VENTISEIESIMA DOMENICA TEMPO ORDINARIO – ANNO C


Vangrlo Commentato dai Padri

VENTISEIESIMA DOMENICA TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Vangelo di Luca 16, 19-31

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell’inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura.
Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi.
E questi replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosé e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi».

VERSETTI 19-21

C’era un uomo ricco che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. E c’era un mendicante di nome Lazzaro che giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi delle briciole che cadevano dalla mensa del ricco, ma nessuno gliene dava. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe.

BEDA: In precedenza il Signore aveva esortato a farsi degli amici con le ricchezze ingiuste, e udendo ciò i Farisei lo deridevano: successivamente conferma con esempi le cose che aveva proposto dicendo: C’era un uomo ricco.

CRISOSTOMO: C’era, non «c’è», perché è passato come un’ombra fuggente. Perciò non ogni povertà è santa, oppure non ogni ricchezza è cattiva, ma come la lussuria discredita le ricchezze, così la santità esalta la povertà; perciò continua: e vestiva di porpora e di bisso.

AMBROGIO: La porpora è il colore del vestito del re: essa si ottiene dalle conchiglie marine incise con un coltello; il bisso invece è una specie di lino bianco e morbidissimo.

GREGORIO: Ora, se il culto di vesti sottili e preziose non fosse una colpa, neppure la parola di Dio si esprimerebbe a questo proposito con tanta cura. Infatti nessuno cerca i vestiti preziosi se non per vanagloria, per sembrare più degno d’onore degli altri; nessuno infatti vuole portare vestiti preziosi là dove non può essere visto dagli altri.

CRISOSTOMO: Egli nascondeva la cenere, la polvere e la terra con la porpora e la seta; in conformità con i vestiti sono anche i banchetti; e così è anche per noi: quale il nostro cibo, tale sia il nostro vestito. Perciò prosegue: e tutti i giorni banchettava lautamente.

GREGORIO: Qui bisogna prestare particolare attenzione, perché è assai difficile celebrare i banchetti senza macchia: infatti quasi sempre i piaceri accompagnano i banchetti, poiché, mentre il corpo si dissipa nel piacere del cibo, il cuore si abbandona a vane gioie. Prosegue: E c’era un mendicante di nome Lazzaro.

AMBROGIO: Sembra più un racconto che una parabola, poiché viene indicato anche il nome.

CRISOSTOMO: Infatti si dà una parabola là dove viene posto un esempio e si tacciono i nomi. Ora, per Lazzaro si intende uno che viene aiutato: infatti era povero e il Signore venne in suo aiuto.

CIRILLO: Oppure diversamente. Questo discorso relativo al ricco e a Lazzaro è scritto come una parabola, perché si sappia che coloro che abbondano nelle ricchezze terrene, a meno che non vadano incontro ai bisogni dei poveri, saranno colpiti da una severa condanna. Ora, una tradizione dei Giudei riferisce che in quel tempo c’era a Gerusalemme un certo Lazzaro oppresso dalla povertà e dalla malattia; ricordandosi di lui, il Signore lo inserisce nell’esempio per rendere più evidente il suo discorso.

GREGORIO: Si deve inoltre osservare che tra la gente di solito sono conosciuti più i nomi dei ricchi che quelli dei poveri. Invece il Signore dice il nome del povero e non dice il nome del ricco, perché Dio conosce e approva gli umili e ignora i superbi. E affinché fosse maggiormente provato che era povero, la povertà e la malattia lo andavano divorando; infatti continua: giaceva alla sua porta coperto di piaghe.

CRISOSTOMO: Giaceva alla porta affinché il ricco non potesse dire: Non l’ho visto, nessuno me lo ha comunicato. Lo vedeva entrando e uscendo. Inoltre era pieno di ulcere per mostrare con il suo corpo la crudeltà del ricco. O infelicissimo tra gli uomini, vedi giacere davanti alla porta la morte del tuo corpo e non hai pietà. Se non consideri i comandamenti di Dio, almeno abbi compassione della tua condizione e temi di diventare come lui. Infatti la malattia ottiene qualche sollievo se riceve aiuto. Perciò quanto grande è la pena in questo corpo se fra tante ferite egli non ricorda neppure il dolore delle piaghe, ma solo della fame? Continua infatti dicendo: bramoso di sfamarsi delle briciole che cadevano dalla mensa del ricco; come se dicesse: Quello che getti via dalla tua mensa, donalo in elemosina: ricava un guadagno da ciò che perdi.

AMBROGIO: L’insolenza e la superbia del ricco viene manifestata con segni chiarissimi; infatti continua: ma nessuno gliene dava. Infatti essi sono talmente smemorati della condizione umana che, come se fossero collocati sopra la natura, traggono dalle disgrazie del povero un incentivo al loro piacere: essi deridono il povero, insultano il bisognoso e derubano coloro che invece avrebbero dovuto aiutare.

