESSA 2)
Vangelo di Matteo 25,31-46
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
VERSETTI 31-45
Quando poi verrà il Figlio dell’uomo nella sua maestà, e tutti gli angeli con lui, allora siederà sopra il trono della sua maestà, e si raduneranno davanti a lui tutte le genti, e separerà gli uni dagli altri come il pastore separa le pecore dai capri, e stabilirà le pecore a destra, i capri a sinistra. Allora il re dirà a quelli che sono alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, possedete il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo. Ebbi infatti fame, e mi deste da mangiare; ebbi sete, e mi deste da bere; ero ospite, e mi avete accolto; nudo e mi avete vestito; malato, e mi avete visitato; ero in carcere, e siete venuti da me. Allora i giusti gli risponderanno dicendo: Signore, quando ti abbiamo visto affamato, e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto ospite e ti abbiamo accolto o nudo e ti abbiamo vestito? O quando ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a te? E rispondendo il re dirà loro: In verità vi dico, tutte le volte che avete fatto questo a uno solo di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me. Allora dirà anche a quelli che sono alla sinistra: Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, che è stato preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Ebbi infatti fame, e non mi avete dato da mangiare; ebbi sete, e non mi avete dato da bere; ero ospite e non mi avete accolto; nudo, e non mi avete vestito, malato e in carcere, e non mi avete visitato. Allora gli risponderanno anche questi dicendo: Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o ospite o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo servito? Allora rispondendo dirà loro: In verità vi dico: tutte le volte che non avete fatto questo a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me.
RABANO: Dopo le parole sulla fine del mondo, il Signore espone il modo del giudizio.
CRISOSTOMO: Ascoltiamo questa parte sublime del discorso con la maggiore compunzione, imprimendola profondamente nella nostra anima: infatti è lo stesso Cristo che la proferisce in modo terribile e chiaro. Non dice, come nelle parabole precedenti, «il regno dei cieli è simile», ma manifestandosi e rivelando la sua propria persona dice: Quando verrà il Figlio dell’uomo nella sua maestà.
GIROLAMO: Colui che due giorni dopo doveva celebrare la pasqua ed essere consegnato allo scherno degli uomini e alla morte di croce, opportunamente promette il trionfo della sua risurrezione per compensare lo scandalo con la promessa del premio. E va notato che chi deve essere visto nella maestà è il Figlio dell’uomo.
AGOSTINO: In forma umana dunque lo vedranno gli empi e i giusti, poiché nel giudizio apparirà con la stessa forma che prese da noi. Però dopo sarà visto nella forma divina, che tutti i fedeli conoscono.
REMIGIO: Queste parole distruggono l’errore di quanti dicono che il Signore non conserverà la forma di servo. Chiama maestà la divinità con cui è uguale al Padre e allo Spirito Santo.
ORIGENE: Ritornerà nella gloria perché il suo corpo appaia trasfigurato come lo fu sul monte. Si dicono sua sede o alcuni dei santi più perfetti, di cui è scritto (Sal 121, 5): «Poiché lì sedettero le sedi nel giudizio»; oppure certe virtù angeliche, di cui si dice (Col 1, 16): «Sia troni, sia dominazioni».
AGOSTINO: Scenderà dunque con gli Angeli che convocò dalle altezze per celebrare il giudizio; per cui si dice: «E tutti i suoi Angeli con lui».
CRISOSTOMO: Accorreranno tutti gli Angeli per dare essi stessi testimonianza del ministero che esercitarono per ordine di Dio in vista della salvezza degli uomini.
AGOSTINO: Oppure con il nome di Angeli designò gli uomini che giudicheranno con Cristo. Infatti gli Angeli sono messaggeri, e per messaggero intendiamo rettissimamente tutti coloro che annunziarono la salvezza celeste agli uomini. Segue: e si raduneranno davanti a lui tutte le genti.
REMIGIO: Con queste parole si mostra la vera risurrezione futura degli uomini.
AGOSTINO: Questo raduno avverrà mediante il ministero degli Angeli, dei quali si dice (Sal 49, 5): «Radunate davanti a lui i suoi santi».
