SECONDA DOMENICA DI AVVENTO – ANNO A
6 Dicembre 2025 / by Padre Angelico / Commenti al vangelo / abramo, battezzo, deserto, giordano, giovanni, il-ritorno-di-gesù, le-due-venute-di-gesù, padre-angelico-maria-moccia, padri-della-chiesa, sentieri, SIGNORE, vangelo-di-matteo
Vangelo Commentato dai Padri
SECONDA DOMENICA DI AVVENTO – ANNO A
Vangelo di Matteo 3, 1-12
In quei giorni, comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea, dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse: “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!”.
Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico. Allora accorrevano a lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano; e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano.
Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all’ira imminente? Fate dunque frutti degni di conversione, e non credete di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre.
Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre. Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non sono degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile
VERSETTI 1-3
In quei giorni venne Giovanni il Battista predicando nel deserto della Giudea e dicendo: Fate penitenza, si avvicinerà infatti il regno dei cieli. Questi è infatti colui che fu preannunziato dal profeta Isaia che disse: «Voce di chi grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri».
CRISOSTOMO [Ps.]: Il sole che si avvicina, prima di apparire, manda i suoi raggi e rende luminoso l’oriente, affinché l’aurora che precede mostri la venuta del giorno; così il Signore nato nel mondo, prima di apparire, illuminò Giovanni trasmettendogli il suo fulgore con l’insegnamento del suo Spirito, affinché precedendolo annunziasse la venuta del Salvatore: e così, dopo la narrazione della nascita di Cristo, accingendosi a riferire il suo insegnamento, l’Evangelista premette il battesimo nel quale egli ebbe la testimonianza da parte del Battista, il precursore, dicendo: In quei giorni venne Giovanni il Battista predicando nel deserto.
REMIGIO: Con queste parole mostra non solo il tempo, il luogo e la persona del beato Giovanni, ma anche il compito e la missione. Mostra il tempo generale quando dice: In quei giorni.
AGOSTINO: Questo tempo Luca lo esprime indicando i regni terreni quando dice (3, 1): «L’anno decimo quinto». Ma dobbiamo intendere che Matteo, dicendo: In quei giorni, vuole indicare un tempo molto più ampio. Infatti non appena ha narrato il ritorno di Cristo dall’Egitto, che avvenne senza dubbio al tempo della puerizia e dell’infanzia, in modo da poter stare con quanto ha riferito Luca di lui quando aveva dodici anni, subito dice: In quei giorni; non indica quindi soltanto i giorni della sua fanciullezza, ma tutti i giorni dalla sua nascita fino all’inizio della predicazione di Giovanni.
REMIGIO: Mostra la persona quando dice: venne Giovanni; cioè si manifestò, lui che era stato nascosto per così tanto tempo.
CRISOSTOMO: Ma perché era necessario che Giovanni prevenisse Cristo allorquando la testimonianza delle opere lo predicava? Innanzitutto affinché tu impari da qui la dignità di Cristo, che come il Padre ha anche lui dei Profeti, secondo quelle parole di Zaccaria (Lc 1, 76): «E tu, bambino, sarai chiamato Profeta dell’Altissimo». Poi per non lasciare ai Giudei alcun motivo di spudoratezza, come dimostra egli stesso dicendo (Lc 7, 34): «È venuto Giovanni che non mangiava e non beveva e dicono: Ha un demonio; è venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve e dicono: Ecco un uomo ingordo». Ma anche, diversamente, era necessario che le cose di Cristo venissero dette prima da un altro e non da lui stesso; altrimenti che cosa avrebbero detto i Giudei, i quali, dopo la testimonianza di Giovanni, dissero (Gv 8, 14): «Tu dai testimonianza di te stesso? La tua testimonianza non è vera».
REMIGIO Soggiunge il compito quando dice: Battista.
[GLOSSA]: E in ciò preparò la via del Signore: se infatti gli uomini non si fossero abituati a ricevere il battesimo, avrebbero aborrito il battesimo di Cristo.
[REMIGIO]: Mostra la missione quando dice: predicando.
RABANO: Poiché anche Cristo avrebbe predicato: infatti dopo che parve giunto il tempo opportuno, vale a dire circa a trent’anni, iniziando la sua predicazione preparò la via del Signore.
REMIGIO: Aggiunge il luogo quando dice: nel deserto della Giudea.
MASSIMO: Dove alla sua predicazione né una folla insolente schiamazzasse né l’uditore ritornasse incredulo, ma potessero udire solo quelli che cercavano la predicazione per lo zelo del culto divino.
GIROLAMO: Oppure in ciò bisogna considerare che la salvezza di Dio e la gloria del Signore non vengono predicate a Gerusalemme, ma nella solitudine della Chiesa e nel vasto deserto della moltitudine delle genti.
ILARIO: Oppure venne alla Giudea disertata dalla frequentazione di Dio, non del popolo, affinché il luogo della predicazione attestasse la solitudine di coloro ai quali era indirizzata la predicazione.
GLOSSA: Oppure, in senso figurato, il deserto significa la vita separata dalle lusinghe del mondo, che compete ai penitenti.
AGOSTINO: Se infatti uno non si pente della vecchia vita, non può iniziare la nuova.
ILARIO: Quindi all’avvicinarsi del regno dei cieli proclama la penitenza, mediante la quale c’è il ritorno dall’errore, l’abbandono del crimine, e dopo la vergogna dei vizi la dichiarazione di lasciarli, dicendo: Fate penitenza.