AGOSTINO: Infatti l’avarizia insaziabile dei ricchi non teme Dio, non ha riguardo dell’uomo, non risparmia il padre, non presta fede all’amico, opprime la vedova, assale la proprietà dei fanciulli.

GREGORIO: Inoltre il povero vedeva il ricco uscire accompagnato dagli adulatori, mentre egli si trovava nella malattia e nel bisogno, non visitato da nessuno; e che non ci fosse qualcuno a visitarlo lo attestano i cani, i quali venivano a leccare le sue piaghe; infatti prosegue: Persino i cani venivano a leccare le sue piaghe.

CRISOSTOMO: Le piaghe che nessun uomo si degnava di lavare e fasciare, le bestie leccano con mitezza.

GREGORIO: Da una sola cosa Dio onnipotente ricavava due giudizi, mentre permetteva che il povero Lazzaro giacesse alla porta del ricco: che per il cattivo perverso aumentasse la punizione della sua condanna e che per il povero, così provato, accrescesse la ricompensa: poiché l’uno vedeva ogni giorno colui del quale doveva avere misericordia, e l’altro vedeva colui da cui sarebbe stato provato.

VERSETTI 22-26

Un giorno il povero morì e fu portato dagli Angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto nell’inferno. Stando tra i tormenti levò gli occhi e vide da lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. Abramo gli disse: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a qui.

CRISOSTOMO: Abbiamo udito le vicissitudini che toccarono a entrambi su questa terra; ora passiamo a vedere le sorti che toccano loro negli inferi. Ciò che accade nel tempo passa, mentre ciò che segue è eterno. Tutti e due morirono, Il primo fu accolto dagli Angeli, il secondo dai tormenti. Infatti si dice: Un giorno il povero morì e fu portato nel seno di Abramo. Pene così grandi sono state improvvisamente cambiate nella felicità. Dopo tutte le sue fatiche viene portato, perché era indebolito o perché non si affaticasse camminando, e viene portato dagli Angeli. Per portare il povero non bastava un solo Angelo, perciò arrivano in molti per fare un coro gioioso. E ciascun angelo affronta con gioia questa fatica. Essi sopportano volentieri questi pesi per condurre gli uomini nel regno dei cieli. Egli venne portato nel seno di Abramo perché potesse essere abbracciato e sfamato da lui. Il seno di Abramo è il Paradiso. E gli Angeli servizievoli portarono il povero e lo collocarono nel seno di Abramo perché, sebbene giacesse disprezzato, tuttavia non aveva né disperato né bestemmiato, dicendo: Questo ricco vivendo nella malizia gode e non soffre alcuna tribolazione, mentre io non riesco neppure ad avere il cibo necessario.

AGOSTINO: Ora, nel pensare al seno di Abramo come a qualcosa di corporeo temo che tu tratti una cosa così importante in un modo più leggero che serio. Infatti non ti lascerai ingannare fino al punto di credere che il seno corporeo dell’uomo porti tante anime, o, per usare le tue stesse parole, tanti corpi quanti gli Angeli portarono al di là come fecero con Lazzaro; a meno che, forse, tu non pensi che solo quell’anima abbia meritato di raggiungere quel seno. Se non vuoi sbagliare in modo puerile intendi per seno di Abramo una sede remota e quieta di riposo, dove si trova Abramo; e perciò è detta di Abramo non perché sia soltanto sua, ma perché egli è il padre di molte generazioni, ed è stato preposto come esempio perché venga imitata la sua preminenza nella fede.

GREGORIO: Ora, poiché esistevano quaggiù due cuori, cioè quello del povero e quello del ricco, al di sopra c’era uno scrutatore (dei cuori), il quale, mettendo alla prova il povero, lo preparava alla gloria, e sopportando il ricco lo aspettava per la pena; perciò segue: Morì anche il ricco e fu sepolto.

CRISOSTOMO: Indubbiamente egli morì nel corpo, ma era già morto prima nell’anima; infatti egli non compiva nessuna delle opere dell’anima: tutto il fervore che proviene dall’amore verso il prossimo in lui era morto, ed egli era più defunto del suo corpo defunto. Ora, di nessuno si dice che abbia prestato servizio nella sepoltura del ricco come invece era stato detto di Lazzaro. Poiché, quando egli viveva fastosamente, sulla via larga aveva molti assidui adulatori, ma, quando giunse alla fine, tutti lo abbandonarono; infatti prosegue semplicemente: e fu sepolto nell’inferno. Ma anche la sua anima, mentre viveva, era sepolta, sommersa nel corpo come in un sepolcro.

AGOSTINO: Ora, la sepoltura dell’inferno è la profondità delle pene che divora i superbi e i crudeli dopo la vita presente.

