TUTTI I SANTI – SOLENNITA’
31 Ottobre 2025 / by Padre Angelico / Commenti al vangelo / beati, cieli, folle, giustizia, i-tempi-della-chiesa, il-ritorno-di-gesù, misericordiosi, pace, padre-angelico-maria-moccia, padri-della-chiesa, poveri, vangelo-di-matteo
Vangelo Commentato da San Giovanni Crisostomo
TUTTI I SANTI – SOLENNITA’.
Vangelo di Matteo 5,1-12a
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Discorso Quindicesimo
Vedendo dunque quelle folle, Gesù salì sul monte; e, seduto che fu, i suoi discepoli gli si fecero dappresso; ed egli aprendo la sua bocca prese ad ammaestrarli, dicendo: «Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli».
1. – Considerate, fratelli, quanto Gesù sia alieno dagli onori e dall’ambizione. Egli non conduce con sé le moltitudini che vogliono stargli dietro, ma, quando è necessario guarire gli infermi, va lui stesso dovunque, visitandoli nelle loro città e nei loro paesi; quando vede venire la gente in folla, si ferma in un luogo campestre, non si ferma in una città o in mezzo ad una piazza, ma su una montagna o in un deserto, insegnandoci a non fare mai niente per ostentazione e a sottrarci dal tumulto del mondo, soprattutto quando dobbiamo dedicarci alla contemplazione della verità e vogliamo parlare di cose importanti.
«Vedendo dunque quelle folle, Gesù salì sul monte; e, seduto che fu, i suoi discepoli gli si fecero dappresso». Osservate come essi sono progrediti nella virtù e quanto sono divenuti migliori in breve tempo: molti, in quella folla, erano ansiosi di vedere miracoli, ma essi si auguravano di ascoltare qualcosa di grande e di elevato. E questo loro atteggiamento spinge il Salvatore ad ammaestrare e a tenere quei meravigliosi discorsi. Egli, infatti, non guariva soltanto i corpi, ma anche le anime e, dopo aver curato queste, tornava ad occuparsi dei corpi, effondendo in modo vario le sue grazie, insegnando con i suoi discorsi e dando loro conferma con le sue opere. Così facendo, chiudeva la bocca alla insolenza degli eretici, mostrando di essere, con la cura che aveva sia per le anime che per i corpi, cioè per la duplice sostanza di cui l’uomo è formato, il creatore dell’essere vivente totale. Per questo motivo egli concedeva abbondanti grazie sia al corpo che all’anima, curando ora quello ora questa.
«Ed egli aprendo la sua bocca prese ad ammaestrarli». Perché il Vangelo aggiunge «aprendo la sua bocca»? L’evangelista così si esprime per indicare che Gesù Cristo educava i suoi discepoli non soltanto con la parola ma anche con il suo silenzio. Talvolta li ammaestrava a viva voce mentre, in altre occasioni, parlava loro con l’esempio delle sue opere. Quando, poi, voi sentite dire che Gesù Cristo insegnava ai suoi discepoli, non dovete credere che egli parlasse soltanto a loro. In essi egli ammaestrava, difatti, tutti gli uomini. Siccome tutta quella folla era composta di popolani, ancora attaccati alla terra, il Salvatore, circondandosi del coro dei suoi discepoli, rivolge loro i suoi discorsi, ma parlando ad essi non dimentica tutti gli altri, che hanno estremo bisogno delle sue parole; anzi, fa in modo che apprendere la divina sapienza non sia per questi troppo faticoso. Luca vuol fare capire ciò quando riferisce che Gesù indirizzò il suo discorso agli apostoli, mentre Matteo dice la stessa cosa, precisando che «i suoi discepoli gli si fecero dappresso; ed egli prese ad ammaestrarli». Facendo così stimola anche gli altri, i quali si mettono ad ascoltare più attentamente che se egli si fosse rivolto a tutti. Ma da che cosa prende l’avvio e quali sono i fondamenti della nuova dottrina e della nuova vita che ci indica? Ascoltiamo con estrema attenzione le sue parole. Furono dette, allora, per tutti quelli che erano presenti, ma è chiaro che sono state scritte per tutti coloro che dovevano venire in seguito. Per questo Gesù nel suo discorso si rivolge ai discepoli, ma non restringe quanto dice alle loro persone; parlando in termini generali e in modo indeterminato, dichiara tutti «beati».
