QUARTA DOMENICA DI PASQUA-ANNO B


Vangelo Commentato dai Padri

QUARTA DOMENICA DI PASQUA-ANNO B

Vangelo di Giovanni 10,11-18

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. E ho altre pecore che non sono di questo ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio».

VERSETTI 11-13

lo sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece e chi non è pastore, al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; egli fugge perché è mercenario, e non gli importa delle pecore.

AGOSTINO: Il Signore apre due cose che in un certo modo aveva presentato come chiuse. Anzitutto noi sappiamo che egli è la porta; ora fa vedere che egli è il pastore, dicendo: Io sono il buon pastore. In precedenza aveva detto che il pastore entra attraverso la porta. Ma se egli stesso è la porta, in che modo entra attraverso sé stesso? Ora, come egli conosce il Padre attraverso sé stesso, mentre noi lo conosciamo per mezzo di lui, così egli entra nell’ovile attraverso sé stesso e noi per mezzo di lui: noi, poiché predichiamo il Cristo, entriamo attraverso la porta, mentre il Cristo predica sé stesso: infatti egli mostra la luce, le altre cose e se stesso. Ma se i capi della Chiesa, che sono del Figlio, sono pastori, in che modo c’è un solo pastore se non perché essi sono tutti membri dell’unico pastore? In effetti il pastore dà alle sue membra ciò che egli è in sé stesso: infatti anche Pietro è pastore, e anche gli altri Apostoli sono pastori, e anche tutti i buoni Vescovi; invece nessuno di noi si chiama porta: questa caratteristica l’ha riservata a sé stesso. Ma non avrebbe aggiunto buono se non ci fossero anche pastori cattivi: essi sono ladri e briganti, o quanto meno mercenari.

GREGORIO: Poi aggiunge il modello della bontà che noi dobbiamo imitare, dicendo: Il buon pastore offre la vita per le pecore. Egli fa ciò a cui aveva esortato; mostra quanto aveva comandato: offre la sua anima per le sue pecore, per cambiare nel nostro sacramento il suo corpo e il suo sangue e alimentare con la sua carne le pecore che aveva redente. Con il disprezzo della morte ci viene mostrata la via che dobbiamo seguire; ci viene proposta una forma che deve essere impressa in noi. Anzitutto dobbiamo spendere con pietà le nostre sostanze per le sue pecore; e alla fine, se è necessario, dobbiamo sacrificare la nostra stessa vita per le medesime pecore. Ma chi non dà per le pecore le sue proprietà, quando darà per esse la propria vita?

AGOSTINO: Ora, non solo il Cristo fece questo, e tuttavia, se coloro che lo fecero sono sue membra, uno e lo stesso Cristo lo ha fatto; poiché egli poteva operare senza di essi, mentre le membra non possono operare senza di lui.

AGOSTINO: Tuttavia tutti sono stati buoni pastori non solo perché versarono il proprio sangue, ma anche perché lo hanno versato per le loro pecore, e non lo hanno versato per trasporto ma per amore. Infatti anche presso gli eretici che per i loro delitti e i loro errori hanno dovuto sopportare alcune molestie si vantano col nome di martirio e lo fanno per poter rubare più facilmente, nascosti sotto il mantello bianco, perché sono dei lupi. Infatti non tutti coloro che offrono i loro corpi perché siano bruciati, si deve credere che abbiano versato il loro sangue per le pecore, ma piuttosto contro le pecore, poiché l’Apostolo dice (1 Cor 13,3): «Se dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova». Ma come può avere anche la più piccola carità chi non ama l’unità, raccomandando la quale il Signore non volle indicare molti pastori, ma uno solo dicendo: Io sono il buon pastore?

CRISOSTOMO: Così dunque d’altra parte il Signore discuteva della sua passione, mostrando che ciò accadeva per la salvezza del mondo e che non vi era costretto. Quindi mostra di nuovo le caratteristiche del pastore e del mercenario, quando dice: Il mercenario invece e chi non è pastore, al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge.