CRISOSTOMO [PS.]: Dove manifesta proprio all’inizio che è il messaggero di un re benigno: infatti non trascurava i peccatori, ma prometteva l’indulgenza. Infatti i re sono soliti, alla nascita di un figlio, donare l’indulgenza nel loro regno, ma prima inviano severi esattori. Ora Dio, alla nascita del Figlio, volendo donare l’indulgenza ai peccatori, manda innanzi, per così dire, un esattore esigente, che dice: Fate penitenza. O esazione, che non rende poveri, ma ricchi! Infatti, quando uno restituisce il debito della sua giustizia, costui non dà nulla a Dio, ma acquista per sé il guadagno della sua salvezza. Infatti la penitenza monda il cuore, illumina i sensi e prepara l’intimo degli uomini a ricevere Cristo; per cui aggiunge: si avvicinerà infatti il regno dei cieli.
GIROLAMO: Per primo Giovanni il Battista predica il regno dei cieli, affinché il precursore del Signore sia onorato da questo privilegio.
CRISOSTOMO: Per questo predica ciò che i Giudei mai udirono nemmeno dai Profeti, i cieli e il regno che è lì presente, e non dice nient’altro della terra. Così dunque con la novità delle cose che vengono dette li innalza a cercare colui che è predicato.
REMIGIO: Ma il regno dei cieli è detto in quattro modi: cioè Cristo, secondo le parole (Lc 17, 21): «Il regno di Dio è in mezzo a voi»; la Sacra Scrittura, secondo le parole (Mt 21, 43): «Vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare»; la santa Chiesa, secondo le parole (Mt 25, 1): «Il regno dei cieli è simile a dieci vergini»; il trono celeste, secondo le parole (Mt 8, 11): «Molti verranno da oriente e occidente e siederanno nel regno dei cieli»; e tutto ciò si può intendere.
GLOSSA: Dice poi: si avvicinerà il regno dei cieli, poiché, se non si avvicinasse, nessuno potrebbe ritornare, perché i deboli e i ciechi erano privi della via che è Cristo.
AGOSTINO: Queste parole di Giovanni sono state omesse dagli altri Evangelisti. Ciò che poi segue: Questi è colui che fu preannunziato dal profeta Isaia che disse: «Voce di chi grida nel deserto: Raddrizzate i suoi sentieri», può essere inteso in due sensi: non è infatti chiaro se l’Evangelista lo ha ricordato esprimendo la propria opinione o se lo ha aggiunto seguendo ancora le parole dello stesso Giovanni, in modo che tutto ciò che Giovanni ha detto sia inteso in questo senso: Fate penitenza: si avvicinerà infatti il regno di Dio. Questi è infatti colui che fu preannunziato dal Profeta Isaia. E non deve turbarci il fatto che non ha detto: Io sono, ma Questi è; infatti anche Matteo ha detto (9, 9): «Trovò un uomo che sedeva al banco», e non ha detto: trovò me. Se le cose stanno così non c’è da meravigliarsi se, interrogato su che cosa dicesse di sé stesso, come riferisce l’Evangelista Giovanni (1, 23), rispose: «Io sono la voce di chi grida nel deserto».
GREGORIO: Il Figlio unigenito è chiamato Verbo del Padre, secondo le parole (Gv 1, 1): «In principio era il Verbo». Ora, noi siamo conosciuti in base alla nostra voce, poiché la voce risuona affinché la parola possa essere udita. Così, precorrendo la venuta del Signore, Giovanni è detto voce, poiché attraverso il suo ministero la Parola del Padre viene udita dagli uomini.
CRISOSTOMO [Ps.]: La voce è anche un suono confuso, che non mostra nessun segreto del cuore, che lo indica soltanto poiché colui che grida vuole dire qualcosa; la parola invece è un discorso che apre il mistero del cuore. La voce poi comune agli uomini e agli animali, mentre la parola è solo degli uomini. Per questo Giovanni è detto voce, non parola, perché attraverso di lui Dio non ha mostrato i suoi disegni, ma solo che Dio meditava di fare qualcosa negli uomini; in seguito invece mediante Figlio suo svelò pienamente il mistero della sua volontà.
RABANO: Giustamente è detto voce di chi grida per la fortezza della predicazione. Ora, il grido avviene in tre modi: se colui a cui si parla sta lontano, se è sordo, se si è indignati; e queste cose accaddero al genere umano.
GLOSSA: Giovanni è dunque come la voce del Verbo che grida: il Verbo infatti grida nella voce, cioè Cristo in Giovanni.
BEDA: Come anche gridò in tutti coloro che dal principio dissero qualcosa da parte di Dio; e tuttavia egli solo è la voce, perché da lui è mostrato il Verbo presente, che gli altri annunziarono da lontano.
GREGORIO: Lo stesso Giovanni poi grida nel deserto perché annunzia il soccorso del Redentore alla Giudea derelitta e abbandonata.
REMIGIO: Per quanto invece riguarda la storia, gridava nel deserto poiché era lontano dalle folle dei Giudei. Che cosa poi gridi lo afferma quando aggiunge: Preparate la via del Signore.
CRISOSTOMO [Ps.] Come infatti un grande re che intraprende una spedizione è preceduto da coloro che gli preparano la via lavando le cose sporche e aggiustando quelle deteriorate, così anche il nostro Signore fu preceduto da Giovanni, che con le scope della penitenza gettò via le immondizie dei peccati e compose con l’ordinazione dei precetti spirituali quelle cose che erano state dissipate.
GREGORIO: Ora, chiunque predica la retta fede e le buone opere prepara al Signore la via verso il cuore degli uditori, raddrizza i sentieri al Signore, mentre con il discorso della buona predicazione forma nell’animo mondi pensieri.