ORIGENE: Oppure non intendiamo localmente che si raduneranno davanti a lui tutte le genti, ma che non saranno più disperse di fronte a lui in credenze false e molteplici. Infatti la divinità di Cristo diverrà manifesta, in modo che non solo nessuno dei giusti, ma neppure qualcuno dei peccatori la ignorerà: infatti il Figlio di Dio non apparirà in qualche luogo e non in un altro, come egli vuole dimostrare mediante la comparazione della folgore. Quando dunque gli iniqui non conoscono né se stessi né Cristo, o i giusti vedono come in uno specchio nell’enigma, i buoni non sono ancora separati dai cattivi; quando invece per la manifestazione del Figlio di Dio tutti comprenderanno, allora il Salvatore separerà i buoni dai cattivi; per cui segue: e separerà gli uni dagli altri come il pastore separa le pecore dai capri; poiché anche i peccatori conosceranno i propri delitti, e i giusti vedranno manifestamente a quale fine i semi della loro giustizia li avranno condotti. Coloro che vengono salvati sono poi detti pecore per la mansuetudine, che appresero da colui che dice (11, 29): «Imparate da me che sono mite»; e per questo saranno pronti a venire anche all’uccisione, imitando Cristo che «come un agnello fu condotto al macello» (Is 53, 7). I cattivi invece sono detti capri poiché salgono per sassi aspri e duri, e camminano sui loro precipizi.
CRISOSTOMO: Oppure chiama questi capri e quelli pecore per mostrare infruttuosità di questi (infatti dai capri non deriva alcun frutto) e l’utilità di quelle: infatti il frutto delle pecore è abbondante, dalla lana al latte e gli agnelli che nascono. La Sacra Scrittura suole designare la semplicità e l’innocenza con il nome di pecora. In bella maniera quindi si designano qui gli eletti con questo nome.
GIROLAMO: Il capro è un animale lascivo, che nella legge antica veniva offerto come vittima per i peccati, al contrario delle capre, che generano capretti ed escono tosate dal lavatoio.
CRISOSTOMO: Poi li separa anche quanto al luogo; infatti segue: e stabilirà le pecore a destra, i capri a sinistra.
ORIGENE: I santi infatti, che operarono cose rette, ricevettero come ricompensa delle loro opere rette la destra del re, nella quale ci sono il riposo e la gloria; i cattivi invece, per le loro opere pessime e sinistre, caddero alla sinistra, cioè nella tristezza dei tormenti. Segue: Allora il re dirà a quelli che sono alla sua destra: Venite; così che, se mancava ad essi qualcosa, la ricevessero una volta uniti più perfettamente a Cristo. Aggiunge poi: benedetti del Padre mio, perché fosse manifestata l’eminenza della loro benedizione: poiché prima «sono stati benedetti dal Signore, che ha fatto il cielo e la terra» (Sal 113, 15).
RABANO: Oppure sono chiamati benedetti coloro ai quali per i buoni meriti è dovuta l’eterna benedizione. Dice poi che il regno è del Padre suo poiché riferisce il potere del regno a colui dal quale egli è stato generato Re; così per l’autorità regale con cui egli solo sarà esaltato in quel giorno, proferisce la sentenza del giudizio, per cui espressamente si dice: Allora il re dirà.
CRISOSTOMO: Osserva che non dice: ricevete, ma possedete, o per meglio dire: ereditate, come beni familiari, e più che altro paterni, come beni vostri a voi dovuti da molto tempo; per cui si dice: il regno preparato per voi dalla creazione del mondo.
GIROLAMO: Queste cose vanno intese secondo la prescienza di Dio, presso il quale le cose future sono già avvenute.
AGOSTINO: Fatta eccezione per quel regno del quale nel giudizio finale si dirà: possedete il regno preparato per voi, anche la Chiesa presente, benché in una maniera più impropria, è detta il suo regno, nel quale ancora si lotta col nemico, finché si giunga a quel regno sommamente pacifico dove si regnerà senza il nemico.
AGOSTINO: Ma qualcuno dirà: non voglio regnare, mi basta essere salvo; ma in ciò si inganna; primo, poiché non c’è salvezza alcuna per quelli la cui iniquità persevera; inoltre, se c’è qualche differenza fra quelli che regnano e quelli che non regnano, conviene che tutti stiano in un medesimo regno, affinché non siano considerati come nemici o di un altro ordine distinto, e periscano mentre gli altri regnano. Infatti tutti i Romani possiedono il regno Romano, sebbene non tutti in esso regnino.