BASILIO: L’inferno è un luogo comune nella profondità della terra, ombreggiato da tutte le parti e oscuro, nel quale c’è una specie di apertura verso il basso, dove avviene la discesa delle anime che sono condannate alla perdizione.

CRISOSTOMO: Oppure, come le prigioni dei re sono situate fuori della città, così anche l’inferno si trova fuori, lontano dal mondo; per questo motivo si parla anche di tenebre esteriori.

TEOFILATTO: Però alcuni dicono che l’inferno è il passaggio da ciò che appare a ciò che scompare, e la deformazione dell’anima. Infatti, finché l’anima del peccatore si trova nel corpo, essa è visibile per mezzo delle sue operazioni; ma quando se ne vola via dal corpo, diviene senza forma.

CRISOSTOMO: Ora, come al povero, mentre viveva, rendeva più grave la pena il giacere alla porta del ricco e il guardare ai beni altrui, così per il ricco defunto la visione della felicità di Lazzaro accresceva la disgrazia di trovarsi nell’inferno; quindi non solo la natura dei tormenti, ma anche il conferimento di un tale onore a Lazzaro rendeva più penoso il suo supplizio; perciò prosegue: Stando nell’inferno fra i tormenti levò gli occhi e vide da lontano Abramo. Quindi innalzò gli occhi per vedere e non per disprezzare. Infatti Lazzaro stava in alto e lui in basso. Quello era portato da molti Angeli, mentre costui era colpito da infiniti tormenti; perciò non dice: Stando in un tormento, ma fra i tormenti: infatti si trovava tutto nei tormenti: solo i suoi occhi erano liberi perché potessero vedere la gioia altrui, affinché fosse maggiormente tormentato, non avendo ciò che altri possiede: le ricchezze degli altri sono un tormento per coloro che si trovano nella povertà.

GREGORIO: Ora, se Abramo non si trovasse nelle profondità, il ricco posto nei tormenti non lo vedrebbe. Infatti coloro che avevano seguito le vie della patria celeste, dopo l’abbandono della carne, vennero trattenuti dai recinti dell’inferno, non affinché la pena li punisse come dei peccatori, ma perché, riposando in qualche luogo remoto – dato che l’intercessione del Mediatore doveva ancora arrivare -, il reato della prima colpa continuasse a trattenerli dall’ingresso nel regno dei cieli.

CRISOSTOMO: Infatti c’erano molti giusti tra i poveri, ma colui che giaceva alla sua porta incontrò il suo sguardo e accrebbe il suo dolore; quindi prosegue: e Lazzaro accanto a lui.

CRISOSTOMO: Dal che risulta che tutti coloro che sono offesi da noi sono esposti alla nostra vista. Ma il ricco vede Lazzaro non assieme a un giusto qualsiasi, ma nel seno di Abramo: infatti Abramo era caritatevole, mentre questi viene accusato di crudeltà; quello, sedendo fuori della porta, inseguiva i passanti e li portava in casa sua; invece questi allontanava persino coloro che stavano dentro.

GREGORIO: Indubbiamente il ricco che in questa vita non volle avere pietà del povero, ora, condannato al suo supplizio, invoca il suo patrocinio.

TEOFILATTO: Tuttavia egli non indirizza il suo discorso a Lazzaro, ma ad Abramo, forse perché arrossiva e pensava che Lazzaro si sarebbe ricordato delle proprie disgrazie; ma egli lo giudicava secondo sé stesso. Quindi segue: Allora gridando disse.

CRISOSTOMO: I grandi dolori rendevano grande anche la voce. Padre Abramo; come se dicesse: Ti chiamo padre per natura, come il figlio che ha perso la sua proprietà, sebbene a causa della mia mancanza ti abbia perduto come padre. Abbi pietà di me. Fai inutilmente penitenza là dove manca il luogo della penitenza. I tormenti ti costringono, non il sentire della mente. Non so se chi si trova in cielo sia in grado di avere compassione di chi è all’inferno. Il creatore ha pietà della sua creatura. Ed è venuto un solo medico per guarire le malattie; gli altri non potevano guarire. Manda Lazzaro. Ti sbagli, o misero: Abramo non può inviare, ma può ricevere. A intingere nell’acqua la punta del dito. Non ti degnavi neppure di vedere Lazzaro, e ora desideri il suo dito: ciò che domandi dovevi farlo finché eri in vita. Desideri l’acqua tu che prima ti nauseavi dei cibi delicati. Osserva la coscienza del peccatore: non osa neppure chiedere tutto il dito. Veniamo istruiti anche su come sia vantaggioso non fidarsi delle ricchezze. Vedi come il ricco ha bisogno del povero che prima moriva di fame. Le cose cambiano, e viene fatto sapere a tutti chi era ricco e chi era povero. Infatti come nei teatri, quando si fa sera e gli spettatori se ne vanno via, gli attori mettono in disparte i loro vestiti, e coloro che sembravano re e generali sono visti per ciò che sono, cioè ricolmi di ogni specie di piaghe, così all’avvento della morte e chiuso lo spettacolo dell’universo, deposte le maschere della povertà e della ricchezza, in base alle sole opere si giudica chi sono i veri ricchi e i veri poveri, chi i gloriosi e chi gli abietti.