GLOSSA: Oppure la fede è la via mediante la quale la parola discende al cuore: quando i costumi si mutano in meglio vengono raddrizzati i sentieri.
VERSETTO 4
Giovanni aveva un vestito di peli di cammello, e una cintura di pelle attorno ai suoi fianchi, e il suo cibo erano le locuste e il miele selvatico.
CRISOSTOMO [Ps.]: Dopo che ha mostrato che egli è la voce di chi grida nel deserto, prudentemente l’Evangelista aggiunge che Giovanni aveva un vestito di peli di cammello, dove si mostra quale sia la sua vita: infatti egli testimoniava di Cristo, e la sua vita di lui. Ora, nessuno può essere il testimonio idoneo di un altro se prima non lo è stato di sé stesso.
ILARIO: Per Giovanni che predicava c’erano infatti sia il luogo più opportuno, sia il vestito più utile, sia il cibo più adatto.
GIROLAMO: Aveva infatti un vestito di peli di cammello, non di lana. L’uno è indizio di abbigliamento austero, l’altro di più molle sontuosità.
CRISOSTOMO [Ps.]: Ai servi di Dio non conviene avere un vestito per apparire belli o per compiacere alla carne, ma solo per coprire le nudità. Infatti Giovanni aveva una veste né morbida né delicata, ma a modo di cilicio, rude e aspra, che mortificava il corpo più che dilettarlo, in modo che lo stesso abito del corpo parlasse della virtù dell’anima. Segue: e una cintura di pelle attorno ai suoi fianchi. Era infatti consuetudine dei Giudei usare cinture di lana: e così Giovanni, come volendo fare qualcosa di più austero, si cingeva di una cintura di pelle.
GIROLAMO: Senza dubbio ciò che segue: il suo cibo erano le locuste e il miele selvatico, si adatta a un abitatore della solitudine, che non cerca le delizie dei cibi, ma soddisfa le necessità della carne umana.
RABANO: Pago di un magro nutrimento, di minuti volatili e di miele trovato nei tronchi degli alberi. Nei detti di Arnolfo vescovo delle Gallie troviamo che nel deserto della Giudea esisteva una specie di piccole cavallette, delle dimensioni del dito di una mano, esili e piccole, che si prendevano facilmente nell’erba, e cotte nell’olio davano cibo ai poveri. Similmente riferisce che nel medesimo deserto esistono degli alberi con foglie larghe e rotonde, del colore del latte e del sapore di miele, che, essendo fragili, vengono stropicciate con le mani e mangiate, e questo è ciò che viene detto miele selvatico.
REMIGIO: Ma sotto questo modo di vestire e sotto la povertà dei cibi mostra di piangere i peccati di tutto il genere umano.
RABANO: Il suo abito e il suo nutrimento possono anche esprimere il suo sentimento interiore: infatti usava indumenti più austeri perché redarguiva la vita dei peccatori.
GIROLAMO: La cintura di pelle, di cui fu cinto anche Elia, è segno di mortificazione.
RABANO: Mangiava locuste e miele selvatico perché la sua predicazione suonava dolce alle folle; ma presto ebbe fine: infatti nel miele c’è la dolcezza, nelle locuste il volo pronto, ma che cade rapidamente.
REMIGIO: Con Giovanni, che si interpreta grazia di Dio, viene indicato Cristo, che ha portato la grazia al mondo; con il suo vestito è designata la Chiesa delle Genti.
ILARIO: Con le spoglie degli animali immondi, ai quali vengono equiparati i Gentili, si riveste il predicatore di Cristo, e viene santificato con l’abito profetico tutto ciò che in essi c’era di inutile o di sordido. L’avere la cintura è una disposizione efficace per le opere buone perché siamo pronti per ogni servizio di Cristo. Come cibo vengono scelte le locuste che fuggono gli uomini e se ne volano appena ci avviciniamo: cioè noi che, in occasione di ogni discorso o incontro profetico, venivamo trasportati come da certi salti del corpo, vagabondi nella volontà, inutili nelle opere, brontoloni nelle parole, senza stabile dimora, ora invece siamo stati scelti a essere alimento dei santi e sazietà dei Profeti, come il miele selvatico, offrendo un cibo dolcissimo che abbiamo tratto non dagli alveari della legge, ma dai tronchi degli alberi silvestri.
VERSETTI 5-6
Allora usciva verso di lui Gerusalemme e tutta la Giudea e tutta la regione attorno al Giordano, e venivano battezzati da lui nel Giordano confessando i loro peccati.
CRISOSTOMO [Ps.]: Dopo aver riferito la predicazione di Giovanni, convenientemente aggiunge: Allora usciva verso di lui; infatti la predicazione della sua vita nel deserto risuonava più ampiamente della voce del suo grido.
CRISOSTOMO: Era infatti mirabile vedere tanta sopportazione in un corpo umano; e ciò attirava maggiormente i Giudei, i quali vedevano in lui il grande Elia. Contribuiva allo stupore il fatto che la grazia dei Profeti li aveva abbandonati, e dopo lungo tempo sembrava tornata a loro. Anche il diverso modo della predicazione contribuiva a ciò: infatti non udivano nulla di quanto era consueto negli altri Profeti, per esempio i combattimenti e le vittorie riguardanti Babilonia e la Persia, ma i cieli, e il regno che è in essi e il supplizio della geenna. Dice dunque: Allora usciva verso di lui Gerusalemme e tutta la Giudea e tutta la regione attorno al Giordano, e venivano battezzati da lui nel Giordano.
GLOSSA: Con un battesimo che precorreva, non che rimetteva i peccati.