CRISOSTOMO: Per che cosa dunque i santi ricevano i beni del regno celeste viene manifestato quando si aggiunge: Ebbi fame, e mi deste da mangiare.
REMIGIO: E bisogna notare che in questo passo vengono ricordate dal Signore sei opere di misericordia tali che chi si impegnerà a eseguirle meriterà di ricevere il regno preparato per gli eletti sin dalla fondazione del mondo.
RABANO [BEDA]: Misticamente poi chi ristora con il pane della parola colui che ha fame e sete della giustizia, o refrigera con la bevanda della sapienza, e chi riceve nella casa della madre Chiesa l’errante per eresia o peccato, e chi accoglie i deboli nella fede, osserva i comandi del vero amore.
GREGORIO: Ma questi, ai quali il Signore, venendo e ponendoli alla destra, dice: Ebbi fame …, sono coloro che vengono giudicati e regnano dalla parte degli eletti, i quali asciugano con le lacrime le macchie della vita; i quali, redimendo i mali precedenti con i fatti seguenti, coprono agli occhi del giudice con il manto delle elemosine tutto ciò che fecero un tempo di illecito. Ve ne sono però altri che non sono giudicati e regnano, i quali superano con la virtù perfetta anche i precetti della legge.
ORIGENE: Umiliati però per la lode dei loro benefici si proclamano indegni, non dimenticando le opere che fecero. Egli però mostra loro la sua compassione verso i suoi; per cui segue: Allora i giusti gli risponderanno dicendo: Signore, quando ti abbiamo visto …
RABANO: Dicono questo non diffidando delle parole del Signore, ma stupendosi di tanta sublimazione, e della grandezza della sua maestà; oppure poiché sembrerà loro piccolo il bene che hanno fatto, secondo quelle parole dell’Apostolo (Rm 8, 18): «Le sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi». Segue: E rispondendo il re dirà loro: In verità vi dico, tutte le volte che avete fatto questo a uno solo di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me.
GIROLAMO: Eravamo certamente liberi di intendere che in ogni povero veniva nutrito Cristo affamato, dissetato Cristo assetato, e così per le altre cose; ma da ciò che segue: tutte le volte che avete fatto questo a uno solo di questi miei fratelli più piccoli.., non mi sembra che l’abbia detto in generale dei poveri, ma di quelli che sono poveri nello spirito; ai quali stendendo le mani aveva detto (12, 50): «I miei fratelli sono quelli che fanno la volontà del Padre mio».
CRISOSTOMO: Ma se sono suoi fratelli, perché li chiama minimi? Poiché sono umili, poveri, abbietti. Però con questi non intende solo i monaci, che si ritirarono sui monti; ma ogni fedele, anche se era secolare, ed era malato, oppure qualcosa di simile, vuole che ottenga concretamente misericordia: infatti il battesimo e la comunicazione dei misteri rendono fratelli. Segue: Allora dirà anche a quelli che sono alla sinistra: Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, che è stato preparato per il diavolo e per i suoi angeli.
ORIGENE: Come ai giusti aveva detto (v. 34): Venite, così anche agli ingiusti dice: Andate; infatti sono vicini al Verbo coloro che osservano il comandamento di Dio, e sono chiamati affinché divengano ancora più vicini: sono invece lontani da lui, sebbene sembrino assisterlo, coloro che non eseguono i suoi comandamenti; per questo odono: Andate, in modo che coloro che adesso sembrano come essere davanti a lui, in seguito non siano nemmeno visti. Bisogna poi considerare che ai santi fu detto (v. 34): «Benedetti del Padre mio», ma ora non si dice: maledetti del Padre mio: infatti l’amministratore delle benedizioni è il Padre, ma della maledizione è attore chiunque nei riguardi di sé stesso, se opera cose degne di maledizione. Coloro poi che si allontanano da Gesù cadono nel fuoco eterno, che è di un altro genere del fuoco che abbiamo in uso. Infatti nessun fuoco fra gli uomini è eterno, e nemmeno dura molto a lungo. E considera che non dice che il regno è stato preparato per gli Angeli, mentre lo è il fuoco eterno preparato per il diavolo e per i suoi angeli; poiché di per sé non ha creato gli uomini per la perdizione; i peccatori invece si congiungono al diavolo, così che, come quelli che si salvano si conguagliano ai santi Angeli, cosi quelli che periscono si conguagliano agli angeli del diavolo.