GREGORIO: Infatti questo ricco che non volle dare al povero piagato neppure le briciole della sua mensa, posto nell’inferno giunse a chiedere persino le cose più piccole; e lui che aveva negato una briciola di pane, ora chiede una goccia d’acqua.

BASILIO: A quel ricco viene resa una ricompensa proporzionata: la pena del fuoco infernale, l’arsura della lingua; al posto della lira che suona, il pianto, al posto dell’acqua il desiderio di una goccia; al posto di enormi specchi una profonda tenebra; al posto di un fasto incessante, un verme sempre sveglio. Perciò prosegue: e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura.

CRISOSTOMO: Egli veniva torturato non perché era stato ricco, ma perché non aveva avuto pietà.

GREGORIO: Da ciò possiamo apprendere con quale pena sarà punito chi deruba un altro, se è colpito con la condanna all’inferno colui che non distribuisce le proprie ricchezze.

AMBROGIO: Viene torturato anche perché l’essere privo dei piaceri per il lussurioso è una pena; ora, per un’anima che si trova nelle sofferenze, anche l’acqua costituisce un sollievo.

GREGORIO: Ma che cosa significa che, mentre viene torturato, egli desidera che la sua lingua sia bagnata se non che, avendo peccato nel parlare durante i banchetti, ora per la giustizia di compensazione la sua lingua bruciava più atrocemente? Infatti nei banchetti suole prevalere la loquacità.

CRISOSTOMO: Inoltre la sua lingua aveva detto molte cose superbe. Dove c’è il peccato, là c’è anche la pena, e poiché la lingua ha peccato molto, essa viene anche molto torturata.

AGOSTINO: Oppure, il fatto che voglia che la sua lingua venga bagnata mentre brucia tutto nelle fiamme, significa ciò che sta scritto (Prov. 18,21): «La morte e la vita nelle mani della lingua», e perché (Rm 10,10): «Con la bocca si fa la confessione che porta alla salvezza», cosa che egli non fece a causa della superbia. Invece la punta del dito significa l’opera più piccola in cui l’uomo è assistito dallo Spirito Santo.

AGOSTINO. Dirai dunque: qui si descrivono le membra dell’anima, e con l’occhio intendi tutto il capo, poiché si dice che innalza i suoi occhi, con la gola la lingua, con il dito la mano. Ma per quale ragione questi nomi delle membra, se detti di Dio, non formano un corpo, mentre, se dette dell’anima, lo fanno? Forse perché, quando sono detti della creatura, vanno intesi in senso proprio, mentre, quando sono detti del Creatore, vanno intesi in senso traslato? Ci darai forse delle ali corporee, poiché non il Creatore, ma la creatura, cioè l’uomo, dice (Sal 138,9): «Se piglierò le ali mie sul mattino». Inoltre, se il ricco aveva una lingua corporea, poiché disse: per bagnarmi la lingua, anche in noi che viviamo nella carne, la lingua possiede mani corporee, poiché sta scritto (Pr 18,21): «La morte e la vita nelle mani della lingua».

GREGORIO NISSENO: Come un ottimo specchio raffigura l’immagine della faccia proprio nello stesso modo in cui la faccia si contrappone ad esso, lieta quella delle persone liete, triste quella delle persone tristi, così il giusto giudizio di Dio avviene in modo simile alle nostre disposizioni; perciò, poiché il ricco non ebbe pietà del povero che giaceva alla sua porta, ora che ha bisogno di misericordia non viene ascoltato; infatti continua: Ma Abramo gli rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita.

CRISOSTOMO: Guarda la bontà del Patriarca: lo chiama figlio, il che può esprimere la sua mansuetudine, tuttavia non presta alcun aiuto a colui che si era privato di ogni rimedio; perciò dice: ricordati, cioè considera il tuo peccato; non dimenticare che ti sei divertito con le tue ricchezze. Hai ricevuto i tuoi beni durante la vita, cioè quelle cose che tu ritenevi veri beni. Non potevi regnare in terra e non puoi regnare nemmeno qui; le ricchezze non possono essere vere sia in terra che negli inferi. Continua: e Lazzaro parimenti i suoi mali. Non che Lazzaro li ritenesse dei mali, ma parlava così secondo il giudizio del ricco che considerava mali la povertà, la fame e la dura malattia. Perciò, quando siamo oppressi dall’infermità e dalla grandezza della malattia, pensiamo a Lazzaro e accettiamo volentieri i mali nella nostra vita.