REMIGIO: Infatti il battesimo di Giovanni prefigurava i catecumeni, poiché come adesso vengono catechizzati i bambini perché siano resi degni del sacramento del battesimo, così battezzava Giovanni, affinché, battezzati da lui, vivendo poi devotamente, divenissero degni di accedere al battesimo di Cristo. Battezzava poi nel Giordano affinché la porta del regno celeste venisse aperta là dove fu concesso ai figli di Israele di entrare nella terra promessa. Segue: confessando i loro peccati.
CRISOSTOMO [Ps.): Infatti, in confronto con la santità di Giovanni, chi poteva considerarsi giusto? Come infatti una veste candida, se viene posta vicino alla neve, a confronto di essa verrebbe trovata sporca, così in confronto a Giovanni ogni uomo sembrava immondo: per questo confessava i suoi peccati. Ora, la confessione dei peccati è una testimonianza della coscienza che teme Dio. Infatti il timore perfetto dissolve ogni vergogna. La confessione invece appare brutta dove non si crede alla pena del giudizio futuro. E poiché lo stesso vergognarsi è una grave pena, così Dio ci ordina di confessare i nostri peccati per patire la vergogna come pena: infatti anche questo fa parte del giudizio.
RABANO: Bene poi si dice che quanti dovevano essere battezzati andavano verso il Profeta, poiché se uno non recede dalla debolezza, non rinuncia alle vanità del diavolo e alle lusinghe del mondo, non potrà conseguire il battesimo di salvezza. Opportunamente poi vengono battezzati nel Giordano, che è detto loro discesa, poiché discendevano dalla superbia della vita all’umiltà della vera confessione. Si dava infine già allora ai battezzandi l’esempio di confessare i peccati e di promettere una vita migliore.
VERSETTI 7-10
Vedendo poi molti dei Farisei e dei Sadducei che venivano al suo battesimo disse loro: Razza di vipere, chi vi insegnerà a sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un degno frutto di penitenza, e non crediate di poter dire tra voi: Abbiamo Abramo per padre; vi dico infatti che Dio è capace di suscitare dei figli di Abramo da queste pietre. Già la scure è stata posta alla radice degli alberi: dunque ogni albero che non dà frutto buono sarà tagliato e gettato nel fuoco.
GREGORIO: Il discorso dei dottori deve essere regolato sulla qualità degli uditori, così da toccare da vicino i singoli, e tuttavia non deve mai allontanarsi dalla vetta della comune edificazione.
GLOSSA: Per cui fu necessario che, dopo l’insegnamento che Giovanni aveva trasmesso alle folle, l’Evangelista facesse menzione anche di quell’insegnamento con cui istruì quelli che sembravano più progrediti; per questo dice: Vedendo poi molti dei Farisei e dei Sadducei che venivano al suo battesimo.
ISIDORO: I Farisei e i Sadducei sono avversari fra di loro: infatti, traducendo dall’ebraico in latino, i Farisei sono i divisi, in quanto preferiscono la giustizia delle tradizioni e delle osservanze: per cui vengono detti divisi dal popolo a motivo della giustizia. I Sadducei invece, traducendo in latino, sono i giusti: rivendicano infatti per sé ciò che non sono, negano la risurrezione dei corpi e insegnano che l’anima muore con il corpo. Essi accolgono soltanto i cinque libri della legge e respingono gli oracoli dei Profeti.
GLOSSA: Giovanni dunque, vedendo venire al suo battesimo coloro che fra i Giudei venivano ritenuti i più grandi, disse loro: Razza di vipere, chi vi insegnerà a sfuggire all’ira imminente?
REMIGIO: È consuetudine delle Scritture imporre i nomi dall’imitazione delle opere, secondo quelle parole (Ez 16, 45): «Tuo padre è un Amorreo»; così anche costoro dall’imitazione delle vipere vengono detti razza di vipere.
CRISOSTOMO [Ps.]: Come infatti un abile medico, se vede il colore di un malato, capisce la natura della malattia, così Giovanni intese i cattivi pensieri dei Farisei che venivano da lui; forse infatti pensarono tra sé: andiamo e confessiamo i nostri peccati, non ci impone nessuna fatica; facciamoci battezzare e riceviamo il perdono dei peccati. Stolti, forse che quando si è digerita l’impurità non è necessaria l’assunzione della medicina? Così, dopo la confessione e il battesimo, è necessaria all’uomo molta cura affinché la ferita dei peccati sia perfettamente risanata, per questo dice: Razza di vipere. Infatti appartiene alla natura delle vipere il fatto che non appena hanno morso un uomo, corrono all’acqua, e se non la trovano muoiono. Quindi chiamava questi razza di vipere perché, commettendo dei peccati mortali, correvano al battesimo per sfuggire soltanto con l’acqua, come le vipere, il pericolo di morte. Parimenti appartiene alla natura delle vipere rompere le viscere della loro madre e così nascere. Poiché dunque i Giudei, perseguitando continuamente i Profeti, corruppero la loro madre, la sinagoga, per questo vengono chiamati razza di vipere. Parimenti le vipere al di fuori sono belle e quasi dipinte, ma dentro sono piene di veleno: così anche costoro mostravano la bellezza della santità nel volto.
REMIGIO: Quando dunque si dice: chi vi insegnerà a sfuggire all’ira imminente?, si sottintende: all’infuori di Dio.
