XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C


Vangelo Commentato dai Padri

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Vangelo di Luca 10,1-12.17-20

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone delle messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l’operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano e dite loro: È vicino a voi il regno di Dio. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite: Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino. Io vi dico che in quel giorno Sodoma sarà trattata meno duramente di quella città.
I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: «Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse: «Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare. Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli».

VERSETTI 1-2

Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: La messe è molta ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe.

CIRILLO: Il Signore per mezzo dei Profeti aveva reso noto che la predicazione del Vangelo doveva abbracciare non solo Israele, ma anche le greggi dei Pagani; perciò, dopo i dodici Apostoli, furono istituiti anche altri settantadue; per cui si dice: Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli.

BEDA: Giustamente vengono inviati settantadue, perché bisognava che il Vangelo fosse predicato a tutto il mondo: sicché come i Dodici erano stati scelti per le dodici tribù di Israele, così questi erano stati destinati a istruire le nazioni straniere.

AGOSTINO: Così come in ventiquattro ore tutto il mondo viene percorso e illuminato, altrettanto il mistero dell’istruzione del mondo mediante il Vangelo della Trinità è accennato nei settantadue discepoli; infatti tre volte ventiquattro fa settantadue.

BEDA: Ora, come nessuno dubita che i dodici Apostoli mostrano in anticipo l’ordine dei Vescovi, così bisogna sapere che questi settantadue forniscono la figura dei presbiteri, cioè del secondo grado dei sacerdoti; tuttavia nei primi tempi della Chiesa, come attestano gli scritti apostolici, erano chiamati entrambi sia Presbiteri che Vescovi, indicando con un termine la maturità della sapienza, e con l’altro la diligenza nella cura pastorale.

CIRILLO: Questo grado era prefigurato nelle parole di Mosè, il quale, dietro il comando di Dio, scelse settanta nei quali Dio infuse lo Spirito. Anche nei Numeri sta scritto, circa i figli di Israele, che si recarono in Elim, che significa ascesa; e là c’erano dodici fontane d’acqua e settanta palme. Infatti, quando noi corriamo verso la crescita spirituale, troviamo dodici fontane, ossia i santi Apostoli, dai quali attingiamo, come dalle fonti del Salvatore, la scienza della salvezza, e settanta palme, ossia coloro che sono stati ora stabiliti da Cristo. Infatti la palma è un albero con un buon midollo, con le radici profonde e fertile, che nasce sempre in un terreno acquatico, alta e protendente le sue foglie verso l’alto. Segue: e li inviò due a due.

GREGORIO: Nella predicazione egli invia i suoi discepoli due a due perché due sono i comandamenti dell’amore, verso Dio e verso il prossimo. E inoltre perché l’amore non si può avere in meno di due persone; con ciò egli insinua tacitamente che chi non possiede la carità verso gli altri non deve assumere l’ufficio della predicazione.

ORIGENE: Così anche i Dodici erano enumerati due a due, come fa vedere Matteo nel suo catalogo; e che due fossero uniti nel servizio alla parola Dio sembra essere un’abitudine antica. Infatti Dio condusse Israele fuori dall’Egitto per mano di Mosè e Aronne; Giosuè e Caleb, uniti insieme, placarono il popolo che era stato provocato dai dodici esploratori. Perciò si dice (Pr 18,19): «Un fratello aiutato da un fratello è come una città fortificata».

BASILIO: Con ciò viene anche indicato che, se alcuni sono eguali nei doni spirituali, ciò non consentirà loro di far prevalere la passione del proprio parere.

GREGORIO: Ora, si aggiunge giustamente: avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Infatti il Signore segue i suoi predicatori: poiché la predicazione precede, e allora il Signore penetra nel tabernacolo del nostro cuore, quando le parole dell’esortazione precorrono e con ciò la verità viene accolta nella mente. Perciò Isaia dice ai predicatori (40,3): «Preparate la via del Signore, raddrizzate i sentieri del nostro Dio».