GREGORIO: Infatti ci sono alcuni i quali, amando maggiormente le cose terrene che le pecore, meritatamente perdono il titolo di pastore: infatti non si chiama pastore ma mercenario colui che pasce le pecore del Signore non per amore, ma in vista della ricompensa materiale. Mercenario è colui che occupa il posto del pastore ma non si cura della salvezza delle pecore, bensì brama l’utilità terrena e gode del prestigio della carica.

AGOSTINO: Perciò nella Chiesa egli cerca non Dio, ma qualche cosa d’altro; se cercasse Dio sarebbe casto, perché l’anima ha come legittimo marito Dio: chiunque cerca da Dio qualche cosa al di fuori di Dio, cerca Dio in modo non casto.

GREGORIO: Non è possibile conoscere veramente se uno è pastore o mercenario, fino a quando non si presenta l’occasione opportuna: infatti in tempo di tranquillità normalmente il mercenario si comporta come il pastore; ma la venuta del lupo indica con quale animo ciascuno custodiva il gregge.

AGOSTINO: Ora, il lupo è il diavolo e coloro che lo seguono; infatti si dice (Mt 7,15) che ci sono alcuni che vengono in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci.

AGOSTINO: Ecco, il lupo prende la pecora per la gola; il diavolo induce un uomo all’adulterio. Il peccatore dev’essere scomunicato. Ma se è scomunicato diventa un nemico, tende insidie e causa tanto male quanto può; perciò tu fai silenzio, non ti lamentare; vedi il lupo venire, ti dai alla fuga; con il corpo resti fermo, ma con l’animo ti dai alla fuga: infatti le affezioni sono i movimenti dell’animo; la letizia è un rilassamento, mentre la tristezza è una contrazione; la cupidigia è un avanzamento dell’animo, la paura è una fuga dell’animo.

GREGORIO: Il lupo assalta le pecore quando qualsiasi ingiusto rapisce e opprime gli umili credenti. E colui che sembra essere un pastore ma abbandona le pecore e fugge, è chi non osa opporsi alla sua violenza temendo un pericolo per sé stesso. Egli fugge non cambiando luogo, ma privando il gregge della sua protezione. Ma contro tutti questi pericoli il mercenario non viene acceso da alcuno zelo. Egli cerca soltanto i vantaggi esterni e trascura le sofferenze interne del gregge. Perciò soggiunge: egli fugge perché è mercenario e non gli importa delle pecore. L’unica ragione per cui il mercenario fugge è di essere mercenario, come se dicesse: Stare fermo nel pericolo delle pecore non può chi non ama le pecore che sorveglia, ma cerca soltanto il profitto terreno; egli quindi non osa affrontare il pericolo, per paura di perdere ciò che ama.

AGOSTINO: Ma se gli Apostoli erano pastori e non mercenari, perché fuggivano quando soffrivano le persecuzioni? Lo facevano seguendo il consiglio del Signore (Mt 10,23): «Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un’altra». Bussiamo e ci sarà chi apre.

AGOSTINO: Fuggano da una città all’altra i servi di Cristo, i ministri della parola e dei suoi sacramenti quando qualcuno di loro è cercato in modo particolare dai persecutori, purché la Chiesa non sia abbandonata da altri che non sono così ricercati. Quando invece il pericolo riguarda tutti, cioè i Vescovi, i chierici e i laici, coloro che hanno bisogno di assistenza non siano abbandonati da coloro che la devono prestare. Oppure tutti si rifugino in luoghi ben difesi; oppure, se hanno bisogno di restare, non siano abbandonati da coloro dai quali devono essere curati i bisogni della Chiesa. Pertanto, sotto la pressione della persecuzione, i ministri di Cristo possono fuggire dai luoghi dove si trovano, quando là non c’è più il popolo di Cristo a cui prestare servizio, oppure il ministero necessario può essere prestato da altri, per i quali non esistono gli stessi motivi di fuga. Ma quando il popolo resta e i ministri fuggono e viene così sottratto il ministero, che cos’è questa se non la fuga riprovevole del mercenario, che non ha nessuna cura delle pecore?

