
SS CORPO E SANGUE DI CRISTO-SOLENNITA’-LITURGIA PROPRIA
1 Giugno 2024 / by Padre Angelico / Commenti al vangelo / anticristo, corpo-e-sangue-di-cristo, corpus-domini, i-tempi-della-chiesa, il-ritorno-di-gesù, le-due-venute-di-gesù, padre-angelico, padre-angelico-maria-moccia, vangelo, Vangelo-di-Marco
Vangelo Commentato dai Padri
SS CORPO E SANGUE DI CRISTO-SOLENNITA’-LITURGIA PROPRIA
Vangelo di Marco 14,12-16;22-26
Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta; là preparate per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua.
Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: «Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, versato per molti. In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio». E dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
VERSETTI 12-16
Il primo giorno degli Azzimi, quando immolavano la Pasqua, gli dicono i discepoli: Dove vuoi che andiamo e prepariamo la Pasqua? E manda due dei suoi discepoli e dice loro: Andate in città e troverete un uomo che porta una brocca d’acqua; seguitelo e dovunque entrerà dite al padrone di casa che il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta; là preparate per noi. I discepoli andarono e vennero nella città e trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua.
CRISOSTOMO: Nel momento in cui Giuda trattava del tradimento, gli altri discepoli erano preoccupati dei preparativi della Pasqua; per cui si dice: Il primo giorno degli Azzimi, quando immolavano la Pasqua, gli dicono i discepoli: Dove vuoi che andiamo e prepariamo perché tu possa mangiare la Pasqua?
BEDA: Il giorno degli azzimi era il quattordicesimo giorno del mese. Alla sera di questo giorno si celebrava la Pasqua: cioè si uccideva l’agnello dopo aver gettato via il lievito. È ciò che l’Apostolo spiega in questo modo (1 Cor 5,7): «Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato». Sebbene non fosse stato che l’indomani, al quindicesimo giorno della luna, che egli fu crocifisso, fu tuttavia alla sera di quel giorno, nel momento in cui si immolava l’agnello, che egli consacrò l’inizio della sua passione e della sua immolazione dando ai suoi discepoli, per consacrarlo dopo di lui, il suo corpo e il suo sangue, e i Giudei si impadronirono di lui e lo legarono.
GIROLAMO: I pani azzimi, che si mangiavano con le erbe amare, con delle lattughe selvatiche, significano la nostra redenzione, poiché la passione del Signore fu amara.
TEOFILATTO: Con le parole Dove vuoi che andiamo? I discepoli ci insegnano che né il maestro né loro avevano una casa in proprio; se essi ne avessero avuta una, vi avrebbero condotto il loro maestro.
GIROLAMO: Dicono poi Dove vuoi che andiamo? perché dirigiamo i nostri passi con la volontà di Dio. Il Signore indica presso chi vuole mangiare la Pasqua e, secondo il suo modo ordinario, come abbiamo notato sopra, invia due discepoli insieme: E manda due dei suoi discepoli e dice loro: Andate in città.
TEOFILATTO: Egli invia due dei suoi discepoli. Secondo la testimonianza di Luca sono Pietro e Giovanni. Egli li invia a un uomo sconosciuto per insegnare loro che egli poteva non soffrire se voleva. Infatti chi muove la mente di uno sconosciuto perché li riceva, che cosa non potrebbe fare agli altri? Ora, egli dà un segno per riconoscere la casa, quando dice: troverete un uomo che porta una brocca d’acqua.
AGOSTINO: Marco chiama questo vaso «lagena» e Luca «anphora». Il primo termine designa la specie di vaso che porta quest’uomo, e il secondo la sua forma: in entrambi i casi c’è la verità.
BEDA: La prova che la divinità era presente in lui è che, al momento in cui si tratteneva con i suoi discepoli, egli vedeva ciò che accadeva altrove; per cui segue: I discepoli andarono e vennero nella città e trovarono come aveva detto loro, e prepararono la Pasqua.
CRISOSTOMO: Attendevano non la nostra, ma quella dei Giudei. Infatti la nostra non soltanto l’ha istituita il Signore, ma è divenuto egli stesso questa Pasqua. Ma perché l’ha celebrata? Perché, «venuto sotto la legge, egli doveva salvare quelli che erano sotto la legge» (Gal 4,5), e fare così cessare la legge. Egli stesso la compí, e compiendola la fece cessare, affinché nessuno potesse dire che egli non poteva compierla per ciò che essa aveva di arduo e di difficile.
GIROLAMO: In senso mistico, la città è la Chiesa circondata dal muro della fede; l’uomo che viene incontro è il popolo dei credenti; la brocca d’acqua è la legge della lettera.