AGOSTINO: Gli vengono dette queste cose perché aveva amato la felicità del mondo, e non aveva amato nessun’altra vita all’infuori di quella in cui si gonfiava il superbo. Dice che Lazzaro ha ricevuto i suoi mali: perché intese la mortalità di questo mondo, le fatiche, i dolori, le calamità come pene del peccato, poiché tutti moriamo in Adamo, che è divenuto mortale a causa del peccato.

CRISOSTOMO: Inoltre dice: hai ricevuto i tuoi beni durante la vita, come dovuti. Come se dicesse: Se hai fatto qualche cosa di buono per cui si dovesse concedere un premio, hai ricevuto tutto in questo mondo, banchettando, abbondando nelle ricchezze, dilettandoti per i successi nella prosperità. Mentre costui, se ha fatto qualche cosa di male, ha ricevuto ogni specie di pena: oppresso dalla povertà, dalla fame e dall’estrema miseria. E ciascuno di voi venne qua nudo: questi invero spoglio dei peccati, per cui riceve la sua consolazione, mentre tu sei venuto spoglio della giustizia, per cui devi sopportare una pena che non può essere mitigata. Perciò continua: ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti.

GREGORIO: Se qualsiasi cosa in questo mondo vi sta bene, e vi ricordate di avere fatto del bene, abbiate timore: perché la prosperità che vi viene concessa non sia la ricompensa per questo bene. E quando vedete i poveri che fanno qualcosa di biasimevole non abbiate paura, perché forse coloro che la minima pravità guasta, il focolare della povertà purifica.

CRISOSTOMO: Ma dirai: forse non c’è nessuno che riceve il perdono sia qui che là? Ora, questo è difficile e rientra tra le cose impossibili. Infatti anche se non spinge la povertà, almeno spinge l’ambizione; se la malattia non sollecita, l’ira si accende; se le tentazioni non assalgono, emergono più spesso i pensieri cattivi. Non è una piccola impresa tenere a freno l’irascibilità, reprimere i desideri illeciti, sedare l’ostentazione, rigettare la disperazione, condurre una vita aspra. Chi non compie queste cose è impossibile che si salvi.

GREGORIO: Si può anche rispondere che i cattivi ricevono dei beni in questa vita perché essi ripongono tutta la loro gioia in una felicità transitoria. Invece i giusti possono avere certamente dei beni in questo mondo, ma non li ricevono come una ricompensa, perché, mentre essi cercano cose migliori, ossia eterne, a loro giudizio tutte le cose buone che sono presenti non sono affatto buone.

CRISOSTOMO: Ora, dopo la misericordia di Dio, per poterci salvare dobbiamo impegnarci personalmente, e non contando sui padri, sui vicini, sugli amici: infatti il fratello non libera. Perciò soggiunge: Per di più tra noi e voi è stabilito un grande abisso.

TEOFILATTO: Chasma mega, cioè una grande spaccatura, che significa la distanza che separa i giusti dai peccatori; infatti come i loro sentimenti furono molto diversi, così anche le loro mansioni sono molto differenti.

CRISOSTOMO: E viene detto stabilito, perché non può essere eliminato, smosso o abbattuto.

AMBROGIO: Perciò tra il ricco e il povero c’è un grande abisso, perché dopo la morte neppure i meriti possono più cambiare; perciò prosegue: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a qui.

CRISOSTOMO: Come se dicesse: possiamo vedere ma non possiamo passare; e noi vediamo da che cosa siamo fuggiti mentre voi vedete che cosa avete perduto; e le nostre gioie accrescono i vostri tormenti, mentre i vostri tormenti accrescono le nostre gioie.

GREGORIO: Infatti come i reprobi desiderano passare dalla parte degli eletti, cioè allontanarsi dai tormenti dei loro supplizi, così il passare dei giusti dalla parte degli afflitti posti nei tormenti è volerli raggiungere mentalmente con la misericordia e liberarli. Ma le anime dei giusti, benché nella bontà della natura posseggano la misericordia, tuttavia, essendo già unite alla giustizia del loro autore, sono così costrette da tale giustizia da non essere più mosse a compassione verso i reprobi. Gli ingiusti non possono passare dalla parte dei beati perché sono prigionieri di una dannazione eterna; e i giusti non possono passare dalla parte dei reprobi perché, fortificati in un giusto giudizio, in nessun modo possono essere toccati da una qualche compassione per loro.

TEOFILATTO: Da ciò ricavi un argomento contro i seguaci di Origene i quali affermano: poiché bisogna porre una fine alle pene, verrà il tempo in cui i peccatori saranno riuniti ai giusti e a Dio.