CRISOSTOMO [Ps.]: Oppure: chi vi insegnerà? Forse il Profeta Isaia? Non sia mai: se infatti egli vi avesse istruiti non porreste la speranza soltanto nell’acqua, ma anche nelle opere buone, poiché egli dice (1, 16): «Lavatevi e purificatevi; togliete l’iniquità dalle vostre anime, imparate a fare il bene». Forse Davide che diceva (Sal 50, 9): «Lavami, e sarò più bianco della neve»? Non sia mai: egli infatti così dice in seguito (v. 19): «Uno spirito contrito è sacrificio a Dio». Se dunque foste discepoli di Davide, verreste al battesimo con gemiti.
REMIGIO: Se però chi vi insegnerà viene letto al futuro, il senso è questo: quale dottore, quale predicatore vi darà il consiglio affinché possiate sfuggire all’ira dell’eterna dannazione?
AGOSTINO: Però Dio, secondo le Scritture, si adira secondo una certa somiglianza di opere, non per la debolezza degli affetti, e non è turbato da nessuna passione: infatti questa parola indica gli effetti della vendetta, non quell’affetto turbolento. Se dunque volete sfuggire, fate un degno frutto di penitenza.
GREGORIO: In queste parole bisogna notare che è necessario fare non solo frutti di penitenza, ma degni frutti di penitenza. Bisogna sapere infatti che a chi non ha commesso nulla di illecito viene per diritto concesso che faccia uso delle cose lecite; ma se uno è caduto in una colpa, deve togliere da sé le cose lecite nella misura in cui ricorda di aver commesso quelle illecite. La coscienza dunque indica a ciascuno di compiere con la penitenza opere buone tanto maggiori quanto più gravi sono i danni che si è inflitto con la colpa. Ma i Giudei gloriandosi della loro stirpe, non volevano riconoscersi peccatori poiché discendevano dalla progenie di Abramo; quindi giustamente si dice: e non crediate di poter dire tra voi: Abbiamo Abramo per padre.
CRISOSTOMO: Disse questo non proibendo loro di affermare che erano da lui, ma proibendo di confidare in ciò, senza poggiare sulla virtù dell’anima.
CRISOSTOMO [Ps.]: Che giova infatti a chi è lordato dai suoi costumi una stirpe illustre? O in che modo una stirpe vile nuoce a chi è adornato dai suoi costumi? È meglio infatti che i genitori si glorino di avere un tale figlio piuttosto che questo si glori dei suoi genitori. Cosi anche voi non pensate di gloriarvi di avere per padre Abramo, ma piuttosto vergognatevi, poiché siete suoi figli ma non siete eredi della sua santità. Infatti sembra nato da un adulterio chi non assomiglia al padre. Esclude dunque la gloria dei genitori dicendo: e non crediate di poter dire.
RABANO: Poiché dunque voleva incitarli a produrre un vero frutto di penitenza, il predicatore della verità li invitava all’umiltà, senza la quale nessuno può fare penitenza, aggiungendo: vi dico infatti che Dio è capace di suscitare dei figli di Abramo da queste pietre.
REMIGIO: Si dice che Giovanni al Giordano predicò in quel luogo dove per comando di Dio furono poste dodici pietre tratte dall’alveo del Giordano. Poté quindi accadere che mostrando tali pietre dicesse: da queste pietre.
GIROLAMO: Con ciò indica la potenza di Dio, poiché colui che aveva fatto tutte le cose dal nulla poteva anche dare origine a un popolo da durissimi sassi.
GLOSSA: Appartiene infatti ai primi rudimenti della fede credere che Dio può fare tutto ciò che vuole.
CRISOSTOMO: Che poi degli uomini siano generati dalle pietre è simile al fatto che da Sara sia stato generato Isacco; per cui anche il Profeta dice (Is 51, 1): «Guardate alla roccia da cui siete stati tagliati». Facendo dunque ricordare loro questa profezia, mostra che è possibile che anche adesso avvenga qualcosa di simile.
RABANO: Oppure diversamente. Con il nome di pietre sono significate le Genti, che hanno dato culto alle pietre.
CRISOSTOMO [Ps.]: Come la pietra è dura da lavorare, ma quando se ne è fatta un’opera, questa non può venire meno, cosi anche le Genti con difficoltà giungono alla fede, ma quando vi sono giunte vi rimangono per sempre.
GIROLAMO: Leggi Ezechiele (11, 19): «Toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne». Nella pietra si mostra la durezza, nella carne la morbidezza.
RABANO: Quindi dalle pietre sono stati suscitati dei figli di Abramo, poiché mentre i Gentili credettero nella discendenza di Abramo, cioè in Cristo, divennero figli di colui alla cui discendenza si unirono. Segue: Già la scure è stata posta alla radice degli alberi.
CRISOSTOMO [Ps.): La scure è l’ira molto penetrante della fine che taglierà tutto il mondo. Ma se è stata posta, perché non taglia? Poiché sono alberi razionali, e hanno il potere di fare il bene o di non farlo, così che, vedendo che la scure è stata posta alle loro radici, temano e facciano frutto. Quindi la denuncia dell’ira, che è il potere della scure, anche se non opera nulla nei cattivi, tuttavia separa i buoni dai cattivi.
GIROLAMO: Oppure la scure è la predicazione del Vangelo, secondo Geremia (23, 29), il quale paragona la parola del Signore a una scure che taglia la pietra.
GREGORIO: Oppure la scure è il nostro Redentore, il quale, costituito della divinità e dell’umanità, come del manico e del ferro, è tenuto in base all’umanità, ma taglia in base alla divinità; questa scure cioè è stata posta alla radice dell’albero perché, sebbene aspetti con pazienza, si vede tuttavia che cosa sta per fare. Dunque ogni albero che non dà frutto buono sarà tagliato e gettato nel fuoco: poiché ogni perverso che disprezza qui di produrre il frutto delle buone opere trova più rapidamente preparato il fuoco della geenna. Dice poi che la scure non è stata posta ai rami ma alla radice: quando infatti i figli dei cattivi vengono tolti, vengono tagliati i rami dell’albero infruttuoso; quando invece viene eliminata tutta insieme la progenie con il genitore, l’albero infruttuoso è tagliato dalla radice, affinché non rimanga nulla da cui possa nascere nuovamente una prole cattiva.