Egli non dice infatti: Voi siete beati, se siete poveri; ma dice: «Beati i poveri». Quand’anche Gesù si fosse riferito a quelli in particolare, tuttavia le beatitudini avrebbero dovuto riguardare, anche in futuro, tutti gli uomini. Così quando dice: «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo», non lo dice solo agli apostoli, ma, attraverso i suoi apostoli, lo dice a tutti gli uomini. Nello stesso senso, quando dichiara che essi saranno beati, se verranno perseguitati, cacciati e afflitti da una infinità di mali, non dice questo soltanto ai discepoli, ma intreccia una corona di gloria per tutti coloro che sopporteranno con fortezza le prove. Per mostrarvi, infine, ancora più chiaramente e farvi comprendere che tutto quanto dice qui il Salvatore vi riguarda direttamente e riguarda tutti gli uomini che vorranno seguirlo, ascoltate come egli incomincia questo mirabile discorso.
«Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli». Chi sono coloro che egli chiama «poveri di spirito»? Sono gli umili e coloro che hanno il cuore contrito. Con la parola «spirito» egli intende, qui, l’anima e il proposito della volontà. Siccome molti sono umiliati non per loro volontà, ma forzati dalla necessità degli avvenimenti, egli scarta costoro, mentre dichiara beati coloro che volontariamente si abbassano e si umiliano. A costoro egli dà il primo posto fra tutti quelli che chiama beati. Ma perché Gesù non dice che sono beati gli umili e parla invece dei «poveri»? Perché il termine «poveri» dice molto di più che non la parola «umili». Cioè, egli intende qui coloro che sono tremanti e sbigottiti dinanzi a Dio e che ascoltano con timore tutto quanto egli dice. Son queste le persone che Dio guarda e accoglie con favore, come egli stesso dice per bocca del profeta Isaia: «Su chi getterò gli occhi, se non su chi è umile e pacifico e che trema alla mia più piccola parola?».
2. – L’umiltà ha molti gradi. Alcuni uomini sono mediocremente umili; altri lo sono in modo totale. David loda questa umiltà perfetta, che non consiste soltanto nell’abbassare la propria mente, ma comporta la completa contrizione del cuore, quando dice: «L’offerta gradita a Dio è uno spirito spezzato nell’afflizione e nel pentimento; o
Dio, tu non disprezzerai affatto un cuore contrito e umiliato». È questa umiltà che i tre giovani della fornace offrirono a Dio come un grande sacrificio, dicendo: «Accoglici, Signore, per la contrizione dell’animo e l’umiltà dello spirito» A questa umiltà Gesù dà il primo posto tra le beatitudini, in quanto i grandi mali che inondarono tutta la terra non ebbero altra origine che l’orgoglio. Il diavolo non era tale all’inizio: lo è divenuto a causa dell’orgoglio. Ce lo dice chiaramente Paolo quando parla del neofita: «Nel timore che gonfiandosi di orgoglio cada nella stessa condanna in cui cadde il diavolo». Così il primo uomo, lasciatosi esaltare dalle orgogliose speranze che il diavolo gli aveva ispirate, precipitò e divenne da allora soggetto alla morte. Immaginandosi di divenire Dio, perdette anche quanto possedeva. Dio stesso rimproverò il suo orgoglio e, parodiando la sua follia, gli disse: «Ecco l’uomo divenuto come uno di noi». E coloro che vennero dopo, caddero nello stesso abisso di empietà, immaginando di divenire simili a Dio.