AGOSTINO: Da ciò risulta poi che il medesimo fuoco varrà per il supplizio degli uomini e degli angeli; e sarà dannoso al tatto corporale, poiché per mezzo di esso potranno essere tormentati i corpi; ma allora in che maniera potrà contenersi in esso la pena degli spiriti maligni? A meno che i demoni non abbiano certi corpi, formati dall’aria densa e umida, come alcuni hanno opinato. Ma se qualcuno afferma che i demoni non hanno corpo, non si deve intavolare una discussione riguardo a questa questione discutibile. Infatti perché non diciamo in modo mirabile, eppure ragionevole, che gli spiriti incorporei possono essere afflitti con la pena del fuoco corporale, se le anime degli uomini, pur essendo interamente incorporee, possono essere rinchiuse ora nelle membra corporali, e anche allora essere soggette indissolubilmente ai vincoli dei loro corpi? Quindi i demoni, benché incorporei, aderiranno ai fuochi corporali per essere tormentati, ricevendo la pena dei fuochi ma non dando vita ai fuochi. E quel fuoco sarà corporale, e tormenterà i corpi degli uomini assieme ai loro spiriti, dei demoni invece gli spiriti senza il corpo.
ORIGENE: Oppure forse quel fuoco avrà una sostanza tale che, essendo invisibile, brucia le cose invisibili. A ciò si riferisce l’Apostolo quando dice (2 Cor 4, 18): «Le cose visibili sono temporali, quelle invisibili eterne». Non meravigliarti poi udendo che c’è un fuoco invisibile e punitore, quando vedi che il calore entrando negli uomini li tormenta non poco. Segue: Ebbi infatti fame, e non mi avete dato da mangiare. È stato scritto ai fedeli (1Cor 12, 27): «Voi siete il corpo di Cristo». Come dunque l’anima che abita nel corpo, sebbene non abbia fame quanto alla sua sostanza spirituale, tuttavia ha fame del cibo del corpo, poiché è unita al suo corpo, così anche il Salvatore patisce quelle cose che patisce il suo corpo che è la Chiesa, pur essendo egli impassibile. E considera che parlando ai giusti enumera i loro benefici secondo le singole specie, mentre parlando agli ingiusti, scindendo la narrazione, radunò entrambe le cose dicendo: ero malato e in car-cere, e non mi avete visitato, poiché al giudice misericordioso competeva predicare più largamente e ampliare le cose fatte bene dagli uomini, e quelle fatte male ricordarle di passaggio e abbreviarle.
CRISOSTOMO: E vedi come non in una o due cose sole abbandonarono la misericordia, ma in tutte: infatti non solo non diedero da mangiare all’affamato, ma anche, ciò che è più lieve, non visitarono l’infermo. E vedi come aggiunge le cose più lievi; non disse infatti: ero in carcere, e non mi avete liberato; ero malato e non mi avete curato, ma non mi avete visitato, e non siete venuti a me. Nella fame poi non chiese una mensa preziosa, ma il cibo necessario. Tutte queste cose dunque sono sufficienti per la pena. Primo, la facilità della domanda: era infatti pane; secondo, la miseria di colui che chiedeva, poiché era povero; terzo, la compassione della natura, poiché era un uomo; quarto, il desiderio della promessa, poiché promise il regno; quinto, la dignità di colui che riceveva, poiché era Dio che accoglieva i poveri; sesto, la sovrabbondanza dell’onore, poiché si degnò di ricevere dagli uomini; settimo, la giustizia della donazione, poiché riceve da noi ciò che è suo: ma contro tutte queste cose gli uomini sono accecati dall’avarizia.
GREGORIO: Ora, costoro ai quali viene detto ciò sono i cattivi fedeli, che vengono giudicati e periscono; gli altri invece, ossia gli infedeli, non sono giudicati e periscono: infatti non si discute allora la causa di quanti si accostano al giudice severo già con la condanna della loro infedeltà; quelli invece che fanno la professione di fede ma non hanno le opere corrispondenti vengono redarguiti affinché periscano. Questi infatti odono almeno le parole del giudice, poiché almeno con le parole hanno conservato la sua fede; gli altri invece nella loro condanna non ricevono nemmeno le parole del giudice eterno, poiché non hanno voluto osservare la sua riverenza nemmeno con le parole: infatti anche il principe che regge uno stato terreno punisce in modo diverso il cittadino che manca interiormente e il nemico che esteriormente si ribella: in quello infatti consulta il suo diritto, mentre contro il nemico muove la guerra, e non ricerca che cosa dica la legge riguardo alla sua pena.