TEOFILATTO: Ora, il Signore designò dei discepoli per la moltitudine che aveva bisogno di maestri: infatti come i campi maturi hanno bisogno di molti mietitori, così l’innumerevole moltitudine di coloro che stavano per credere aveva bisogno di molti maestri; perciò continua: La messe è molta.

CRISOSTOMO: Ma come chiama messe un’opera che è appena agli inizi? Sebbene l’aratro non sia ancora stato affondato e non siano ancora stati scavati i solchi, egli già parla di messi. Infatti i discepoli potevano vacillare e dire: come possiamo noi che siamo pochi convertire tutto il mondo: degli ignoranti i sofisti, dei nudi coloro che sono vestiti, dei sudditi i padroni? Affinché non fossero turbati dalla considerazione di tali cose, egli chiama il Vangelo messe, come se dicesse: tutte le cose sono pronte; perciò vi invio a raccogliere i frutti maturi; nello stesso giorno potete seminare e mietere. Perciò come il contadino esce contento per la mietitura, così anche voi molto più gioiosamente dovete uscire verso il mondo: infatti quest’opera è la messe che ci presenta i campi preparati.

GREGORIO: Ma non senza una grande pena possiamo dire ciò che viene aggiunto: ma gli operai sono pochi: poiché sebbene ci siano quelli che ascoltano le buone parole, mancano coloro che le annuncino. Ecco un mondo pieno di sacerdoti; ma nella messe del Signore sono rari gli autentici operai: perché indubbiamente noi assumiamo l’ufficio sacerdotale, ma non compiamo il lavoro dell’ufficio stesso.

BEDA: Ora, come la messe copiosa è qualsiasi folla di credenti, così gli scarsi operai sono gli Apostoli e i loro imitatori, che sono inviati per la messe.

CIRILLO: E come i campi spaziosi esigono molti mietitori, così anche la moltitudine di coloro che sono chiamati a credere in Cristo; perciò soggiunge: Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe. Ora, fa’ attenzione a ciò che egli dice: Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe; egli stesso in seguito ha fatto questo. Infatti egli è il padrone della messe, e per mezzo di lui e con lui Dio Padre domina su ogni cosa.

CRISOSTOMO: Così in seguito li moltiplicò, non aumentando il numero ma concedendo loro il potere. Infatti allude a quanto grande sia il dono di essere inviati nella messe divina quando dice che deve essere pregato per ciò il padrone della messe.

GREGORIO: Anche il popolo dev’essere indotto a pregare per i propri pastori, perché siano in grado di operare ciò che è bene per loro, e la loro lingua non si raffreddi nell’esortazione; infatti spesso, a causa della loro iniquità, la loro lingua resta legata. Però spesso accade anche che è per colpa dei semplici fedeli che la parola della predicazione viene sottratta a coloro che presiedono.

VERSETTI 3-4

Andate: ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi; non portate borsa né bisaccia né sandali, e non salutate nessuno lungo la strada.

CIRILLO: Luca poi riferisce che i settanta discepoli ricevettero da Cristo l’istruzione apostolica: la modestia, l’innocenza, l’equità, il non preferire nulla di mondano alla sacra predicazione, l’aspirare alla fortezza della mente fino al punto di non temere nessuna delle cose terribili, neppure la morte; perciò dice: Andate.

CRISOSTOMO: Infatti il loro conforto fra tutti i pericoli era la potenza di colui che li aveva inviati. Perciò egli dice: ecco, io vi mando; come se dicesse: ciò basti per la vostra consolazione, basti per farvi sperare e non temere i mali futuri; e significa ciò aggiungendo: come agnelli in mezzo ai lupi.

ISIDORO ABATE: Denotando la semplicità e l’innocenza nei suoi discepoli. Infatti quelli che sono furiosi e con le loro enormità fanno ingiuria alla stessa natura, non li chiama agnelli, ma caproni,

AMBROGIO: Ora, questi animali sono in contrasto fra di loro, cosicché uno viene divorato dall’altro, cioè gli agnelli dai lupi; ma il buon pastore non ha paura dei lupi per il suo gregge. Perciò i suoi discepoli non sono destinati a essere preda, ma a ricevere la grazia. Intatti la sollecitudine del buon pastore fa sì che i lupi non osino fare alcun male al gregge. Perciò li invia come agnelli in mezzo ai lupi perché si adempia il detto di Is 65,25: «Allora i lupi e gli agnelli pascoleranno insieme».