Siccome l’orgoglio era la rocca di tutti i mali, la radice e la sorgente di ogni peccato, Gesù, per preparare un rimedio adatto, istituisce prima di tutto la legge dell’umiltà, come fondamento incrollabile e sicuro dell’edificio che sta per innalzare. Gettato questo fondamento, l’architetto potrà senza timore sovrapporre tutti gli altri elementi; ma senza questa base, quand’anche l’edificio si dovesse levare fino al cielo, con estrema facilità crollerebbe e precipiterebbe in una rovinosa distruzione. Digiuno, preghiere, opere di misericordia, castità, e aggiungete pure ogni altra virtù, senza l’umiltà: vi sfuggirà tutto, tutto perirà. Ciò è accaduto al fariseo del Vangelo. Dopo essere giunto a un certo grado di virtù, cadde e perdette tutto, perché non possedeva la madre di tutti i beni. Infatti, come l’orgoglio è la sorgente di ogni male, l’umiltà è il principio di ogni sapienza. Per questo Gesù comincia il suo discorso coll’umiltà, allo scopo di strappare dall’anima di coloro che l’ascoltano sino alla più piccola radice di vanità e arroganza.
Ma perché – voi direte – egli parla dell’umiltà ai suoi discepoli, che erano già in una condizione molto umile? Non avevano alcuna ragione di inorgoglirsi quei pescatori poveri, oscuri e ignoranti. Gesù non diceva queste parole per i suoi discepoli, ma per quelli che erano presenti e per coloro che avrebbero ascoltato un giorno i suoi apostoli; e tuttavia si esprimeva così, affinché anche tra i discepoli nessuno potesse un giorno disprezzare l’umiltà. In questo senso era anche per gli apostoli che diceva queste cose. Anche se in quel momento essi non avevano bisogno di un simile ammaestramento, queste parole
avrebbero potuto essere loro necessarie in avvenire, quando si sarebbero trovati a compiere tanti prodigi e tanti miracoli, quando sarebbero stati ricolmati di onori e avrebbero avuto grande confidenza in Dio. Certo né la ricchezza, né la potenza e neppure la maestà regale sarebbero state in grado di inorgoglire qualcuno, come avrebbero potuto fare i doni accordati agli apostoli. Non solo, ma prima di compiere i miracoli, essi potevano avere qualche motivo di insuperbirsi vedendo tutta quella folla e quel teatro, per così dire, che circondava da ogni parte il loro maestro. Non potevano essi fin d’allora subire le conseguenze della fragilità umana? Perciò subito Gesù reprime la loro superbia. Nel dire questo, non assume il tono dell’ammonimento, né la forma del comando. Egli propone quanto vuol dire sotto la forma della beatitudine, rendendo così il suo discorso più affascinante e mettendo alla portata di tutti il suo insegnamento. Egli non indica in particolare questo o quell’altro uomo, ma dichiara che tutti coloro che faranno quanto egli dice saranno beati. Afferma in sostanza: Se siete schiavi, mendicanti, poveri, stranieri, ignoranti, niente vi impedisce di essere beati, se coltiverete la virtù dell’umiltà.
Dopo aver incominciato da dove era maggiormente necessario iniziare, passa a un’altra beatitudine, che sembra in contrasto con l’opinione e con i sentimenti di tutti gli uomini. Infatti, mentre tutto il mondo chiama felici coloro che si divertono e godono la vita, e chiama disgraziati quelli che giacciono nell’afflizione, nella miseria e nel dolore, Gesù dichiara che costoro sono «beati», e non gli altri. Beati coloro che piangono, perché saranno consolati. La gente, al contrario, considera questi qui dei disgraziati e li compiange. E appunto per acquistare la fiducia e l’autorità necessarie per far accettare delle leggi così nuove, Gesù aveva cominciato a fare miracoli. Ma egli, qui, non definisce beati genericamente tutti coloro che piangono, ma in particolare quelli che piangono per i loro peccati. Quelle lacrime, quindi, che si versano per gli affanni del mondo, ci sono assolutamente vietate. E la stessa cosa intende dire Paolo: «La tristezza di questo mondo produce la morte, ma la tristezza che è secondo Dio produce una duratura penitenza per la salvezza».