AGOSTINO: Dalla parte dei buoni abbiamo la porta, il guardiano, il pastore e le pecore, mentre dalla parte dei cattivi abbiamo i ladri, i briganti, i mercenari e il lupo.

AGOSTINO: Si deve amare il pastore, temere il ladro, tollerare il mercenario. Infatti il mercenario è utile fino a quando non vede il lupo, il ladro o il brigante; quando li vede, fugge.

AGOSTINO: Non sarebbe infatti chiamato mercenario se non ricevesse la mercede da chi lo assume. I figli aspettano pazientemente l’eterna eredità del Padre, mentre il mercenario brama la mercede temporale di chi lo assume; e tuttavia dalla lingua di entrambi viene diffusa la gloria divina del Cristo. Il mercenario offende in quanto fa il male, ma non in quanto predica il bene. Prendi il grano d’uva, ma evita le spine: poiché il grappolo sorto dalla radice della vite talora penzola tra le spine. Molti che nella Chiesa cercano vantaggi terreni, predicano il Cristo, e attraverso di loro la voce di Cristo viene udita; e le pecore non seguono il mercenario, ma la voce del pastore ascoltata per mezzo del mercenario.

VERSETTI 14-18

lo sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e offro la mia vita per le mie pecore. E ho altre pecore che non sono di questo ovile; anche queste io devo condurre: ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, perché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio». Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole. Molti di essi dicevano: «Ha un demonio ed è fuori di sé; perché lo state ad ascoltare?». Altri invece dicevano: «Queste parole non sono di un indemoniato; può forse un demonio aprire gli occhi dei ciechi?».

CRISOSTOMO: In precedenza il Signore ha presentato due tipi di persone cattive: chi ruba, uccide e saccheggia, e chi non lo impedisce; con il primo accenna agli agitatori, con il secondo affronta i maestri dei Giudei che non si curano delle pecore loro affidate. Ma il Cristo distingue sé stesso da entrambi: dai primi che sono venuti per fare del male allorché dice (v. 10): Sono venuto perché abbiano la vita; dai secondi che disprezzano le rapine dei lupi in quanto offre la sua vita per le pecore; e così quasi concludendo soggiunge (v. 11): Io sono il buon pastore. Ma poiché in precedenza aveva detto che le pecore ascoltano la voce del pastore e lo seguono, perché qualcuno non dica: ma che cosa dici di coloro che non ti credono? perciò logicamente aggiunge: io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me; e questo lo mostra anche san Paolo quando dice (Rm 11,2): «Dio non ha rifiutato il suo popolo, che ha scelto».

GREGORIO: Come se dicesse apertamente: io amo le mie pecore, e quelle che mi amano mi obbediscono; mentre chi non ama la verità, neppure la conosce minimamente.

TEOFILATTO: Ma da qui estrai la differenza tra il mercenario e il pastore: infatti il mercenario ignora le pecore, perché le visita raramente; invece il pastore conosce le sue pecore, in quanto ha sollecitudine per esse.

CRISOSTOMO: Poi, affinché tu non attribuisca al Cristo e alle pecore la stessa misura di conoscenza, soggiunge logicamente: come il Padre conosce me e io conosco il Padre; come se dicesse: Io conosco lui in modo certissimo, così come lui conosce me. Qui la conoscenza è uguale, mentre là non lo è; infatti prosegue: e offro la mia vita per le mie pecore.

GREGORIO: Come se dicesse apertamente: in questo risulta che io conosco il Padre e sono conosciuto dal Padre, perché: offro la mia vita per le mie pecore, cioè: con quell’amore con cui muoio per le mie pecore faccio vedere quanto amo il Padre.