CRISOSTOMO: Questo fu infatti l’indizio di un chiaro trionfo, che i discepoli di Cristo fossero circondati dai nemici come gli agnelli in mezzo ai lupi, e che li convertissero.

BEDA: Oppure egli chiama in modo speciale lupi gli Scribi e i Farisei, che sono i chierici dei Giudei.

AMBROGIO: Oppure sono paragonabili ai lupi gli eretici: infatti i lupi sono bestie che insidiano gli ovili e che si aggirano intorno alle capanne dei pastori. Non osano entrare nelle abitazioni delle case; esplorano il sonno dei cani, l’assenza o la pigrizia dei pastori; assaltano le pecore per la gola per strangolarle più facilmente; sono feroci, rapaci, per la natura del corpo più rigidi, sicché non si possono piegare con facilità, si comportano con una certa impetuosità e per questo motivo spesse volte vengono ingannati. Se vedono per primi un uomo, si dice che portino via la voce per una forza di natura; se invece un uomo li vede per primo, si racconta che si agitano. Così gli eretici insidiano gli ovili di Cristo; urlano intorno al recinto durante la notte; infatti la notte è il tempo dei perfidi, che oscurano la luce di Cristo con le nebbie delle loro false interpretazioni. Ma non osano entrare negli ovili di Cristo, e per questo motivo non sono guariti come invece fu guarito nella locanda colui che cadde nelle mani dei ladroni. Essi spiano l’assenza del pastore poiché, presenti i pastori, non possono assalire le pecore di Cristo. Inoltre, per la durezza e la rigidezza della loro mente, solitamente non deflettono dal loro errore mentre il Cristo, autentico interprete della Scrittura, si prende gioco di loro; sicché spargono invano i loro sforzi e non possono nuocere a nessuno: e se superano qualcuno con gli scaltri raggiri delle loro dispute, lo fanno ammutolire. Infatti è muto colui che non confessa la parola di Dio dandogli la gloria che gli compete. Perciò sta’ attento affinché l’eretico non ti privi della tua voce prima che tu non l’abbia a scoprire per primo: infatti la sua perfidia serpeggia mentre rimane nascosta. Ma se tu scopri i suoi malvagi desideri, non puoi temere la perdita di una santa voce. Essi attaccano la gola, feriscono le parti vitali mentre cercano l’anima. Inoltre se odi che qualcuno si dice sacerdote e tu conosci i suoi latrocini, all’esterno egli è una pecora ma all’interno è un lupo, che brama sfogare la sua rabbia con la crudeltà insaziabile di un omicidio.

GREGORIO: Infatti molti, quando ricevono il diritto di comandare, sono veementi nel perseguitare i loro sudditi, e fanno mostra del terrore del loro potere; e poiché non hanno viscere d’amore cercano di sembrare signori, ma dimenticano completamente che sono dei padri: essi cambiano completamente un’occasione di umiltà in un’esaltazione del potere. Contro tutte queste cose noi dobbiamo considerare che come gli agnelli sono inviati tra i lupi perché essi conservano un sentimento di innocenza, così noi non dobbiamo compiere nessun attacco malizioso: infatti chi assume l’ufficio di predicatore non deve causare il male, ma sopportarlo; e sebbene talvolta lo zelo per la rettitudine esige che qualcuno sia duro con i suoi sudditi, internamente egli ami con paterna pietà chi esteriormente punisce: e chi comanda dà un buon esempio di ciò quando non sottopone il collo dell’anima al giogo della concupiscenza terrena. Perciò soggiunge: non portate né borsa né bisaccia.