AGOSTINO: Infatti si è mostrato mediante l’immutabilità del giudizio divino che non può essere portato agli uomini alcun aiuto pietoso da parte dei giusti, anche se desiderassero di farlo. Con ciò egli ammonisce gli uomini affinché in questa vita prestino aiuto quando possono; perché, anche se poi saranno bene accolti, non sarà loro concesso di aiutare coloro che amano. Infatti quanto sta scritto in questo capitolo (v. 9): «Perché vi accolgano nelle dimore eterne», non è stato scritto dei superbi e di coloro che sono privi di pietà, ma di coloro che si sono fatti degli amici con le opere di misericordia, che i giusti accolgono, non come se facessero loro del bene per proprio potere, ma per il permesso divino.

VERSETTI 27-31

Quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. Abramo rispose: Sei non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi.

GREGORIO: Dopo che al ricco che si trova nel fuoco viene tolta ogni speranza per sé stesso, la sua mente ripiega verso i vicini che aveva lasciato; perciò si dice: Quegli replicò: allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre.

AGOSTINO: Egli chiede che sia inviato Lazzaro perché si sente indegno di rendere testimonianza alla verità; e poiché non era riuscito a ottenere di rinfrescarsi un poco, tanto meno si attende di venire liberato dall’inferno per la predicazione della verità.

CRISOSTOMO: Ora, guarda la perversità: neppure nelle pene conserva la verità. Infatti, se il padre è Abramo, in che modo dici: Ti prego di mandarlo a casa di mio padre? Ma non ti sei dimenticato di tuo padre, perché egli è stato la causa della tua rovina.

GREGORIO: I cuori dei perversi sono talvolta ammaestrati dai loro castighi a esercitare la carità, ma invano; affinché anche allora essi amino i loro cari in un modo speciale, poiché qui, mentre amavano i peccati, non amavano neppure se stessi; perciò prosegue: perché ho cinque fratelli. Li ammonisca perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento.

AMBROGIO: Troppo tardi questo ricco ha cominciato a essere maestro, quando non c’è più tempo né per apprendere né per insegnare.

GREGORIO: Qui si deve osservare quali terribili sofferenze si accumulano sul ricco che si trova nelle fiamme. Infatti per il suo castigo gli sono salvaguardate la conoscenza e la memoria: conosce Lazzaro che aveva disprezzato e si ricorda dei fratelli che ha lasciato; infatti, perché i peccatori siano maggiormente puniti nei supplizi, vedono la gloria di coloro che hanno disprezzato e sono torturati dalla pena di coloro che hanno amato invano. Ora, al ricco che domanda che sia inviato Lazzaro, subito risponde Abramo; perciò continua: Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro.

CRISOSTOMO: Come se dicesse: Non preoccuparti maggiormente dei tuoi fratelli che di Dio, che li creò, diede loro dei dottori che li ammonissero e li spronassero. Qui chiama Mosè e Profeti gli scritti mosaici e profetici.

AMBROGIO: In questo testo il Signore dichiara molto chiaramente che l’Antico Testamento è il fondamento della fede, rintuzzando la perfidia dei Giudei ed escludendo la malvagità degli eretici.

GREGORIO: Ma chi aveva disprezzato le parole di Dio, pensava che neppure i suoi seguaci avrebbero potuto udirle. Perciò continua: E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro si ravvederanno.

CRISOSTOMO: Infatti, poiché quando aveva udito le Scritture egli le aveva disprezzate e le aveva ritenute favole, perciò in base alle proprie esperienze egli giudicava anche i propri fratelli.

GREGORIO NISSENO: Ma siamo ammaestrati anche circa un’altra verità: che l’anima di Lazzaro non è più preoccupata delle cose attuali né si rivolge alle cose trascorse; invece il ricco, come da una specie di vischio, anche dopo la morte viene trattenuto dalla vita carnale; infatti, se uno diviene interamente carnale secondo la mente, neppure dopo che ha lasciato il corpo si libera dalle sue passioni.

GREGORIO: Ma si risponde immediatamente con le parole di verità; infatti continua: Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi. Infatti coloro che disprezzano le parole della Legge, troveranno i comandi del Salvatore che risuscito dai morti, quanto più sublimi, tanto più difficili da adempiere.

CRISOSTOMO: Ora, che sia vero che chi non ascolta le Scritture non ascolta neppure i risuscitati dalla morte lo fecero vedere i Giudei, i quali prima volevano uccidere Lazzaro, e poi cercavano di mettere le mani sugli Apostoli, sebbene alcuni fossero risuscitati dai morti nell’ora della croce. Inoltre considera il fatto che qualsiasi morto è un servo. Infatti ogni cosa detta dalle Scritture viene detta anche dal Signore; perciò anche se risorge un morto, sebbene discenda un Angelo dal cielo, di tutte queste cose sono più degne di fede le Scritture: infatti le ha istituite il Signore degli Angeli, dei vivi e dei defunti. Ora, se Dio sapesse che i morti risorgendo gioverebbero ai vivi, non avrebbe omesso questa cosa, lui che tratta ogni singola cosa per il nostro vantaggio. Inoltre se i morti risorgessero con frequenza, anche questo fatto col tempo verrebbe disatteso. E il diavolo insinuerebbe facilmente dottrine perverse, escogitando la risurrezione con i propri mezzi, non facendo risorgere realmente i morti, ma ingannando lo sguardo degli spettatori con certe illusioni o simulando la morte di qualcuno.