3. – È questo genere di tristezza che Gesù dichiara beata. Egli intende non una tristezza comune, ma una tristezza profonda che arriva sino alle lacrime; per questo non dice: beati quelli che sono tristi, ma «quelli che piangono». Anche questa beatitudine ci insegna la pienezza della virtù e della sapienza. Infatti, se coloro che piangono la morte di un figlio, della moglie o di un parente, non sono scossi da nessuna passione nel tempo del loro dolore, non provando alcun desiderio di ricchezza, né sentimenti di impudicizia, d’orgoglio, d’invidia, né d’alcun altro vizio, in quanto sono presi soltanto dalla loro pena, tanto più coloro che piangono i loro peccati con sincero rimorso daranno una dimostrazione di virtù che sarà ancora più grande.
Ma quale sarà la ricompensa? «Perché saranno consolati», dice il Salvatore. Ma dove riceveranno questa consolazione? In questo mondo e nell’altro. Siccome questo insegnamento era duro e pesante, Gesù promise di dare questa consolazione che più di ogni altra può rendere lieve il dolore. Dunque, se volete essere consolati, piangete. E non crediate che sia qualcosa di enigmatico quanto sto dicendo. Quando Dio stesso vi consola, anche se sopraggiungono infinite tribolazioni, voi sarete sempre al di sopra di tutte quelle sciagure. Dio, del resto, dà sempre alle nostre fatiche ricompense più grandi di quanto esse meritino. Anche la promessa che ci fa qui ne è una prova. Quando chiama beati coloro che piangono, questa beatitudine non è affatto proporzionata all’azione compiuta, ma alla bontà di Dio. Coloro che piangono, piangono i loro peccati, e sarebbe già sufficiente per loro che potessero placare la collera di Dio e ottenere da lui il perdono delle loro colpe. Ma, siccome l’amore di Dio per noi non ha limiti, egli non si accontenta di perdonarci i peccati o di liberarci dalle conseguenti pene, ma in più ci rende beati e ci ricolma di infinita consolazione. Gesù, inoltre, non ci comanda di piangere soltanto per i nostri peccati, ma anche per quelli degli altri. E in questa disposizione di spirito si trovavano le anime dei santi, come Mosè, David, Paolo. Tutti questi uomini hanno sovente pianto per i peccati commessi dagli altri.
Beati i mansueti, perché possederanno la terra. Ditemi: qual è questa terra? Non si tratta, come alcuni sostengono, di una terra spirituale; non abbiamo mai letto nella Scrittura di una simile terra. Ma cosa dobbiamo allora intendere? Gesù promette una ricompensa sensibile e immediata, come dice anche Paolo con le parole: «Onorate vostro padre e vostra madre… così vivrete a lungo sulla terra», e come Gesù stesso dice al ladrone: «Tu sarai con me oggi in paradiso». Cristo non esorta soltanto con la speranza dei beni futuri, ma anche di quelli presenti per venire incontro ai più rozzi dei suoi uditori, quelli che ricercano appunto i beni di quaggiù prima dei beni futuri. Nello stesso senso Gesù dice poco più avanti: «Accordati al più presto con il tuo avversario» e, subito dopo, aggiunge la ricompensa per tale comportamento: «… Affinché non ti dia in mano al giudice e il giudice in mano dello sbirro», Vedi in qual modo ci spaventa? Lo fa con minacce sensibili e che spesso noi vediamo realizzarsi. E ancora afferma: «Chi avrà detto a suo fratello raca, sarà sottoposto al sinedrio». Anche Paolo promette spesso ricompense sensibili e ci sprona riferendosi alla vita attuale. Per esempio, quando parla della verginità, non dice niente del cielo, ma esorta prendendo spunto dalla vita presente: «a causa delle incalzanti necessità». E aggiunge: «E io vorrei risparmiarvele», concludendo nello stesso passo: «io vorrei che voi foste senza sollecitudini». Così Gesù accosta, qui, considerazioni temporali e riflessioni spirituali. Poiché generalmente si ritiene che l’uomo mansueto finisce di solito per perdere tutti i suoi beni, il Signore promette il contrario, dicendo che sarà proprio costui a possedere con sicurezza i beni che esistono sulla terra e non l’uomo violento e neppure l’orgoglioso, – costoro spesso perderanno il loro patrimonio e anche la loro anima. Inoltre, poiché il profeta aveva detto nel Vecchio Testamento: «I mansueti erediteranno la terra», Gesù fa entrare nel suo discorso queste parole familiari ai giudei, per non usare un linguaggio troppo nuovo. E comunque Cristo, promettendo a questi la terra, non limita le sue ricompense ai beni presenti, ma aggiunge anche quelli dell’altra vita. Insomma, quando promette i beni spirituali, non per questo ci toglie quelli temporali; mentre, quando promette i beni temporali, non fa consistere soltanto in questi la sua promessa. «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in più». E altrove aggiunge: «E chiunque avrà abbandonato casa, o fratelli, o sorelle o padre o madre o figlioli o campi per il nome mio, riceverà il centuplo e conseguirà la vita eterna».