GREGORIO NAZIANZENO: Il senso di ciò è che gli uomini dovrebbero essere così virtuosi che il Vangelo dovrebbe fare un progresso non inferiore mediante la loro vita che mediante la loro predicazione.

GREGORIO: Infatti il predicatore del Vangelo dovrebbe porre una tale fiducia in Dio che, sebbene egli non abbia provviste per le spese della vita presente, dovrebbe essere convinto che queste non gli mancheranno; a meno che, mentre la sua mente si trova occupata dalle cose temporali, egli non diventi meno attento alle cose eterne per gli altri.

CIRILLO: Così egli aveva già comandato loro di non avere meno cura di queste stesse cose quando disse: Ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Inoltre egli non concede loro di essere preoccupati delle cose esterne del corpo, quando dice: Non portate né borsa né bisaccia. E neppure concede loro di portare con sé qualcuna delle cose che sono unite al corpo; perciò aggiunge: né sandali. Egli proibisce loro non solo di portare la borsa e la bisaccia, ma non concede loro neppure di avere delle distrazioni nel loro lavoro, come il porgere saluti per strada: per cui aggiunge: e non salutate nessuno lungo la strada. Questo era già stato detto in passato da Eliseo; come se dicesse: procedi diritto al tuo lavoro senza scambiare benedizioni con gli altri; infatti è una cosa dannosa perdere tempo per coloro che esercitano la predicazione.

AMBROGIO: Pertanto il Signore non proibisce queste cose perché fosse contrario all’esercizio della benevolenza, ma perché l’intenzione di una devota sequela gli piaceva di più.

GREGORIO NAZIANZENO: Il Signore diede loro questi comandi anche per la gloria della parola, perché non sembrasse che il divertimento avesse il sopravvento su di loro; inoltre egli voleva che non fossero ansiosi di parlare con altri.

GREGORIO: Ora, se qualcuno vuole interpretare queste parole allegoricamente, il denaro racchiuso nella borsa è la sapienza nascosta. Perciò chi possiede la parola della sapienza e si rifiuta di distribuirla al prossimo, è come se tenesse il denaro chiuso dentro un sacco. Invece per bisaccia si intendono i fastidi di questo mondo, mentre per i sandali si intendono gli esempi delle opere morte. Quindi chi assume l’ufficio della predicazione non dovrebbe portare il peso degli affari mondani, così che, mentre questo grava sul suo collo, egli sia impedito di innalzarsi alla predicazione delle cose celesti; né deve considerare gli esempi di lavori insensati, a meno che egli non pensi di proteggere le sue opere come con pelli morte, cioè a meno che, avendo visto che altri hanno fatto queste cose, non si ritenga autorizzato a fare altrettanto.

AMBROGIO: Inoltre il Signore vuole che in noi non ci sia nulla di mortale. Infatti a Mosè viene comandato di togliersi i sandali mortali e terreni, quando viene inviato a liberare il popolo. Ma se qualcuno chiede per quale ragione agli Ebrei in Egitto fu comandato di mangiare calzati l’agnello, mentre gli Apostoli sono inviati a predicare il Vangelo senza sandali, questi deve considerare che in Egitto bisognava che uno si guardasse dal morso dei serpenti; infatti là esistevano molti veleni, e chi celebrava la pasqua figurativamente poteva essere esposto a venire ferito; ma il ministro della verità non teme alcun veleno.

GREGORIO: Ora, chi saluta per strada fa ciò per l’occasione del viaggio, e non per la ricerca della salvezza desiderata. Perciò chi predica agli ascoltatori non per amore della salvezza eterna, ma per amore della ricompensa, è come se salutasse per strada, poiché accidentalmente e non con un’intenzione seria egli desidera la salvezza dei suoi ascoltatori.

VERSETTI 5-12

In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l’operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate gli ammalati che vi si trovano e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio si è avvicinato. Io vi dico che in quel giorno Sodoma sarà trattata meno duramente di quella città.

CRISOSTOMO: La pace è la madre di ogni bene, perché senza la pace tutte le altre cose sono vane: per questo motivo il Signore ai discepoli che entrano nelle case ordina loro di recarvi la pace come indizio degli altri beni, dicendo: In qualunque casa entriate prima dite: Pace a questa casa.