AGOSTINO: Ma forse qualcuno dirà: se i morti non si curano affatto dei vivi, in che modo il ricco pregò Abramo di inviare Lazzaro ai suoi cinque fratelli? Ma poiché quel ricco disse ciò, forse che sapeva che cosa facevano i suoi fratelli o che cosa soffrivano in quel tempo? La sua preoccupazione per i vivi era tale anche se ignorava che cosa facevano; così come la nostra preoccupazione per i morti esiste anche se ignoriamo completamente che cosa essi fanno. Ma si affaccia un’altra questione: In che modo Abramo conosceva Mosè e i Profeti, cioè i loro libri? Da dove aveva appreso che quel ricco era vissuto nei piaceri, e Lazzaro nelle sofferenze? Non mentre queste cose accadevano ai vivi, ma, dopo la loro morte, le poté conoscere su informazione di Lazzaro, perché non sia falso ciò che dice il Profeta (Is 63,16): «Abramo non ci conobbe». I morti possono sapere qualche cosa anche dagli Angeli, che sono sempre presenti alle cose che vengono compiute quaggiù. E possono anche conoscere alcune cose che era necessario che essi conoscessero, non solo passate, ma anche future, mediante la rivelazione dello spirito di Dio.

AGOSTINO: Allegoricamente, poi, queste cose possono essere intese anche nel modo seguente: nel ricco sono intesi i superbi tra i Giudei, i quali ignorando la giustizia di Dio volevano istituire quella propria. La porpora e il bisso sono la dignità del regno; e dice Matteo 21,43: «Vi sarà tolto il regno di Dio». Il banchetto splendido è la tracotanza della Legge di cui si vantavano, abusando di essa per gonfiare il loro orgoglio, anziché adoperarla come mezzo di salvezza. Il mendicante di nome Lazzaro che viene interpretato come «aiutato» significa un bisognoso, come per esempio un Gentile oppure un Pubblicano, che viene tanto più aiutato quanto meno presume dall’abbondanza delle sue risorse.

GREGORIO: Perciò Lazzaro ripieno di piaghe esprime figurativamente il popolo dei Gentili, che, convertendosi a Dio, non arrossì nel confessare i propri peccati: la sua ferita era nella pelle. Infatti che cosa è la confessione dei peccati se non uno squarcio delle ferite? Ma Lazzaro coperto di piaghe era bramoso di sfamarsi delle briciole che cadevano dalla mensa del ricco; ma nessuno gliene dava: poiché quel popolo superbo disdegnava di ammettere qualsiasi Gentile alla conoscenza della Legge; e poiché le parole scorrevano verso di lui dalla scienza, come le briciole che cadevano dalla mensa.

AGOSTINO: I cani poi che leccavano le piaghe del povero sono gli uomini perversi, amanti del peccato, i quali con la bocca spalancata non cessano di lodare le opere cattive, che un altro piange in sé stesso e detesta confessandole.

GREGORIO: Però talvolta nel linguaggio sacro con i cani si intendono i predicatori, secondo il detto del Sal 67,24: «E la lingua dei tuoi cani abbia la sua parte dai nemici». Inoltre la lingua dei cani, mentre lecca le ferite, le cura: poiché i santi dottori, mentre ci istruiscono nella confessione dei peccati, è come se con la lingua toccassero le ferite della mente. Ora, il ricco viene seppellito nell’inferno, mentre Lazzaro viene portato dagli Angeli nel seno di Abramo, ossia nel riposo segreto, di cui la Verità dice (Mt 8,11): «Molti verranno dall’Oriente e dall’Occidente e siederanno a tavola con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli; mentre i figli del regno saranno gettati nelle tenebre esteriori». Poi il ricco da lontano alza gli occhi per vedere Lazzaro, poiché, mentre per la loro condanna gli infedeli si trovano nel mondo più basso, prima del giorno del giudizio finale essi fissano il loro sguardo sui fedeli che riposano sopra di loro, e dei quali più tardi non potranno in alcun modo contemplare la felicità. Invero ciò che vedono è lontano, perché non vi giungono con i loro meriti. Ma si dice che egli brucia soprattutto nella lingua, perché il popolo infedele conservava sulla bocca le parole della Legge, mentre con i fatti si rifiutava di osservarla. Perciò egli brucia di più dove maggiormente mostra di conoscere ciò che non volle fare. Ora, Abramo lo chiama figlio, benché non lo liberi dal tormento, poiché i padri di questo popolo infedele, vedendo che molti di loro si sono allontanati dalla fede, con nessuna pietà li strappano dai tormenti, mentre li riconoscono come loro figli nella carne.