CRISOSTOMO: Egli fornisce una prova della sua autorità; poiché anche l’Apostolo, quando volle mostrare di essere un autentico maestro, contro i falsi apostoli portò come argomento i propri pericoli e le proprie sofferenze.

TEOFILATTO: Infatti i seduttori non esposero la propria anima per le pecore, ma, come i mercenari, abbandonarono coloro che li seguivano. Invece il Signore, perché le sue pecore non venissero prese, dice (più avanti, 18,8): «Lasciate che questi se ne vadano».

GREGORIO: Ma poiché non era venuto a salvare soltanto la Giudea, ma anche la Gentilità, soggiunge: E ho altre pecore che non sono di questo ovile.

AGOSTINO: Egli infatti parlava anzitutto di coloro che appartenevano al ceppo di Israele secondo la carne, ma c’erano altri che appartenevano al ceppo di Israele secondo la fede, cioè i Gentili, che fino ad allora erano rimasti fuori dall’ovile: predestinati ma non ancora riuniti. Quindi non sono ancora di questo ovile, perché non sono del ceppo della carne di Israele; ma saranno di questo ovile; infatti prosegue: anche queste io devo condurre.

CRISOSTOMO: Egli mostra che sono entrambi dispersi e non hanno un pastore. Continua: ascolteranno la mia voce; come se dicesse: perché vi meravigliate se costoro mi seguiranno e ascolteranno la mia voce, quando vedrete che altri mi seguono e ascoltano la mia voce? Quindi preannuncia la loro futura unione; perciò soggiunge: e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.

GREGORIO: Così da due greggi egli fa un solo ovile, perché riunisce nella sua fede il popolo Giudaico e il popolo Gentile.

TEOFILATTO: Infatti è lo stesso per tutti il segno del battesimo, e il Verbo di Dio è il solo pastore. Perciò facciano attenzione i Manichei, perché l’unico ovile e l’unico pastore comprendono sia l’Antico sia il Nuovo Testamento.

AGOSTINO: Che significa dunque: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele» (Mt 15,24) se non che egli presentò la sua presenza corporale solo al popolo di Israele, e non raggiunse egli stesso i Gentili, ma inviò loro i suoi discepoli?

CRISOSTOMO: La parola devo che viene qui usata non significa necessità, ma solo che la cosa sarebbe senz’altro accaduta. Ma poiché affermavano che egli era estraneo al Padre, soggiunge: Per questo il Padre mi ama, perché offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo.

AGOSTINO: Cioè, poiché io muoio per risorgere, con grande ponderatezza si dice: offro. I Giudei non si vantino: essi hanno potuto certamente incrudelire contro di me; ma se io non avessi voluto offrire la mia anima, che cosa avrebbero ottenuto con la crudeltà?

TEOFILATTO: Il Padre non dona il suo amore al Figlio come una ricompensa per la morte che egli sopporta per causa nostra, ma egli lo ama come vedendo nell’Unigenito la sua stessa essenza, quando per il medesimo amore, egli volle subire la morte per noi.

CRISOSTOMO: Oppure qui fa uso della sua accondiscendenza; come se dicesse: anche se non ci fosse nessun’altra cosa, mi ha persuaso ad amarvi il fatto che voi siete talmente amati dal Padre da essere io stesso amato da lui perché do la vita per voi. Però non nel senso che prima non fosse amato dal Padre e che noi siamo diventati la causa del suo amore. Analogamente egli vuole mostrare questo, poiché affrontò la passione non per costrizione; perciò continua: Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso.

AGOSTINO: Con ciò mostra che nessuna causa di peccato lo condusse sino alla morte corporale, ma egli la accettò perché volle, quando volle e come volle; perciò segue: perché ho il potere di offrirla.