AMBROGIO: Ossia, affinché noi possiamo portare il messaggio di pace e il nostro stesso ingresso sia accompagnato con la benedizione della pace.

CRISOSTOMO: Perciò il Pontefice della Chiesa la trasmette dicendo: Pace a voi. I santi implorano la pace, non solo quella che si dà tra gli uomini nei rapporti reciproci, ma anche quella che riguarda noi stessi. Infatti spesso facciamo guerra nel nostro intimo e siamo turbati anche se nessuno ci molesta, e inoltre spesse volte insorgono contro di noi cattivi desideri.

TITO: Ora si dice: Pace a questa casa, ossia agli abitanti della casa; ci si rivolga a tutti, sia ai più grandi che ai più piccoli; ma il vostro saluto non sarà indirizzato a coloro che non ne sono degni; perciò si aggiunge: Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui. Come se dicesse: Voi indubbiamente pronuncerete la parola, ma la realtà della pace sarà applicata secondo il mio giudizio a seconda che uno ne sia ritenuto degno. Ma se qualcuno non ne è degno, non siate delusi: la grazia del vostro lavoro non è andata perduta, anzi, fa ritorno a voi, e questo è quanto viene aggiunto: altrimenti ritornerà su di voi.

GREGORIO: Infatti la pace che viene offerta dalla bocca del predicatore o riposerà su quella casa, se ci sarà in essa qualcuno predestinato alla vita che segue la parola celeste che ascolta, oppure, se non c’è nessuno che vuole ascoltare, lo stesso predicatore non resterà senza frutto, perché la pace farà ritorno a lui, quando dal Signore gli sarà data la ricompensa per la sua fatica. Se invece la nostra pace viene accolta, è giusto che riceviamo la mercede terrena da coloro ai quali offriamo i premi della patria celeste. Perciò continua: Restate in quella casa mangiando e bevendo di quello che hanno. Ecco, colui che aveva proibito di portare la borsa e la bisaccia, concede loro di ricevere le spese e gli alimenti per la loro predicazione.

CRISOSTOMO: Ma affinché nessuno dica: Consumo le mie cose preparando la mensa per degli estranei, egli fa sì che chi entra offra per primo il dono della pace che non ha nulla di eguale, affinché tu possa conoscere che ricevi cose più grandi di quelle che dai.

TITO: Oppure in un altro senso: Poiché non siete costituiti giudici di coloro che sono degni o indegni, mangiate e bevete le cose che vi sono offerte da loro, ma lasciate a me la valutazione di coloro che vi ricevono, a meno che non abbiate scoperto voi stessi che lì non c’è nessun figlio della pace: in tal caso forse dovete tornare indietro.

TEOFILATTO: Vedi dunque come egli ha insegnato ai suoi discepoli a mendicare e ha voluto che ricevessero come ricompensa gli alimenti; infatti si aggiunge: l’operaio è degno della sua mercede.

GREGORIO: Poiché fanno già parte della mercede dell’operaio gli alimenti che lo sostengono; sicché abbia inizio qui la mercede della fatica della predicazione, che sarà poi completata con la visione della verità. Qui bisogna considerare che a un’unica fatica sono dovute due ricompense, una lungo la via che ci sostiene nella nostra fatica, l’altra in patria, che ci ripaga nella risurrezione. Sicché la mercede che riceviamo nella vita presente deve far sì che tendiamo più fermamente verso la mercede successiva. Pertanto ogni vero predicatore non deve predicare allo scopo di ricevere la mercede in questo tempo, e tuttavia deve ricevere la mercede per poter predicare. Infatti chiunque predica per ricevere qui la mercede della lode o della ricompensa, si priva della mercede eterna.

AMBROGIO: Si aggiunge un’altra virtù, che cioè uno non passi facilmente da una casa all’altra; infatti continua: non passate di casa in casa; cioè per l’amore dell’ospitalità dobbiamo osservare la costanza e non dobbiamo facilmente spezzare il nostro vincolo di amicizia.