AGOSTINO: Con i cinque fratelli che egli dice di avere nella casa di suo padre, si intendono i Giudei, che erano detti cinque perché erano vincolati dalla Legge che fu consegnata loro da Mosè, il quale scrisse cinque libri.

CRISOSTOMO: Oppure aveva cinque fratelli, ossia i cinque sensi di cui si era servito in precedenza, e perciò non poteva amare Lazzaro, perché quei fratelli non amano la povertà. Quei fratelli ti cacciarono in questi tormenti: essi non possono essere salvati a meno che non muoiano; d’altronde è necessario che i fratelli abitino con il loro fratello. Ma perché chiedi che io invii Lazzaro? Hanno Mosè e i Profeti. Mosè fu il povero Lazzaro che considerò la povertà di Cristo più grande delle ricchezze del Faraone. Geremia, gettato in una fossa, si nutrì col pane della tribolazione, e tutti i Profeti ammaestrano i loro fratelli. Ma questi fratelli non possono essere salvati a meno che qualcuno non risusciti dai morti. Prima che Cristo risuscitasse, questi fratelli mi conducevano alla morte: egli è morto, mentre questi fratelli sono risuscitati: ora il mio occhio vede Cristo, il mio orecchio lo ascolta, il mio tatto lo abbraccia. Da quanto abbiamo detto, abbiamo la determinazione della sentenza contro Marcione e Manicheo, che distruggono il Vecchio Testamento. Pertanto considera che cosa dice Abramo: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, come se dicesse: Fai bene ad aspettare colui che risorgerà; ma Cristo parla in essi; se li ascolterai, ascolterai anche lui.

GREGORIO: Ma il popolo giudaico, il quale si rifiutò di intendere spiritualmente le parole di Mosè, non raggiunse colui del quale Mosè aveva parlato.

AMBROGIO: Oppure diversamente. Lazzaro è povero nel mondo, ma è ricco rispetto a Dio; infatti non qualsiasi povertà e santa, oppure le ricchezze maligne; ma come la lussuria degrada le ricchezze, così la santità esalta la povertà. Oppure qualche uomo apostolico povero nelle parole, ma ricco nella fede e che si attiene alla fede vera, non ha bisogno della fasciatura delle belle parole: questi lo ritengo simile a chi, percosso più volte dai Giudei, offriva le piaghe del suo corpo perché fossero leccate come dai cani. Beati quei cani, nei quali si distilla l’umore di queste piaghe, così da ricolmare il cuore di coloro il cui compito è quello di custodire la casa, difendere il gregge e tenere lontani i lupi. E poiché la parola è il pane, e la fede è della parola, le briciole sono come alcune verità della fede, cioè i misteri delle Scritture. Ma gli Ariani, i quali cercano di procurarsi l’appoggio del potere imperiale per impugnare la verità della Chiesa, non ti sembrano forse rivestiti di porpora e bisso, loro che, mentre difendono il falso come se fosse vero, abbondano di fastosi discorsi? La ricca eresia ha composto molti Vangeli, mentre la povera fede ha conservato quel solo Vangelo che ha ricevuto. La ricca filosofia si creò molte divinità; la povera Chiesa ha conosciuto un solo Dio: non ti pare che quelle ricchezze siano povere, e quella povertà sia ricca?

AGOSTINO: Quel racconto può essere inteso anche in un altro modo, così che Lazzaro significhi il Signore che giace alla porta del ricco, poiché si abbassò con l’umiltà della sua incarnazione alle orecchie superbissime dei Giudei, desiderando di venire saziato con le briciole che cadevano dalla mensa del ricco, ossia cercando da loro almeno le più piccole opere di giustizia, che mediante l’orgoglio essi non adoperassero per la loro mensa, cioè per il loro potere: queste opere, benché molto piccole e senza la disciplina della perseveranza nella vita onesta, almeno qualche volta o per caso essi potrebbero compierle, come di solito le briciole cadono dalla tavola. Le piaghe sono i patimenti del Signore, i cani che le leccano sono i Gentili che i Giudei chiamavano immondi, e tuttavia, con la soavità dolcissima della devozione, essi leccano le piaghe del Signore nel sacramento del suo Corpo e del suo Sangue in tutto il mondo. Con il seno di Abramo si intende il luogo segreto del Padre, dove, in seguito alla sua passione, nostro Signore risorgendo venne assunto e dove, a mio parere, si dice che fu portato dagli Angeli, perché quell’accoglienza per cui Cristo raggiunse il luogo segreto del Padre, gli Angeli l’annunziarono ai discepoli. Le altre cose possono essere intese secondo l’interpretazione precedente, poiché si può intendere giustamente che il luogo segreto del Padre sia quello in cui, prima della risurrezione, le anime dei giusti vivono con Dio,