CRISOSTOMO: Quando poi dice: ogni, esclude il primato che deriva dalla nobiltà; come se dicesse: anche se sei discendente di Abramo, sosterrai la pena se rimani senza frutto.
RABANO: Ora, ci sono quattro specie di alberi: una è totalmente secca, e a questa vengono paragonati i pagani; un’altra è verde ma senza frutto, e a questa vengono paragonati gli ipocriti; una terza è verde e fruttuosa, ma velenosa, e a questa vengono paragonati gli eretici; una quarta è verde e produce buon frutto, e a questa vengono paragonati i veri cattolici.
GREGORIO: Quindi ogni albero che non dà buon frutto sarà tagliato e gettato nel fuoco: poiché trova preparato il fuoco dell’inferno chi disprezza di produrre qui il frutto delle buone opere.
VERSETTI 11-12
Io vi battezzo nell’acqua per la penitenza; ma chi viene dopo di me è più forte di me, e io non sono degno di portargli i sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco; egli ha in mano il ventilabro e purificherà la sua aia, e raccoglierà il frumento nel suo granaio, ma la pula la brucerà con fuoco inestinguibile.
GLOSSA: Poiché nelle parole precedenti Giovanni ha spiegato ciò che sopra aveva predicato sommariamente sulla penitenza da fare, restava che predicasse più distintamente su ciò che aveva già detto quanto all’avvicinarsi del regno dei cieli; per questo disse: Io vi battezzo nell’acqua per la penitenza.
GREGORIO: Giovanni non battezzava nello spirito, ma nell’acqua, poiché non poteva eliminare i peccati: lava certamente i corpi con l’acqua, ma tuttavia non lava le anime con il perdono.
CRISOSTOMO: Poiché infatti non era stata ancora offerta la vittima, né assolto il peccato, né lo Spirito era disceso nell’acqua, come poteva avvenire la remissione dei peccati? Ma poiché i Giudei non si accorgevano in alcun modo dei loro peccati, e ciò era per essi causa dei loro mali, venne Giovanni a condurli alla conoscenza dei loro peccati, ricordando la penitenza.
GREGORIO: Perché dunque battezza chi non libera dai peccati se non per conservare l’ordine della sua missione di precursore, in quanto, come nascendo aveva precorso il Signore che sarebbe nato, così battezzando precorresse il Signore che avrebbe amministrato il battesimo?
CRISOSTOMO [Ps.]: Oppure Giovanni fu mandato a battezzare per predicare a quanti venivano al battesimo la presenza del Figlio di Dio nel corpo, come egli stesso attesta altrove dicendo (Gv 1, 31): «Io sono venuto a battezzare nell’acqua affinché egli sia manifestato in Israele»,
AGOSTINO: Oppure battezza perché doveva essere battezzato Cristo. Ma perché non è stato battezzato solo lui da Giovanni, se Giovanni era stato mandato perché Cristo fosse battezzato? Perché se solo il Signore fosse stato battezzato con il battesimo di Giovanni, non sarebbero mancati coloro che avrebbero ritenuto il battesimo di Giovanni superiore al battesimo di Cristo, al punto che solo Cristo avrebbe meritato di essere battezzato con esso.
RABANO: Oppure battezza affinché, distinguendo con questo segno i penitenti dagli impenitenti, li dirigesse al battesimo di Cristo.
CRISOSTOMO [Ps.]: Poiché dunque battezza per Cristo, così a coloro che vengono a lui predica che Cristo si manifesterà e annunzia l’eminenza del suo potere dicendo: ma chi viene dopo di me è più forte di me.
REMIGIO [BEDA]: Bisogna poi sapere che in cinque modi Cristo venne dopo Giovanni: nascendo, predicando, battezzando, morendo e scendendo agli inferi. E giustamente si dice che il Signore è più forte di Giovanni poiché quest’ultimo è solo uomo, quello invece Dio e uomo.
RABANO: Come se Giovanni dicesse: io sono sì forte invitando alla penitenza, lui rimettendo i peccati; io predicando il regno dei cieli, lui donandolo; io battezzando nell’acqua, lui nello spirito.
CRISOSTOMO: Quando poi senti: perché è più forte di me, non pensare che io dica ciò secondo un paragone: infatti non sono degno nemmeno di essere annoverato tra i suoi servi, così da assumere una minima particella del suo servizio; per cui aggiunge: io non sono degno di portargli i sandali.
ILARIO: Lasciando del tutto la gloria di diffondere la predicazione agli Apostoli, che dovevano annunziare la pace di Dio con dei bei piedi.
CRISOSTOMO [Ps.]: Oppure per piedi di Cristo possiamo intendere i cristiani, soprattutto gli Apostoli, e gli altri predicatori, fra cui c’era Giovanni Battista; i sandali invece sono le debolezze di cui sono coperti i predicatori. Tutti i predicatori dunque portano questi sandali di Cristo, e anche Giovanni li portava; ma dice di non essere degno di portarli, per mostrare che la grazia di Cristo era più grande dei suoi meriti.