BEDA: Ora, dopo aver descritto l’ospitalità di varie case, egli insegna come si devono comportare nelle città, ossia comunicando con i buoni in ogni cosa, ed evitando la società dei cattivi in ogni cosa. Perciò segue: Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi.

TEOFILATTO: Anche se sono cose di poco conto e vili, non cercate nulla di più. Inoltre dice loro di operare miracoli per attrarre gli uomini alla loro predicazione. Perciò soggiunge: curate gli ammalati che vi si trovano e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio. Infatti se prima curate e poi insegnate, la vostra parola prospererà e gli uomini crederanno che il regno di Dio si avvicina: infatti non curerebbero se qualche potenza divina non operasse ciò. Ma anche quando sono curati nell’anima si avvicina a loro il regno di Dio, che è lontano da chi è dominato dal peccato.

CRISOSTOMO: Ora, considera la dignità degli Apostoli: non devono proferire alcunché di sensibile, come avevano fatto Mosè e i Profeti, ossia i beni terreni, ma qualche cosa di nuovo e di ammirabile, ossia il regno di Dio.

MASSIMO: Ora si dice: si è avvicinato, non per mostrare la brevità del tempo: infatti il regno di Dio non viene in modo osservabile, ma mostra la disposizione degli uomini al regno di Dio; che indubbiamente in potenza si trova in tutti i credenti, ma in atto si trova in coloro che respingono la vita temporale e scelgono solo la vita spirituale; i quali possono dire: «Vivo, ma non io, bensì vive in me Cristo» (Gal 2,20).

AMBROGIO: Poi insegna loro a scuotere la polvere dai piedi, se qualcuno pensa di non riceverli in città con ospitalità, dicendo: Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno uscite sulle sue piazze e dite: anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi noi la scuotiamo contro di voi.

BEDA: O come una testimonianza per la fatica terrena che essi hanno compiuto invano per loro, oppure per mostrare che lungi dal cercare qualche beneficio terreno fra di loro, essi non sopportano che la polvere della loro terra resti attaccata ai loro piedi. Oppure con i piedi viene indicato il lavoro e il progresso della predicazione, mentre la polvere con cui sono ricoperti indica la leggerezza dei pensieri terreni, da cui anche i maestri più grandi non riescono a tenersi liberi. Perciò coloro che disprezzano la dottrina, le fatiche e i pericoli dei maestri, diventano testimoni della loro dannazione.

ORIGENE: Perciò scuotendo la polvere dei piedi contro di loro, in un certo modo dicono: la polvere dei vostri peccati cade giustamente su di voi. E fa’ attenzione che tutte le città che non accolgono gli Apostoli e la sana dottrina hanno piazze e strade larghe, secondo il detto di Mt 7,13: «Spaziosa è la via che conduce alla perdizione».

TEOFILATTO: E come a coloro che ricevono gli Apostoli si dice che vedranno l’approssimarsi del regno di Dio come un beneficio, così coloro che non li ricevono si dice che lo vedranno come una maledizione. Perciò soggiunge: sappiate però che il regno di Dio è vicino: come la venuta del re ad alcuni giunge come una pena e ad altri come un onore; quindi circa la loro pena aggiunge: Io vi dico che in quel giorno Sodoma sarà trattata meno duramente di quella città.

EUSEBIO: Infatti nella città dei Sodomiti gli Angeli trovarono ospitalità, e Lot fu trovato degno di ospitarli nella sua casa. Perciò se alla venuta dei discepoli nella città non c’è nessuno che li accolga, in che modo essa non sarà peggiore della città dei Sodomiti? Queste parole li persuadevano ad attenersi coraggiosamente alla regola della povertà. Infatti non potrebbe sussistere città o villaggio o borgo senza qualche abitante noto a Dio. Così Sodoma non avrebbe potuto sussistere se non ci fosse stato in essa un Lot, alla partenza del quale l’intera città fu improvvisamente distrutta.