BEDA: Oppure l’acqua è il lavacro della grazia, la brocca o il vaso è un segno della fragilità di coloro che hanno portato al mondo questa grazia.
TEOFILATTO: L’uomo che porta la brocca d’acqua è colui che è stato battezzato. Colui che ha già il battesimo, seguendo le tracce della ragione, viene alla pace e gode del riposo in questa casa; per cui aggiunge: seguitelo.
GIROLAMO: Cioè colui che conduce in alto, dove c’è il riposo di Cristo. Il padrone di casa è l’Apostolo Pietro, a cui il Signore affidò la sua casa, affinché ci fosse una sola fede sotto un solo pastore. Il cenacolo grande è la grande Chiesa dove si narra il nome del Signore, e la Chiesa tappezzata è la varietà delle virtù e delle lingue.
BEDA: Oppure, questo grande cenacolo è la legge presa nel suo senso spirituale; poiché, uscendo dai limiti ristretti della lettera, ha ricevuto il Salvatore nei luoghi sublimi nei luoghi più alti dello spirito. E’ di proposito che i nomi sia di colui che portava la brocca d’acqua sia di colui che fu l’ospite del Signore siano stati omessi, per esprimere che tutti coloro che lo vogliono possono celebrare la vera Pasqua, lasciandosi impregnare dai sacramenti di Cristo, e cercando di offrirgli un’ospitalità nel loro cuore.
TEOFILATTO: Oppure, il Signore della casa è l’intelligenza: è questa che fa vedere un grande cenacolo presentando dei pensieri elevati. Sebbene questo cenacolo sia elevato, tuttavia non ha nulla della vanagloria e del gonfiore, ma è abbassato e reso pieno dall’umiltà. Lì, cioè in tale mente, si prepara la Pasqua di Cristo da parte di Pietro e di Giovanni, cioè dall’azione e dalla contemplazione.
VERSETTI 22-25
E mentre mangiavano, Gesù prese il pane e benedicendo lo spezzò e lo diede loro e disse: Prendete, questo è il mio corpo. E prendendo il calice, rendendo grazie lo diede loro e tutti ne bevvero. E disse loro: Questo è il mio sangue del Nuovo Testamento, che sarà sparso per molti. In verità vi dico che non berrò di questo frutto della vite fino a quel giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio.
BEDA: Terminate le cerimonie dell’antica Pasqua, Gesù passa alla nuova, cioè sostituisce alla carne e al sangue dell’agnello il sacramento del suo corpo e del suo sangue. Per cui si dice: E mentre mangiavano Gesù prese il pane, per mostrare che egli era colui al quale il Signore giurò (Sal 109,4): «Tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedeck». Segue: e benedicendo lo spezzò.
TEOFILATTO: Cioè rendendo grazie lo spezzò, cosa che facciamo anche noi aggiungendovi delle preghiere.
BEDA: Spezza egli stesso il pane che porge ai discepoli, per mostrare che la frazione del pane era l’effetto di un piano che aveva tracciato spontaneamente lui stesso. Egli benedice il pane per mostrare che questa natura umana che egli aveva preso per soffrire egli l’aveva riempita di una virtù divina congiuntamente con il Padre e lo Spirito Santo. Con la benedizione e la frazione del pane egli fece vedere che si era degnato di sottrarre alla morte l’umanità che aveva preso, per far risplendere la potenza di immortalità che era innata in lui e per insegnare che egli avrebbe risuscitato rapidamente questa umanità. Segue: E lo diede loro e disse: Prendete, questo è il mio corpo.
TEOFILATTO: Ciò che io vi do in questo momento e ciò che voi ricevete in questo momento. Il pane non è soltanto la figura del corpo di Cristo; esso è mutato realmente nel corpo di Cristo, dato che il Signore ha detto altrove (Gv 6,51): «Il pane che io vi darò è la mia carne». Tuttavia, a causa della nostra debolezza, la carne di Cristo non è visibile a noi. pane e il vino sono dei nutrimenti fatti a nostro uso, e se noi vedessimo la carne e il sangue non sopporteremmo di nutricene. È per questo che il Signore, accondiscendendo alla nostra debolezza, conserva le apparenze del pane e del vino, ma cambiando il pane e il vino nella realtà della sua carne e del suo sangue.