4. – Beati gli affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati. Qual è questa giustizia di cui si parla? Si tratta sia della giustizia in generale, sia di quella giustizia particolare che si oppone all’avarizia. Siccome Gesù sta per dare precetti circa l’elemosina, mostra dapprima come la si deve praticare; cioè chiama beati coloro che mettono in opera la giustizia non con sentimenti di avidità rapace e neppure mossi dall’avarizia. Ma osservate con quale vigore e con quale energia egli si esprime a questo proposito: non dice che sono beati coloro che hanno a cuore la giustizia, ma chiama beati «coloro che sono affamati e assetati di giustizia», per farci intendere che non dobbiamo praticare questa virtù con animo freddo, ma con tutto l’ardore di cui siamo capaci. Siccome è proprio dell’avarizia desiderare con passione le ricchezze, né si ha di solito per il mangiare e per il bere un desiderio così violento come quello che spinge gli avari ad aumentare il loro denaro, Gesù vuole che riponiamo quest’ardore nella pratica della virtù opposta all’avarizia. E anche qui ci propone una ricompensa sensibile: «perché saranno saziati». Poiché si crede che sia l’avarizia ad arricchire molti uomini, Gesù afferma che avviene il contrario: è la giustizia, cioè, che procura questa ricchezza. Non abbiate, quindi, timore della povertà né terrore della fame, se praticate la giustizia. Sono soprattutto quelli che rapinano i beni altrui che finiscono col perdere ogni cosa; mentre, al contrario, chi ama la giustizia possiede ogni bene con tutta sicurezza. Ebbene, se coloro che non rubano i beni degli altri, godono di grande ricchezza, molto più godranno coloro che rinunziano a quanto posseggono ed elargiscono tutto agli altri.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Qui Gesù parla, a mio avviso, di tutti coloro che esercitano la misericordia, non soltanto usando delle loro ricchezze, ma anche praticandola con le opere. Sono molti i modi per attuare la misericordia, e pertanto questo comando ha una grandissima estensione. E quale ne è la ricompensa? «Perché» – dice Gesù – «troveranno misericordia». Sembra a prima vista che questa ricompensa sia uguale al bene che si è fatto, ma in realtà è infinitamente più grande. Gli uomini esercitano la misericordia come uomini: ed otterranno misericordia dal Dio dell’universo. La misericordia umana e quella divina non sono uguali: c’è tra esse tanta distanza quanta ce n’è tra la malvagità e la bontà.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Osservate che, ora, la ricompensa è spirituale. Secondo Gesù hanno il cuore puro coloro che posseggono una completa e universale virtù, che non si sentono colpevoli di nessun male, o quelli che vivono nella castità. Nessuna virtù più di questa è necessaria per vedere Dio; perciò diceva Paolo: «Sforzatevi di essere in pace con tutti e di conservarvi illibati, senza di che nessuno vedrà Dio». E qui egli intende quella visione che è possibile all’uomo. Questo comando era quanto mai necessario: molti uomini, infatti, sono misericordiosi, non commettono rapina, non conoscono l’avarizia, ma si lasciano andare all’impudicizia e alla fornicazione; per farci comprendere che non basta essere come costoro, Cristo aggiunge anche questo precetto. E Paolo insegna questa verità nella sua epistola ai Corinti, quando testimonia che i macedoni si erano arricchiti non soltanto con le elemosine, ma anche con le altre virtù: infatti, dopo aver parlato della generosità con cui essi avevano aiutato i poveri con il loro denaro, aggiunge che essi si erano dati tutti al Signore.