BEDA: Anche i Sodomiti stessi, sebbene fossero inospitali assieme alle altre perversità dell’anima e del corpo, tuttavia non si trovarono ad avere ospiti quali gli Apostoli; e Lot, che era certamente giusto alla vista e all’udito, tuttavia non si dice che vi abbia insegnato qualcosa o che vi abbia operato qualche miracolo.

VERSETTI

I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome. Egli disse: Io vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni, e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare. Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli.

CIRILLO: In precedenza è stato detto che il Signore ha inviato i suoi discepoli muniti della grazia dello Spirito Santo e che hanno ricevuto, dopo che sono stati fatti ministri della predicazione, il potere sugli spiriti immondi; ora, quando ritornano riconoscono la potenza di chi li ha onorati; perciò si dice: I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome. Indubbiamente sembrava che essi godessero di più perché erano stati gli autori di miracoli che non per essere stati fatti ministri della predicazione. Ma sarebbe stato meglio che essi avessero goduto nelle cose che avevano intrapreso, come san Paolo dice a coloro che erano stati chiamati da lui: «Mia gioia e mia corona» (Fil 4,1).

GREGORIO: Ora, in un modo meraviglioso il Signore, per reprimere nei cuori dei discepoli l’arroganza, racconta loro il giudizio di rovina che subì lo stesso principe dell’arroganza; affinché nell’autore stesso della superbia apprendessero perché dovessero temere il vizio dell’arroganza. Perciò continua: Egli disse: io vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore.

BASILIO: Si dice Satana perché è contrario al bene; questo è ciò che significa il nome ebraico; invece si dice diavolo perché coopera con noi nel male e diviene nostro accusatore. La sua natura è incorporea; il suo luogo è nell’aria.

BEDA: Ora egli non dice: ora vedo, ma: vedevo, quando cadde. L’espressione: come la folgore significa o la veloce caduta dall’alto verso le profondità, oppure perché, una volta gettato giù, egli si trasforma in un angelo della luce.

TITO: Ora, dice che ha visto in qualità di giudice, il quale conosce le passioni degli esseri incorporei. Oppure dice: come una folgore, perché per natura era scintillante come la folgore, ma è diventato tenebroso a causa del sentimento, perché ciò che Dio aveva fatto buono, egli lo ha ridotto a male in sé stesso.

BASILIO: Le potenze celesti non sono sante per natura, ma secondo l’analogia del divino amore ricevono la misura della santificazione. E come il ferro messo nel fuoco non cessa di essere ferro, ma a causa della forte unione con la fiamma si muta nel fuoco sia nell’effetto che nell’aspetto, così le potenze celesti non sono sante per natura, ma per la partecipazione di colui che è naturalmente santo, e hanno una santificazione interiore, Infatti Satana non sarebbe caduto se per natura non fosso stato suscettibile del male.

CIRILLO: Oppure in un altro senso: Io vedevo satana cadere dal cielo come una folgore, ossia dalla suprema potenza all’estrema fragilità. Infatti prima dell’avvento del Salvatore aveva sottomesso a sé tutta la terra e veniva venerato da tutti: ma quando l’Unigenito Verbo di Dio discese dal cielo egli cadde come il fulmine, perché viene calpestato da coloro che adorano il Cristo: perciò prosegue: Ecco io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni.

TITO: Un tempo i serpenti nel deserto in modo figurativo morsicavano i Giudei e li uccidevano, perché erano increduli; ma venne il serpente di bronzo, il crocifisso, per uccidere quei serpenti, cosicché se qualcuno lo guarda credendo in lui, viene liberato dai morsi ed è salvato.

CRISOSTOMO: E perché non pensiamo che ciò sia detto delle bestie soggiunge: e sopra ogni potenza del nemico.