CRISOSTOMO: E ancora oggi Cristo è qui, e consacra la mensa che ha adornato. E non è qui, e consacra la mensa che ha adornato. E non è l’uomo che cambia queste offerte nel corpo e nel sangue di Cristo, ma è Cristo stesso che è morto per noi. Le parole escono dalla bocca del sacerdote, ma la potenza e la grazia della consacrazione vengono da Dio. E questa parola «Questo è il mio corpo», che consacra le offerte; e come la parola che dice: «Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra» (Gen 1,22) non è stata detta che una volta eppure ottiene il suo effetto in tuti i tempi per la generazione di tutti gli esseri, attraverso la mediazione della natura, così quest’altra parola, pronunciata una sola volta, dà la sua forza al sacrificio di tutti gli altari della Chiesa fino a oggi (cosa che si perpetuerà fino alla venuta di Cristo).
GIROLAMO: Misticamente, poi, il Signore trasfigura il suo corpo nel pane, che è la Chiesa attuale, ed è questo corpo mistico che si riceve per la fede, che trova la sua benedizione nella moltiplicazione delle membra, che è rotto dalle passioni umane, è dato mediante l’esempio, è ricevuto mediante l’insegnamento, è formato nel suo sangue con vino mescolato all’acqua: per l’uno siamo purificati dalle colpe, per l’altro siamo redenti dalle pene. È per il sangue dell’agnello che le case sono preservate dai colpi dell’angelo, ed è per l’acqua del mare Rosso che sono annientati i nemici, cioè i misteri figurativi della Chiesa di Cristo. Per cui segue: E prendendo il calice lo diede loro rendendo grazie. Per grazia infatti, non per i meriti, siamo stati salvati da Dio.
GREGORIO: Quando si avvicina alla sua passione, noi lo vediamo rendere grazie dopo aver ricevuto il pane. Rende dunque grazie colui che riceve i flagelli dovuti all’iniquità degli altri; e colui la cui vita non presentava nulla che potesse attirare la punizione elevava la sua voce con umiltà nella sua passione per benedire. Sopportando con uguaglianza d’animo le pene dovute alle colpe degli altri, egli ci insegna come dobbiamo comportarci nell’espiazione dei nostri peccati personali. Rendendo grazie nella sua passione, lui, l’uguale al Padre, ci mostra ciò che deve fare il servitore quando Dio gli manda la correzione.
BEDA: Come noi dobbiamo restare in Cristo e Cristo in noi, il vino del calice del Signore è mescolato con acqua; le acque infatti, secondo la testimonianza di Giovanni, sono i popoli. Non è permesso a nessuno di offrire l’acqua sola o il vino solo, affinché la sua offerta non sia una figura della separazione del capo dalle membra, oppure non esprima che Cristo ha potuto soffrire senza amore per la nostra redenzione, o che noi possiamo essere salvati o meritare di essere offerti a Dio senza unirci alla sua passione. Segue: e tutti ne bevvero.
GIROLAMO: Felice ebbrezza, sazietà salutare, che quanto più copiosamente viene assunta, tanto più si degna di donare la sobrietà della mente.
TEOFILATTO: Alcuni dicono che Giuda non partecipò ai misteri, ma che uscì quando il Signore fece comunicare i discepoli. Altri pensano che egli gli presentò i santi misteri.
CRISOSTOMO: Cristo offriva il suo sangue a colui che andava a venderlo, affinché egli trovasse la remissione dei suoi peccati se avesse voluto rinunciare alla sua empietà.
GIROLOMO: Giuda bevve, ma la sua sete non fu appagata, la sua sete del fuoco eterno non fu colmata poiché egli aveva partecipato indegnamente ai misteri di Cristo. Vi sono infatti nella Chiesa coloro che il sacrificio non monda, ma un pensiero insipiente conduce alle colpe, essi che si sono mescolati ai fetori fangosi della crudeltà.
CRISOSTOMO: Non vi sia dunque nessun Giuda alla tavola del Signore: questo sacrificio è un nutrimento spirituale. Ora, questo nutrimento spirituale è come quello corporale, che non fa che rendere più malato lo stomaco che esso ha trovato imbarazzato di umori contrari: se esso trova un’anima sporca di malvagità, la perde più per il vizio di chi la riceve che per la propria natura. Sia dunque pura la mente in tutti, puro il pensiero, poiché anche il sacrificio è puro. Segue: E disse loro: Questo è il mio sangue del Nuovo Testamento.
BEDA: A differenza dell’antico Testamento, la cui dedicazione fu consacrata con il sangue di capri e di vitelli, mentre il legislatore (Es 24,8) pronunciava, durante l’aspersione, queste parole: «Questo è il sangue del Testamento che Dio vi impone». Segue: che sarà sparso per molti.
GIROLAMO: Infatti non monda tutti. Segue: In verità vi dico che non berrò di questo frutto della vite fino a quel giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio.