GIROLAMO: In un altro Vangelo dice (Gv 1, 27): «Di cui non sono degno di sciogliere il legaccio dei calzari». Qui si dimostra l’umiltà, là il servizio, perché essendo Cristo lo sposo, e non meritando Giovanni di sciogliere il legaccio, la sua casa non sia detta, secondo la legge di Mosè (Dt 25), e l’esempio di Rut (Rt 4), la casa dello scalzo.
CRISOSTOMO [Ps.]: Poiché però nessuno può dare un beneficio più degno di quanto lo sia egli stesso, né fare una cosa che non sia egli stesso, giustamente aggiunge: Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Giovanni senza dubbio, essendo corporale, non può dare un battesimo spirituale, ma battezza nell’acqua, che è un corpo: quindi battezza il corpo con il corpo. Cristo invece è spirito, poiché è Dio. E anche lo Spirito Santo è spirito, come pure l’anima è spirito: quindi lo spirito con lo spirito battezza il nostro spirito. Il battesimo dello spirito giova poiché lo spirito, entrando, abbraccia l’anima, e come con un muro inespugnabile la circonda, e non permette che le concupiscenze carnali prevalgano contro di essa. Certamente non fa sì che la carne non brami, ma sostiene l’anima così che non acconsenta. E poiché Cristo è giudice, battezza nel fuoco, cioè nelle tentazioni; ora, un semplice uomo non può battezzare nel fuoco. Infatti ha licenza di tentare chi ha il potere di remunerare. Questo battesimo di tribolazione poi, cioè di fuoco, brucia la carne affinché non germini le concupiscenze: infatti la carne non teme le pene spirituali, ma quelle carnali. Per questo dunque il Signore manda ai suoi servi le tribolazioni carnali, affinché, temendo le proprie angustie, la carne non desideri il male. Vedi dunque che lo spirito respinge le concupiscenze, e non permette che prevalgano; il fuoco poi brucia proprio le radici delle concupiscenze.
GIROLAMO: Oppure: in Spirito Santo e fuoco poiché il fuoco è lo Spirito Santo, il quale discendendo siede come fuoco sulle lingue dei credenti. E si compì la parola del Signore che diceva (Lc 12, 49): «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra»; poiché al presente siamo battezzati nello spirito, e in futuro nel fuoco, secondo le parole dell’Apostolo (1 Cor 3, 13): «Quale sia l’opera di ciascuno, lo proverà il fuoco».
CRISOSTOMO: Non dice: vi darà lo Spirito Santo, ma vi battezzerà in Spirito Santo, mostrando metaforicamente l’abbondanza della grazia. Con ciò si fa vedere pure che anche nella fede ha bisogno della sola volontà per giustificare, e non di fatiche e sudori; e come è facile essere battezzati, così è facile essere da lui trasformati e divenire migliori. Nel fuoco invece mostra la veemenza della grazia, che non può essere vinta; e perché si intenda che prontamente rende i suoi simili agli antichi e grandi Profeti: infatti fa menzione del fuoco poiché molte delle visioni profetiche apparvero mediante il fuoco.
CRISOSTOMO [Ps.]: È chiaro dunque che il battesimo di Cristo non annulla il battesimo di Giovanni, ma lo include in sé: chi infatti viene battezzato nel nome di Cristo ha entrambi i battesimi, di acqua e di spirito; poiché Cristo era spirito ma ha preso anche un corpo, per dare un battesimo sia corporale che spirituale. Invece il battesimo di Giovanni non include in sé il battesimo di Cristo, poiché ciò che è minore non può includere in sé ciò che è maggiore. Per questo l’Apostolo, avendo trovato alcuni Efesini battezzati con il battesimo di Giovanni, li battezzò nuovamente nel nome di Cristo, poiché non erano stati battezzati nello spirito, dato che anche Cristo battezzò nuovamente quelli che erano stati battezzati da Giovanni, come dimostra il discorso di Giovanni che dice: Io vi battezzo nell’acqua, egli vi battezzerà in spirito. E non sembrava battezzare nuovamente, ma una volta sola: poiché infatti il battesimo di Cristo era più ampio del battesimo di Giovanni, ne veniva dato uno nuovo, e non uno ripetuto.
ILARIO: Designa dunque nel Signore il tempo della nostra salvezza e del giudizio, dicendo: vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco, poiché ai battezzati nello Spirito Santo rimane di essere consumati nel fuoco del giudizio, per cui si aggiunge: egli ha in mano il ventilabro.
RABANO: Con il ventilabro, cioè la pala, viene designata la distinzione del giusto esame, che il Signore ha nella mano, cioè nel potere, poiché (Gv 5, 22): «Il Padre ha dato ogni giudizio al Figlio». Segue: e purificherà la sua aia.
CRISOSTOMO [Ps.]: L’aia, cioè la Chiesa; il granaio invece è il regno celeste; il campo, infine, questo mondo. Dunque il Signore, mandando gli Apostoli e gli altri dottori come mietitori, tagliò tutte le Genti dal mondo e le radunò nell’aia della Chiesa. Qui dunque dobbiamo essere trebbiati, qui vagliati: infatti tutti gli uomini si dilettano delle cose carnali, come i grani nella paglia. Ma chi è fedele e ha il cuore buono, subito dopo che è stato un poco tribolato, non curando le cose carnali corre al Signore; se invece era di poca fede, lo fa a stento con una grande tribolazione; chi poi è del tutto incredulo e vuoto, per quanto sia tribolato, non passa a Dio. Il grano a sua volta non appena è stato trebbiato, giace in un solo luogo confuso con la paglia, poi viene vagliato per essere separato; così anche nell’unica Chiesa i fedeli sono mescolati agli infedeli; per questo viene mossa la persecuzione a modo di vento, affinché, scossi con il ventilabro di Cristo, coloro che erano già distaccati per gli atti siano separati anche nel luogo. E vedi che non ha detto: monderà (mundabit) la sua aia; ma: «purificherà» (permundabit); è infatti necessario che la Chiesa sia tentata in diversi modi finché non sia purificata. E prima l’hanno vagliata i Giudei, poi i Gentili, ora gli eretici, e alla fine la vaglierà ancora di più l’Anticristo. Come infatti, quando il vento è lieve, non viene purificata tutta la massa del grano, ma vengono gettate via le paglie più leggere mentre le più pesanti rimangono, così anche adesso, al minimo soffio della tentazione, gli uomini peggiori si allontanano. Se però si leva una tempesta più forte, anche quelli che sembrano stabili se ne andranno. Quindi è necessaria una tentazione maggiore affinché la Chiesa sia purificata.