CRISOSTOMO: Redarguiti dalle parole del giudice, parlano con mansuetudine; segue infatti: Allora gli risponderanno anche questi dicendo: Signore, quando ti abbiamo visto?
ORIGENE: Considera che i giusti si fermano su ogni parola, gli ingiusti invece non così singolarmente, ma percorrendo le parole: poiché è proprio dei giusti rifiutare per umiltà diligentemente e una per una le cose buone fatte da loro e ricordate davanti a loro; è proprio invece degli uomini cattivi mostrare per scusarsi che le loro colpe o non esistono, o sono lievi e poche. Ma anche la risposta di Cristo sottolinea questo fatto; per cui segue: Allora rispondendo dirà loro: In verità vi dico. Volendo infatti mostrare che le opere buone dei giusti sono grandi, le colpe invece dei peccatori non grandi, ai giusti dice: per quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli; agli ingiusti invece non aggiunge: fratelli; in realtà infatti sono suoi fratelli quelli che sono perfetti. Ora, è più gradita a Dio un’opera buona che è fatta ai più santi che ai meno santi; ed è una colpa più lieve trascurare i meno santi che i più santi.
AGOSTINO: Ora si tratta del giudizio ultimo, quando Cristo verrà dal cielo per giudicare i vivi e i morti. Diciamo che questo giorno è l’ultimo del divino giudizio, cioè l’ultimo tempo: infatti è incerto quanto si protragga questo giudizio, ma è uso delle Scritture porre i giorni per indicare il tempo. Per questo diciamo ultimo giudizio, o estremo, poiché anche adesso giudica, e dall’inizio del genere umano ha giudicato, separando i primi uomini dall’albero della vita, e non risparmiando gli angeli peccatori: avverrà infatti per virtù divina che a ciascuno verranno richiamate alla memoria tutte le sue opere, o buone o cattive, e con l’intuito della mente verranno viste con mirabile celerità, affinché la scienza accusi o scusi la coscienza.
VERSETTO 46
E se ne andranno questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna.
AGOSTINO: Alcuni seducono sé stessi dicendo che il fuoco è detto eterno, ma non è eterna la pena. Prevedendo questo, il Signore ha concluso la sua sentenza dicendo: E se ne andranno questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna.
ORIGENE: Osserva che avendo detto prima (v. 34): «Venite, benedetti», e poi (v. 41): «Andate via, maledetti», poiché è proprio del buon Dio ricordare prima le opere buone dei giusti e poi le opere cattive degli ingiusti, qui prima nomina la pena dei cattivi, e poi la vita dei buoni, affinché prima evitiamo i mali, oggetto di timore, e poi desideriamo i beni, fonte di onore.
GREGORIO: Se dunque è soggetto a una pena così grande chi non ha dato, quale pena dovrà sopportare chi porta via le cose altrui?
AGOSTINO: Ora, la vita eterna è il nostro sommo bene, e il fine della città di Dio, del quale fine l’Apostolo dice (Rm 6, 22): «Il fine è la vita eterna». Ma ancora, poiché la vita eterna, da coloro che non hanno familiarità con le Scritture Sante, può essere presa anche nella vita dei cattivi come immortalità dell’anima, o come le interminabili pene degli empi, in verità il fine di questa Città, nel quale si avrà il sommo bene, va detto o pace nella vita eterna, o vita eterna nella pace, così che sia capita da tutti.
AGOSTINO: Ciò infatti che il Signore disse al suo servo Mosè (Es 3, 14): «Io sono colui che sono», questo contempleremo quando vivremo in eterno. Così infatti il Signore dice (17, 3): «Questa è la vita eterna, che conoscano te vero Dio». Infatti ci viene promessa questa contemplazione, fine di tutte le azioni, ed eterna perfezione di gioia, di cui dice Giovanni (1Gv 3, 2): «Lo vedremo così come egli è».