TEOFILATTO: È come se dicesse: non berrò del vino fino alla risurrezione; chiama infatti regno la risurrezione, come se allora regnasse contro la morte. Ma dopo la risurrezione egli bevve e mangiò con i discepoli, provando loro così che egli era lo stesso che aveva sofferto. Il vino che egli bevve allora era nuovo, poiché egli lo bevve in un modo tutto nuovo e differente, non avendo più un corpo passibile, avente bisogno di nutrimento, ma un corpo immortale e corruttibile. Ecco la spiegazione di questo passo. La vite è il Signore, il frutto della vite sono i misteri e le intelligenze occulte che dà colui che insegna la scienza all’uomo. Nel regno di Dio, vale a dire nel secolo futuro, egli berrà con i suoi discepoli i misteri e la saggezza, rivelandoci e insegnandoci delle cose nuove che ora tiene nascoste.
BEDA: Oppure diversamente. Isaia afferma (5,7) che la vigna del Signore è la Sinagoga con queste parole: «La vigna del Signore degli eserciti è il popolo di Israele». È dunque al momento in cui egli si avvia verso la sua passione che il Salvatore dice queste parole: non berrò più del frutto di questa vite, poiché è come se egli dicesse: io non compirò più le formalità della legge, fra le quali queste cerimonie sacre dell’agnello pasquale occupano il primo posto; poiché ecco il momento della mia risurrezione, quel giorno in cui nel regno di Dio, elevato nella gloria della vita immortale, io gioirò con voi della salvezza di questo popolo rigenerato dalla sorgente della grazia spirituale.
GIROLAMO: Bisogna considerare che qui il Signore cambia la natura del sacrificio, ma non l’epoca del sacrificio. Non dobbiamo dunque mai celebrare la commemorazione della cena del Signore prima del quattordicesimo giorno della luna. Colui che celebrasse nel quattordicesimo giorno la risurrezione dovrebbe celebrare la cena all’undicesimo, cosa che non ha mai avuto luogo né sotto l’antica né sotto la nuova legge.
VERSETTI 26-31
E detto l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. E disse loro Gesù: Tutti vi scandalizzerete di me in questa notte, poiché sta scritto: Percuoterò il Pastore e le pecore saranno disperse. Ma dopo che sarò risorto vi precederò in Galilea, Pietro gli disse: Anche se tutti si saranno scandalizzati di te, io non lo sarò. E Gesù gli disse: In verità ti dico che oggi, in questa notte, prima che il gallo abbia cantato due volte, tre volte mi rinnegherai. Ma egli diceva ancora di più: Anche se dovrò morire con te, non ti rinnegherò. E similmente dicevano anche tutti gli altri.
ILARIO: Come avevano reso grazie prima di bere, così rendono grazie anche dopo aver bevuto; per cui si dice: E detto l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. E per insegnarci a rendere grazie prima e dopo aver preso del cibo.
GIROLAMO: Questo cantico è anche una lode per il Signore, secondo questa parola (Sal 21,27-28): «I poveri mangeranno e saranno saziati; loderanno il Signore coloro che lo cercano. E tutti i ricchi della terra hanno mangiato e hanno adorato».
TEOFILATTO: Con ciò, cantando questo inno di azione di grazie nel momento in cui sta per essere tradito, egli ci mostra che gli era dolce morire per noi, e ci insegna a non rattristarci, ma a rendere grazie a Dio quando crediamo nella sofferenza per la salvezza degli altri, poiché egli nella nostra tribolazione opera la salvezza degli altri.
BEDA: Noi possiamo anche vedere, in questo cantico di azione di grazie, che egli, come riferisce Giovanni, rendeva grazie a suo Padre e pregava levando gli occhi al cielo per sè stesso e per i suoi discepoli, e per tutti quelli che dovevano credere nel suo nome.
TEOFILATTO: Egli va verso la montagna, affinché, trovandolo in solitudine, lo si possa prendere senza tumulto. Se essi l’avessero preso in mezzo alla città, forse tutta la folla del popolo ne sarebbe stata turbata, e i suoi nemici avrebbero potuto trovare, in questa agitazione, una giustificazione per impadronirsi di lui, come agitatore della folla.
BEDA: In senso mistico è assai notevole che il Salvatore conduca i suoi discepoli sul monte degli Ulivi, dopo averli fatti partecipare ai suoi misteri; ed è per insegnarci a servirci della nostra partecipazione ai sacramenti per levarci alle virtù e ai doni dello Spirito Santo più sublimi; e per questa virtù e per questi doni che i nostri cuori sono consacrati dall’unzione divina.
GIROLAMO: E sullo stesso monte degli Ulivi, dove è stato fatto prigioniero, che Gesù si eleva al cielo, e ciò per insegnarci che noi saliamo al cielo dal mezzo delle nostre preghiere, delle nostre veglie, delle nostre prove, quando non le respingiamo.