CRISOSTOMO: Infatti, poiché avevano deliberato molte volte di ucciderlo, egli dice che fare questo contro la sua volontà sarebbe stata una fatica inutile. Infatti, dice, io ho tale potere sulla mia anima che nessuno può operare su di me contro la mia volontà; il che tra gli uomini non accade. Infatti noi non abbiamo il potere di offrire la nostra vita se non uccidendoci. Solo il Signore aveva questo potere. E poiché questo è vero, è anche vero che egli può riprenderla quando vuole; perciò continua: e ho il potere di riprenderla di nuovo. Con queste parole egli dimostra indubbiamente la sua risurrezione. Ma perché non pensino che, quando lo uccisero, egli sia stato abbandonato dal Padre, soggiunge: Questo comando ho ricevuto dal Padre mio, ossia il potere di offrire e il potere di riprendere la vita. Dal che non si deve intendere che prima egli attese di udire questo comando, e abbia dovuto imparare la sua opera, ma mostra soltanto che l’opera che si intraprese volontariamente non era contro la volontà del Padre.

TEOFILATTO: Il comando di cui qui si parla non è altro che la perfetta concordia con il Padre.

ALCUINO: Infatti il Verbo non ricevette il comando con la parola, ma nel Verbo Unigenito del Padre c’è qualsiasi comando. Perciò, quando si dice che il Figlio riceve ciò che possiede in modo sostanziale, non si diminuisce il suo potere, ma si mostra la sua generazione: infatti il Padre che generò perfettamente il Figlio, generandolo gli concesse ogni cosa.

TEOFILATTO: Ma dopo avere mostrato di sé stesso le realtà sublimi facendo vedere di essere Signore della morte e della vita, egli presenta nuovamente le cose umili, legando così insieme, con una meravigliosa disposizione, entrambe le realtà, così da non apparire né inferiore né superiore al Padre, né rivale, ma dotato dello stesso potere e dello stesso disegno.

AGOSTINO: Con ciò che dice riguardo all’anima siamo istruiti contro gli Apollinaristi, i quali affermano che il Cristo non possedeva l’anima umana, ossia razionale. Ma vediamo in che modo il Signore offre la sua anima. Infatti il Cristo è Verbo e uomo, ossia Verbo e anima e carne. Perciò il Cristo, per il fatto che è il Verbo, offre l’anima e poi la riprende; ma forse, per il fatto che è un’anima umana, essa offre sé stessa e di nuovo riprende sé stessa? Inoltre, per il fatto che è carne, la carne offre l’anima e poi la riprende? Ma se diciamo che il Verbo offre la sua anima e poi la riprende di nuovo, allora ci fu un tempo in cui l’anima è stata separata dal Verbo di Dio? In realtà la morte ha separato il corpo dall’anima, perciò non dico che l’anima è stata separata dal Verbo. Se poi diciamo che la stessa anima offre sé stessa, abbiamo un’assurdità; infatti, se non era separata dal Verbo, forse che si poteva separare da sé stessa? Perciò la carne offre la sua anima e poi la riprende ma non con il suo potere, bensì col potere di chi abita nella carne, cioè del Verbo.

ALCUINO: E poiché la luce splendeva nelle tenebre ma le tenebre non l’hanno accolta, soggiunge: Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole. Molti di essi dicevano: Ha un demonio ed è fuori di sé.

CRISOSTOMO: Poiché infatti si dicevano di lui cose più grandi di quelle che l’uomo può fare, essi affermavano che era posseduto da un demonio. Ma proprio in base a quanto egli faceva altri mostravano che non aveva un demonio; perciò continua: Altri invece dicevano: Queste parole non sono di un indemoniato; può forse un demonio aprire gli occhi dei ciechi? Come se dicessero: neppure le sue parole sembrano essere di uno che è posseduto dal demonio. Ma anche se non vi lasciate persuadere dalle parole, lasciatevi muovere dalle opere. Poiché dunque il Signore forniva un’argomentazione tratta dalle cose, passava sotto silenzio le altre; infatti non erano degni di risposta. Ma così egli ci ha anche insegnato la mansuetudine e la più grande longanimità. Inoltre essi si frenavano l’un l’altro mentre disputavano divisi tra di loro.