Beati i pacifici perché saranno chiamati figli di Dio. Con queste parole Gesù Cristo non soltanto ci vieta le liti e gli odi, ma esige da noi qualcosa di più e vuole che noi riconduciamo alla concordia quelli che sono divisi. E anche qui promette una ricompensa tutta spirituale: «Saranno chiamati figli di Dio», in quanto la grande opera del Figlio unico di Dio è stata appunto questa: unire tutto ciò che era diviso e riconciliare tutto ciò che era in lotta.
Ma affinché non si creda che la pace sia sempre un bene, aggiunge subito dopo: Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché per essi è il regno dei cieli. Coloro che soffrono «a causa della giustizia» sono quelli che soffrono per la virtù, per la difesa degli altri, per la pietà: con la parola «giustizia», infatti, egli intende sempre la somma di tutte le virtù.
Beati siete voi quando vi oltraggeranno e perseguiteranno e mentendo diranno di voi ogni male per causa mia. Gioite e esultate, perché grande sarà la vostra ricompensa nei cieli. Quando, cioè, vi chiameranno imbroglioni, seduttori, impostori e vi lanceranno ogni sorta di accuse, egli afferma, allora voi sarete beati. Cosa può esserci di più nuovo di questa legge che dice desiderabile tutto ciò che gli altri fuggono: la povertà, il pianto, le persecuzioni, le maledizioni? Eppure Gesù la proclamò egualmente e convinse non due, non dieci, o venti, o cento, o mille persone, ma tutto il genere umano. E le folle che udivano quelle verità, così nuove, così sorprendenti, così contrarie alla mentalità e alle abitudini di molti, restavano colpite, tanto forte era l’autorità di colui che le proclamava.
5. – Ma non crediate che basti semplicemente essere oggetto di maledizione per essere proclamati beati: il Signore precisa due condizioni necessarie per essere beati e cioè che le ingiurie siano sofferte in suo nome e che esse siano false. Senza queste due condizioni, non solo non si è beati, ma si è quanto mai disgraziati. Osservate ora il premio che viene prospettato: «Perché grande sarà la vostra ricompensa nei cieli». Del resto, anche se vedete che non tutte le beatitudini sembrano terminare con la promessa del regno dei cieli, non scoraggiatevi per questo; infatti, sebbene le ricompense assumano nomi diversi, tuttavia introducono tutte nel regno dei cieli.
Quando Gesù dice che coloro che piangono saranno consolati, che i misericordiosi troveranno misericordia, che coloro che hanno il cuore puro vedranno Dio e che i pacifici saranno chiamati figli di Dio, è sempre il regno dei cieli che egli designa in tutte queste varie ricompense, poiché coloro che ne godranno conseguiranno senza alcun dubbio quel regno. Non crediate, quindi, che il regno dei cieli sia solo il premio dei poveri di spirito: è il regno anche per coloro che hanno fame e sete di giustizia, per i mansueti e per tutti gli altri beati, senza alcuna eccezione. Per questo Gesù, affinché nessuno si aspetti soltanto alcunché di sensibile e di terreno, promette a tutti appunto la beatitudine. Non potrebbe certo essere beato colui che ricevesse soltanto una ricompensa effimera, che finisce con questa vita e scompare più rapidamente dell’ombra.