GIROLAMO: Intendi però, o prudente lettore, che anche i supplizi sono eterni, e che la vita perpetua non avrà pericolo di rovina.
GREGORIO: Dicono: questa minaccia è fatta ai peccatori per distoglierli dal peccato; ad essi rispondiamo: se ha minacciato delle cose false per correggere l’ingiustizia, allora ha anche promesso delle cose false, per invitare alla giustizia; e così, mentre cercano di mostrare Dio misericordioso, non temono di predicarlo fallace. Ma, dicono, una colpa che ha fine non deve essere punita senza fine: a questi rispondiamo che direbbero una cosa giusta se il giudice giusto valutasse i fatti e non i cuori degli uomini. Appartiene dunque alla giustizia del giudice severo che mai manchino di supplizio quelli il cui spirito non volle mai essere privo del peccato in questa vita.
AGOSTINO: Nessuna legge giusta esige che sia uguale la durata del tempo della pena e della colpa. Nessuno infatti sostenne mai che la pena dell’omicida o dell’adultero debba durare tanto poco quanto durarono queste deviazioni. Quando poi per qualche grande crimine qualcuno è condannato a morte, forse che le leggi prendono in considerazione la durata del supplizio, e non la necessità di togliere per sempre il colpevole dalla società dei vivi? Le frustate, il disonore, l’esilio, la schiavitù, che frequentemente vengono imposti senza remissione alcuna, non assomigliano in questa vita alla forma delle pene eterne? E non possono essere eterne poiché anche la stessa vita durante la quale si impongono non è eterna. Ma dicono: come dunque può essere vero ciò che dice Cristo (7, 2): «Nella stessa misura in cui misurate, sarà misurato a voi», se il peccato temporale è castigato con una pena eterna? Però non si considera che la misura della pena non viene considerata secondo la durata del tempo, ma secondo la reciprocità del male, cioè nel senso che colui che compì il male patisce il male; così va intesa l’uguaglianza nella misura. L’uomo poi si è reso degno di un male eterno poiché ha distrutto in sé un bene che poteva essere eterno.
GREGORIO: Ma dicono: nessun giusto si compiace della crudeltà, e il servo che ha mancato viene castigato dal padrone giusto perché sia corretto dal suo errore. Ora, gli iniqui consegnati al fuoco della geenna, per quale fine bruceranno sempre? A costoro rispondiamo che Dio onnipotente, perché è pio, non si compiace del tormento dei miseri; ma dato che è giusto, non si soddisfa nella vendetta contro gli iniqui; e ciò servirà perché i giusti riconoscano quanto sono debitori verso la grazia divina, con il cui aiuto poterono evitare gli eterni mali che vedono.
AGOSTINO: Ma dicono che fra tutti i corpi creati da Dio non ce n’è nessuno che possa patire e non possa morire. È però necessario che viva dolendosi, non però che il dolore lo uccida, poiché anche questi corpi mortali non sono uccisi da qualsiasi dolore; e la causa per cui qualche dolore può uccidere è che l’anima è unita a questo corpo presente in modo che ceda a dolori sommi, e muoia. Però allora l’anima sarà unita a un corpo tale che nessun dolore lo potrà separare da essa. Per questo la morte che ci sarà allora sarà una morte eterna, quando l’anima non potrà vivere poiché non possiede Dio, né liberarsi dai dolori del corpo morendo. Fra tutti coloro che negarono l’eterno supplizio il più misericordioso fu Origene, il quale incorse nell’errore secondo cui dopo lunghi e crudeli supplizi sarebbero liberati persino lo stesso diavolo e i suoi angeli, e associati agli Angeli santi. Però la Chiesa non senza ragione lo condannò, non solo per questo, ma anche per molti altri errori, per cui perdette anche ciò per cui sembrava misericordioso, inventando per i santi vere miserie, in cui soffrirebbero pene e false beatitudini nelle quali non godrebbero con sicurezza della felicità eterna. Sbagliano anche altri portati da un sentimento di misericordia puramente umano, ritenendo che siano temporanee le miserie degli uomini condannati in quel giudizio; però è eterna la felicità di coloro che o tardi o presto sono liberati da esse. Perché dunque tanta misericordia con tutta la natura umana, e nessuna con quella angelica?