REMIGIO [GLOSSA]: Inoltre il Signore monda in questa vita quest’aia, cioè la Chiesa, o quando per il giudizio dei sacerdoti i cattivi vengono tolti dalla Chiesa, oppure quando con la morte vengono separati da questa vita.
RABANO: Universalmente però la purificazione dell’aia si compirà alla fine, quando il Figlio dell’uomo manderà i suoi Angeli e raccoglierà dal suo regno tutti gli scandali.
GREGORIO: Infatti dopo la trebbiatura della vita presente nella quale adesso il grano geme sotto la paglia, così con quel ventilabro dell’ultimo giudizio il grano e la paglia vengono separati, in modo che né la paglia passi nel granaio, né i grani di frumenti cadano nel fuoco della paglia; e ciò è quanto segue: e raccoglierà il frumento nel suo granaio, ma la pula la brucerà con fuoco inestinguibile.
ILARIO: Il suo grano, cioè i perfetti frutti dei credenti, dice che va riposto nei granai celesti; la pula invece è la vacuità degli uomini infruttuosi.
RABANO: In realtà c’è differenza fra la pula e la zizzania, perché la pula procede solo dal seme di grano, la zizzania invece da un seme diverso. La pula dunque rappresenta coloro che sono nutriti dai sacramenti, ma non sono saldi; la zizzania invece coloro che per opera e professione sono separati dalla sorte dei buoni.
REMIGIO [GLOSSA]: La pena dell’eterna dannazione è detta poi fuoco inestinguibile: sia perché quelli che ha ricevuto una volta non li estingue mai, ma sempre li tormenta, sia per differenziarla dal fuoco del purgatorio, che viene acceso per un certo tempo e alla fine si estingue.
AGOSTINO: Ma ci si può chiedere al riguardo quali parole abbia pronunziato veramente Giovanni Battista: se quelle riferite da Matteo o quelle riferite da Luca o magari quelle poche che Marco, tralasciando il resto, scrive che furono dette da lui. Su tale ricerca non giudica che sia il caso di affaticarsi il saggio ricercatore che sappia che, per conoscere il vero senso di un detto, è da prendersi in considerazione l’affermazione in sé, qualunque siano le parole con cui la si manifesta. Non dobbiamo pertanto credere che l’uno o l’altro degli Evangelisti abbia mentito se la stessa cosa, o udita o vista da parecchi e da costoro tramandata a memoria, sia stata poi esposta in modo diverso e con parole diverse, purché la cosa sia rimasta veramente la stessa. Qualcuno potrebbe obiettare: almeno agli Evangelisti lo Spirito Santo, con la sua potenza avrebbe dovuto concedere la grazia di non diversificarsi fra loro nella scelta delle parole, nel loro ordine e numero. Chi ragiona così non comprende quale sia la funzione degli Evangelisti, la cui autorità, quanto più è superiore a qualsiasi altra, tanto più vale a dar sicurezza a tutti coloro che nella Chiesa predicano la verità. Che però uno abbia detto: di cui non sono degno di portare i sandali, un altro invece (Mc 1, 7): «di sciogliere il legaccio dei calzari», sembrano espressioni che si diversificano non solo per i termini, ma anche per il contenuto. Giustamente quindi si può ricercare che cosa veramente Giovanni abbia detto. Sembra infatti che abbia detto il vero colui che fu in grado di riferire ciò che egli effettivamente disse; quanto invece all’altro si può ritenere che, se ha riferito una cosa per un’altra, ciò facendo non ha mentito, ma è incorso in una dimenticanza. È tuttavia conveniente escludere dai Vangeli ogni sorta di falsità: non solo quindi quella che si commette mentendo, ma anche quella che consiste nel dimenticare una cosa. Così, se bisogna intendere che le due espressioni dicono qualcosa di diverso nella realtà, bisogna ritenere giustamente che Giovanni abbia detto entrambe le cose o in tempi diversi o una dopo l’altra. Ma Giovanni, parlando dei calzari del Signore, poté intendere questo soltanto: inculcarci la dignità eminente di Gesù e la sua propria bassezza. In tal caso, qualunque cosa egli abbia detto, ha colto il vero senso della sua espressione chiunque riferendosi con parole proprie ai calzari, ha saputo vedere inculcata l’umiltà, significata appunto dai calzari. In tal modo nessuno dei narratori ha deviato da ciò che Giovanni intendeva asserire. Ecco dunque una cosa utile e da impararsi a memoria: non esiste menzogna quando uno esprime la volontà di colui di cui narra qualcosa anche dicendo qualcos’altro che egli non ha detto, purché esprima la reale volontà di colui di cui ricorda le parole. In tal modo diciamo in maniera salutare che non si deve ricercare altro all’infuori dell’intenzione di chi parla.