Dopo aver detto: «grande sarà la vostra ricompensa nei cieli», aggiunge subito questa ulteriore consolazione: Così del resto hanno perseguitato i profeti, che furono prima di voi. Siccome il regno dei cieli doveva ancora venire ed era una felicità soltanto nella speranza, li consola e li rassicura, mostrando la comune situazione ed esperienza con quelli che soffrirono prima queste ingiuste persecuzioni. Ebbene, non crediate, egli dice in sostanza, che sarete perseguitati dagli uomini perché insegnerete e darete precetti contrari ai loro e neppure che essi vi scacceranno perché proclamerete pericolose e false verità. Le insidie e i pericoli che sopporterete non saranno originati da quanto voi predicherete, ma dalla malvagità di coloro che vi ascolteranno. Queste calunnie non ricadranno pertanto su di voi che ne subirete le conseguenze, ma su coloro che ve le lanceranno contro. Tutte le epoche passate sono testimoni di quanto dico. Quando gli uomini hanno maltrattato i profeti, lapidando o cacciando lontano alcuni e facendo subire ad altri infinite torture, lo hanno fatto spinti da un ingiusto furore, e non perché avessero scoperto in essi empi pensieri ed oltraggi alla legge di Dio. Non vi turbate per questo. Anche ora con lo stesso animo gli uomini macchinano violenze e persecuzioni.
Considerate dunque come Gesù stimoli il coraggio dei suoi discepoli, mettendoli sullo stesso piano di Mosè e di Elia. La stessa cosa fa Paolo quando scrive ai Tessalonicesi: «Vi faceste imitatori delle Chiese di Dio che hanno abbracciato la fede di Gesù Cristo nella Giudea, avendo anche voi dovuto subire le medesime sofferenze da parte dei vostri connazionali come quelle da parte dei giudei che hanno ucciso lo stesso Signore Gesù e i loro profeti e perseguitarono noi, e che sono spiacenti a Dio e avversari di tutti gli uomini». Ecco quel che insegna qui il Cristo. Nelle altre beatitudini diceva in generale: «Beati i poveri… Beati i misericordiosi…»; qui, invece, non parla in maniera indefinita, ma rivolge il suo discorso ai discepoli, dicendo loro: «Beati siete voi quando vi oltraggeranno e perseguiteranno e mentendo diranno di voi ogni male per causa mia», per mostrare che questa sarà la sorte particolare dei discepoli, sorte che i predicatori del Vangelo dovranno attendersi più di tutti gli altri.
E in queste parole lascia inoltre intravedere la sua dignità, e la sua uguaglianza con il Padre. Sembra dire infatti: i profeti hanno sofferto queste persecuzioni a causa del Padre mio, voi le soffrirete a causa mia.
E quando dice: «I profeti che furono prima di voi», mostra che anch’essi sono divenuti profeti. Poi, per far comprendere che niente può essere loro maggiormente utile né più glorioso delle persecuzioni, non dice: gli uomini vi calunnieranno e perseguiteranno ma io lo impedirò. Egli vuole, insomma, che i suoi apostoli si mantengano sicuri e sereni, non sfuggendo alle offese degli uomini, ma sopportandole con coraggio e mostrandone l’ingiustizia con le loro opere. Agire così è ben più degno di gloria: essere, infatti, crudelmente perseguitati e sopportare con fermezza, è ben più glorioso che il non essere affatto perseguitati. Questo è il motivo per cui Gesù Cristo conclude dicendo: «grande sarà la vostra ricompensa nei cieli».
Luca, d’altra parte, narra che Gesù ha parlato anche più estesamente a questo proposito e ha detto altre cose che possono maggiormente consolarci. Cristo non si è limitato a dire: «Beati coloro che soffrono persecuzioni» a causa di Dio, ma ha anche definito sciagurati coloro dei quali tutti diranno bene. «Guai a voi» — dice — «quando tutti gli uomini diranno bene di voi». Certo anche degli apostoli gli uomini dicevano bene, ma non tutti. Per questo Gesù non afferma: Guai a voi quando gli uomini…, ma «quando tutti gli uomini diranno bene di voi». È infatti sicuramente impossibile che coloro che son veramente virtuosi siano lodati da tutti, senza eccezione alcuna.