GREGORIO: Però dicono: Come possono essere santi quelli che non pregheranno per i loro nemici quando li vedranno ardere? Pregano in verità per i loro nemici durante il tempo in cui possono ridurli a una fruttuosa penitenza e a convertire i loro cuori; ma come pregheranno per quelli che ormai in nessuna maniera possono convertirsi dall’iniquità?
AGOSTINO: Ci sono anche alcuni che non promettono a tutti gli uomini la redenzione e il supplizio eterno, ma soltanto a quelli che sono lavati col battesimo di Cristo e che hanno partecipato del suo corpo, in qualsiasi modo abbiano vissuto; secondo quanto dice il Signore (Gv 6, 51): «Se uno mangerà di questo pane non morirà in eterno». Nella stessa maniera altri non fanno la stessa promessa a tutti coloro che partecipano del sacramento di Cristo, ma solamente ai cattolici, sebbene vivano male, e che non solamente hanno partecipato del corpo di Cristo, ma di fatto hanno formato parte del suo corpo che è la Chiesa, nonostante che dopo siano incorsi in qualche eresia o idolatria. Non manca poi chi, tenendo fissi gli occhi su quelle parole di Matteo (24, 13): «Chi persevererà sino alla fine sarà salvato», promette solo a quelli che perseverano nella Chiesa Cattolica, benché vivano male, che per il merito del fondamento, cioè della fede, si salveranno per mezzo del fuoco con cui nell’ultimo giudizio saranno castigati i cattivi. Ma tutto ciò lo confuta l’Apostolo dicendo (Gal 5, 19-21): «Le opere della carne sono manifeste, cioè l’immondezza, la fornicazione e cose simili; e vi dico che quanti fanno tali cose non erediteranno il regno di Dio». Se dunque uno preferisce nel suo cuore le cose temporali a Cristo, anche se sembra che abbia la fede di Cristo, tuttavia non è Cristo il fondamento a cui tali cose antepone; a maggior ragione, se commette peccati, rimane convinto che non solo non preferisce Cristo, ma lo pospone. Ho trovato alcuni che pensano che arderanno nel fuoco eterno quelli che non si degnano di fare condegne elemosine per i loro peccati; per questo sostengono che il giudice non ha voluto fare menzione di altre cose al di fuori delle elemosine fatte o non fatte. Però quello che degnamente fa elemosina per i suoi peccati comincia primariamente a farla per sé stesso, dato che è cosa indegna che non la faccia per sé colui che la fa per il prossimo, udendo il Signore che dice (22, 39): «Amerai il prossimo tuo come te stesso»; e così ode (Sir 30, 24): «Compatisci la tua anima piacendo a Dio». Non facendo alla sua anima questa elemosina, cioè di piacere a Dio, come si potrà dire che fa delle elemosine degne per i propri peccati? Dunque bisogna fare le elemosine affinché siamo esauditi quando preghiamo per i peccati passati, e non affinché perseverando in essi crediamo di procurarci la licenza di agire male attraverso le elemosine. Per questo il Signore predisse che avrebbe imputato a quelli di destra le elemosine fatte, e a quelli di sinistra quelle non fatte, per mostrare così quanto valgono le elemosine per cancellare i peccati passati, non per dare licenza di commetterli impunemente in futuro.
ORIGENE: Oppure non viene remunerata una sola specie di giustizia, come ritengono molti. Infatti qualunque sia la cosa in cui uno osserva il comando di Cristo, nutre e disseta Cristo, il quale mangia e beve la giustizia e la verità dei fedeli. Nello stesso modo vestiamo Cristo nudo quando insegniamo a qualcuno vestendolo con gli abiti della sapienza e viscere di misericordia; lo riceviamo come pellegrino nella casa del nostro petto quando prepariamo il nostro cuore e quello del nostro prossimo per ricevere diverse virtù. Ugualmente, quando visiteremo i nostri fratelli infermi nella fede o nei costumi insegnando loro, riprendendoli e consolandoli, visitiamo lo stesso Cristo. Infine tutto quello che esiste qui nel mondo è carcere di Cristo e dei suoi, che si trovano come prigionieri e incarcerati fra le esigenze del mondo e la necessità della natura. Quando dunque faremo loro del bene, li visitiamo nel carcere, e Cristo in essi.