BEDA: Ossia avendo il potere di scacciare qualsiasi specie di spiriti immondi dai corpi posseduti; e riguardo ad essi soggiunge: nulla vi potrà danneggiare, sebbene questo testo possa essere preso letteralmente: infatti Paolo, colpito da una vipera, non subì alcun male, e Giovanni, avendo bevuto del veleno, non venne danneggiato. Ma io penso che ci sia una differenza tra i serpenti che morsicano con i denti e gli scorpioni che feriscono con la coda, perché i serpenti significano uomini o spiriti che feriscono apertamente, mentre gli scorpioni significano coloro che complottano segretamente. Oppure i serpenti sono coloro che lanciano il veleno della suggestione cattiva contro le virtù che sono solo all’inizio, mentre gli scorpioni cercano di corrompere le virtù che sono giunte alla perfezione.

TROFILATTO: Oppure sono serpenti coloro che offendono in modo visibile, come il demone della fornicazione e dell’omicidio, mentre quelli che offendono in modo invisibile sono chiamati scorpioni, come accade nei vizi spirituali.

GREGORIO NISSENO: Nella Scrittura viene chiamato serpente anche il piacere, la cui natura è tale che se la sua testa ha raggiunto una fessura in un muro, trascina con sé tutto il corpo. Così la natura ha fornito l’uomo di un’abitazione che gli era necessaria. Ma per mezzo di questa necessità, il piacere assalta il cuore e lo corrompe con un abbellimento smodato; inoltre porta con sé l’avarizia, alla quale segue l’impudicizia, che è l’ultimo membro o la coda della bestia. Ma siccome non è possibile tirare indietro il serpente per la coda, così per eliminare i piaceri noi non dobbiamo cominciare dagli ultimi, a meno che uno non abbia chiusa la porta alla malizia precedente.

ATANASIO: Ora pero, mediante la potenza di Cristo i fanciulli deridono il piacere che in precedenza aveva sviato gli uomini maturi, e le vergini calpestano con decisione i desideri del piacere serpentino. Inoltre alcuni calpestano lo stesso pungiglione dello scorpione, cioè del demonio, ossia la morte, e non temendo la distruzione diventano testimoni della parola. Molti poi, rinunciando alle cose terrene, camminano con un passo franco verso il cielo, senza temere il principe dell’aria.

TITO: Siccome egli vedeva che la gioia della quale erano felici sapeva di vanagloria, infatti godevano come se fossero stati resi potenti e terribili per gli uomini e per i demoni, perciò il Signore soggiunge: Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi.

BEDA: A loro viene proibito di godere per la sottomissione degli spiriti, perché essi sono carne; poiché espellere gli spiriti ed esercitare altri poteri talora non avviene per i meriti propri di chi opera, ma si compie attraverso l’invocazione del nome del Signore a condanna di coloro che invocano, oppure a vantaggio di coloro che vedono oppure ascoltano.

CIRILLO: Perché, o Signore, tu non permetti che gli uomini si rallegrino degli onori che sono stati conferiti da te, quando sta scritto (Sal 88,17): «E nel nome tuo esultano tutto il giorno»? Ma il Signore li innalza verso una gioia superiore; perciò soggiunge: rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli.

BEDA: Come se dicesse: non conviene che voi vi rallegriate dell’umiliazione del demonio, ma della vostra sublimazione. Ma ciò va inteso in modo corretto, perché sia che uno compia cose celesti oppure terrene, egli con ciò viene fissato, come se fosse marcato con lettere, per sempre nella memoria di Dio.

TEOFILATTO: I nomi dei santi sono scritti nel libro della vita non con l’inchiostro, ma nella memoria di Dio e nella grazia. E certamente il demonio cade dall’alto; mentre gli uomini che esistono quaggiù sono iscritti nei cieli.

BASILIO: Ci sono però alcuni che sono scritti non nella vita, ma, secondo Geremia, in terra; e da questo punto di vista ci può essere una doppia specie di registrazione: alcuni per la vita e altri per la perdizione. Ora, il detto del Sal 68,29: «Siano cancellati dal libro dei viventi» va inteso di coloro che erano stimati degni di venire registrati nel libro di Dio; e da questo punto di vista si dice che nella iscrizione c’è stato un cambiamento, quando dalla virtù si cade nel peccato o viceversa.