Cristo inoltre aggiunge: «Quando proscriveranno il vostro nome come malvagio… gioite in quel giorno ed esultate». Promette, dunque, una grande ricompensa non soltanto per i pericoli ai quali si troveranno esposti, ma anche per le calunnie che subiranno. Per questo non dice: Quando vi perseguiteranno e vi uccideranno, ma quando
«mentendo diranno di voi ogni male». Le calunnie, infatti, feriscono con i loro morsi assai più profondamente di quanto non facciano le stesse persecuzioni fisiche. Nel mezzo del pericolo, numerose consolazioni addolciscono il dolore: come, ad esempio, la voce di tutti quelli che ci incoraggiano, la presenza di molti che ci applaudiscono, ci incoronano e proclamano il nostro trionfo. Ma quando siamo calunniati, ci è tolta anche questa consolazione. Si pensa di solito che la calunnia non sia più pungente delle persecuzioni, anche se morde più crudelmente di esse. Si crede che non sia necessaria una grande virtù per sopportarla. Molti, però, preferiscono impiccarsi non potendo sopportare una cattiva fama. Perché, del resto, stupirsi degli altri uomini, quando si vede che Giuda, questo traditore, questo svergognato e scellerato, che non arrossiva assolutamente per nessuna cosa, cede egli stesso all’infamia di cui si era ricoperto, infamia che lo spinge a impiccarsi.
6. – Giobbe, quest’uomo resistente come il diamante, più fermo della roccia, quando fu spogliato di tutti i suoi beni e fu colpito da insopportabili sciagure, quando fu privato di tutti i suoi figli e vide il suo stesso corpo roso dai vermi, quando ascoltò la moglie schiacciarlo con i suoi aspri rimproveri, tollerò tutto senza sforzo; ma quando sentì che i suoi stessi amici parlavano male di lui e lo insultavano, manifestando una cattiva stima e dicendo che egli subiva quei mali per i suoi peccati e pagava il fio della sua iniquità, allora questo uomo forte e generoso si turbò e fremette.
Pure David, trascurando tutte le altre sofferenze, chiede a Dio soltanto la ricompensa per le ingiurie che ha sopportate: «Lasciate che costui mi ingiuri» — disse in quella circostanza – «perché è Dio che lo ha ordinato, affinché veda l’afflizione in cui mi trovo e mi ricompensi un giorno per le calunnie che ora subisco».
Paolo, dal canto suo, non loda quelli che hanno soltanto sopportato con fermezza i pericoli o la perdita dei loro beni, ma coloro che hanno anche tollerato con coraggio le ingiurie. «Ricordate» – egli dice — «quei primi giorni quando, appena illuminati, avete sostenuto grandi lotte in mezzo alle sofferenze che vi venivano fatte subire, esposti al cospetto di tutti, alle ingiurie e alle vessazioni».
Ecco la ragione per cui Cristo propone in questa beatitudine una grande ricompensa a coloro che superano queste terribili prove; e per impedire che qualcuno gli dica che egli non difende ora i suoi discepoli oltraggiati, che non chiude la bocca dei loro calunniatori e che quindi non ricompensa anche in questo mondo i suoi fedeli servitori, parla subito dopo dei profeti, per farci ricordare che anche ai loro tempi Dio non si è vendicato contro coloro che li calunniavano.
Ebbene, se quando era prossima la ricompensa, Dio incoraggiava i profeti con la speranza dei beni futuri, quanto è più giusto che Gesù tratti allo stesso modo gli apostoli, ora che la speranza si è fatta più certa e la sapienza e la virtù più perfette? Considerate, del resto, dopo quanti precetti Gesù stabilisce quest’ultimo: non è certo senza una ragione precisa che egli ha seguito un ordine: lo ha seguito per mostrarci che, se non si è esercitati e fortificati in tutte le beatitudini che vengono per prime, non si possono affrontare queste grandi lotte. Preparandoci la via, passo passo, da una beatitudine all’altra, egli intreccia per noi una catena d’oro. Chi è umile di cuore, infatti, piangerà necessariamente sui suoi peccati e chi piangerà i suoi peccati sarà, per conseguenza necessaria, mansueto, giusto e misericordioso. E chi possederà la misericordia, la compunzione e la giustizia, avrà anche il cuore puro, e chi avrà il cuore puro sarà senza dubbio un uomo pacifico. Colui che, infine, possederà tutte queste virtù, sarà anche preparato ad affrontare i pericoli e non si turberà di fronte alle calunnie, e sopporterà infiniti mali.